Virginia Coda Nunziante ci parla della moda cristiana

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Esiste oggi una vasta scelta in Occidente nel mercato dell’abbigliamento, e anche se moda e tendenze femminili vanno verso una direzione provocante, volgare e discinta, c’è comunque la possibilità di trovare cose conformi alla moda cristiana, che non significa moda “bigotta”, ovvero quello stile tipicamente protestante di alcune sette, ma uno stile cattolico che tende alla bellezza e alla semplicità insieme, alla modestia e all’eleganza contemporaneamente, rimandando ai principi della dottrina cristiana, mai fanatica, come invece può essere, per esempio, il modo di vestire delle donne praticanti di religione musulmana.

Il libro La moda cristiana nell’insegnamento della Chiesa (pp. 121, 12,00 €), curato da Virginia Coda Nunziante, pubblicato dalle Edizioni Fiducia in questo inizio d’anno, torna assai utile per leggere che cosa dice la Chiesa a questo proposito. Afferma la curatrice che il tema della moda, anche nei trattati di morale, non viene considerato approfonditamente. È anche vero che un tempo non c’era necessità di soffermarsi troppo su tale punto: era puro buon senso, ovvio persino fra i pagani, che il mostrare ed ostentare il proprio corpo era segno di spudoratezza, di incentivo ad essere “utilizzate”, una promozione di se stesse per catturare l’attenzione maschile. Per questa ragione, chi seguiva questa moda, era considerata una poco di buono, una donna di spettacolo o di strada. E se non lo faceva per “professione” era comunque una “civetta”, mal giudicata dall’opinione pubblica. Con il pensiero illuminista/femminista/comunista e soprattutto a partire dagli anni Sessanta del Novecento in poi con la «liberazione sessuale» della donna, la figura femminile si è “emancipata” anche nell’abbigliamento, diventando provocante e insolente, si pensi all’uso della minigonna e/o degli «zatteroni». Ecco che il magistero pontificio ha offerto delle linee guida in questo senso, da Benedetto XV a Pio XII in particolare. Papa della Chiesa si fece sentire contro la cecità delle «tante donne di ogni età e condizione, le quali, infatuate dall’ambizione di piacere non vedono quanto sia stolta certa foggia di vestire, con cui non solo suscitano la disapprovazione degli onesti, ma, ciò che è più grave, recano offesa a Dio» (Enciclica Sacra Propediem, 6 gennaio 1921).

Spiega Virginia Coda Nunziante: «Il termine moda deriva dal latino “modus” che significa maniera, norma, regola, misura. Solo nel XVI secolo il termine francese mode ha assunto un nuovo significato, tradotto in inglese come fashion. Quando si parla di moda ci si riferisce in genere all’abbigliamento, soprattutto femminile, ma la parola e il concetto comprendono molteplici manifestazioni dell’attività umana: forme artistiche e letterarie, atteggiamenti sociali e modi di pensare dell’opinione pubblica. Il cosiddetto politically correct può essere definito un’espressione della moda intellettuale imperante».

La moda, effimera e passeggera, ha un carattere volubile, in quanto non è l’usanza, la consuetudine o il costume di un popolo, ma è caratterizzata dalla mutevolezza e non dalla permanenza. La preziosità di questo testo sta nel fatto che invita alla riflessione su un tema che solo apparentemente potrebbe essere poco rilevante, ma in realtà nasconde profondi significati dell’essere filosofico di una data civiltà. Ecco che torna assai utile il lavoro qui svolto, ovvero la raccolta degli scritti dei Pontefici del XX secolo sull’argomento in questione. Nel ragionare su quanto papa Pacelli dice a proposito dell’arte di sapersi vestire ci accorgiamo che l’abito è importante quanto il nostro comportamento e il nostro modo di parlare: esso è l’espressione di quanto noi siamo e, quindi, in ciò cui crediamo.  L’abito può manifestare cattivo gusto e dissonanza oppure bellezza e armonia, espressioni che vengono straordinariamente rappresentate dai fiori. Afferma Pio XII che quando si è giovani si cerca «quel risalto di splendore che canta il lieto tema della primavera della vita ed agevola, in armonia coi dettami della pudicizia, le premesse psicologiche necessarie alla formazione di nuove famiglie; mentre l’età matura dall’appropriato vestito intende ottenere un’aura di dignità, di serietà e di serena letizia». Mentre nel suo Discorso al Congresso internazionale dei Maestri Sarti (10 settembre 1954), sottolineando la bellezza della creazione, li incoraggiò a contemplarla perché se «le piante e gli animali si rivestono di meravigliosi colori, che attirano lo sguardo e l’ammirazione, l’uomo non può forse imitare in ciò l’Artista divino?».

Leggere questo ottimo libro, che mancava nel panorama bibliografico della cattolicità, significherà scoprire quanto è più bello e significante scegliere look adeguati, che rispondono alla corretta visione della vita, rispettando Nostro Signore, noi stessi e gli altri, per essere anche noi come i colorati fiori di un giardino che portano gioia, delicatezza, armonia e pace ai cuori, senza sfidare o provocare nessuno, ma divenendo importante testimonianza visiva in questo mondo di senza Dio.

Scrive Virginia Coda Nunziante: «Il movimento della moda non ha in sé nulla di cattivo: sgorga spontaneamente dalla socievolezza umana, secondo l’impulso che inclina a trovarsi in armonia coi propri simili e con la pratica usata dalle persone in mezzo alle quali si vive. Dio non vi chiede di vivere fuori del vostro tempo, così noncuranti delle esigenze della moda da rendervi ridicole, vestendovi all’opposto dei gusti e degli usi comuni alle vostre contemporanee, senza preoccuparvi mai di ciò che loro garba» (p. 71). Anche san Tommaso d’Aquino sostiene che nelle cose esteriori che l’uomo usa non vi è alcun vizio, ma esso proviene dalla persona che senza moderazione e temperanza ne utilizza.

Non c’è dubbio che chi trasgredisce il “buon costume” è perché vuole provocare: non cerca pace e armonia, ma disturbo altrui, alterigia ed edonismo. La società occidentale, imbarbaritasi anche con la rivoluzione femminista, propone con la sua pubblicità e cultura trasgressiva, una moda che offende coloro non solo che sono rimasti cristiani, ma anche i bambini e le persone che conoscono ancora che cosa significhi il rispetto del proprio corpo e il rispetto della sensibilità altrui.

 

 

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