Il Paradiso è un salotto show?

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Quando si va a qualche funerale, capita di sentire discorsi piuttosto singolari a riguardo della vita del Cielo e della salvezza eterna. Discorsi fantasiosi venuti fuori da chissà dove. Quando morì il pilota di Formula uno Ayrton Senna, per fare un esempio, il sacerdote che presiedette ai funerali disse, con espressione profetica e sognante, che Senna da quel momento in poi avrebbe percorso le piste del Cielo e girato in lungo e in largo per circuiti celesti. Allo stesso modo, quando è morto di recente Maurizio Costanzo, massone dichiarato, uno dei parenti (mi pare la figlia), dopo avere espresso sentimenti di grande stima e affetto per lui, ha detto che egli avrebbe continuato a organizzare per gli abitanti del Cielo dei continui talk-shaw, insieme ad altri autori (di cui si fecero i nomi), chi al pianoforte, chi alla regia, eccetera.

Si dà così agli uditori un’immagine rasserenante della realtà della vita dopo la morte, nella quale però è assente il Signore Gesù, la croce, il giudizio, dal momento che si passa automaticamente dalla vita terrena all’eternità, che è sempre bella e serena.

Tutto ciò, però, è falso.

Dispiace dover avvertire la gente che in Paradiso non ci sono salotti e non ci sono circuiti automobilistici. E soprattutto che non ci si va automaticamente.

Mi piacerebbe chiedere a coloro che danno queste immagini pittoresche del Paradiso fatto di piste di Formula uno e salotti televisivi, su cosa fondano la loro idea di immortalità dell’anima. Se noi abbiamo la vita in Cristo risorto o siamo in Lui o siamo separati da Lui (con il peccato). Il giudice dei vivi e dei morti è Gesù Cristo. Lo diciamo ogni domenica nel Credo: «Verrà a giudicare i vivi e i morti», riferendoci a Lui.

 

Diego Velázquez, Jesucristo crucificado, 1632 ca.,  olio su tela 248×169 cm, conservato nel Museo del Prado a Madrid, Spagna

 

Chi giudica non è né il Padre né lo Spirito Santo, ma la Seconda Persona, Gesù, perché chi ha patito sulla croce è stato Lui. Il giudizio è di assoluzione, ma in questo perdono occorre entrarvi, occorre essere pentiti, occorre l’ossequio. Parlare di vita eterna senza la croce non ha alcun senso. La frase finale della prima Lettera di san Giovanni è chiara: «E noi siamo nel vero Dio e nel suo Figlio Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna» (1 Gv 5,20). Quella congiunzione “e” è importantissima!

Che Gesù sia il vero Dio lo sappiamo; Egli però è anche la vita eterna. Non dice che Gesù vive nella vita eterna, ma che è la vita eterna stessa. Dio è sostantivo, perché Dio è persona, ma dire che una persona è la vita eterna, significa attribuire tutto il significato di una realtà oggettiva, a-personale, infinita, ad una persona, e precisamente alla persona di Gesù. Questo è sconvolgente e ci vuole un atto di fede grandioso (e al tempo stesso semplicissimo) per crederlo. È Gesù che ci ha ottenuto il perdono dei peccati, e di conseguenza il passaggio in Paradiso, con la sua morte di croce e la sua resurrezione. Dunque, noi affermiamo che il Paradiso è una Persona, e che il Paradiso è già iniziato, perché Gesù è vivo. O siamo in Lui ora, o non lo saremo mai.

È chiaro che la salvezza eterna è una questione che si risolve tra il giudice, Gesù, e la singola anima che partendo da questo mondo si presenta davanti a Lui, per cui noi non possiamo dire nulla della salvezza eterna di Senna o di Maurizio Costanzo o di chiunque altro; possiamo certo augurarla, ma non averne la certezza. La certezza l’abbiamo però riguardo le piste e i salotti: non esistono in Paradiso, perché questi sono luoghi geografici legati alla realtà terrena transeunte.

Come più vera era la Chiesa di un tempo, che pregava per il suffragio delle anime!

Fino a qualche decennio fa, nei funerali, i sacerdoti invitavano la gente a suffragare per l’anima del defunto, raccomandandola alla misericordia di Dio e implorando che il Signore perdonasse i peccati commessi in vita dalla persona defunta, la purificasse e le concedesse la vita eterna, appunto nel perdono. Questo è il significato del suffragio. Ma se va automaticamente in Paradiso (pista o salotto che sia), che bisogno c’è del suffragio?

Notiamo che queste preghiere di suffragio si facevano per tutti, anche per le persone vissute santamente, perché a parte la Vergine Maria tutti hanno peccato in vita, almeno qualche volta; figuriamoci allora per coloro che invece hanno sempre vissuto lontani dalla Chiesa e dai sacramenti… C’è da tremare. Leggiamo infatti nella Bibbia questo passo: «Se pecchiamo volontariamente dopo avere ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati, ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli. Quando qualcuno ha violato la Legge di Mosè, viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell’alleanza dal quale è stato un giorno santificato e avrà disprezzato lo Spirito della Grazia? Conosciamo infatti colui che ha detto: A me la vendetta! Io darò la retribuzione! E ancora: Il Signore giudicherà il suo popolo. È terribile cadere nelle mani del Dio vivente”». Questo passo non è contenuto nell’Antico Testamento, ma nel Nuovo (Lettera agli Ebrei, 10,26-31).

Mi si obietterà che non si può però presentare alla gente un Dio così terribile. Sarà, ma questa pagina non l’ho scritta io… semmai si potrà protestare con l’autore della Lettera agli Ebrei. Ma se leggiamo questo passo e alla fine diciamo a voce alta: «Parola di Dio», conviene cercare piuttosto di entrare in questa Parola salvifica, e viverla, perché Dio è amore. È amore anche nella sua terribilità, perché l’amore è fuoco, e Dio è morto in croce. Croce che è la grande assente nei funerali dei circuiti e dei salotti.

Nella Francia dell’800 visse il grande santo Curato d’Ars. Aveva detto apertamente che si era impegnato a pregare e sacrificarsi per portare in Cielo tutti i suoi parrocchiani, e vedendo che razza di vita di penitenza egli conducesse, molte persone di varie parti della Francia vollero diventare “parrocchiane” del santo Curato, pur non vivendo ad Ars. Si ebbero così molte iscrizioni (cambi di residenza, diremo oggi) da città lontane al piccolo paese di Ars. Quando il podestà della circoscrizione se ne accorse, vedendo che le persone si iscrivevano ma non venivano poi a vivere ad Ars, bloccò il fenomeno e impedì questa “migrazione”, e la gente esterna non poté più entrare nel giro dei parrocchiani ufficiali di san Giovanni Maria Vianney. Allora che fecero? Comprarono un loculo nel cimitero di Ars, per essere parrocchiani del Santo Curato almeno dopo morti! Se entrate nel cimitero di Ars, troverete poco dopo il cancello la tomba di uno di questi forestieri con l’iscrizione «ubi crux ibi patria».

Altro che salotti e circuiti.

Non ho potuto non notare le immagini di tanti paesi in Alto Adige dove ci sono croci di legno quasi ad ogni casa ed ogni prato; nei masi antichi trovi sempre un Crocefisso o l’immagine del Cuore Immacolato di Maria. Un mio amico di Padova ha commentato: «Finché rimarranno le croci nei prati l’erba rimarrà verde».  Chissà cosa avrebbe detto il buon Curato.

 

Esempio di Crocifisso della Valle Badia, in Trentino Alto Adige

 

 

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