La Madonna nera di Positano

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Positano è un luogo magnifico, lo spettacolo del mare tutto intorno, la luce intensa e brillante del sole riflesso, l’ombra nelle minuscole vie tortuose in discesa, ci proiettano dentro un paesaggio fiabesco. L’ incanto che si prova è proprio quello dei racconti di fantasia, qui non c’è infatti nulla di ordinario, di comune, di già visto. Anche la cattedrale di Santa Maria Assunta a pochi passi dal mare ha un carattere di eccezionalità, sia per la sua architettura, con la grande cupola che si staglia brillante di maioliche gialle e verdi sullo sfondo azzurro del mare, sia per quello che conserva sull’altare maggiore: una rara icona bizantina della Vergine del XII secolo.

La storia di questo luogo sacro è antica e travagliata, in un documento conservato nell’archivio parrocchiale viene ricordata la dedicazione della chiesa in onore della Beata Vergine Maria nel 1159 ad opera del vescovo di Amalfi, Giovanni II. Nei secoli seguenti subisce un progressivo abbandono, fino al definitivo restauro della fine del XVIII secolo. In tutto questo tempo ha conservato miracolosamente, quasi intatta, l’icona della Madonna nera (così è chiamata) dipinta su una tavola di cedro. Il suo arrivo a Positano è legato ad un’antica tradizione, probabilmente portata da una nave di monaci benedettini che percorrevano le rotte commerciali lungo le coste dell’Italia meridionale. Ma niente si sa di certo, tranne che questa immagine, molto cara agli abitanti del luogo, è ancora lì a parlare di fede: grande, ieratica, frontale, di una bellezza tutta spiritualità, tutta solennità.

La tavola è quasi interamente ricoperta di foglia d’oro, tranne che per gli incarnati, i quali, nel controluce che scaturisce dal chiarore brillante del metallo, sembrano ancora più scuri. La Madre e il Bambino, lontanissimi dalla “tenerezza” a cui siamo abituati, sono fermi, solidi, in trono, a ricordare al fedele l’ “oltre” della loro divinità; unico segno dell’umanità di Maria è il manto azzurro che le copre le spalle: solo colore presente (a parte i piccoli dettagli decorativi). L’aureola esce dal perimetro della tavola ed il suo cerchio è leggermente proteso verso il basso, taglia la cornice decorata con delle bugne coniche molto spesse, sull’intera superficie della tavola, sugli abiti, sulla corona e ci sono minuscole decorazioni realizzate sul gesso. Un grande lavoro decorativo fatto di piccoli e grandi rilievi che avrebbero dovuto conferire un’infinita vibrazione di luce calda al bagliore tremulo delle candele.

Seppure ormai lontana dal suo contesto originario e illuminata dalla luce fissa della luce elettrica, rimane un raro esempio di icona dipinta con l’oro, che, lontana dalla lusinghe della terra, vuole solo rendere manifesta la sua divinità.

 

 

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