Servitore del Popolo: il gioco politico di Zelens’kyj – Parte III

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Servitore del Popolo: il gioco politico di Zelens’kyj – Parte I

Servitore del Popolo: il gioco politico di Zelens’kyj – Parte II

 

Per il suo primo giorno da Presidente della Repubblica Ucraina, Vasily Petrovyč inizia la giornata con un’altra chiara espressione di disgusto. Siccome l’auto presidenziale è in revisione, il Primo Ministro Jurij Ivanovič Čuiko, insieme alla sicurezza, è andato a prendere il governante appena eletto con una limousine e qui il protagonista guarda Ivanovič Čuiko dall’alto in basso e gli dice: «Ho la netta impressione che Lei non abbia capito niente.».

E senza aggiungere altro, corre a prendere un autobus, inseguito dal Primo Ministro, mentre tutti  i bodyguards si ritrovano costretti a seguirli di corsa, ignorati completamente dai loro datori di lavoro. Poi, il Presidente, per lasciare il posto sull’autobus ad una vecchietta, decide di scendere prima e proseguire a piedi, sempre seguito da Ivanovič e le guardie del corpo scendono dalle loro auto (recuperate, chissà quando e in che modo) per seguirli a loro volta.

«Primo Ministro, Lei proprio non mi capisce!» dice arrabbiato Vasily Petrovyč, «Certe cose sono inammissibili! Il Presidente è il servitore del popolo, dopotutto.».

Quel «mi» ci fa già capire che non parla come «Servitore del Popolo», ma come un uomo che vuole comandare esclusivamente a modo suo, non tenendo conto dell’autorità della figura che rappresenta. Eppure, allo stesso tempo, riesce ad imporla. Cosa positiva? Non in questo caso, visto che licenzia su due piedi tutte le sue guardie del corpo, e per poco anche quelle di Ivanovič.

Quando Zelens’kyj ha realizzato anche solo mentalmente questa scena, si è chiesto cosa significa essere licenziati solo per l’ideologia di un uomo? Essere licenziati dopo anni e anni di duro lavoro, dedicando la propria vita a colui che dovrebbe essere la personificazione della propria Nazione?

Effettivamente no, visto che questo «Servitore del Popolo» ha buttato in mezzo alla strada sette uomini, tra cui il capo stesso della sicurezza, definendoli, parole testuali, «uno spreco di soldi» e guardandoli con profondo disprezzo. E tutto questo, solo perché Vasily Petrovyč doveva dimostrare di essere come gli altri cittadini ucraini, che non hanno bisogno di essere protetti. Ma se il Presidente è un cittadino come un altro, allora perché non si può votare anche il proprio vicino di casa?

Subito dopo, il Presidente afferma di volersi occupare di pensionati e di disoccupati, mostrando chiaramente tutta la sua ipocrisia, dal momento che meno di due minuti prima ha aggiunto altre sette persone alla lista degli inattivi. Tuttavia, il Primo Ministro preferisce sottolineare la similitudine tra i pensionati e il Presidente uscente, che Vasily deve incontrare in questo momento. Ciò lo porta nuovamente ad infastidirsi, visto che, per lui, persino la cerimonia del passaggio di potere è una perdita di tempo immotivata.

Per prima cosa, Vasily Petrovyč cerca di capire com’è, nei dettagli, la situazione nel Paese e la sua nuova segretaria, Bella, gli fornisce tutte le cartelle relative ai vari problemi. Ma più che la situazione economica dell’Ucraina a spaventarlo è il lusso dell’ufficio presidenziale. Per non parlare di quando vede passare nelle auto presidenziali (macchine di lusso, ciascuna con scorta) i ministri con cui si deve incontrare. Incominciata la riunione, Ivanovič Čuiko comincia a presentare, ad uno ad uno, i ministri e, per ciascuno di loro – il secondo personaggio storico immaginato da Vasily, Ernesto «Che» Guevara (1928-1967) – elenca tutti i “peccati” che hanno commesso. Ironico, considerando le colpe di cui il terrorista cubano si era macchiato. Cos’è peggio? Macchiarsi di denaro sporco o di sangue?

 

 

Significativo è anche una parte del discorso che il personaggio immaginario tiene con il Presidente:

«Sai cosa sarebbe davvero bello, Vasia? Mettere in fila questa banda di criminali davanti ad un plotone di esecuzione».

«Ma sarebbe troppo facile!» risponde Vasily Petrovyč. Tradotto, esattamente come l’assassino che si sta immaginando, anche lui li odia, al punto di volerli morti. Ma lui non era per la parola e la diplomazia?

Incoraggiato da Che Guevara, comincia ad immaginare una scena, in cui insulta, senza il minimo autocontrollo, tutti i presenti, umiliandoli con parole pesanti, come se fosse il giudice non degli atti di corruzione che essi avevano commesso, ma proprio della loro anima. Alla fine, il Primo Ministro lo riporta alla realtà ed egli non riesce a ripetere le parole che aveva letteralmente urlato nella propria testa. Così si è limitato a fare un discorso breve ed accomodante, evitando in tal modo di passare per un Presidente rivoluzionario. Dopodiché, rivede nuovamente Che Guevara, mentre spegne il suo enorme sigaro sul suo ritratto, per poi guardarlo con occhi di fuoco. Vi è mai capitato di vedere qualcuno che prova vergogna davanti ad un rivoluzionario sanguinario? Vasily Petrovyč è uno di quei qualcuno.

E dopo i ministri, il nuovo Presidente ucraino deve incontrarsi con i deputati del Parlamento, che sono in preda alla discordia e alla confusione totale. E per farsi notare, Vasily pronuncia la frase magica:

«Putin è stato rovesciato!».

 

 

A queste parole, tutti si fermano e lo guardano, nella speranza di ricevere conferma della veridicità di questa esclamazione. Ovviamente, non c’è stata alcuna conferma, solo un’altra freccetta contro il Presidente russo. Vien quasi da dire che si trovano più battute su Putin in questo telefilm, di quante ne faccia Maurizio Crozza su tutti politici italiani, durante i suoi spettacoli in teatro.

Ad ogni modo, dopo essere riuscito a far calmare tutti i deputati, Vasily Petrovyč comincia a fare un discorso sulla democrazia che si trasforma in discorso di accusa nei confronti dei ricchi, nonché dei deputati stessi. Senza nemmeno conoscerli bene, il nuovo governante accusa tutti i presenti essere «impiegati degli oligarchi» invece che «impiegati del popolo».

Dopo aver dato la prima mazzata ai presenti, ne dà subito un’altra:

«Cari Servitori del Popolo, è in nome del mio potere legislativo che oggi propongo gli emendamenti, a mio avviso, essenziali che ora vado ad elencarvi: 

1: Propongo di rinunciare a limousine, residenze e impianti ricreativi;

2: chiedo di ridurre il numero spropositato di assistenti e dipendenti del personale;

3: per aumentare l’efficacia del nostro lavoro, il Consiglio, il Parlamento, il Gabinetto e, infine, lo staff presidenziale si trasferiranno tutti in un unico edificio, nella speranza che tutto questo possa contribuire ad alleggerire la città dal traffico gravoso diventato ormai un problema».

Con questo discorso, Vasily Petrovyč sta chiedendo, anzi sta pretendendo, che tutti i deputati cambino radicalmente le abitudini, rinunciando al lusso. Certo, si può benissimo vivere anche senza, come Vasily Petrovyč, ma c’è una differenza tra lui e le persone alle quali ha imposto questa decisione: lui non è abituato al lusso, quindi è comprensibile la facilità con cui riesce ad evitarlo; mentre gli altri, ci hanno vissuto per molto tempo, di conseguenza è molto più difficile per loro, corrotti o no, rinunciarvi su due piedi.

A fine discorso, un deputato gli domanda che cosa succederà agli edifici confiscati. Domanda più che legittima, alla quale però Vasily Petrovyč non sa rispondere. Infatti, sarà un’altra deputata a trovare una soluzione: gli edifici andranno ai bambini. Senza tanti giri di parole, il Presidente approva compiaciuto la proposta e, prima di andarsene, saluta i presenti a modo suo, dicendo: «E ora potete riprendere a litigare, se non avete nulla di meglio da fare…».

Prima non sa rispondere ad una semplice domanda, prova che tecnicamente non ha affatto un piano di riforma, come vuol far credere.

«Gli edifici andranno ai nostri giovani», dice Vasily Petrovyč… Ma in che senso? Fungeranno da scuole? Orfanotrofi? Strutture sportive? Chi lo sa…

Dopo queste parole “concrete”, ritorna la sua impareggiabile umiltà e saluta i deputati (compresa la donna che l’ha salvato dalla domanda “a trabocchetto”), deridendo il loro atteggiamento.

Appena torna a casa, Vasily si ritrova ad affrontare la sua stessa famiglia, in particolar modo suo padre, come ha affrontato tutti i politici. Approfittando della posizione del figlio, il padre ha passato la giornata a comprare vario genere di cose: un televisore, un cuoci-riso, un’automobile, nuovi quadri, nuove statue. Deluso di vedere che anche i membri della sua famiglia sono dei «vampiri come tutti gli altri», il Presidente decide di passare la notte nel modo più “cittadino” che egli conosca: su una panchina pubblica…

 

 

Insomma, in questo episodio Vasily Petrovyč dimostra tutta la sua ipocrisia, pretendendo che tutti debbano fare come ha deciso lui, senza tener conto delle difficoltà e, soprattutto, dei sacrifici che la gente, quindi il suo beneamato popolo, deve fare.

 

(3 continua)

 

 

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