Il sangue per la Fede, speranza di una nuova Europa
Rubrica a cura di Arduinus Rex
Sin dalle origini l’Ordine dei Frati Predicatori, meglio noti come Domenicani, non mancò di dare alla Chiesa molti martiri. Così avvenne anche nella Polonia del XIII secolo: si tratta di un gruppo di frati domenicani che il Martirologio Romano cita come “Beato Sadoc e compagni”.
Esistono tuttavia delle perplessità da parte degli storici circa l’identificazione del Beato Sadoc. Molti lo ritengono ungherese anziché polacco, presumibilmente uno dei novanta martiri domenicani in Ungheria che per mano dei Tartari “furono uccisi o con la spada o trafitti da frecce o trapassati da lancia; altri volarono al Cielo bruciati”, come asseriscono le “Vitae Fratrum”. In esse è citato fra Sadoc, in seguito priore a Zagabria, inviato da San Domenico in Ungheria dopo il secondo capitolo generale dell’ordine del 1221 insieme a fra Paolo ed altri tre confratelli, tacendo però circa le sue presunte origini polacche ed il suo martirio. Il Taegio nel “De insigniis” include tra i martiri della provincia ungherese anche il piore Sadoc, messo a morte con altri quarantotto frati: “Frater Sadoc, vir devotus et sanctus, quum in prenominatis provinciis Christi fidem verbo et exemplo predicaret, cum quadraginta octo fratribus cum martyrii palma celos gloriosus ascendit”.
Il Loenertz asserisce che forse si tratterebbe del medesimo personaggio cui talvolta vengono associati ben 93 o 94 compagni di martirio. L’Alberti invece conferma i numeri forniti nel “De insigniis”. Bisogna notare come né il Taegio, né l’Alberti considerino Sadoc polacco, ma solo nel 1556 il catalogo di Ususmaris censisce “Sadoc Polonus”. Il Loenertz non sa spiegarsi ciò ed ipotizza che alcuni autori abbiano arbitrariamente messi in rapporto Sadoc ed i suoi compagni con i martiri domenicani di Sandomierz in Polonia. Le antiche fonti relative a questi ultimi ignorano i loro nomi ed il loro numero.
A smentire tali perplessità concorrono, però, non solo l’ininterrotta tradizione domenicana, ma anche l’indulgenza che Papa Alessandro IV concesse a tutti coloro che il 2 giugno di ogni anno avessero visitato la chiesa domenicana di Sandomierz, nonché l’indulgenza plenaria che Bonifacio VIII nel 1295 accordò per la festa di questi martiri celebrata in Roma presso la chiesa di Santa Maria “ad Martyres”, il Pantheon. Inoltre nel 1959 l’antropologo Sarama intraprese degli scavi sotto il convento di San Giacomo a Sandomierz, rinvenendo così parecchi scheletri, alcuni dei quali riportanti evidenti tracce di armi taglienti e frammenti di giavellotti. Il regime comunista polacco interruppe però la sua opera preziosa di ricerca.
Infine è doveroso sottolineare come sia ambigua l’interpretazione del termine Ungheria utilizzato nelle “Vitae Fratrum” nel 1260, anno del martirio di Sadoc e compagni. A quel tempo l’Ungheria non era il piccolo staterello di oggi, ma comprendeva anche alcune zone limitrofe, poi passate alle vicine nazioni, e ciò potrebbe spiegare la non concordanza fra le varie indicazioni geografiche.
La tradizione dell’Ordine Domenicano vuole che durante l’invasione tartara del 1259-60 Sadoc fosse priore del convento domenicano di Sandomierz e, la vigilia dell’espugnazione della città, il novizio addetto alla lettura del martirologio avrebbe esclamato fra lo stupore generale: “Sandomiriae, passio quadraginta novem martyrum”. Così avvenne e si consumò la passione dei quarantanove martiri: l’indomani, 2 giugno 1260, i Tartari irruppero nella chiesa di San Giacomo per sterminare Sadoc ed i suoi confratelli, intenti a cantare la più celebre tra le antifone mariane:
Salve, Regina, Mater misericordiae,
vita, dulcedo, et spes nostra, salve.
Ad te clamamus, exsules filii Hevae,
ad te suspiramus, gementes et flentes
in hac lacrimarum valle.
Eia ergo, advocata nostra, illos tuos
misericordes oculos ad nos converte.
Et Jesum, benedictum fructum ventris tui,
nobis, post hoc exsilium, ostende.
O clemens, O pia, O dulcis Virgo Maria.
Da ciò nacque l’uso per i domenicani di cantare la Salve Regina al capezzale dei frati moribondi.
Proprio parafrasando tale preghiera, l’orazione liturgica nella festa dei martiri recita infatti:
“Tu mostri a noi, Signore Gesù, dopo questo esilio
la clemente e misericordiosa Vergine Maria, tua Madre,
che il beato Sadoc e i suoi compagni non cessarono d’invocare
mentre l’aggressione dei nemici meritava loro la sospirata palma del martirio”.
Papa Pio VII il 18 ottobre 1807 confermò il culto che da tempo immemorabile era tributato a questi gloriosi martiri, semi di speranza e fari luminosi per questa Europa di oggi, minacciata da nuovi Tartari.
Ecco l’elenco completo dei nominativi dei 49 martiri domenicani di Sandomierz:
– Sadoc, priore
– Paolo, vicario
– Malachia, predicatore del convento
– Andrea, elemosiniere
– Pietro, custode dell’orto
– Giacomo, maestro dei novizi
– Abele, sindaco
– Simone, penitenziere
– Clemente
– Barnaba
– Elia
– Bartolomeo
– Luca
– Matteo
– Giovanni
– Filippo
i diaconi:
– Gioacchino
– Giuseppe
– Stefano
i suddiaconi:
– Taddeo,
– Mosè
– Abramo
– Basilio
i chierici:
– David
– Aronne
– Benedetto
– Onofrio
– Dominico
– Michele
– Mattia
– Mauro
– Timoteo
i professi studenti:
– Gordiano
– Feliciano
– Marco
– Giovanni
– Gervasio
– Cristoforo
– Donato
– Medardo
– Valentino
i novizi:
– Daniele
– Tobia
– Macario
– Raffaele
– Isaia
i frati conversi:
– Cirillo, sarto
– Geremia, calzolaio
– Tommaso, organista
1 commento su “I 49 martiri domenicani di Sandomierz”
Questo meraviglioso articolo mi ha suscitato molti ricordi di gioventù, perché dei santi martiri di Sandomierz mi aveva parlato, sia pure nelle linee generali, un illustre padre domenicano, P. Dalmazio Mongillo O.P. che, nel periodo di cui parlo, era professore di teologia morale all’Angelicum di Roma, grande amico della mia famiglia, sempre vicino a noi nei momenti “forti” della nostra vita. Infatti aiutò me e mio fratello nella compilazione delle nostre tesi di laurea, celebrò i nostri matrimoni, battezzò i nostri figli e celebrò il funerale dei nostri genitori. Quindi ringrazio l’Autore dell’articolo per avermi fatto rivivere un lontano periodo della mia vita.