Oltre la sinistra e oltre il gioco politico sinistra-destra non vi è che la Tradizione Cristiana

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Nell’ultimo decennio molti sono stati i dibattiti e gli impegni per ridare identità politica e culturale alla destra italiana. Vi è, inoltre, conclamata una divisione tra la destra politica e la “cultura di destra”, per cui l’operato politico di partiti storicamente definiti di destra si dissocia da una produzione letteraria annoverata come “di destra” per determinati valori e ideali. Per rimanere alle esperienze politiche recenti, l’Epoca berlusconiana è stata certamente un’esperienza politica di stampo di destra liberale, ma nulla ha apportato in grado di scalfire quella che viene chiamata, sin dal secolo scorso, «l’egemonia culturale della sinistra». La tesi che si sostiene in questo articolo è che la definizione di destra politica ha senso solo se si ha chiaro il significato di sinistra, perché, come affermava efficacemente Jean Madiran[1], «la destra è un’invenzione della sinistra»; questa affermazione potrebbe sembrare poco condivisibile proprio nei circoli culturali di destra, ma qui si cercherà di spiegare il motivo per cui senza una sinistra non esisterebbe una destra e l’identificazione di una cultura di destra sia ancora più problematica.

Dal punto di vista ideologico, destra e sinistra nascono entrambe dalla Rivoluzione francese, dove la seconda incarnò i valori dell’egualitarismo, del materialismo e del progressismo: la sinistra in politica è l’evoluzione storica dei principi della Rivoluzione, che, poi, si è instaurata nelle liberaldemocrazie sia di stampo ottocentesco che novecentesco. La destra politica (detta anche conservatrice) si è contrapposta agli eccessi della Rivoluzione, ha cercato di mitigarne i danni, ma, sul piano sostanziale, non ha mai negato pienamente i cambiamenti apportati dalla Rivoluzione; ne ha, anzi, acquisito metodi e linguaggi. La vera dicotomia è tra Rivoluzione e Tradizione; se l’antitesi rimane tra destra e sinistra, di cui, come detto, la prima è invenzione della seconda, non si comprenderà mai l’impossibilità della destra di riportare quell’ordine da lei tanto vagheggiato.

Significative, a tal riguardo, sono le pagine del saggio di Adriano Romualdi[2], intitolato «Una cultura per l’Europa»:

«La Rivoluzione incominciata in Europa nel 1789 – e che non è ancora finita – non è la demolizione di questo o di quell’altro ordine sociale ma la negazione di tutti quei valori su cui è retto ogni ordine europeo. Ciò è già esplicito nell’Illuminismo, il manifesto della sovversione. Voltaire, Diderot, D’Alambert non fan che ripetere i luoghi comuni di cui oggi ci gratifica la stampa progressista: la religione è una “menzogna delle classi abbienti”; le tradizioni militari “una mistica da macello”; le differenze sociali e razziali, individuali una “ingiustizia”, un caso della sorte. L’Illuminismo – e quanto da esso deriva, si chiami esso liberalismo o democrazia, socialismo o comunismo – è antistoria. È odio di quelle forze del sangue e dello spirito di cui è intriso il passato e che han fatto la storia»[3]

Riprendiamo una nota distinzione destra-sinistra di Norberto Bobbio (1909-2004)[4], il quale sostenne che tale divisione sussista in una differenza di atteggiamento verso l’eguaglianza (di cui rileva sostanzialmente solo una uguaglianza o disuguaglianza economica):

«la Sinistra crede che la maggior parte delle diseguaglianze sia sociale e, in quanto tale, eliminabile; la Destra che la maggior parte sia naturale quindi ineliminabile. Per la prima, l’eguaglianza è un’ideale, per la seconda no»[5].

Oltre alla diade eguaglianza-diseguaglianza, vi è quella libertà-autorità. Su questi quattro cardini la destra e la sinistra esprimono un diverso apprezzamento sia rispetto all’eguaglianza che rispetto alla libertà; in questo modo si può ripartire schematicamente lo spettro in cui si collocano dottrine e movimenti politici in queste quattro parti: l’estrema sinistra, in cui vi sono i movimenti insieme egualitari e autoritari, di cui un esempio fu il giacobinismo; il centro-sinistra, dove si collocano movimenti insieme egualitari e libertari, in cui sono compresi tutti i partiti socialdemocratici;  il centro-destra, dove sono movimenti libertari ed inegualitari, entro cui rientrano i partiti conservatori, che si distinguono dalle destre reazionarie per la loro fedeltà al metodo democratico; vi è, infine, l’estrema destra, in cui vi rientrano dottrine antiliberali e anti egualitarie, in cui Bobbio annovera il fascismo e il nazismo. Lo stesso Bobbio ammette che la realtà è più varia di questo schema costruito solo su due criteri, ma che, tuttavia, egli ritiene fondamentali per identificare movimenti storicamente operanti negli ultimi duecento anni.[6]

Si pensa generalmente che l’ideologia liberale e, in genere, la visione libertaria della vita e della politica siano antitetici al totalitarismo, in quanto quest’ultimo propugna valori e prassi collettivi e collettivistici, mentre le prime esaltano l’autodeterminazione dell’individuo. In realtà le forze libertarie e quelle totalitarie sono in un certo senso due facce della stessa medaglia, perché il ribaltamento dell’una porta all’altra e così via.

Una Terza via tra questi due poli, storicamente, fu il Fascismo o furono i Fascismi, se si considerano i movimenti nazionalisti in vari paesi europei. Il nazionalismo nato tra le due guerre fu la coscienza del pericolo rappresentato dalle due internazionali: quella del comunismo (sovietico) e quella del liberalismo (americano). I tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale ed il trionfo della logica di Yalta (come la chiama Romualdi), espressione con cui ci si riferisce alla divisione dell’Europa tra il blocco occidentale filoamericano ed il blocco dell’est filorusso, hanno contribuito a svuotare l’identità e la libertà dei popoli europei. Vi fu, così, il trionfo delle forze liberali e comuniste, che, in un primo momento, si sono viste contrapposte (guerra fredda) e, in un secondo momento storico, a partire dal crollo del muro di Berlino, si sono amalgamate ed hanno creato un’alleanza di fatto.

La nuova Unione Europea è un feticcio della volontà di ricostruire un serio legame di unione tra i popoli europei. Manca una visione del mondo, una Weltanschauung[7], come si usa spesso dire. Un tempo la visione unitaria del mondo era Christianitas, che, poi, conobbe la scienza politica machiavellica, la Riforma protestante, la filosofia moderna, il Giusnaturalismo moderno e la Guerra dei Trent’anni, culminata con la pace di Westfalia: da allora l’unità europea si è frantumata[8].

Si potrà facilmente notare che l’uomo di destra è istintivamente homo religiosus, non nel senso esclusivamente fideistico-devozionale del termine, ma perché misura i suoi valori non col metro del progresso, ma con quello della verità. «Esser conservatori non significa essere attaccati a ciò che è stato, ma vivere partendo da ciò che sempre vale», come dice Arthur Moeller van den Bruck.[9] Attingere ad una qualsiasi spiritualità sia essa pagana, esoterica, orientale, non comporta una difesa della Verità, anzi la svia.

La sinistra incarna, nella sua essenza, la Rivoluzione, che è distruzione della Verità; a destra, invece, si conserva parte della Verità, ma non la si difende nella sua totale pienezza. A destra si ricacciano i cattolici tradizionali, ma la destra non è propriamente Tradizione.

A Sinistra vi è una visione unitaria rivoluzionaria. Prima della Rivoluzione esisteva solo la Tradizione; la Controrivoluzione, quindi, non ha una sua identità, ma si riduce ad un negativo, che trae la propria esistenza dalla Rivoluzione, che pretende di negare; poiché, però, la Rivoluzione è, a sua volta, negazione della verità e della Tradizione, se la Controrivoluzione non si identifica con la Tradizione, non è nulla. Allora, perché cambiare un nome così chiaro e preciso?

La rivoluzione conservatrice e la cultura di destra o quant’altro contrapposto alla sinistra sono qualcosa di troppo debole, perché la difesa della Verità non può essere parziale. L’errore di autori di destra, di cui lo stesso Adriano Romualdi fa parte, è quello di non sapere esprimere in modo coerente una pars costruens contrapposta al sistema rivoluzionario. Una vera idea della Destra è difficile da concepire, tant’è che molto spesso si usa dire vi sono tante Destre: ad esempio la destra reazionaria, sociale, liberale, cattolica, conservatrice…

Risulta molto pertinente è ancora un passo di Romualdi:

«La vera causa del predominio dell’egemonia ideologica della sinistra. Esso risiede nel fatto che là esistono le condizioni per una cultura, esiste una concezione unitaria della vita materialistica, democratica, umanitaria e progressista. Questa visione del mondo e della vita può assumere sfumature diverse, può diventare radicalismo e comunismo, neoilluminismo e scientismo a sfondo psicanalizzante, marxismo militante e cristianesimo positivo d’estrazione “sociale”. Ma sempre ci si trova di fronte a una visione unitaria dell’uomo, dei fini, della storia e della società. […] Dalla parte della Destra nulla di questo. Ci si aggira in un’atmosfera deprimente fatta di conservatorismo spicciolo e di perbenismo borghese. Si leggono articoli in cui si chiede che la cultura tenga maggior conto dei “valori patriottici”, della “morale” il tutto in una pittoresca confusione delle idee e dei linguaggi. A sinistra si sa bene quel che si vuole. Sia che si parli della nazionalizzazione dell’energia elettrica o dell’urbanistica, della storia d’Italia o della psicoanalisi, sempre si lavora a un fine determinato, alla diffusione di una certa mentalità, di una certa concezione della vita. A destra si brancola nell’incertezza, nell’imprecisione ideologica. Si è “patriottico-risorgimentali” e si ignorano i foschi aspetti democratici e massonici che coesistettero nel Risorgimento con l’idea unitaria. Oppure si è per un “liberalismo nazionale” e si dimentica che il mercantilismo liberale e il nazionalismo libertario hanno contribuito potentemente a distruggere l’ordine europeo. O ancora, si parla di “Stato nazionale del lavoro” e si dimentica che una repubblica italiana fondata sul lavoro l’abbiamo già e che ridurre in questi termini la nostra alternativa significa soltanto abbassarsi al rango di socialdemocratici di complemento. […] Ma, mentre l’uomo di sinistra ha anche degli elementi di cultura di sinistra, e orecchia Marx, Freud, Salvemini, l’uomo di destra difficilmente possiede una coscienza culturale di destra. Egli non sospetta l’importanza di un Nietzsche nella critica della civiltà, non ha mai letto un romanzo di Jünger[10] o di Drieu La Rochelle[11], ignora il “Tramonto dell’Occidente”[12] ne dubita che la rivoluzione francese sia stata una grande pagina della storia del progresso umano. Fin che si rimane nella cultura egli è un bravo liberale, magari un po’ nazionalista e patriota. È solo quando incomincia a parlare di politica che si differenzia: trova che Mussolini era un brav’uomo e non voleva la guerra, e che i film di Pasolini sono “sporchi”. Basta poco per accorgersi che se a Destra non c’è una cultura ciò accade perché manca una vera idea della Destra, una visione del mondo qualitativa, aristocratica, agonistica, antidemocratica; una visione coerente al di sopra di certi interessi, di certe nostalgie e di certe oleografie politiche»[13].

Nel pensiero di destra si possono collocare Nietzsche[14], Heidegger[15], Guénon[16], ma anche Elias de Tejada, Del Noce[17]Chesterton[18], tanto per citarne alcuni, ma non tutti esprimono un pensiero unitario, anzi si contraddicono, esprimono tra di loro elementi divisivi e su pochi punti o su nessun punto si toccano realmente. Se si vuole trovare un elemento comune, lo si può individuare in una più o meno efficace espressione della pars destruens del sistema degli ultimi tre secoli, ma nella pars costruens non si riscontrano avvincenti modelli da seguire. E non basta una visione del mondo qualitativa, aristocratica e antidemocratica. Non basta vagheggiare un mondo ideale metafisico e uno spirito casuale che governi il mondo.

Non rimane che riconoscere che fuori dalla sinistra non vi è che il Cristianesimo. Fuori dal mondo salvato dall’Uomo, dall’utopia del messianismo politico comunista o anche nazionalsocialista, dalla statolatria, dallo scientismo, dall’ecologismo eccetera, non vi è che l’uomo creato da Dio e salvato da Cristo, tesi di Jean Madiran che risuona come grido nel deserto che squarcia le più salde convinzioni politiche comuni.

«Lavorare per sostenere l’esistenza di una destra, nell’ambito dei concetti, è già fare il gioco della sinistra, poiché precipua specificità della sinistra consiste nell’inventare arbitrariamente l’esistenza della destra e la necessità di combatterla politicamente. Lo spirito che non è di sinistra, che non è un’invenzione della sinistra e che esisteva ben prima di essa, è lo spirito cristiano; è la tradizione cattolica, è la civiltà cristiana. […] Per sua natura il Cristianesimo non si posiziona in un certo campo di lotte civili piuttosto che in un altro. Il Cristianesimo è uno spirito, una realtà che la sinistra colloca volentieri a destra»[19].

Oltre la sinistra ed il gioco politico destra-sinistra, si trova la Tradizione Cristiana. Bisogna cercare dapprima il Regno di Dio e la Sua giustizia e il resto sarà donato in sovrappiù. Il Cristianesimo purifica tutte le realtà naturali e le eleva nel sovrannaturale con la Grazia: il Cristianesimo, il Vangelo, ossia la Redenzione in Gesù Cristo è il perfezionamento e la risposta insolubile del Decalogo in cui sono i Comandamenti, dei quali si comprende la bontà attraverso il buon uso della ragione; ma la Rivelazione indica la via al perdono dei peccati, alla Salvezza ed alla vita eterna a chi la accoglie con Fede. Questo è stato serbato dalla Tradizione e solo negli ultimi secoli appare offuscato. Jean Madiran specifica che si riferisce al Cristianesimo immutabile, cattolico, e non a quello scaturito dall’evoluzione conciliare.

«Il Cristianesimo di questo mondo, cioè la Chiesa militante, con i suoi Santi, la sua gerarchia, i suoi preti, i suoi fedeli, è composto unicamente di peccatori, diversamente occupati (o chiamati) a essere nel mondo senza essere del mondo. Essi fanno ogni giorno il loro esame di coscienza o, perlomeno, erano prima del concilio invitati a farlo e a staccarsi dal mondo secondo il comandamento di Dio»[20].

Non esiste e non esisterà nessun partito pienamente cattolico, Gesù Cristo non è venuto al mondo per discacciare un potere, un’autorità, per imporne un’altra, come volevano gli zeloti.

«Il regno da cercare non è né di qua né fuori dalla legge naturale. Se qualche volta è nel deserto, non è mai nella diserzione. È nel lavoro quotidiano, nel lavoro e nella preghiera, nella fatica e nel riposo; e il sovrappiù è in ogni caso nella natura e nel dovere, sempre nel sudore della vostra fronte. In questo senso, che è il vero e obbligatorio, Cesare ci è stato dato per sovrappiù. Ci è stato dato per la nostra salvaguardia o per la nostra punizione e questa non è contraria a quella. È Dio che remunera, è Lui che al sudore della nostra fronte dà il sovrappiù e si può contare su di Lui per ottenere una buona misura»[21].

Seppur non esiste un partito cattolico e sarebbe inutile l’idea di formarne uno, tuttavia siamo tenuti ad occuparci della cosa pubblica ed essenza del bene comune è la conservazione della legge naturale. I bisogni veri della natura umana sono la felicità familiare e l’esercizio di un mestiere che apporti un legittimo profitto e, allo stesso tempo, un interesse intellettuale e spirituale nel lavoro stesso. Madiran propone un “programma minimo”, volto alla riforma intellettuale e morale, a edificare lo spirito di sacrificio, quello in grado di costruire ogni cosa, e a mortificare lo spirito di godimento, il quale porta allo sfacelo di quello che lo spirito di sacrificio ha costruito. Madiran è critico di quella gioventù che passa eccessivi anni sui banchi di scuola e nel frattempo dedica serate al divertimento, questo già in primis costituisce una costante controeducazione, una rivoluzione culturale permanente, che annega gli animi in un mondo immaginario, distoglie le nuove generazioni dal reale e dall’apprendimento delle cose autentiche. Un’altra critica è rivolta alla veicolazione abusiva delle notizie a sfondo sessuale: dalla propaganda della sessualità libertina, distruzione della famiglia, alla contraccezione, all’aborto: tutto questo alimenta lo spirito di godimento e favorisce la formazione di vittime deboli, disarmate e pronte a subire ogni tipo di seduzione. Il disconoscimento delle regole del Decalogo incrementa l’infelicità umana; la tanto ricercata felicità sarebbe data dal materialismo, dalla moralità permissiva, dalla libertà assoluta dell’uomo? I frutti della mentalità rivoluzionaria sono marci: la massa delle persone è perennemente insoddisfatta e lamentosa, non resta solo che constatarlo. Oltre la giustizia e l’eguaglianza imposte dall’alto, dallo Stato che prende il posto di Dio, non vi è che la “rivoluzione” interiore e personale, la conversione dei cuori, la libertà cercata nel cammino spirituale.

 

 

[1] Jean Arfel, conosciuto meglio con lo pseudonimo di Madiran (1920-2013), massimo scrittore cattolico tradizionale francese contemporaneo. È noto per il libro La destra e la sinistra tradotto in italiano; molti dei suoi testi sono in lingua francese, come L’hérésie du XXe siècle, Histoire de la messe interdite, L’extrême droite et l’Église. Il suo progetto culturale fu quello di fondare la vita sociale sul trinomio lavoro-famiglia-patria con la bussola evangelica di «servire Dio per primo».

[2] Adriano Romualdi (1940-1973) fu uno storico, saggista, politico e giornalista italiano. Era figlio del Presidente del Movimento Sociale Italiano, Pino Romualdi (1913-1988). Si laureò a La Sapienza, dove fu allievo di Augusto Del Noce (1910-1989) e di Renzo De Felice (1929-1996), con una tesi sulla rivoluzione conservatrice tedesca con Renzo De Felice e Rosario Romeo (1924-1987). Conoscerà e sarà fortemente influenzato da Julius Evola (1898-1974). Scrisse articoli e libri su Platone (428/7-348/7 a.C.), Friedrich Nietzsche (1844-1900), Oswald Spengler (1880-1936), Pierre Drieu La Rochelle (1893-1945), Robert Brasillach (1909-1945), di Adolf Hitler (1889-1945), del nazismo e del fascismo, interpretato quale fenomeno prettamente europeo invece che nazionale, della rivoluzione conservatrice tedesca e della Seconda Guerra Mondiale.

[3] Adriano Romualdi, Una cultura per l’Europa, Edizioni Settimo Sigillo, Roma, terza edizione 2012, p. 25.

[4] Norberto Bobbio è stato un filosofo, giurista, politologo e storico italiano, senatore a vita dal 1984 al 2004.

[5] Norberto Bobbio, Destra e Sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Donzelli Editore, Roma, 2014, p. 113.

[6] Cfr. Norberto Bobbio, Destra e Sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Donzelli Editore, Roma, 2014, p. 77.

[7] Termine utilizzato nella filosofia, letteratura ed epistemologia tedesca. Indica Welt (“mondo”) e Anschauung (“concezione, visione”).

[8] Cfr. Francisco Elias de Tejada, Le radici della modernità, Solfanelli edizione, 2021. Secondo Elias de Tejada, l’Europa è figlia di cinque fratture storiche: religiosa con Lutero (1483-1546); etica con Machiavelli (1469-1527); politica con Bodin (1530-1596); giuridica con Grozio (1583-1645) ed Hobbes (1588-1679); politico-internazionale con i Trattati di Westfalia (1648). Dal 1517 al 1648 la Cristianità agonizza e l’Europa nasce. Esse, naturalmente, insistono su di un medesimo territorio geografico, ciò che le contraddistingue, però, è uno spirito, un animus radicalmente difforme: teocentrico l’uno, antropocentrico l’altro.

[9] Arthur Moeller van den Bruck (1876-1925) è stato uno storico e scrittore tedesco, principale esponente della rivoluzione conservatrice tedesca.

[10] Si riferisce a Ernst Jünger (1895-1998) scrittore tedesco antiborghese, nazionalista, noto autore della corrente intellettuale tedesca della Rivoluzione conservatrice degli anni ’20 in Germania.

[11] Si riferisce a Pierre Drieu La Rochelle (1893-1945) scrittore francese collaborazionista dei tedeschi nella Repubblica di Vichy.

[12] Titolo dell’opera pubblicata nel 1918 di Oswald Spengler (1880-1936) filosofo, storico e scrittore tedesco.

[13] Adriano Romualdi, Una cultura per l’Europa, Edizioni Settimo Sigillo, Roma, terza edizione 2012, pp. 55-57

[14] Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844-1900) filosofo tedesco. Teorico del nichilismo. Nelle sue opera convivono una violenta critica distruttiva verso la civiltà tradizionale (la tradizione filosofica, morale e religiosa dell’Occidente da Socrate in poi) e una esaltazione al futuro, alla creazione di un uomo nuovo capace di affrontare la tragicità della vita senza bisogno di certezze filosofiche o religiose, con il celebre aforisma “Dio è morto”. Le sue idee antidemocratiche e l’esaltazione della volontà di potenza ne favorirono la strumentalizzazione da parte del nazionalsocialismo.

[15] Martin Heidegger (1889-1976) filosofo tedesco, la cui principale opera fu Essere e Tempo (1927) annoverato massimo esponente dell’esistenzialismo contemporaneo volto alla speculazione dell’Essere, in senso più panteista, dunque non trascendente ma immanente. La realtà come somma di esperienze che compongono l’Essere stesso.

[16] René-Jean-Marie-Joseph Guénon (1886-1951) scrittore, filosofo, esoterista francese, convertito al sufismo, esponente del pensiero spiritualista volto al recupero di varie tradizioni sia occidentali che orientali (quelle che egli considerò autentiche espressioni del sacro) per via iniziatica funzionali allo sviluppo delle possibilità di realizzazione spirituale dell’essere umano.

[17] Augusto Del Noce (1910-1989) filosofo, politologo e politico italiano. Studioso del fascismo, sostenne che tale ideologia fosse peraltro in continuità con il comunismo e fosse anch’esso un momento della secolarizzazione della modernità. Noto per la celebre opera Il problema dell’ateismo (1964) in cui analizza la storia della filosofia moderna che culminò nel positivismo illuminista. Criticò tale posizione filosofica in quanto la sua condizione d’esistenza fu la postulazione dell’ateismo come necessità del progredire dei sistemi filosofici e delle scienze a prescindere dalla teologia cristiana, cioè a prescindere dalla Scolastica, anzi in più o meno esplicita opposizione alla Scolastica.

[18] Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) scrittore e giornalista britannico convertito al cattolicesimo.

[19] Jean Madiran, La destra e la sinistra, Fede & Cultura Edizioni, Verona, 2011, p. 36.

[20] Ibidem p. 38.

[21] Ibidem p. 80.

 

 

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