Eccellenti risultati per la due giorni del Convegno di Studi sugli Oratoriani in Piemonte

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Anche sul Bollettino[1] d’informazione dell’Università di Sorbona a Parigi se ne è parlato, annunciando il Convegno di Studi che si sarebbe tenuto a Torino, nella bellissima sala, ex cappella, dell’Oratorio di San Filippo Neri (via Maria Vittoria 5), adiacente alla barocca chiesa di San Filippo Neri, la  più grande del capoluogo piemontese, giovedì e venerdì 20 e 21 aprile scorsi sul tema «La Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri in Piemonte (sec. XVII-XIX)». La due giorni, di alto spessore culturale, dedicata alla gloriosa presenza degli Oratoriani in terra subalpina si è tenuta grazie ad un magistrale lavoro organizzativo e logistico operato in particolare dai membri del Comitato Scientifico, Gianfranco Armando dell’Archivio Apostolico Vaticano, Daniele Bolognini e Claudio Anselmo.

Il Convegno, che ha riscosso interesse anche mediatico, è stato aperto dal vescovo di Ivrea, monsignor Edoardo Cerrato, membro della Congregazione Oratoriana dal 1970, affiancato al tavolo dei lavori dal Dottor Gianfranco Armando. Il Vescovo, già Procuratore generale della Confederazione Oratoriana ha sottolineato la presenza dei figli di san Filippo Neri nella regione subalpina che non ha soluzione di continuità, visto che si è avviata anche in Ivrea, canonicamente eretta da papa Francesco solo lo scorso 8 dicembre. Egli ha affermato: «Guardare lontano è vocazione iscritta nella nostra stessa natura di essere ragionevoli. Ma guardare lontano significa guardare in tutte le direzioni avanti e anche indietro; al presente che si affaccia al futuro, ma non meno al passato che di essi e radice. La storia serve a ricordare. Per vivere!». Non poteva esserci introduzione migliore.

L’appuntamento  ha visto la partecipazione di un nutrito numero di relatori, che hanno concorso con la loro preparazione e le loro ricerche a disegnare una mappatura geografica filippina lungo i secoli trattati, offrendo percorsi storici di indiscusso valore contenutistico sui diversi Oratori disseminati in Piemonte e sui profili di quei Padri oratoriani che hanno lasciato un segno profondo sia nella Storia della Chiesa che nel tessuto sociale e devozionale del territorio in questione.

Il Convegno, promosso dal Centro Studi Piemontesi, dalla Congregazione dell’Oratorio di Torino e dalla Società Chivassese, è stato suddiviso in quattro aree di competenza: Le origini dell’Oratorio in Piemonte e nel Monferrato (Gianfranco Armando, Alessandro Celi, Andrea Pennini, Chiara Mainini, Manuela Meni, Alberto Troia, don Davide Pastore); Personalità e santità oratoriane (Alberto Bianco, Anna Rosa Dordoni, Cristina Siccardi, Maria Teresa Reineri); L’espansione dell’oratorio in Piemonte tra Sei e Settecento (Albina Malerba, Daniele D’Alessandro, don Alberto Piola, Nicola Ghietti, don Gian Michele Gazzola, Debora Ferro); Arte e Oratori del Settecento e la rinascita post-napoleonica (Luisa Gentile, Laura Facchin, Claudio Anselmo, Daniele Bolognini, Gianpaolo Fassino).

La presenza degli Oratoriani in Piemonte risale ai primi decenni del Seicento. La Congregazione dell’Oratorio ebbe origine dalla comunità di sacerdoti secolari che si raccolse a Roma intorno ad uno dei maggiori rappresentanti della Controriforma cattolica, san Filippo Neri (1515-1595), in un primo tempo nella chiesa di San Girolamo della Carità (1551) e poi in quella di San Giovanni dei Fiorentini (1564). La Congregazione venne eretta canonicamente nel 1575 da papa Gregorio XIII, che donò agli Oratoriani la chiesa di Santa Maria in Vallicella, mentre le sue Costituzioni furono approvate da papa Paolo V nel 1612.

Sul modello della comunità di Santa Maria in Vallicella sorsero in Italia e nel mondo numerose case, in origine autonome, in seguito riunite nel 1943 nella Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri. Da sempre i Filippini si dedicano alla santificazione delle anime attraverso la catechesi, la direzione spirituale, l’istruzione, la predicazione e l’apostolato, in particolare fra la gioventù.

Dunque, in Piemonte, le case oratoriane vennero alla luce pochi anni dopo il 1595, anno della morte del santo fondatore e furono ben tredici: Casale (1613), Murazzano (1646), Torino (1649), Fossano (1649), Chieri (1658), Savigliano (1674), Carmagnola (1681), Demonte (1693), Mondovì (1695), Asti (1696), Crescentino (1730), Villafranca (1737), Biella (1742).

Gli Oratoriani ebbero un forte radicamento nel territorio subalpino, stabilendo importanti contatti spirituali anche con le più alte cariche dello Stato sabaudo, a cominciare dagli stessi sovrani. Tre sono le figure di spicco all’interno della santità filippina di questa regione: i beati Giovenale Ancina (1545-1604), vescovo di Saluzzo, Sebastiano Valfrè (1629-1710) e il venerabile Giovanni Battista Trona (1682-1750).

Obiettivo del Convegno di studi, che ha presentato molti documenti inediti ritracciati nei diversi archivi oratoriani, statali e parrocchiali, è stato quello di far emergere il patrimonio religioso, culturale e artistico delle congregazioni di cui, ad oggi, mancava una documentata storia unitaria, lacuna che questo Convegno ha colmato e i cui Atti saranno prossimamente pubblicati dal Centro Studi Piemontesi.

A tale proposito non possiamo non ricordare due precedenti Convegni altrettanto importanti, che si allineano negli intenti a quello conclusosi di recente: il primo, che si tenne a Cherasco il 14 novembre 2015, inerente «Gli Eremiti Camaldolesi di Piemonte 1601-1801», dedicato alle vicende dei quattro eremi camaldolesi (Torino, Busca, Cherasco e Lanzo Torinese) e che per due secoli ebbero un importante ruolo nella vita spirituale, ma anche economica e politica del Piemonte, evento culturale realizzato per iniziativa di Gianfranco Armando e organizzato dal Comune di Cherasco e dall’Associazione Cherasco Cultura, con il contributo della Banca di Cherasco. In quell’occasione si approfondirono le vicende della  Congregazione camaldolese di Piemonte sorta agli inizi del XVII secolo per opera di un eremita di Camaldoli, il beato Alessandro Ceva (1538-1612), nato a Garessio (Cuneo) e divenuto confessore del duca Carlo Emanuele I (1562-1630), il quale, in ringraziamento per la cessazione della peste del 1599, volle far edificare sulle colline di Torino nel 1602 l’eremo dedicato al Santo Salvatore.

Il secondo convegno, che ebbe luogo a Torino, è stato dedicato a «I Cistercensi Foglianti in Piemonte, tra chiostro e Corte (XVI-XIX sec.)», organizzato dal DIST – Politecnico di Torino, dal Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino e dalla Fondazione Luigi Firpo (Biblioteca Universitari) il 13-14 febbraio 2020 (Comitato scientifico: Gianfranco Armando, Silvia Beltramo, Paolo Cozzo, Andrea Merlotti).

Visti i risultati finora ottenuti con quella che potremmo definite una trilogia di studi storiografici su Camaldolesi, Cistercensi Foglianti e Oratoriani, sono molti ad auspicare che tali iniziative proseguano per contribuire a creare un panorama esaustivo di un patrimonio spirituale oltre che culturale atto ad incrementare le conoscenze di una storia che non è soltanto locale, ma si inserisce nell’universalità di cui è dotata Santa Madre Chiesa, la quale offre al mondo modelli come quello di san Filippo Neri e dei suoi discepoli con le loro mirabili opere. Del fondatore degli Oratoriani ebbe a dire il teologo convertito Louis Bouyer (1913-2004)[2]: «Quale esempio, più che quello di Filippo, può insegnare al prete moderno ad attingere nel tu per tu con Dio la sola forza capace di conservarlo integro senza che si pieghi come una canna a tutti i venti di questo mondo?».

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Lettres Sorbonne Université, «Bullettin d’informations», n. 25, marzo 2023.

[2] Nato in una famiglia protestante di Parigi, Louis Bouyer, dopo essersi laureato alla Sorbona, iniziò gli studi di teologia presso le facoltà protestanti di Teologia di Parigi e poi di Strasburgo. Fu ordinato ministro luterano nel 1936, e fu vicario della parrocchia luterana della Trinità a Parigi. Nel 1939, in seguito alle proprie ricerche sulla cristologia e l’ecclesiologia di sant’Atanasio di Alessandria, Bouyer maturò la decisione di convertirsi al Cattolicesimo. Nel 1944 fu accolto nella Chiesa Cattolica nell’Abbazia di Saint-Wandrille (Seine-Maritime), dove oggi è sepolto. Ricevette nello stesso anno l’ordinazione sacerdotale ed entrò nell’Oratorio di Francia, dove rimase per il resto della sua vita. Conseguì il dottorato in teologia presso l’Institut catholique de Paris nel 1945, con una tesi sulla vita di sant’Antonio secondo sant’Atanasio. Fu professore nel medesimo istituto fino al 1963 e in seguito insegnò in Inghilterra, Spagna, e negli Stati Uniti. Nel 1969 scrisse il libro La decomposizione del Cattolicesimo, che presentava quelle che egli considerava essere le più importanti problematiche nella Chiesa dal punto di vista liturgico e dogmatico. Conosciuto per il suo contributo scientifico nell’ambito della spiritualità e la storia del Cristianesimo, insieme all’allora cardinale Joseph Ratzinger, fu co-fondatore della rivista  internazionale «Communio» di impianto maggiormente rispettoso della tradizione rispetto alla rivista «Concilium» .

 

 

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