Servitore del Popolo: il gioco politico di Zelens’kyj – Parte XIV

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Questo episodio si apre con una tipica scena di inizio giornata in un ambiente completamente famigliare: Mariya Stefanovna Goloborodko, madre di Vasily Petrovyč, prepara le borse con del cibo da portare alla festa del suo tanto atteso pensionamento, mentre il marito Petro Vasil’ovyč Goloborodko si lamenta di doversi occupare delle bollette prima di accompagnare la moglie alla festa, la figlia Svetlana Petrovna Sakhno che fa colazione e il figlio Vasily che va di fretta perché ha un incontro di lavoro. Per essere più precisi, deve vedersi con i rappresentanti dell’FMI (Fondo Monetario Internazionale).

L’incontro in questione, tuttavia, non sembra svolgersi al meglio, il Presidente del Fondo Monetario Internazionale, Elga Rasmussen, dopo aver addolcito la pillola al Presidente ucraino con saluti cordiali e complimenti per le sue scelte politiche, esprime la sua preoccupazione per la mancata attuazione degli accordi sottoscritti dal Governo del Paese negli anni passati; accordi dei quali Vasily Petrovyč afferma non sapere niente. Secondo la Rasmussen, L’Ucraina avrebbe ricevuto un prestito, senza garanzie, del valore di cinque miliardi di dollari, con la promessa di portare avanti delle riforme (non specificate). Queste riforme, come ormai si può ben immaginare, non sono mai state portate a termine o anche solo iniziate, sempre a causa dell’eterno nemico di Vasily Petrovyč Goloborodko (o Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj): la corruzione.

Visto il mancato rispetto degli accordi precedenti, Elga Rasmussen fissa un ultimatum: entro un mese dovranno portare a termine le riforme stabilite o restituito il denaro prestato; in caso contrario, Kiev subirà delle sanzioni economiche internazionali. Più Rasmussen parla, più Vasily Petrovyč guarda in malo modo il Primo Ministro Jurij Ivanovyč Čuiko, seduto accanto a lui, per non averlo informato sul prestito, di cui il denaro, ovviamente, è stato sperperato tra i politici e gli oligarchi.

Ma come Vasily Petrovyč sente bere rumorosamente Jurij Ivanovyč, gli sembra di sentire un’altra persona fare lo stesso, anzi, quest’ultima fa ancora più rumore. Ed è qui che vede il suo quinto personaggio storico immaginario, mentre questi sorseggia qualcosa da un calice, restando seduto su di un trono: Jaroslav I Vladimirovič (978 – 1054), detto il Saggio e sovrano della Rus’ di Kiev dal 1019 al 1054.

È risaputo che Jaroslav I, per ottenere un prosperoso prestito dall’Occidente, si unì a nozze, nel 1019, con la principessa Ingegerd Olfosdotter (1001 – 1050), conosciuta anche con il nome di Irene o Anna di Kiev e figlia di Olof III di Svezia (980 – 1022) ed Estrid degli Obotriti (979 – 1035). Ingegerd era la seconda moglie di Jaroslav, poiché la prima moglie del principe russo nel 1018 fu catturata dal re polacco Boleslao (967 – 1025)  e, insieme alle sorelle di lui, fu definitivamente portata in Polonia. Presumibilmente fu la prima moglie a dare alla luce il figlio di Jaroslav, Ilya, che purtroppo morì durante l’infanzia. Compreso quest’ultimo, Jaroslav I ebbe ben undici figli, di cui uno con la prima moglie, nove con la seconda, Ingegerd, e una con la terza, Astrid, anch’ella figlia di Olaff III.

È per questo motivo che, nella seguente scena, si può notare la satira sulla monarchia e sulla politica matrimoniale. Visto che il Saggio ottenne un prestito con un matrimonio, consiglia la stessa identica cosa a Vasily Petrovyč, anche perché Ingegerd ed Elga sono entrambe svedesi.

«Ti ho detto che mia moglie è di discendenza valangiana?» domanda Jaroslav I a Vasily.

«Jaroslav, sono uno storico, lo so!» risponde il Presidente con tono seccato, sottolineando la sua precedente professione, come aveva già fatto con la figura di “Al” Capone (parte X). La cosa particolare però è che Vasily Petrovyč (o Volodymyr Zelens’kyj) sembra mostrare più rispetto per Scarface, rispetto al Saggio. Ricordiamo, infatti, che il Presidente ucraino si era rivolto al boss mafioso di Chicago, chiamandolo «Signor Capone». Con Jaroslav I, invece, lo chiama direttamente per nome, non riconoscendo in modo palese la sua regalità. Sarà perché il Saggio è un monarca… O forse perché, all’epoca, Kiev era puramente russa, come il resto dell’Ucraina…

«Ascolta con molta attenzione le parole di un Saggio» continua Jaroslav I «Devi sposarla!».

«Che cosa? Sposarla?! Che consiglio stupido».

«Non è un consiglio stupido. In questa storia si tratta di prendere in prestito del denaro. Il prestito rappresenta il tuo passaporto [che ai miei tempi non esisteva] per una vita di schiavitù. Il matrimonio, invece, ti renderà un uomo ricco. Potrai avere le terre, potrai avere l’argento, l’oro…».

«Sì, d’accordo, ma lei non è il mio tipo» risponde Vasily Petrovyč.

«Non sei in condizione di scegliere; devi farlo per il bene della tua Nazione, è chiaro? […] Ho stretto legami in tutta Europa, e in questo modo io non ho mai pagato niente; sono gli altri che hanno pagato me. E mi hanno sempre rispettato…

Ah, a proposito, nel periodo in cui vivi tu, l’impalamento è ancora praticato?».

Nel fare questa ultima domanda, Jaroslav I indica Jurij Ivanovyč, come per dire: «Cosa aspetti ad impalare questo sporco corrotto?».

«L’Europa è contraria al palamento» risponde Vasily Petrovyč, dimostrando così che preferisce attenersi al volere dell’Europa, o sarebbe meglio dire dell’Unione Europea, piuttosto che al volere della sua amata Ucraina, che lui desidera che fosse indipendente. A parte dalla Russia, non è ancora chiaro da cosa il Presidente ucraino vorrebbe che fosse indipendente.

«[…] Bè, Vasily, io ti ho detto quello che farei al posto tuo. Purtroppo devi risolvere un problema che è stato creato da qualcun altro…».

Detto questo, indicando nuovamente Jurij Ivanovyč, il Saggio torna a sorseggiare dal suo calice, mentre il Primo Ministro beve un altro sorso d’acqua dal suo bicchiere, riportando Vasily Petrovyč alla realtà, in tempo per sentire la conclusione di Rasmussen: «Come segno del nostro profondo rispetto nei suoi confronti, posso suggerirle di riflettere sulla nostra proposta e di comunicare la sua decisione a cena. Spero che la decisione sia giusta, ma sono certa che lo sarà».

Come risposta, il Presidente ucraino si limita ad accennare un timido sì, come uno scolaretto che è appena stato ripreso dalla sua maestra davanti a tutta la sua classe, per non aver fatto i compiti.

Terminato l’incontro, il Presidente affronta il Primo Ministro, il quale cerca inutilmente di dileguarsi. Per salvare quel che resta delle apparenze, Jurij Ivanovyč consiglia questo: «[…] Dovrebbe dare la colpa ai suoi predecessori. È una tecnica che funziona sempre.»

«Dovrei ridere? È una battuta?» risponde ipocritamente Vasily Petrovyč, visto che, fino ad ora, non ha fatto altro che seguire il consiglio del Primo Ministro, anche se non pubblicamente.

«No, è la verità.» continua Jurij Ivanovyč «Il fatto è che abbiamo preso quel prestito per pagare i prestiti dei predecessori che, a loro volta, hanno preso in prestito un prestito per pagare i debiti dei loro predecessori e…».

«Jurij Ivanovyč, so benissimo come funziona» lo interrompe il Presidente, dal momento che sa bene che è solo un gioco di corruzione storica. In questo spezzone torniamo a quello che era già stato detto nella seconda parte, ovvero quando riesce a dare del corrotto persino a Leonid Makarovyč Kravčuk (10 gennaio 1934 – 10 maggio 2022), primo Presidente ucraino. Tuttavia, è necessario sottolineare anche il discorso di Jurij Ivanovyč, il quale fa un elenco, intuitivamente molto lungo, di predecessori. Eppure, l’Ucraina a cui tutti i personaggi della fiction, buoni o cattivi che siano, si riferiscono sempre è quella che si è separata dell’URSS, solo nel 1991; infatti, i presidenti ucraini, compreso Zelens’kyj, non arrivano neanche ad una decina: Leonid Makarovyč Kravčuk (in carica dal 1991 al 1994), Leonid Danylovyč Kučma (9 agosto 1938, in carica dal 1994 al 2005), Viktor Andrijovyč Juščenko (23 febbraio 1954, in carica dal 2005 al 2010 e dal 2010 al 2014), Oleksandr Valentynovič Turčynov (31 marzo 1964, in carica dal febbraio del 2014 fino a giugno dello stesso anno), Petro Oleksijovyč Porošenko (26 settembre 1965, in carica dal 2014 al 2019) e infine Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj (25 gennaio 1978, in carica dal 2019).

Teniamo conto, poi, che la prima stagione della fiction è stata girata nel 2015, di conseguenza, i presidenti ucraini di allora erano solamente cinque. Quindi, con buona pace di Jurij Ivanovyč  e Zelens’kyj, noi non riusciamo a vedere questo gran numero di predecessori, a cui dare tutta la colpa.

Per risolvere il problema del prestito, Vasily Petrovyč vuole tagliare gli stipendi ai dipendenti pubblici e alzare l’età pensionabile e sembra irremovibile su questa decisione, finché il Primo Ministro non lo avverte che, così facendo si guadagnerà solo l’antipatia di tutti. Allora, il Presidente concede a Jurij Ivanovyč di dargli altri consigli e lui suggerisce di fare come si è sempre fatto, ovvero continuando a chiedere prestiti (dall’FMI all’Unione Europea, dall’Unione Europea agli Stati Uniti e così via), per poi lasciare la patata bollente ai successori, che ripeteranno lo stesso identico giro.

«È un po’ il nostro sistema… collaudato con il quale alimentiamo l’economia nazionale» conclude il Primo Ministro.

«Certo, l’avevo capito. Però, in questo modo, ci troveremo di fronte ad un default».

«Speriamo, il default è il nostro sogno nazionale, quello a cui tutti noi puntiamo. Prima si aspirava al comunismo, ed ora al default. È il nostro obbiettivo; in caso di default, tutti i nostri debiti saranno cancellati».

«Questo lo so. Ma dopo nessuno ci presterà più nemmeno un centesimo».

«Ci penseremo… successivamente…» risponde Jurij Ivanovyč, prima di lasciare il Presidente completamente allibito. Questa scena, può portarci ai giorni nostri, visto che, in certo senso, il Presidente Zelens’kyj ha raggiunto questo tanto atteso default; egli chiede sempre e comunque, a diversi Paesi del mondo, soldi, armi, carri armati, ma senza neanche la garanzia di rientro. Eppure, è dall’inizio della guerra che continua a ricevere, da parte degli Stati Uniti, fondi e armi e, nonostante queste, l’Ucraina non è ancora riuscita a respingere le forze russe.

Tornando alla fiction, Vasily Petrovyč si reca all’appartamento del Ministro degli Esteri Serhij Viktorovič Muchin, visto che non si è presentato all’incontro con l’FMI. La ragione è perché l’ex-attore playboy è rimasto impegnato tutta la notte con la sua ultima conquista: una bionda che apre la porta al Presidente dell’Ucraina indossando solamente una camicia. E come se non bastasse, questa gli chiede di fare un selfie insieme a lei e la risposta di Vasily Petrovyč è: «Perché no?».

Per diverse ragioni. Tanto per cominciare, la situazione è a dir poco imbarazzante, la ragazza è vestita in maniera del tutto inadeguata, il Presidente dell’Ucraina non sa che mestiere faccia e si lascia fotografare con lei, mostrando la completa mancanza di dignità. E dimostrerà di averne ancor meno nella scena successiva; siccome Vasily Petrovyč non riesce a svegliare Serhij Viktorovič, allora si sdraia accanto a lui e gli accarezza l’orecchio, facendogli credere di essere la ragazza con cui ha passato la notte, finché, finalmente non si sveglia, cadendo giù dal letto. Non è certo, ma è probabile che, con questa scena, Zelens’kyj abbia voluto ricordare la sua carriera passata, quando si esibiva nei locali come travestito.

Dopo i continui rimproveri del Presidente per la sua perdita di tempo, il Ministro degli Esteri si giustifica raccontando che la donna è il Capo degli Affari Giovanili e Sportivi dei Paesi Baltici, con cui è riuscito a stipulare un accordo vantaggioso, nell’esatto modo utilizzato nell’episodio precedente, con l’Addetto (donna) alla Cultura dell’Ambasciata Indiana.

La cosa assurda, tuttavia, è il fatto che Vasily Petrovyč chiede a Serhij Viktorovič di fare la stessa identica cosa con Elga Rasmussen, per convincerla a rimandare la scadenza del prestito di almeno sei mesi o, meglio ancora, di un anno. Per questo motivo, lo porta a pranzo in un ristorante elegante, dove ha invitato anche il Presidente dell’FMI che, a sua volta, ha portato un’amica, Matilda Olsen, della Banca Europea per lo Sviluppo, “bella” quanto Elga. Quando il cameriere arriva per domandare se i clienti desiderassero qualcosa da bere prima del pasto, Matilda, dai capelli biondi, ordina del vino bianco, Elga, dai capelli rossi, ordina del vino rosso, mentre Vasily Petrovyč e Serhij Viktorovič ordinano in coro della vodka, per riprendersi dalla botta di dover gestire una doppia dose di bruttezza femminile.

Apparentemente, Vasily Petrovyč sembra seguire il consiglio dello Jaroslav I immaginario nel conquistare la “controparte”, ma, in realtà, non è così, dato che conta di lasciare tutto il “lavoro” al Ministro degli Esteri, e non solo. Quella del Saggio era una politica matrimoniale, dove le due parti si prendevano l’impegno di sposarsi, in segno di rispetto per gli accordi presi. Quella di Vasily Petrovyč e del suo amico Serhij Viktorovič, invece, è una politica basata sulla corruzione sessuale, destinata ad iniziare e finire anche in una sola notte.

A proposito di rapporti coniugali, mentre Vasily Petrovyč è impegnato a bere vodka, nonostante sia astemio, con Elga Rasmussen, la sua ex-moglie Olha Jurijivna Miščenko è nuovamente alle prese con il Presidente del Consiglio di Sorveglianza della Banca Nazionale, Dmitry Vasilyevič Surikov, il quale, tra un flirt e l’altro, le mostra uno dei tre caveau della Banca Centrale di Kiev, per un’ispezione.

«Spero che sia oro vero e non manichini di ceramica come quelli del caveau di Odessa» esclama la nuova Direttrice della Banca Centrale.

«Olha Jurijivna… Quando le è capitato?».

«Circa sei mesi fa».

Se è riuscita ad individuare dell’oro finto nel caveau Odessa, allora com’è possibile che non sia riuscita a fare lo stesso con quello di Kiev? Specie dopo che Dmitry Vasilyevič ne ha fatto cadere accidentalmente uno, rompendolo a terra. Dmitry Vasilyevič, per impedire ad Olha Jurijivna di vedere i frammenti del lingotto rotto, le bacia goffamente la guancia per scombussolarla e lei ci casca con tutte le scarpe, tant’è vero che pretende di uscire subito dal caveau. Il problema è che sembra che la porta blindata sia bloccata e che non ci sia verso di aprirla. Risultato pratico, la Direttrice della Banca Centrale e il Presidente del Consiglio di Sorveglianza si ritrovano a dover passare la notte bloccati dentro al caveau, dormendo sull’oro vero, mischiato a quello finto.

Il giaciglio di Vasily Petrovyč è decisamente più morbido e comodo, dal momento che si risveglia, ancora vestito, nel suo letto, con una telefonata di Serhij Viktorovič e qui si presenta uno scambio di parti. Questa volta è Serhij a rimproverare Vasily per il ritardo, in questo caso per la trasmissione di un discorso di cui il Presidente, ancora una volta, sembra non saperne niente.

«[…] Sbrigati, Vasia» gli intima Serhij Viktorovič «il popolo ti aspetta».

«[…] Un’ultima domanda: perché proprio io?».

«Perché sei il Presidente, Vasia!» risponde gridando il Ministro degli Esteri, attirando l’attenzione della troupe «Il Presidente di questo Paese! Perché la Nazione ti ha eletto, brutta testa vuota!».

Detto questo, riattacca, furioso, lasciando Vasily Petrovyč confuso. Ma la sua confusione aumenta, non vede che, accanto al suo letto c’è un enorme cesto di rose e margherite; gli stessi fiori che lui aveva regalato a sua madre per il pensionamento.

 

 

– 14 continua

 

 

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