Servitore del Popolo: il gioco politico di Zelens’kyj – Parte IX

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Dopo la prima grande vittoria dell’episodio precedente contro gli oligarchi, il nuovo Presidente ucraino Vasily Petrovyč sembra riuscire ad immedesimarsi sempre di più nel suo ruolo di governante e, durante una riunione con i ministri (non appartenenti alla sua squadra), parla della mancanza di fondi per poter sostenere il popolo o, meglio, come dice lui: «Assistenza sanitaria di qualità, strade conformi alle direttive europee, supporto alle società locali. Mancano i soldi per tutto!».

E quando un Governo deve discutere su come racimolare i soldi, è essenziale, ovviamente, la presenza del Ministro delle Finanze (Michajlo Ivanovič Sanin), seduto proprio affianco del Presidente, che parla della immancabile evasione fiscale, causa di tutti mali del mondo…

Durante la riunione, il Primo Ministro soffre in silenzio, rodendosi il fegato per come le riforme anti-corruzione prendano sempre più forma. Intanto, Michajlo Ivanovič spiega, in maniera tecnica, la situazione delle casse dello Stato: «E a proposito di risorse, lei [Yuriy Ivanovič Čuiko] sa che, a causa dell’evasione fiscale, il bilancio nazionale del paese ultimamente perde circa 30 miliardi di grivne l’anno?».

«Qualcuno perde, qualcuno guadagna» pensa fra sé e sé Yuriy Ivanovič.

«E questo capita per una grande quantità di ragioni. Prima fra tutte, la nostra tipica mentalità slava».

«Verissimo!» interviene Vasily Petrovyč «Non pagare le tasse negli Stati Uniti è una vergogna. Mentre qui, in Ucraina, è una cosa di cui andare fieri».

Questo chiaro disprezzo per la «mentalità slava» e questo elogio per gli «Stati Uniti» non sono casuali. In questo caso, con «mentalità slava» s’intende la cultura slava ovvero la cultura cattolica e quella greco-scismatica che gli ucraini, quanto russi e bielorussi, hanno ereditato; una cultura che non riconosce la totale padronanza dello Stato sul popolo. Ogni singolo individuo paga o meno le tasse seguendo la morale cattolica o ortodossa, a seconda delle situazioni che si presentano. Per esempio, se per pagare le tasse io mi devo inevitabilmente ridurre in miseria, allora è moralmente lecito non pagarle, per la mia salvaguardia. Per la mentalità statunitense, invece, che ha un fondamento protestante calvinista, lo Stato e, conseguentemente, la legge hanno un potere ed una cogenza al di sopra di quelli della morale, ragion per cui è doveroso, sempre e comunque, pagare le tasse.

Tornando alla storia, il Presidente esige maggiore supervisione per combattere l’evasione fiscale e incitamento da parte dei principali mezzi di comunicazione. Ma ogni Ministro presente, a eccezione di quello delle Finanze ovviamente, non riesce a concentrarsi sulle richieste di Vasily Petrovyč, dal momento che tutti sono molto preoccupati per le loro entrate illegali e non sanno più come comportarsi per continuare il loro giro. Mentre ciascuno di loro è perso nei propri pensieri, Michajlo Ivanovič continua: «E l’altro problema è un’aliquota fiscale davvero proibitiva».

«Sì, le aliquote sono davvero troppo alte.» interviene nuovamente Vasily Petrovyč e Yuriy Ivanovič, inconsapevolmente, risponde: «Certo, va avanti e suggerisci di ridurle…».

«Era esattamente quello che stavo per suggerire» risponde il Ministro delle Finanze, riportando alla realtà il Primo Ministro, il quale si volta verso il Ministro che gli siede accanto e gli domanda preoccupato: «Non l’ho detto ad alta voce?».

L’altro si limita ad annuire leggermente. Allora interviene il Presidente, domandando a Yuriy Ivanovič: «Lei si oppone alla riduzione dell’aliquota?».

«In teoria sono d’accordo» risponde imbarazzato il Primo Ministro «ma temo che sarà il parlamento ad opporsi».

«E qual è il problema? Andiamo a chiederglielo direttamente».

«A chi?».

«Al Parlamento, andiamo».

Detto questo, Vasily Petrovyč si alza e ed esce dalla sala, seguito dal quasi disperato Yuriy Ivanovič, che lo richiama inutilmente.

Come entra nella sala del Parlamento, il Presidente vede come i deputati, ancora una volta, stiano litigando tra di loro, urlando e insultandosi a vicenda. Allora Vasily Petrovyč si comporta esattamente come la scorsa volta in cui era in questa situazione (parte III) e pronuncia un’altra formula magica: «Conviene il dollaro!».

E come volevasi dimostrare, tutti si calmano e si voltano verso il Presidente, che si volta soddisfatto verso Yuriy Ivanovič dicendo: «Visto? Funziona sempre».

Poi, si rivolge ai deputati, dicendo che scherzava, mente il Primo Ministro continua a richiamarlo inutilmente. Dopo aver appreso che questa violenta discussione era dovuta al semplice cambiamento del nome di una via, Vasily Petrovyč riporta la questione dell’abbassamento dell’aliquota fiscale al Parlamento e, senza ulteriori indugi, la mette immediatamente ai voti. Ovviamente, nessuno voleva fare la figura del corrotto, compreso Yuriy Ivanovič, così il voto è finito all’unanimità per l’approvazione della riduzione dell’aliquota, permettendo a Vasily Petrovyč di ottenere un’altra vittoria, sia politica che personale, e lasciando un grande amaro in bocca a tutti gli altri.

Tanto il Presidente riesce sempre più a farsi rispettare dai politici, tanto il Ministro degli Esteri trova sempre più difficoltà nell’apprendere come comportarsi in modo opportuno durante gli incontri internazionali. Ma quello che Serhij Viktorovič Muchin non riesce proprio a sopportare è l’atteggiamento freddo e distaccato della sua assistente. Oksana Skovoroda, infatti, è ligia nel preparare il Ministro degli Esteri nella maniera più appropriata per l’incontro con la delegazione olandese, spiegando anche quali argomenti informali sia meglio affrontarli durante in momenti semiufficiali (in questo caso sono teatro, letteratura e viaggi). Serhij Viktorovič, da ex-attore e perfetto playboy, non riesce a vedere questo incontro come qualcosa di vivo, se si può usare quest’espressione: Oksana ha escluso di parlare di malattie, football e donne. Lui allora domanda se sono concesse almeno le barzellette. Non lo avesse mai fatto…

Serhij prova a raccontarle delle barzellette, ma l’assistente gliele rifiuta tutte, in particolare due; una sul transgender e un’altra su un suicida che deve portarsi dietro dei gattini. Questo non solo perché ne rimane indignata, ma anche perché in Olanda il transgender è molto diffuso e perché, con la delegazione, c’è anche la presidentessa della protezione animali, che possiede quattro rifugi per gatti. Stanco delle critiche della segretaria, Serhij Viktorovič chiede a lei di raccontargliene una, ma ne rimane tremendamente deluso.

Alla fine, però, si ritrova costretto a dare atto ad Oksana Skovoroda che, per merito suo, l’incontro con gli olandesi è stato salvato. Visto che non sanno parlare in ucraino, il Ministro degli Esteri domanda in inglese alle donne presenti se avevano dei gatti e tutte rispondono negativamente. Allora lui chiede ad Oksana di raccontare la barzelletta sul suicida che doveva portarsi dietro i gattini. Ma lei gli disobbedisce e racconta, invece, la sua di barzelletta. Appena Serhij si rende conte che la segretaria non ha fatto quello che le aveva chiesto, domanda irritato: «Oksana, perché non hai raccontato la mia?».

Ma prima che lei potesse rispondere, uno dei due uomini olandesi esclama: «Did you ask about cats? I have cat shelters [Chiedeva dei gatti? Io ho dei rifugi per gatti]».

«Che ha detto?» domanda il Ministro del Esteri.

«Dice che gestisce dei rifugi per gatti» risponde Oksana.

«Aspetta… Avevi detto che era una DONNA ad avere dei gatti».

«Infatti, È una lei».

Serhij Viktorovič, allora, si rende conto di avere davanti una transgender.

«Se vuole, racconto quella del uomo nella foto» dice ironicamente Oksana, riferendosi alla barzelletta sul transgender.

«No, no, no, no, no, no. Va bene così…» risponde Serhij imbarazzato, per poi fingere di ridacchiare per la barzelletta di Oksana, che ha fatto ridere tutti, tranne lui.

Tornando a Vasily Petrovyč, per la prima volta si ritrova davanti ad una persona non politica che non lo ammira neanche minimante. Dopo una conferenza stampa, incontra Marina, la moglie di Tolja, l’ex-capo delle guardie del corpo presidenziali, che il Presidente aveva licenziato, dal momento che per lui egli non era altro che uno «spreco di soldi» (parte III). Appena lo vede, Marina esclama: «Quindi è così, dal vivo. In televisione sembra più alto…».

In risposta a questa affermazione, Vasily si sposta su un gradino più in alto; non si sa se l’abbia fatto per accontentare la donna o per solamente per non umiliare il proprio ego. O forse l’ha fatto anche per sentirsi un po’ più sicuro, visto che Marina lo osserva con occhi di fuoco. Peccato che non lo abbiano incenerito…

La donna ha tutte le ragioni per essere arrabbiata: il marito amava il suo lavoro, nonostante, di che ne dica il Presidente, fosse pericoloso; ha dedicato anni ed anni ad esso… per poi essere licenziato in tronco, con l’unica colpa di essere stato definito inutile. Marina, non essendo riuscita a far riprendere Tolja dalla depressione che lo aveva colpito, dopo un intero mese, ha deciso di affrontare l’argomento in maniera diretta, andando dal Presidente stesso, che non mostra alcun segno di pentimento o dispiacere, a scapito delle sue stesse parole: «Mi dispiace moltissimo che suo marito sia definitivamente finito in panchina. Però, da buoni cittadini, dovete apprezzare il fatto che il Governo non sprechi una fortuna per sostenere il Presidente. Io non ho i santi in Paradiso, neppure in Purgatorio. Io sono un comune […] maestro. […] È il popolo che ha voluto assumermi, perché gestisca con efficienza il Paese, tutto qui. Quei costosi elicotteri, limosine e guardie del corpo non rientrano nell’efficienza. Ora è chiaro?»

«Per niente» risponde seccamente Marina. E ha ragione! Esaminiamo questo bel discorso.

Praticamente, Vasily Petrovyč è andato a dire ad una donna che il marito è stato cacciato perché sarebbe solo uno spreco di fondi del Paese (e quindi un danno alla Nazione), e che lui e i suoi dipendenti sono stati messi allo stesso livello di oggetti inanimati, ovvero elicotteri e limosine. E come se non bastasse, tutti e due dovrebbero pure esserne contenti di questo licenziamento.

Alla fine, Vasily Petrovyč, per sbarazzarsi di questo “fastidio”, risponde: «Glielo spiego in parole povere: Marina, non mi serve la sicurezza».

E dopo aver detto un “gentile” «Con permesso», il Presidente le dà le spalle e se ne va. Solo poco tempo fa, Vasily Petrovyč si lamentava che i dipendenti non venivano pagati e s’impegnava affinché essi potessero ricevere i propri stipendi. Ma allora perché non ha dimostrato lo stesso interesse per Tolja e i suoi uomini, quando li ha licenziati? Se proprio non li voleva lui, allora perché non ha pensato di trovargli almeno un altro posto, invece di lasciarli tutti in mezzo alla strada? Non erano forse dei dipendenti anche loro? Ah, no, è vero. Tutto ciò, o meglio tutti coloro che hanno a che fare con i politici e la ricchezza non valgono la pena di ricevere attenzioni.

Ma la signora Tolja non è l’unica persona che Vasily Petrovyč non vuole ascoltare. Come è stato già menzionato prima, il Presidente ucraino vuole motivare il popolo a pagare le tasse, anche tramite i media. Per cui, riceve, insieme al Ministro della Cultura Andriy Volodymyrovyč Yakovlev, un regista per elaborare degli spot pubblicitari. Come primo progetto, il regista propone d’inquadrare un contadino sempliciotto russo, vestito in maniera sciatta, con il Cremlino sullo sfondo, che dice: «Sono un cretino a non pagare le tasse? Non l’ho mai fatto e non lo farò mai!».

Dopodiché, compare lo slogan: «Evasore fiscale? Bolscevica».

Al Ministro della Cultura l’idea fa ridere, ma al Presidente decisamente no, anche perché si parla di russi, ovviamente. Tuttavia, la seconda idea, incredibilmente, sembra piacere ancora meno della prima a Vasily Petrovyč; lo spot consiste nel mostrare una lucertola blu e gialla (colori della bandiera ucraina) che cammina finché non arriva una tempesta con i tuoni, che accompagnano l’entrata di un leone, vestito come un esattore delle tasse. Allora, la lucertola gli lancia in bocca un pezzo della sua coda, per poi andarsene contenta. Ed ecco lo slogan: «Sgancia un po’ di tasse al Governo, o il Governo ti mangerà tutto».

La segretaria Bella si accorge che il suo datore di lavoro non ne può più di sentire quelle che il Presidente chiama «sciocchezze» (per non dire di peggio), e riesce a mandar via tutti, dicendo che si avvicina l’ora dell’incontro con il Presidente francese. Quindi, in conclusione, lascia decidere il progetto a Andriy Volodymyrovyč che, prima di andarsene con il regista, domanda: «Vasily Petrovyč, allora, quale avrebbe scelto? Che ne dice del sempliciotto?».

«No!» risponde il Presidente, quasi terrorizzato «Decisamente, non il sempliciotto».

Appena rimane solo con la segretaria, Vasily esclama: «Bella, lei è la mia salvezza, lo sa?».

Curioso… All’inizio, afferma di volersi impegnare il fare il bene del popolo, e un attimo dopo va in crisi per non saper tenere testa ad un regista dalle classiche idee strampalate. E a discapito di quello che credeva, Vasily Petrovyč non riesce a tener testa neanche a Marina. Infatti, ella è tornata letteralmente all’attacco, pugnalandolo più volte con un coltello di cartone. Tutto per provargli che ha bisogno di protezione, come ogni Presidente normale, aggiungerei. Ma questo gesto, non smuove il “coraggioso” Presidente ucraino; serve solo per farsi dare della matta da lui. Ma perché? Tutto quello che possiamo vedere è solo una donna che cerca di ridare al marito il suo lavoro e, soprattutto, la voglia di vivere. Forse il metodo non è dei più intelligenti, ma certamente non è pazzesco. Almeno lei, non è un’ipocrita che promette alla gente comune di tutelarla, per poi abbandonarla e non ascoltarla nel momento del bisogno, per non dire nel momento dell’ingiustizia. Perché il licenziamento di Tolja e delle sue guardie è senza ombra di dubbio un’ingiustizia.

 

– 9 continua

 

 

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