Pietro nacque nei pressi di Montpellier, nel sud della Francia, allora importante centro regionale della Linguadoca con una nascente università specializzata in medicina. Si ha notizia della sua appartenenza al clero dal 1199, anno in cui figurava arcidiacono a Maguelone. Un anno o due più tardi divenne monaco nell’abbazia cistercense di Fontfroide.
In quel tempo la Linguadoca era finita in preda all’eresia catara, detta anche albigese dal nome della città di Albi, situata una novantina di chilometri ad ovest di Montpellier. Il catarismo esercitava una forte attrazione, attribuibile alla dottrina morale che predicava: «per il puro ogni cosa è pura». Semplice in apparenza, la filosofia sottostante era in realtà assai più insidiosa: poggiando le basi nel dualismo manicheo, che già un tempo aveva sedotto Sant’Agostino, rappresentava almeno in parte la risposta all’esigenza di una vita più pura di quella condotta dai ricchi e dai potenti, tanto nella Chiesa quanto nello Stato. Verso la fine del XII secolo questa era ormai divenuta la religione prevalente nella Linguadoca, nella Provenza e nell’Italia settentrionale. La repressione che si innescò verso questo fenomeno diede origine all’Inquisizione. Quest’ultima fu inizialmente gestita dai vescovi, soliti consegnare al braccio secolare quegli ecclesiastici e quei monaci sospettati di eresia. Il pontefice Innocenzo III (1198-1216) scelse di affidare ai legati pontifici il potere giudiziario e l’autorità di condannare all’esilio ed alla confisca dei beni.
Nel 1204 il Papa nominò suoi legati nella Francia meridionale Pietro di Castelnau, suo fratello Raul, monaco, e l’abate di Citeaux, Arnaud-Amaury. Non ebbe un gran successo la loro prima predicazione, volta a porre l’accento sull’autorità papale e sul potere ecclesiastico. Due anni dopo San Domenico, fondatore dell’Ordine dei Predicatori, presentò al Papa proposte concrete per una più efficace campagna, tra cui l’utilizzo dei mezzi stessi che gli eretici impiegavano con non pochi frutti, quali ad esempio una predicazione colta ed uno stile di vita prettamente evangelico.
Sempre nel 1206 San Domenico incontrò a Montpellier i fratelli Pietro e Raul, persuadendoli a rinunciare allo sfarzo di cui si erano circondati e ad essere modelli di vita semplice ed evangelica. Questa loro trasformazione ebbe effetti immediati e decisivi. Raimondo VI, conte di Tolosa, non smise tuttavia di opporsi all’azione avversa agli eretici, tanto da ordinare l’uccisione di Pietro. L’eccidio si consumò il 15 gennaio 1208 presso Saint-Gilles sul Rodano. Un colpo di lancia trafisse il suo corpo.
Quanto accaduto suscitò un’indignazione tale in tutta il mondo occidentale cristiano da spingere il Papa a fare ricorso a mezzi militari ed indire una crociata contro gli albigesi. Terribili furono le conseguenze e gli spargimenti di sangue che si protrassero per l’intero secolo XIII. Pietro ben presto fu venerato come martire ed i suoi resti vennero posti in un reliquiario, collocato nell’abbazia di Saint-Gilles. Il resoconto del suo martirio si trova negli Acta Sanctorum.
Il Martirologio Romano, nella sua ultima edizione promulgata da Giovanni Paolo II all’alba del terzo millennio, così ricorda questo Beato nell’anniversario della sua nascita al Cielo: «A Saint-Gilles-les-Boucheries nella Provenza, in Francia, beato Pietro da Chateau-Neuf, sacerdote e martire: entrato nel monastero cistercense di Fontfroide, fu incaricato da papa Innocenzo III di predicare la pace e di insegnare la fede cristiana in Provenza; morì trafitto con la lancia da alcuni eretici».
L’esempio del Beato Pietro di Castelnau risplende più che mai attuale in un tempo in cui la confusione sembra prevalere sulla retta Fede e si unisce agli altri inquisitori già anch’essi innalzati alla gloria degli altari, quali il grande San Pietro da Verona ed i tre beati domenicani piemontesi uccisi dai valdesi.
Tomba di Pietro di Castelnau nell’abbazia di Saint-Gilles-du-Gard, Francia