La nobile famiglia astigiana Isnardi

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Nel motto che da epoca remota si accompagna l’arma gentilizia degli Isnardi, Bien Connaître avant qu’aimer, aleggiano saggezza popolare e anche un vago spirito di concreta piemontesità.

Gli Isnardi sono originari di Asti, dove la presenza del cognome è attestata almeno sin dalla prima metà del Duecento. Con i Turco e i Guttuari essi formarono il potente Ospizio Ghibellino detto «de Castello», che fronteggiò il partito guelfo astigiano.

Il cognome fu portato anche da alcune altre casate che in qualche caso non hanno nulla a che vedere con quella astigiana (ad esempio un ramo dei conti di Mede che prese questo cognome) e in altri, con buone probabilità ne discendono, pur inalberando stemmi differenti, come si può dire degli Isnardi del Nizzardo, della Liguria Piemontese, della Provenza, di Grasse e di Sospello che, divisi in differenti rami, espressero alcuni significativi personaggi e signoreggiarono su parecchi luoghi, quali, oltre Barcellonetta, Falicon, Jaussior, Dosfraires, Gorbio e Peglione.

Tornando al ceppo astigiano, si può riferire che quando, al principio del secolo XIV, dopo lunghi conflitti, i guelfi ebbero momentaneamente il sopravvento, Manfredo, uno dei maggiori esponenti degli Isnardi, fu esiliato da Asti ed emigrò nel marchesato di Saluzzo, dove la famiglia rivestì per qualche tempo un ruolo di primaria importanza, persino condividendo con i marchesi qualche diritto feudale.

Nel Due -Trecento gli Isnardi svolsero, come tutte le principali famiglie astigiane, un’attività bancaria e mercantile che contribuì alla crescita del loro patrimonio, anche feudale (i diversi rami della casata possedevano, già in quei secoli, i feudi di Ternavasio, Valfenera, Sommariva Perno, Sanfrè e altri ancora).

Tra i personaggi più antichi sono notevoli Amedeo, governatore di Novara per il duca di Milano nel 1339, Bonifacio, ambasciatore di Asti al conte Verde, Andrea Matteo e Luchino, entrambi podestà di Saluzzo (rispettivamente nel 1360 e 1365) e Agnesina, fondatrice nella stessa città di Saluzzo, del monastero della Santissima Annunziata.

Quando lo Stato saluzzese – i cui marchesi, pur recalcitranti, dovevano da tempi remoti riconoscere il dominio eminente della dinastia sabauda – competé sul finire del Cinquecento ai duchi anche “politicamente”, pur dovendo fare i conti con l’invadenza francese in un contesto concorrenze e conflittualità, gli Isnardi prestarono giuramento di fedeltà ai Savoia, ai quali erano, peraltro, già legati da vincoli di vassallaggio e anche di parentela, avendo Lodovico, condottiere al servizio del re di Francia, sposato (prima metà del Cinquecento) Luisa di Savoia-Racconigi. Da questo momento la famiglia sarà una delle prime del Piemonte, tenuta sempre nella maggior considerazione dai sovrani, che chiameranno, tra l’altro, tra il 1576 e il 1733, ben cinque degli Isnardi a far parte dell’Ordine Supremo della Santissima Annunziata, un numero che ben pochi altri possono vantare. Tra i principali rami si devono ricordare quelli dei signori di Valfenera, Ternavasio, Isolabella e Sanfré, e dei signori di Sommariva Perno. Da una linea dei signori di Sanfrè derivò quella degli Isnardi di Caraglio principale e più longeva tra tutte.

Verso la fine del XVI secolo i marchesi di Caraglio stabilirono la propria sede principale in Torino, dove possedettero in tempi diversi vari palazzi: uno in via Basilica 9 (già appartenuto agli Este), uno in via San Tommaso 0 – oggi scomparso – e un altro in piazza San Carlo 183 (ereditato dai marchesi Havard de Senantes) con facciata di Carlo di Castellamonte, interventi successivi di Benedetto Alfieri e, molto più avanti nel tempo, dell’architetto Giuseppe Maria Talucchi. Qui raccolsero una vasta e preziosa biblioteca, che alla loro estinzione passò in parte alla Biblioteca Universitaria torinese (oggi Biblioteca Nazionale Universitaria). Il palazzo è attualmente tra i più belli e meglio conservati di Torino, splendidamente ristrutturato dopo i danni prodotti dai devastanti bombardamenti terroristici inglesi del 20 novembre 1942. Dagli Isnardi l’edificio passò ai Solaro del Borgo, altra grande casata di origine astigiana e oggi è sede di uno dei più antichi e considerati circoli d’Europa e del mondo, esito della fusione tra due prestigiosi sodalizi torinesi, uno dei quali fondato da quaranta gentiluomini, appartenenti ad alcune delle principali famiglie piemontesi, tra i quali si riconosce un ruolo eminente a Camillo Benso di Cavour.

 

Stemma del vescovo Giovanni Battista Isnardi tratto dal manoscritto Trattato compendioso delli Cavalieri e Cancellieri del Supremo Ordine della S.s Annunziata, 1763 (Biblioteca MdN). Le nappe corrispondono alla dignità arcivescovile

 

Nel periodo “torinese” dalla famiglia escono diplomatici e religiosi (tra i quali si deve almeno ricordare Giovanni Battista, limosiniere di corte, abate della Novalesa, vescovo di Mondovì e Cancelliere dell’Ordine Supremo), ma soprattutto soldati, destinati, in molti casi, a passare alla storia per il loro valore. Limitandoci al ramo degli Isnardi marchesi di Caraglio possiamo ricordare i fratelli Luigi – morto a metà del Seicento in combattimento contro i Turchi – e Amedeo – morto nel 1646 all’assedio di Orbetello, comandante delle guardie del principe Tommaso, uno tra i più grandi condottieri del Seicento e di tutti i tempi.

Maggiore fortuna ebbe, pur rischiando la vita in varie battaglie e riportando serie ferite, Angelo Carlo Maurizio, il quale si distinse negli assedi di Pavia, Valenza, Alessandria, Mortara e nella guerra contro Genova. Fu creato cavaliere dell’Ordine Supremo nel 1679; governatore di Alba. Sposò in prime nozze Maria Cristina Paola Solaro di Dogliani, che gli diede dieci figli. Uno di essi, Angelo, fu tra i maggiori rappresentanti degli Isnardi e forse il più significativo per quanto riguarda la storia di Torino in particolare. Nato attorno al 1652 abbracciò la carriera militare all’età di sedici anni; a circa trenta era luogotenente nelle guardie del corpo. Nel 1693 fu fatto prigioniero dai francesi nella battaglia presso le cascine della Marsaglia (tra Cumiana e Orbassano). Non appena liberato, prese parte alla campagna del 1694 col grado di capitano della 4a compagnia della guardia del corpo. Essendosi distinto per atti di coraggio e come stratega, il duca lo promosse luogotenente generale d’armata e, nel 1697, lo nominò governatore generale della città e contado di Nizza, uno dei punti chiave per la sicurezza dello Stato. Nel 1706, dopo una valorosa ma disperata difesa di Nizza, cessata solo quando sarebbe stato umanamente impossibile continuarla l’Isnardi fu richiamato a Torino, dove si stava organizzando l’estremo tentativo di bloccare l’ennesimo tentativo d’invasione francese e nominato governatore della capitale assediata. Fu abilissimo ad organizzarne le difese: per limitare il danno provocato dai tiri d’artiglieria, fece disselciare le strade torinesi; per ottenere interventi fulminei a ogni principio d’incendio, pose vedette a vigilare ventiquattr’ore su ventiquattro sui campanili, creando parallelamente una sorta di corpo dei pompieri costituito da borghesi, cui vennero anche attribuite funzioni di ordine pubblico; per prevenire la sete e rischi sanitari fece dislocare in ogni zona di Torino riserve d’acqua potabile sottoponendole a stretto controllo. Fu protagonista anche di alcune sortite temerarie dalle quali riuscì sempre a tornare indenne.

Purtroppo non si può dire altrettanto del suo secondogenito Carlo, detto il conte di Ligneville che, nelle battaglie legate all’assedio di Torino, perse la vita.

La famiglia ebbe continuità con il primogenito del citato Angelo, Ignazio (nato attorno al 1675) che seguì le orme paterne, abbracciando la carriera militare e rivestendo incarichi del massimo rilievo: colonnello di cavalleria nel 1712, generale di battaglia nel 1725, governatore di Casale e dell’Alto e Basso Monferrato (1731) e di Novara (1734) dove venne insediato, come si legge nelle patenti di nomina, in considerazione delle sue prove di «abilità, zelo, valore, coraggio». Nel 1736 venne nominato governatore di Alessandria. Qui, nel 1745-46, sostenne con successo un lungo assedio; in seguito divenne governatore di Torino. Dalle sue nozze con Amabilia Cristina Simiana di Pianezza nacquero due soli maschi, il minore dei quali, Alessio, morì piccolo. Anche il suo primogenito, un altro Carlo, non visse a lungo, premorendo al padre nel 1737. Militare come gran parte dei propri avi, quest’ultimo ebbe il battesimo del fuoco nel 1734 nella vittoriosa battaglia di Parma, in cui riportò alcune ferite. Fu, come scrive Antonio Manno nel Il Patriziato subalpino «valoroso […] ma con le dissolutezze si abbreviò la vita, infettandola alla sposa e al figlio».

Al motto degli Isnardi riportato in apertura di questa pagina («Conoscere a fondo prima di amare») si dovrebbe attribuire un valore morale, forse da mettersi in relazione con i molti incarichi diplomatici rivestiti da rappresentanti della famiglia nel corso dei secoli o con altri episodi di carattere politico-militare. Alla luce dei fatti, tuttavia, il motto sembra assumere quasi il senso di un ammonimento echeggiante da un remoto passato. L’ultimo della famiglia fu, così, Angelo Carlo Francesco (1736-1770), unico figlio di Carlo e di Ludovica Ferrero Fieschi di Masserano. Di lui il Manno lasciò scritto: «Gracile di salute per vizi congeniti, fu mite, colto, religioso; radunò nel palazzo di piazza San Carlo una grande biblioteca […]. E protesse ed aiutò i letterati. Benefattore dell’Ospizio di Carità di Torino».

 

Busto ritratto di Carlo Francesco Isnardi in marmo, opera di Ladatte Francesco (terzo quarto sec. XVIII)
Beni Culturali Standard (BCS), proprietà Ente religioso cattolico

 

 

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