Scoperto nella Biblioteca Nazionale di Francia l’Epistolario della martire Maria Stuarda

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Il papa Giovanni Paolo II durante il suo lungo pontificato ebbe a variare le procedure con le quali innalzare dei candidati agli onori degli altari. In particolare fu notevolmente semplificata la trafila da seguire qualora si ritenga che il Servo di Dio sia morto in fama di martirio. Giovanni Paolo II decretò, infatti, che per questa tipologia di candidati, una volta attestato ufficialmente il martirio non vi fosse necessità di un miracolo attribuito all’intercessione dell’interessato per procedere alla beatificazione. Necessità rimasta obbligatoria per poter invece poi, in un secondo momento, canonizzare il Beato. Stante la situazione normativa attuale, dunque, sarebbe relativamente semplice giungere alla beatificazione di Maria Stuarda, regina di Francia e Scozia, e di Luigi XVI, re di Francia, rispettivamente ritenuti martiri dai pontefici Benedetto XIV e Pio VI.

La figura di Maria Stuarda è tornata alla ribalta di recente per alcune novità inerenti il suo Epistolario. Durante la sua prigionia in Inghilterra, la regina di Scozia ebbe a scrivere delle lettere in codice a diversi destinatari, ma la maggior parte di questi documenti erano andati perduti nel tempo e considerati un mistero purtroppo irrisolto.

Uno studio pubblicato sulla rivista «Cryptologia», condotto dagli scienziati dell’Università di Kassel, ha ora identificato e svelato il contenuto degli scambi epistolari. Guidato da George Lasry, Norbert Biermann e Satoshi Tomokiyo, il gruppo di ricerca ha individuato le lettere nella Biblioteca nazionale francese, compreso il sistema di cifratura e ricostruito il significato degli scambi. Il lavoro ha permesso al team di analizzare 57 lettere, 50 delle quali erano finora sconosciute agli storici. Scritte tra il 1578 al 1584, le corrispondenze di Maria Stuarda raccontano dettagli affascinanti circa la sua prigionia. La buona parte delle missive era indirizzata a Michel de Castelnau de Mauvissiére, ambasciatore francese in Inghilterra e sostenitore della sovrana scozzese.

«Abbiamo decifrato codici segreti di re e regine in precedenza», sostiene Lasry, «ma questo lavoro è stato assolutamente affascinante, perché comprendeva numerosi scritti inediti e perché l’autrice ha svolto un ruolo fondamentale nella storia. Queste scritture rappresentano un corpus voluminoso su Maria Stuarda, per un totale di 50 mila parole, che getta nuova luce sui suoi anni di prigionia in Inghilterra».

Maria Stuart era nata l’8 dicembre del 1542 e morì l’8 febbraio del 1587. Figlia di Giacomo V di Scozia e di Maria di Guisa, venne incoronata nel 1543 ad appena nove mesi di età. Vennero pertanto nominati reggenti il cugino, James Hamilton, e la madre.

 

Francesco II e Maria Stuarda in una miniatura del Libro d’ore di Caterina de’ Medici, 1573 circa, Biblioteca Nazionale di Francia, ms. NAL 82, f. 154 v.

 

In quegli anni Enrico VIII, re d’Inghilterra, cercava di porre la Scozia sotto il dominio dei Tudor. Maria di Guisa, pertanto, decise di trasferire Maria in Francia. Le cronache parlano di lei come di una bambina intelligente e dal carattere dolce ed amabile. Alla piccola regina fu dato in sposo, nel 1558, Francesco di Valois, primogenito di Enrico II di Francia e di Caterina de’ Medici. Appena due anni dopo, Maria rimase vedova. Quale Regina legittima di Scozia, nel 1561 tornò nel suo regno in cui, però, la presenza calvinista si era intensificata. Nel 1565 Maria sposò un nobile cattolico, l’inglese Henry Darnley, da cui ebbe un figlio, il futuro Giacomo VI. Maria, però, dovette gradualmente esautorare il nuovo marito a causa dei sui modi violenti. Rimase così nuovamente sola.

 

Robert Herdman, L’addio di Maria Stuarda alla Francia, 1867, Edimburgo, National Gallery of Scotland

 

Il suo carattere dolce la rendeva lontana da qualsiasi calcolo politico. Trovò nel conte protestante James Bothwell colui che potesse aiutarla e difenderla. Nel 1567 Darnley fu ucciso. Si disse ch’era stato Bothwell, ma l’evento rimase avvolto dal mistero. Maria sposò allora il conte Bothwell, matrimonio che provocò una certa reazione da parte degli aristocratici scozzesi, e fu così che ella fu costretta ad abdicare in favore del figlio Giacomo VI, di appena un anno d’età, ed a rifugiarsi presso la cugina Elisabetta, Regina d’Inghilterra, che l’accolse. È ironico parlare di accoglienza, ovviamente, in quanto lo scopo era ridurla in prigionia: una prigionia che durò ben diciotto anni.
In realtà Maria faceva paura in quanto poteva legittimamente pretendere il Trono d’Inghilterra, essendo Elisabetta figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena, la cui unione rimaneva illegittima agli occhi della Chiesa Cattolica.

Durante la reclusione, Maria scambiò missive e lettere con i suoi alleati. I ricercatori hanno scoperto che la corrispondenza era già in azione nel 1578. Utilizzando tecniche computerizzate e manuali, gli autori hanno decodificato i testi, evidenziando gli sforzi della sovrana per mantenere i legami con il mondo esterno. Tra i temi chiave contenuti nelle lettere, si evince la sopportazione delle proprie condizioni, le trattative di negoziazione intraprese con Elisabetta, la sfiducia e l’animosità nei confronti del maestro di spionaggio Sir Francis Walsingham e il conte di Leicester Robert Dudley. Dalle parole di Maria emerge inoltre l’angoscia per il rapimento di James, suo figlio, avvenuto nell’agosto del 1582.

Nel 1586 Maria venne coinvolta nella congiura di Babington (a sinistra, stampa dell’epoca che rappresenta i congiurati), ordita per assassinare Elisabetta. Scoperti, i congiurati vennero immediatamente uccisi. Maria fu invece processata il 15 ottobre 1587 e fu condannata a morte perché accusata di alto tradimento. Ella si proclamò innocente, ma era chiaro che si volesse colpire un simbolo: malgrado il suo comportamento non fosse stato sempre adamantino, Maria non aveva mai celato la sua fede cattolica e la sua fedeltà al Papa. Per questo ella incarnava la speranza di molti cattolici che stavano subendo feroci persecuzioni in Inghilterra. Al dottor Flescher, decano anglicano di Peterborough, che le si avvicinò per convincerla ad abiurare il cattolicesimo, Maria rispose fermamente di voler morire fedele alla sua Fede cattolica. Affermò di sentirsi come Cristo dinanzi ai farisei, si abbandonò totalmente alla volontà di Dio e dichiarò di perdonare i suoi carnefici. L’8 febbraio del 1587, il giorno fissato per l’esecuzione, si presentò con un abito di velluto rosso, il colore della Passione, ed allargò le braccia a forma di crocifissione, appoggiando la testa sul cippo.

 

La condanna a morte di Maria Stuarda firmata da Elisabetta I

 

È bene tornare a leggere le parole scritte su di lei dal papa Pio VI nella sua Quare Lacrymae del 17 giugno 1793 ai nn. 3, 4 e 5: «Maria Stuarda (…), come narrano molti storici, quante avversità dovette affrontare da questa sua rivale [Elisabetta] e dai facinorosi Calvinisti, che le portarono insidie e violenze!  Spesso incarcerata, spesso soggetta agli interrogatori dei giudici, rifiutò di rispondere, dicendo che una regina deve rendere conto della sua vita solo a Dio. Vessata continuamente e in tutti i modi, rispose, dimostrò l’infondatezza dei crimini che le erano stati attribuiti e provò la propria innocenza. Ma non per questo, tuttavia, i giudici si astennero dal compiere l’ingiustizia già premeditata e pronunciarono contro di lei la condanna a morte (…)».

 

Maria Stuarda durante la prigionia. Miniatura di Nicholas Hilliard, 1578, Londra, Victoria and Albert Museum. Unico ritratto dal vivo, durante la lunga cattività inglese di Maria, realizzato a Sheffield, luogo in cui la Regina si trovava quando la miniatura fu realizzata e che divenne modello per molti altri ritratti 

 

Poi Pio VI cita Papa Lambertini e scrive: «Benedetto XIV nel terzo libro sulla Beatificazione dei Servi di Dio, cap.13, n.10, ragiona così su questo evento: “Se si dovesse istituire un processo sul martirio di questa Regina, processo che finora non è mai stato disposto, risalterebbe subito un’obiezione evidente contro il suo martirio, desunta dalla sentenza del processo e da tutte le calunnie che contro di lei hanno farneticato gli eretici (…). Ma se si esamina la vera causa della sua morte, che si riassume nell’odio contro la Religione Cattolica che ella sola, unica superstite, professava in Inghilterra; se si esamina l’invitta costanza con la quale respinse le proposte di abiurare la Religione Cattolica; se si osserva la forza ammirevole con cui sostenne la morte; se si tien conto, come si dovrebbe, che ella protestò prima della decapitazione, e nell’esecuzione stessa, che era sempre vissuta da cattolica e che moriva volentieri per la fede cattolica; se non si omettono, come non devono essere omesse, le evidentissime ragioni dalle quali emerge non solo la falsità dei crimini attribuiti alla regina Maria dai suoi oppositori, ma anche l’ingiusta sentenza di morte, fondata su calunnie ispirate dall’odio contro la Religione Cattolica, perché restassero immutabili i dogmi ereticali nel regno d’Inghilterra; allora si comprenderà che non manca nessuna condizione necessaria per affermare che il suo fu un vero martirio”».

 

Scipione Vannutelli, Maria Stuarda si avvia al patibolo, 1861, Firenze, Galleria d’arte moderna

 

Pio VI continua ancora: «Sappiamo da Sant’Agostino che “non è il supplizio che fa il martire, ma la causa”. Per questa ragione Benedetto XIV si dichiarò propenso a ritenere vero martirio l’uccisione di Maria Stuarda. Egli si chiese “se per il martirio è sufficiente dimostrare che il tiranno fu mosso dall’odio contro la Fede di Cristo, anche se si attribuisce l’occasione della morte ad un’altra causa che non riguarda la Fede di Cristo o vi appartiene soltanto accidentalmente”. Risolse il caso affermativamente (…). Pertanto per dichiarare un vero martirio è sufficiente che il persecutore, per procurare la morte, sia mosso dall’odio contro la Fede, anche se l’occasione della morte provenisse da altri motivi, che, a causa delle circostanze, non appartengono alla fede».

È auspicabile che i passi compiuti per decifrate le parole della Regina contenute nel suo Epistolario possano essere stimolo utile alla riscoperta della sua figura ed alla sua glorificazione qui in terra, certi che in Cielo ella già è ornata dalla palma del martirio.

 

Il sepolcro della martire Maria Stuarda, Regina di Scozia, nell’abbazia di Westminster

 

 

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2 commenti su “Scoperto nella Biblioteca Nazionale di Francia l’Epistolario della martire Maria Stuarda”

  1. Michele Mainenti

    È stata una donna eccezionale, non che martire. Ha amato con estremo trasporto il suo popolo. Sono rimasto affascinato dalla sua figura. Un’ideale di donna meravigliosa. La sua vicenda terrena ha avuto un effetto strabiliante sul mio animo.
    Lei era l’unica e vera regjna d’Jnghilterra. Straordinaria, straordinarua amante e sensibile alle risirse della vita. Ne sono prifondamente commosso..

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