Santuario della Madonna del Mirteto

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Il suo bianco profilo emerge dalle dolci colline che preannunciano le ben più aspre Alpi Apuane e lo si può scorgere sia percorrendo l’autostrada A12 che conduce da Genova a Livorno, sia standosene comodamente seduti su una carrozza in transito sulla parallela ferrovia. Stiamo parlando del Santuario della Madonna del Mirteto che domina, con la sua candida mole, la bassa valle del fiume Magra, un’area ricca di ricordi storici ed artistici.  Ortonovo è, infatti, l’ultimo comune ligure prima di entrare in Toscana. Tutta questa zona, però, al di là degli artificiosi confini amministrativi, è universalmente nota con il nome di Lunigiana, dall’antica città romana di Luni, i cui resti archeologici ricadono anch’essi nel comune di Ortonovo.

 

 

Per ripercorrere la storia di questo suggestivo e bellissimo tempio, dove la presenza di Maria Santissima si manifestò, come in tanti altri luoghi, in modo particolare, bisogna risalire alla seconda metà del secolo XV, un periodo certamente tribolato per la Chiesa e per molti paesi della nostra Italia.

La denominazione dell’edificio sacro oggi adottata, «Madonna del Mirteto», può far pensare alla presenza di un bosco di mirto. In realtà però, per oltre tre secoli, l’appellativo più utilizzato era quello di «Mortineto», che, secondo la maggior parte degli storici locali, richiama la presenza di un sito funerario, dove probabilmente venivano sommariamente seppelliti i defunti più poveri, i viandanti non identificati o, comunque, tutti coloro che non potevano permettersi la sepoltura nella chiesa cimiteriale del borgo.

La gestione di questo luogo sacro, come spesso avveniva all’epoca, era stata assunta da una confraternita di Disciplinati. Ma chi erano questi uomini pii, dediti alla preghiera ed alla penitenza? Le confraternite erano, e sono tutt’oggi, associazioni religiose composte da laici, le quali, in base ai propri statuti approvati dall’autorità ecclesiastica, si dedicano a particolari opere devozionali od assistenziali. I Disciplinati furono fondati a Perugia nel 1260 da un eremita di nome Raniero Fasani, di cui si ignora la data di nascita, morto nel 1281. Essi si diffusero notevolmente nei secoli successivi nell’Italia centrale e settentrionale. Fedeli al loro ideale di vita austera e povera, essi usavano costruire piccoli oratori al di fuori delle città e spesso sui ruderi di cappelle sconsacrate o antichi cimiteri. Così avvenne anche ad Ortonovo, nella zona chiamata, appunto, «il Mortineto».

Gli oratori fondati dai Disciplinati erano, in genere, molto semplici tanto che il popolo amava identificarli come le «casacce». Non si potevano, dunque, chiamare celebri pittori a decorarli, ma ci si rivolgeva solitamente ad artigiani girovaghi, detti «frescanti». Uno di loro, rimasto ovviamente anonimo, dipinse sulla parete di fondo della cappella, un semplice ma suggestivo affresco raffigurante Nostro Signore deposto dalla Croce davanti alla Vergine Maria quasi svenuta dal dolore.

 

IL FATTO MIRACOLOSO

Era domenica, esattamente il 29 luglio del 1537, festa di Santa Marta, figura che, tra l’altro, nell’affresco sorregge pietosamente Maria Santissima, all’incirca alle quattro del pomeriggio, e il Sole, ancora piuttosto alto in quella stagione, illuminava con i suoi raggi la sacra effige che guardava ad occidente. Le cronache ci riferiscono che un gruppo di pie donne, salite, come spesso avveniva, alla piccola cappella, stava pregando in ginocchio rivolgendo alla Beata Vergine fervide suppliche ed espressioni di lode. Ad un tratto tutte vedono chiaramente scaturire copiose lacrime di sangue dagli occhi della Madonna, gocce che scendono lungo la parete fin quasi a terra. Le donne, stupite per l’inatteso fenomeno, si fanno più d’appresso al dipinto e quasi non credono ai loro occhi. Trepidando osano toccare la figura e le loro dita restano rosseggianti di sangue vivo. Constatata così l’evidenza del fatto, le testimoni scoppiano a piangere di commozione e subito corrono in paese per portare la notizia del miracolo. Un gran numero di borghigiani allora sale con loro nuovamente all’oratorio e può, una volta di più, verificare le evidenti tracce della lacrimazione.

Presto il racconto dell’evento soprannaturale si diffonde nei paesi e nelle città vicine e grandi masse di pellegrini incominciano ad affluire quotidianamente ad Ortonovo. Ben presto, quindi, si avverte l’esigenza di costruire un vero e proprio santuario che possa degnamente custodire il dipinto miracoloso che aveva pianto quel 29 luglio del 1537.

 

IL SANTUARIO

Già nel 1540 i Priori della Confraternita, utilizzando le abbondanti offerte donate dai numerosi pellegrini, iniziarono la costruzione del tempio. Il progetto fu affidato all’architetto lucchese Ippolito Marcello, che realizzò la chiesa, in stile rinascimentale, secondo le linee che ancor oggi possiamo ammirare. Venne utilizzato ovviamente in abbondanza, data la vicinanza delle sue cave, il candido marmo statuario di Carrara.

L’atteggiamento delle autorità ecclesiastiche apparve quasi subito positivo, se è vero, come risulta da alcune fonti, che Monsignor Antonio Monficola ne parlò ufficialmente in un suo intervento al Concilio di Trento e volle egli stesso dettare il testo della lapide dedicatoria murata nella facciata del nuovo Santuario.

I lavori terminarono ufficialmente nel 1566 e il 29 luglio il sacro edificio venne consacrato.

La gestione rimase ancora per diciotto anni nelle mani dei Disciplinati, che, però, essendo principalmente laici con un proprio lavoro, avevano delle difficoltà al far fronte ad un impegno così gravoso.

 

 

Fu allora Monsignor Angelo Peruzzi, di cui si ignora l’anno di nascita, morto nel 1600, Visitatore Apostolico della Diocesi di Sarzana, a favorire la venuta ad Ortonovo dei padri Domenicani. L’Ordine dei Predicatori si installò, dunque, presso il Santuario della Beata Vergine Addolorata nel 1584 e lo custodì ininterrottamente fino al 1800, quando fu scacciato dagli invasori francesi al seguito di Napoleone.

Durante questi più di due secoli, il luogo di culto fu costantemente abbellito e migliorato in ogni sua parte. Fu, infatti, edificato, nei primi anni del Seicento, il vasto convento che lo affianca, la sacrestia, un ampio coro ed infine, nel 1796, l’elegantissimo tempietto marmoreo che custodisce, sulla sinistra rispetto all’Altar Maggiore, l’affresco miracoloso.

 

LO STORICO DEI MIRACOLI

Fu proprio in questo lungo periodo felice, in cui i figli di San Domenico gestirono il Santuario, che si inserisce una delle personalità più rilevanti fra coloro che risiedettero nel luogo: Padre Francesco Giovambattista Cipollini. Egli nacque ad Ortonovo intorno al 1680 e, essendo assai gracile e cagionevole di salute, fece voto alla Madonna del Mirteto che, se fosse stato risanato, avrebbe abbracciato la vita religiosa e il sacerdozio. La grazia gli fu concessa ed il giovane mantenne la promessa, divenendo frate domenicano; fu anche professore di teologia e Vicario della Santa Inquisizione Romana.

Fra il 1720 e il 1740 fu Rettore del Santuario e, con il rigore e la precisione dell’uomo di scienza che era, osservò e descrisse i principali fatti miracolosi avvenuti al Mirteto nel periodo della sua reggenza. Da questo lavoro di raccolta e studio delle testimonianze nacque il prezioso volume intitolato «Breve Ragguaglio delle grazie e miracoli della B.V. del Mirteto», un’opera davvero straordinaria, leggendo la quale ci si rende ben conto di quanto Maria Santissima aiuti costantemente chi a Lei si rivolge con Fede autentica.

Per ovvie ragioni di spazio non possiamo soffermarci analiticamente sui fatti riportati da Padre Cipollini. Ne citeremo brevemente soltanto due ad edificazione dei nostri lettori.

Egli narra che nel 1685 (fatto di cui all’epoca del suo rettorato i testimoni erano ancora viventi) una povera mamma di La Spezia giunse in piena notte ad Ortonovo; portava con sé il piccolo figliolo morto soffocato durante il sonno; si prostrò piangente davanti alla Vergine Addolorata ed il bimbo riprese immediatamente colore e vita.

Una quarantina di anni dopo, un giovinetto giaceva gravemente malato e prossimo alla morte; i medici non nutrivano più alcuna speranza di salvarlo. Padre Cipollini corse, allora, al suo capezzale, unse il ragazzo con l’olio che bruciava nella lampada posta davanti al santo simulacro e diede ordine di rimuovere i veli che in quel periodo lo coprivano. Il giovane guarì istantaneamente.

 

LE VICENDE PIÙ RECENTI

Dopo la cacciata dei domenicani, avvenuta, come detto, nel 1800, il florido convento fu abbandonato ed il tempio, quasi sempre chiuso, decadde notevolmente. Anche dopo la caduta di Napoleone, sebbene l’antica Confraternita dei Disciplinati tentasse di fare del suo meglio, l’edificio patì i danni e le ingiurie del trascorrere del tempo quando non è possibile effettuare un’adeguata manutenzione degli immobili.

Per fortuna, nel 1888 il Vescovo chiamò nuovamente l’Ordine dei Predicatori ed i buoni frati ripresero possesso del loro antico convento dopo quasi un secolo, riparando, in poco tempo, i guasti causati dall’incuria.

Nel 1904 succedettero loro i padri Passionisti, che si fermarono al Mirteto fino al 1923. Durante la loro permanenza, si svolse la solenne Incoronazione della Sacra Effige, il 21 maggio 1914, ad opera del Cardinal Pietro Maffi (1858-1931), Arcivescovo di Pisa, alla presenza dell’Ordinario Diocesano e di quattro Vescovi Passionisti. Le cronache del tempo ci riferiscono che i festeggiamenti durarono un’intera settimana. Solennissime furono tutte le liturgie celebrate, molto selezionati i musicisti ed i cantori che le accompagnarono, immenso il concorso del popolo fedele proveniente da numerose città e regioni. Tutti vollero manifestare in quei giorni la propria devozione ed il ringraziamento nei confronti della Mamma Celeste, che tante grazie aveva profuso sulle terre circostanti.

 

 

Gli ultimi decenni si sono, comunque, rivelati piuttosto tormentati. A mano a mano che la crisi delle vocazioni avanzava, si alternavano parecchi ordini religiosi, di volta in volta incaricati dai Vescovi di La Spezia alla gestione della Chiesa e dei locali annessi. Nel 1924 giunsero gli Stimmatini, dal 1930 al 1933, brevemente e per la terza volta, i domenicani, quindi i Figli della Divina Provvidenza, fondati da Don Orione.

Dal 2003 infine l’antico Santuario della Beata Vergine Addolorata è affidato alle cure della Fraternità Missionaria di Maria, un Ordine Religioso fondato in Guatemala e poco noto in Italia. La festa si svolge ogni anno l’8 settembre, in occasione della ricorrenza della Natività di Maria. Ancora grande risulta il flusso di pellegrini, ma certamente sono ormai lontani i tempi delle solenni Liturgie che tanta parte hanno avuto nel sorreggere la Fede delle genti di queste terre e non solo per secoli.

 

 

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