Per la scomparsa di Hans Küng (1928-2011) lo scorso 6 aprile «Avvenire» ha così commentato: «Forse il modo più giusto per parlare di Hans Küng, il teologo svizzero scomparso oggi a 93 anni è quello di non considerarlo soltanto uno studioso “contro”. Perché le sue posizioni teologiche e morali, spesso assai discusse, quasi sempre critiche verso la dottrina ufficiale della Chiesa erano certamente mosse da una ricerca sincera della verità». Mentre la Pontificia Accademia per la Vita, presieduta dall’Arcivescovo Vincenzo Paglia, ha twittato queste parole: «Scompare davvero una grande figura nella teologia dell’ultimo secolo, le cui idee e analisi devono fare sempre riflettere la Chiesa, le Chiese, la società, la cultura».
Non finiremo mai di stupirci e di sconcertarci di fronte ad una parte della Chiesa che rinnega se stessa, stimando ed esaltando personalità che hanno seminato eresie, dubbi, confusioni, proponendole come utili al “bene comune” e di “tutti” alla ricerca della verità, quando la Verità è insita dentro Santa Romana Chiesa, che ha per mandato divino di difenderla dagli errori (la zizzania evangelica) che la minacciano, impedendo agli uomini la strada per l’unica e certa Salvezza.
Nella galassia dei teologi della Storia della Chiesa esistono due macro categorie: coloro che hanno indagato e indagano sulle realtà divine per dare saldezza concettuale e razionale a ciò che da Cristo in poi si è annunciato e quelli che hanno depistato e depistano, tronfi del loro personale orgoglio, e che inventano loro principi e percorsi, ingannandosi e ingannando gli altri sulla fede.
A rappresentare questi due mondi contrapposti di spiegare a sé e agli altri la fede nella Verità rivelata dal Figlio di Dio, potremmo porre da un lato San Tommaso d’Aquino (1225-1274) e dall’altro proprio Hans Küng.
Il primo è stato il pensatore più eminente della filosofia Scolastica, che verso la metà del XIII secolo raggiunse l’apice della sua autorevolezza in campo teologico; è stato per secoli il riferimento più accreditato nella teologia, fino all’eresia modernista, quando fra l’Ottocento e il Novecento le tesi di san Tommaso sono state messe in discussione a fronte di una filosofia esistenzialista, personalista e soggettivista che ha invaso ogni campo del sapere e delle attività umane, compresa la religione cattolica. Tuttavia, il Tomismo venne messo sotto accusa già prima, poiché menzogne e illusioni, che appartengono all’ingannatore-tentatore per eccellenza (il demonio) colgono i pensatori di tanto in tanto, anch’essi soggetti, come tutti gli umani, alla tentazione della superbia. La Chiesa, però, ha sempre individuato, diagnosticato, analizzato, denunciato e condannato gli errori, come lesivi della Verità e, quindi, traviatori delle anime dei fedeli e dei possibili convertiti. Ma, con il Concilio Vaticano II, dove il Modernismo è penetrato, ciò non si è più verificato, anzi, si esaltano le menzogne e si silenziano e si perseguitano coloro che proseguono l’annuncio della Buona Novella e la missionarietà, intesa secondo il Santo Vangelo.
Il Tomismo iniziò ad essere attaccato già nel tardo Medioevo, con una progressiva sfiducia nelle possibilità metafisiche della ragione, quella che indurrà l’eresiarca Martin Lutero a giudicare la ragione stessa «cieca, sorda, stolta, empia e sacrilega».
Nella Summa Theologiae, ancora oggi, possiamo trovare i fondamenti di tutta la teologia, perché quando si parla veramente della Verità non si sente lo scorrere del tempo; il tempo sparisce per far spazio ai principi eterni. Il santo autore domenicano, geniale, ricolmo di fede e illuminato dalla grazia divina, che rimandava agli insegnamenti di Gesù, dei primi apostoli, di san Paolo, dei Padri della Chiesa, dei Pontefici e di tutta la Tradizione della Chiesa, ha sondato metafisicamente il solco del credo cattolico, dando sana forma concettuale a tutta la dottrina cattolica. I suoi insegnamenti sono stati trasmessi a generazioni e generazioni di seminaristi.
Hans Küng, invece, ha parlato secondo le proprie ipotetiche teorie, accusando i dogmi cattolici, la dottrina della Chiesa, il suo magistero tradizionale; offrendo indirizzi morali assolutamente contrari alla logica cattolica e aderendo allo spirito protestante, interreligioso, antievangelico (perché evangelizzare significa convertire al Cattolicesimo) ai nostri tempi di gran moda fra le alte gerarchie della Chiesa, come ha dimostrato la Pontificia Accademia per la Vita (per la difesa della vita) retta da Monsignor Paglia; un dicastero, ricordiamolo bene, voluto e fondato da Giovanni Paolo II (1920-2005) con il Motu Proprio Vitae mysterium, dell’11 febbraio 1994. Papa Wojtyła fu violentemente attaccato dallo stesso Küng: la Chiesa attuale, nutrita di neomodernismo, che si è formata sui maestri di Küng, come Karl Rhaner, coltiva e semina gli errori anche attraverso colui che inaugurò la stagione degli incontri interreligiosi di Assisi. Gli uomini rivoluzionari che si distanziano dalla Chiesa autentica, andando contro gli insegnamenti di sempre, si divorano vicendevolmente, non conoscendo l’unità che solo la Pace del Figlio di Dio, morto in Croce per i peccati degli uomini, può dare. Paradossi e follie, che hanno portato persino un Papa a rendere omaggio e idolatrare in San Pietro la Pachamama – poco prima che scoppiasse nel mondo la pandemia (non è stata forse questa una maledizione, un castigo?) – sono diventati ordinaria e autodistruttiva prassi nella Chiesa romana.
Ha scritto il teologo svizzero definito dissidente, ma oggi osannato per la sua “saggia” critica alla Chiesa “autoreferenziale”:
«[Giovanni Paolo II] elogia spesso e volentieri gli ecumenici, ma al tempo stesso ha pesantemente compromesso i rapporti con le Chiese ortodosse e con quelle riformiste ed evita il riconoscimento dei loro funzionari e dell’eucaristia. Il Papa avrebbe dovuto consentire — come suggerito in molti modi dalle commissioni di studio ecumeniche e come praticato direttamente da tanti parroci — le messe e la comunione eucaristica nelle Chiese non cattoliche e l’ospitalità eucaristica. Avrebbe anche dovuto ridurre l’eccessivo potere esercitato dalla Chiesa nei confronti delle Chiese dell’Est e delle Chiese riformiste e avrebbe dovuto rinunciare all’insediamento dei Vescovi romano-cattolici nelle zone delle Chiese russe-ortodosse. Avrebbe potuto, ma non ha mai voluto. Ha voluto invece mantenere e ampliare il sistema di potere romano. La politica di potere e di prestigio del Vaticano è stata mascherata da discorsi ecumenici pronunciati dalla finestra di Piazza San Pietro, da gesti vuoti e da una giovialità del Papa e dei suoi cardinali che cela in realtà il desiderio di «sottomissione» della Chiesa dell’Est sotto il primato romano e il «ritorno» dei protestanti alla casa paterna romano-cattolica»[1].
E ancora, si legge nello stesso articolo:
«Come Pio XII fece perseguitare i più importanti teologi del suo tempo, allo stesso modo si comportano Giovanni Paolo II e il suo Grande Inquisitore Ratzinger con Schillebeeckx, Balasuriya, Boff, Bulányi, Curran, Fox, Drewermann e anche il vescovo di Évreux Gaillot e l’arcivescovo di Seattle Hunthausen. Nella vita pubblica mancano oggi intellettuali e teologi cattolici della levatura della generazione del Concilio. Questo è il risultato di un clima di sospetto, che circonda i pensatori critici di questo Pontificato. I vescovi si sentono governatori romani invece che servitori del popolo della Chiesa. E troppi teologi scrivono in modo conformista oppure tacciono».
Già all’alba dei suoi studi si delineò il programma della teologia küunghiana, rivolta allo studio della Chiesa e dell’ecumenismo intracristiano, con opere quali La Chiesa, e Veracità. Per il futuro della chiesa. Nel 1970 pubblicò il testo Infallibile? Una domanda, dove si dichiara l’inammissibilità del dogma sulla infallibilità papale. Nel 1975 fu richiamato dalla Congregazione per la dottrina della fede. In seguito all’inasprirsi dei toni della contestazione, la stessa Congregazione, il 18 dicembre 1979, gli revocò la missio canonica (l’autorizzazione all’insegnamento della teologia cattolica). Küng continuò a fregiarsi di essere sacerdote cattolico, conservando anche la cattedra del suo Istituto di Tubinga, che venne, però, separato dalla facoltà cattolica. Arrivò la prima condanna della Congregazione per la dottrina della fede del pontificato di Giovanni Paolo II, una condanna di alto valore simbolico, perché rivolta ad uno dei più autorevoli personaggi del Concilio Vaticano II. In seguito alla revoca della missio canonica, Küng ha sempre aspramente criticato l’operato della Congregazione per la dottrina della fede durante il pontificato di Giovanni Paolo II, affermando che è stata il braccio di una repressione e di epurazioni staliniane di tutte le voci critiche all’interno della Chiesa cattolica, come Leonardo Boff e Jacques Dupuis.
In materia bioetica sostenne che secondo la dottrina ufficiale, nei casi di utilizzo di “mezzi straordinari” per il mantenimento della vita, la loro sospensione non si configura come eutanasia. Nel 2000 ha criticato aspramente la dichiarazione Dominus Iesus di Benedetto XVI sull’unicità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, definendola un misto di «megalomania e arretratezza vaticana»[2]. Non per questo ha smesso, inoltre, di animare e influenzare in misura considerevole la discussione teologica, in particolare dando un contributo alla teologia delle religioni.
Nel 1993 ha creato la Fondazione Weltethos (Etica mondiale), impegnata a sviluppare e rinforzare la cooperazione tra le religioni mediante il riconoscimento dei valori comuni e a disegnare un codice di regole di comportamento universalmente condivise. Weltethos ha preparato il Documento Per un’etica mondiale: una dichiarazione iniziale che è stato sottoscritto nel 1993 a Chicago dal Council for a Parliament of the World’s Religions (Consiglio per un Parlamento delle Religioni del Mondo), che opera sotto l’egida delle Organizzazione delle Nazioni Unite.
Fra i principali critici dell’autorità papale (che ritiene un’invenzione umana) e del culto mariano, egli ha combattuto per una Chiesa protestantizzata, basandosi sui dettami del Concilio Vaticano II e anche esasperandoli fino a considerare cosa buona l’ammissione delle donne a ogni ministero, la partecipazione dei laici alla vita religiosa, l’incremento del dialogo ecumenico e interreligioso, aprendosi sempre più al mondo.
Fra il 1962 e il 1965 partecipò al Concilio Vaticano II in qualità di esperto, nominato da papa Giovanni XXIII; in questa occasione conobbe personalmente anche Joseph Ratzinger, che prese parte al Concilio come teologo consigliere dell’arcivescovo di Colonia. Tornato a Tubinga, invitò l’università ad assumere Ratzinger come professore di teologia dogmatica; ma la cooperazione fra i due terminò nel 1969, a seguito delle manifestazioni studentesche che colpirono profondamente Ratzinger, spingendolo a spostarsi nella più tranquilla facoltà di Ratisbona e il loro distacco divenne sempre più grande. Volutamente e pervicacemente dimentico che Cristo e i suoi sono nel mondo, ma non sono del mondo, i suoi insegnamenti si scontrano plasticamente con le parole di Gesù: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato» (Gv 15,18-21).
San Tommaso, una vita al servizio della Verità, della Fede di Cristo e della Chiesa, e Hans Küng a servizio di chi è stato?
Tommaso d’Aquino rappresenta uno dei principali pilastri teologici e filosofici della Chiesa cattolica: egli è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica. Egli fu allievo di sant’Alberto Magno, mentore di Küng fu in qualche modo Karl Rahner, uno dei teologi più accreditati del Concilio Vaticano II, che elaborò la teoria del «Cristianesimo anonimo», in cui si riconoscono alle religioni non cristiane valori di verità e funzioni salvifiche, pur rimanendo Cristo la Via di Salvezza principale dell’uomo. Ma Küng è andato oltre, considerando le religioni non cristiane come vie ordinarie di salvezza e il cristianesimo come via straordinaria. La teologia di Küng è quella del pluralismo religioso, rigettata dalla Dichiarazione «Cristianesimo e religioni» nel 1997 e dalla Dominus Iesus (2000) di Benedetto XVI, che Küng ha definito un esempio di «arretratezza e megalomania vaticana».
Il Frate domenicano san Tommaso, Dottore della Chiesa dal 1567, avrebbe confutato con argomenti eccelsi, così come avrebbe fatto anche san John Henry Newman, le argomentazioni eretiche e scismatiche di Hans Küng. Fintanto che teologi di tal fatta, che non riconoscono in Santa Madre Chiesa, monarchica e gerarchica per mandato divino, istituzione preposta alla custodia della via della Salvezza, rimarranno sulle loro cattedre, applauditi e ossequiati, al posto di San Tommaso d’Aquino, continueremo l’avvelenamento della Chiesa.
Grande estimatore di San Tommaso è stato Cornelio Fabro, che ha avuto il grande merito di riproporlo e di spiegarlo all’uomo contemporaneo, ponendo il Dottore Angelico come risposta agli attuali e inquietanti problemi del cattolico dei nostri giorni.
Egli scrive nel saggio Introduzione a San Tommaso – La metafisica tomista e il pensiero moderno (Editrice dell’Istituto del Verbo Incarnato): «Cominciamo con una domanda: “È utile, per l’uomo moderno, è opportuno, può avere qualche senso che non sia una pura curiosità erudita, il ritornare a Tommaso d’Aquino?”. Dal suo tempo ad oggi la conoscenza del mondo ha ormai più volte cambiato la sua figura: non solo la scienza e la tecnica hanno rivoluzionato il nostro modo di vivere e la stessa concezione del mondo fisico e biologico, ma con essa anche l’ago magnetico che misura le oscillazioni dello spirito ha cambiato direzione, anzi procede in senso opposto. Non si procede più dal mondo (dalla physis) all’uomo come nell’antichità, né da Dio all’uomo come nell’evo cristiano, ma dall’uomo all’uomo: oggi sembra che tutto e ovunque – nell’arte, nella letteratura, nella scienza e per suo tramite nella tecnica – graviti attorno all’uomo».
Sul piano culturale il pontificato di Leone XIII fu contrassegnato dalla tendenza all’accentramento dottrinale e all’unità del pensiero teologico che portò alla restaurazione della filosofia scolastica, in particolare tomista, sancita il 4 agosto 1879 con l’enciclica Aeterni Patris. L’enciclica ribadì l’esigenza di un ritorno al pensiero autentico di San Tommaso. La Chiesa, soprattutto alla luce del contrasto con lo Stato, evidenziava la volontà di instaurare un modello gerarchico, sicuro e definito nelle sue articolazioni, in grado di contrapporsi, con la forza della sua struttura, agli assalti delle dottrine ad essa ostili. La scelta di Leone XIII trovò forti resistenze, soprattutto in quegli ambienti cattolici più vicini alle posizioni rosminiane, che accusarono il papa di aver instaurato una filosofia «per decreto». Le indicazioni della Aeterni Patris portarono all’assunzione del tomismo come base unica ed esclusiva nella formazione del clero, divenendo il fondamento degli studi nei seminari, nelle scuole e nelle università ecclesiastiche.
Ebbe a scrivere ancora Cornelio Fabro: «A un secolo di distanza dal richiamo leoniano di fare scudo attorno a san Tommaso, sia per penetrare le istanze proprie della ragione e della fede, sia per accogliere come si deve la nuova stagione della scienza e delle rivendicazioni legittime della soggettività moderna, e pertanto della dignità infinita che compete alla libertà di ogni persona umana, bisogna convenire che quel richiamo oggi, di fronte all’incombente minaccia di una conflagrazione che avrebbe proporzioni apocalittiche, diventa profetico e suona più attuale che mai»[3].
Ancora e sempre la lotta è di magnitudo soprannaturale con Gesù che è la Via, la Verità e la Vita, mentre Satana è la menzogna, la morte, l’abisso. O si serve l’Uno e indiviso oppure si serve l’altro. L’et et non è contemplato nella fede della Santissima Trinità, né prima, né dopo, né mai, altrimenti Gesù ce l’avrebbe detto.
[1] H. Küng, Wojtyła, Il papa che ha fallito, Corriere della Sera, 2 gennaio 2006.
[2] http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/19632.html?refresh_ce
[3] C. Fabro, Introduzione a San Tommaso – La metafisica tomista e il pensiero moderno, Opere Complete, vol. 34. Il futuro del Tomismo, pp. 231-232.
2 commenti su “Quale abisso teologico passa fra San Tommaso d’Aquino e Hans Küng?”
Hans Kung narra in un suo libro (non ricordo quale) che il suo grande amico Karl Barth lo invitò una volta a convertirsi al protestantesimo dato, evidentemente, che lo sentiva più luterano che cattolico. Lui rispose di no, sostenendo che non è facile abbandonare l’educazione che si è ricevuta in gioventù. Ma basta questo per continuare a professarsi cattolico? Secondo me, no. Kung luterano era e luterano è rimasto. Peccato! Io lessi in gioventù tutti i suoi libri che erano stati tradotti in italiano ammirandone lo stile letterario accattivante e accessibilissimo anche a chi, come me, non è teologo, né filosofo, né esegeta, ma solo una “cercatrice” di Dio, che però non ho trovato in Hans Kung ma, molti anni dopo, in Joseph Ratzinger. Lui, sì che mi ha fatto trovare Dio!
La mafia di S. Gallo ha messo nel frullatore il soggettivismo moderno che riduce tutto al sé, l’heideggerismo di Karl Rahner e l’hegelismo dell’ora compianto Hans Küng; vi ha aggiunto, dopo averle macerate a dovere, le dottrine spurie del CVII, ratificate dall’esuberante Wojtyla e dal professore Alemanno, autore di Einfürung in das Christentum e ne è sortito il raccapricciante, capriccioso, misericordevole intruglio di Bergoglio.
Il luogo tenuto dalla fonte di acqua viva qual’è la dottrina immortale di S. Tommaso, è stato usurpato dalla stomachevole, luciferina e venefica sbobba pastorale trans-modernista di questa chiesa luteraneggiante e parodica, nel tempo di Vaia e del Covid.
Le grazie velate d’azzurro della Vergine Purissima sono esposte in prossimità dello scherno volterriano,
mentre le forme sconce della lubrìca Pachamama, accomapagnata da un supino idoletto in fregola,
vengono benedette ed oscenamente ostentate ad un passo dal sepolcro di S. Pietro.
E Laodicea, sazia e disperata, neanche volendo sa di dover tremare, perché la diverte,
inscenando pantomime pagane ed ecolatriche, chi invece, se fosse pastore per davvero,
dovrebbe avvertirla che è nel mirino severo e infallibile dell’Arcangelo.
La teologia cattolica presuppone la fede, la filosofia no;
il filosofo della religione Hans Küng (perché tale è stato Küng, si badi bene, e non un teologo), era da lustri sul pezzo a metterci alacremente del suo affinché si arrivasse al punto in cui siamo e, sic stantibus rebus, penso sia trapassato soddisfatto.
A me non mancò e non manca ora che è tornato al Padre, ma, siamone certi, finché Dio lo permetterà, il vento che spira dal nord, continuerà a portarci l’olezzo molesto del suo s-pensiero per rammentarci la putrefazione della modernità; conservare il fiuto spirituale capace di riconoscerlo, ci preserverà dal contagio.
Küng non ci consentiranno di dimenticarlo e noi dunque, a maggior ragione, dovremo voler sempre ricordare che ad ispirare la sua riflessione filosofica, non era di certo il motto “contemplari et contemplata aliis tradere”, del quale ogni vero teologo cattolico sa di esser debitore alla Fede dell’Aquinate.
Requiescat in pace.