Una famiglia che si imparentò con i Savoia, i Calvi di Bèrgolo

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Le memorie più antiche dei Calvi di Bèrgolo sono custodite nell’antico principato di Oneglia[1], dove la famiglia (forse originaria, secondo alcuni storici, di Menaggio, nei pressi di Como, discendendo da un Pietro Giorgio che viveva nel XIV secolo)[2] era annoverata, almeno sin dai primi anni del Cinquecento, tra le principali casate locali ed era già alquanto ramificata. Contrariamente a quanto affermano alcuni autori, la nobiltà della famiglia è antica e l’ottocentesca concessione di un titolo comitale non costituì una nobilitazione ma, tuttalpiù, l’accrescimento di un pregresso status. Giuseppe Figari scrive nella sua storia della città che i Calvi «occuparono i primi ranghi», con i Doria, Visconti, Rossi Fornari, Lascaris di Ventimiglia, Thaon di Revel e altri, in seno alle «Nobilissime Prosapie [che] illustrarono Oneglia, altre colla loro origine, altre col loro domicilio […]»[3].

Nella prima metà del XVI secolo viveva in Oneglia Andrea, notevole figura di militare e diplomatico, capitano al servizio di Re Francesco I di Francia e poi suo ambasciatore presso i Grigioni[4]. In seguito all’acquisto sabaudo di Oneglia, si legge che la città prestò giuramento a casa Savoia e che quando Emanuele Filiberto «[…] alli 3 gennajo 1577 recovvisi col Duca Carlo Emanuele suo figlio», il quale ricevette il giuramento, essi furono «complimentati dai Deputati Marsucco, Costanzo, Calvi-Niggi, Riccardi, Pira, Meriano, Anfosso ed Amoretti»[5]. In quell’anno figuravano tredici Calvi tra i capi di casa di Oneglia[6].

Il Figari, soffermandosi sul patrimonio edilizio onegliese, annota, parlando della «superba chiesa parrocchiale dedicata a San Gio. Battista», che questa, eretta nel 1759, era al pari della precedente Chiesa Madre di Oneglia «una collegiata» e che, consacrata «da Monsignor Agostino Delbecchi patrizio Onegliese, Arcivescovo di Cagliari[7], [era] amministrata da un prevosto con dodici canonici, di alcuni de’ quali la nomina è di gius-patronato di alcune delle principali famiglie della città», menzionando tra esse i Calvi, i Marsucco, Bachilieri, Belgrano, Berio, Riccardi e Amoretti[8].

Lo stesso Figari elenca tra i Calvi di Oneglia

«Cinzio Calvi Ajutante del Segretaro di Stato […] presso l’Imperatore Carlo V, Massimiliano Calvi Prefetto del Magistrato Straordinario di Milano, Pasquale Calvi Tesoriere del Duca di Savoja, Niccolò Calvi Conte Palatino, e Maggiordomo de’ Sacri Palazzi in Roma, Pietro Giorgio Calvi, uno de’ delegati della Provincia nel 1625 presso il Duca di Savoja, da cui riportò privilegj ed ampie concessioni, Gian Agostino Calvi Agente per la Camera Apostolica nel Regno di Sicilia […]».

Dopo l’ingresso di Oneglia negli Stati savoini la famiglia ebbe anche residenza in Torino. Altri personaggi significativi nelle vicende locali onegliesi furono Pasquale, “Tesoriere e ricevidore di Oneglia e sua prefettura” nel 1586 (già sopra ricordato dal Figari), Pasquale Antonio tesoriere del principato nel 1635.

Nel XVII secolo il maggiore rappresentante dei Calvi onegliesi fu Ulisse, un giureconsulto che ebbe nei suoi giorni ampia fama: dopo essere stato per sei anni prevosto della Collegiata di Oneglia, fu chiamato, attorno al 1649, in Roma, dove rimase sino alla fine dei suoi giorni. Morì in Roma, il 20 dicembre del 1693, settantaseienne, dopo essere stato protonotaro apostolico e avvocato concistoriale.

 

 

 

 

La sua città d’origine (dove volle essere sepolto) lo ricorda ancor oggi, poiché lasciò eredi universali del proprio ingente patrimonio gli Scolopi, che poterono erigere e mantenere in Oneglia un collegio, che fu a lui intitolato, «per la pubblica instruzione della gioventù». Il vasto edificio del Collegio che sorge sull’attuale piazza Ulisse Calvi, fu poi sede, di un complesso scolastico e in tempi recenti solo più delle scuole elementari. Il suo sepolcro, con busto, si trova nella chiesa di San Francesco ad Ripam con queste iscrizioni:

sul Muro:

D.O.M.

ULYSSES CALVUS AB UNELIA

I.V.D. PROTHONOTARIUS APOSTOLICUS

IN S.P.A. CAVSARVM PATRONORVM COLLEGIO

AETATE DECANUS ET MERITO

HIC MORTI CEDEVS.

CLER. REY. PAVPER. MATRIS DEI

SCHOLARVM PIARVM

HAEREDIBVS INSTITVTIS

AD PATRIAE JUVENTVTIS DISCIPLINAM

VT VIVENS ITA MORIENS

OMNIA PIETATI COMESSIT

CANONICVS D. AVGVSTINVS CVNEVS

EXECUTOR TESTAMENTARIVS

CONCIIS AMANTISSIMVS

EXHEREDVM VOTO ET HEREDITATIS AERE

P.C.

ANNO DOMINI MDCXCIV

VIXIT AN. LXXVI.

OBIIT XX. DECEMBRIS MDCXCIII.

E, sul pavimento:

D.O.M.

HIC JACEO QUONDAM JURIS CONSVLTVS ULYSSES

CALVVS AB UNELIA NUNC SINE JURIAS OPE

NVNC DE PATRONO MEMORS FECIT ESSE CLIENTEM

PATRONUS CAVSE AH! QUI LEGIS ESTO MEAE[9].

 

Nel Seicento la famiglia era rappresentata anche da alcuni notai collegiati, tra i quali Maffeo e Niccolò[10].

Il ramo dei conti di Bèrgolo deriva da Pietro Giorgio (verosimilmente discendente dall’omonimo personaggio secentesco citato dal Figari), dottore in leggi e notaio collegiato, che, dal matrimonio con Clara Filippi ebbe Lazzaro (Oneglia, 5 giugno 1761 -Torino, 12 marzo 1842[11]). Quest’ultimo, dopo essersi laureato in leggi, percorse una brillante carriera nella magistratura, e pose stabile dimora in Torino. Appena trentenne venne nominato sostituto procuratore generale. Durante l’occupazione francese, ai primordi della quale fu imprigionato dagli invasori[12], si ritirò a vita privata. Soltanto nel 1808 accettò, per spirito di servizio e nell’interesse dei propri concittadini piuttosto che per ambizione, la nomina a giudice e poi a Consigliere d’Appello di Torino. Dopo la Restaurazione fu nominato Conservatore generale delle gabelle (7 giugno 1814) e collaterale nella Camera dei Conti. Nel 1815, con patenti del 3 luglio, divenne reggente della Gran Cancelleria di Sardegna e, tre anni dopo, uditore generale di guerra (patenti 9 ottobre 1818). Nel 1832 (20 gennaio) ebbe il Gran cordone dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Fu presidente del Senato di Savoia (31 dicembre 1822), della Camera dei Conti (8 aprile 1825) e, infine, l’1 dicembre 1834, ministro di Stato[13].

Il Re nel 1816 aveva voluto crearlo conte; il suo titolo fu il primo o tra i primissimi concessi negli Stati sabaudi dopo il crollo della dittatura napoleonica.

Lazzaro si sposò tre volte, ma solo dal primo matrimonio, con Luisa Marianna Adami di Bèrgolo (ultima della propria famiglia ed erede del titolo comitale) ebbe prole. Due furono i maschi: Luigi, il secondogenito, fu Segretario capo del Consiglio di Stato e non ebbe discendenza; Pietro Giorgio (Torino, 4 agosto 1798 – 10 gennaio 1848), primogenito, continuò la famiglia, unendo al proprio cognome il predicato di Bèrgolo, avendo ottenuto nel 1837 il riconoscimento del titolo di conte su quel luogo per le ragioni pervenutegli dalla madre.

Pietro Giorgio ebbe, seguendo le orme paterne, un ruolo importante nello Stato; fu Intendente generale in Savoia, nel Genevese, Intendente generale d’azienda, Primo ufficiale nel Ministero degli Interni e Finanze, Consigliere di Stato (1842). Sposò il 27 ottobre 1822 Redenta Maria Cristina Benedetta Mola di Nomaglio e Beinasco (Carignano, 3 luglio 1802 – Torino, 3 gennaio 1872) figlia del conte Albertino e di Irene Carlotta Francesca Pensa di Marsaglia[14]. Dalla loro unione[15] discesero molti personaggi significativi ed eclettici, diplomatici, artisti, magistrati e soldati.

Lazzaro Erasto (Chambéry, 17 ottobre 1821- Torino, 27 gennaio 1890) fu giudice di Torino[16]. Sposò in prime nozze Emilia dei baroni de Laugier († 1856) dalla quale ebbe Giorgio Lazzaro e in seconde Angelica De Quesada di San Saturnino (nata a Roma il 22 gennaio 1844), dalla quale ebbe tre figli, Alberto (1868-1900), capitano di cavalleria; Vittorio (Torino 1869 – Brescia, 1925) ufficiale di cavalleria morti entrambi senza discendenza, e Maria Clotilde (nata a Torino nel 1872).

Giorgio Lazzaro (Torino, 9 ottobre 1852 – 22 luglio 1924) entrò in diplomazia nel 1876 col grado di addetto di Legazione a Berna, poi a Parigi (1878). In progresso di tempo divenne segretario di Legazione a Pietroburgo e Vienna, reggente di Legazione a Belgrado (1883), Buenos Aires (1884), Atene (1886) e percorse rapidamente le tappe di una brillantissima carriera, sino a divenire, nel 1910, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe[17]. Dal suo matrimonio con Anna Guidobono Cavalchini Roero Sanseverino, anch’essa appartenente a una tra le principali casate subalpine, ebbe due femmine, Matilde (Buenos Aires, 17 settembre 1885 – Copenaghen, 16 ottobre 1949, che sposò il 9 gennaio 1914 S. A. R il principe Aage Cristiano, conte di Rosemborg, figlio di S. A. R. il principe Waldemar di Danimarca e della principessa Maria d’Orléans) e Paola (che morì piccola) e tre maschi, ciascuno dei quali diede origine a una linea: Carlo Giorgio, Vittorio Gregorio e Gregorio Gherardo.

Carlo Giorgio (Atene 15 marzo 1887 – Roma, 25 febbraio 1977) – dal matrimonio del quale con S. A. R. la Principessa Jolanda di Savoia deriva la linea primogenita dei Calvi di Bèrgolo – raggiunse il grado di generale di divisione e fu combattente di grande coraggio, al punto che gli vennero conferite una medaglia d’argento e tre di bronzo al V. M., oltre a una croce di guerra; comandò la cavalleria in Libia e partecipò alle campagne della Prima guerra mondiale, durante la quale fu ferito in combattimento. Fu Cavaliere dell’Ordine Supremo della Ss. Annunziata.

Suo fratello Vittorio Gregorio (Torino, 25 febbraio 1894 – 1975), da cui discende la linea secondogenita, non fu da meno. Nel 1929 a Got Ghernada (Cirenaica) si meritò una medaglia di bronzo e un’altra gli venne conferita il 16 aprile del 1930, in seguito al combattimento di Faidia, con la seguente motivazione:

«Comandante di presidio interno del Gebel Cirenaico, alla notizia che un reparto al pascolo era stato assalito d’improvviso da soverchianti forze… alla testa del suo squadrone si portava animosamente ad affrontare in campo aperto l’avversario tre volte superiore di numero, ed in lungo accanito combattimento rintuzzava i ripetuti rabbiosi attacchi, fino a che l’arrivo dei rinforzi completava la vittoria delle nostre armi»[18].

Partecipò, oltre che alle campagne del 1928, ‘29, ‘30, alla prima e alla seconda guerra mondiale; ebbe una promozione per meriti di guerra e raggiunse, al termine della carriera, il grado di generale di divisione.

Autore della linea terzogenita fu Gregorio, nato nel 1904, uno tra i maggiori pittori italiani contemporanei, mancato novantenne nel novembre del 1994, «con il nobile riserbo di tutta la vita», scrisse Marco Rosci nel rievocarne la figura sulle pagine de «La Stampa».

Restando insostituibili per gli aggiornamenti biografici e anagrafici le successive edizioni del Libro d’Oro della nobiltà italiana al quale si può fare riferimento per eventuali ulteriori dettagli, interessanti notizie e curiosità sulle ultime generazioni della famiglia si trovano nel volume di Mariù Safier, Jolanda di Savoia. La principessa del silenzio, gradevolissima e pregevole biografia della Principessa.

 

 

Genealogia della famiglia Calvi di Bèrgolo, che correda una breve storia dei Calvi scritta da Gustavo Mola di Nomaglio, pubblicata in appendice al volume di Mariù Safier, Jolanda di Savoia. La principessa del silenzio, Teca Edizioni, Torino 1995.

 

 

Le immagini che illustrano l’articolo sono state gentilmente concesse dal Conte Gustavo Mola di Nomaglio.

 

Nella copertina dell’articolo: seduti a destra, S.A.R. Principessa Jolanda di Savoia e il consorte Conte Carlo Giorgio Calvi di Bèrgolo al Carosello di Torino, 1923.

 

 

[1] Per un cenno generale sui Calvi di Oneglia si veda il breve studio di Andrea Calvi, Cenni storici intorno alla famiglia Calvi di Oneglia, Genova, 1923.

[2] L’ipotesi viene ripresa – ma non direttamente avvalorata – anche da Antonio Manno ne Il Patriziato subalpino (parte dattiloscritta, alla voce Calvi). Mario Zucchi, nel tracciare la notizia storica sui Calvi in Vittorio Spreti e collaboratori, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, afferma, invece, che l’origine comasca è basata su «[…] un’opinione non infondata […]» (vol. II, 1929, p. 249). Una famiglia Calvi aveva, in effetti, sede in Menaggio nei secoli XV e XVI; Tommaso Porcacchi, nel volume La nobiltà della Città di Como (Venezia, 1569) parlando dei personaggi notevoli di Menaggio cita «[…] Messer Francesco Calvo […] nobile poeta, la cui famiglia mostra il Merula per inscrittioni che sono in Milano, essere antica […]» (p. 107), senza accennare a possibili su diramazioni liguri. Tra altre ipotesi che furono fatte circa le più remote ascendenze della casata si deve ancora ricordare quella proposta dallo Scorza, il quale afferma che i Calvi onegliesi, ascritti al patriziato genovese nel 1748, possano discendere dai Calvi di Genova (che formarono albergo, riferisce, nel 1528) ai quali attribuisce quale capostipite un Oberto, detto “il Calvo”, consigliere del Comune genovese nel 1174, dal quale discesero, tra altri, Antonio, governatore della Corsica nel 1478, un doge (Gio. Batta, di Giorgio, nel 1561) e parecchi senatori nel XVI e XVII secolo (cfr. la recente riedizione del volume di Angelo M. G. Scorza, Le famiglie nobili genovesi, con prefazione di Gabriella Airaldi, Genova, Fratelli Frilli Editori, 2009, alle voci Calvi, p. 52.

[3] Giuseppe Figari, Memorie storiche della Città e Provincia di Oneglia dell’Avvocato Giuseppe Figari, Genova, Presso Giacinto Bonaudo Stampatore Arcivescovile, 1814, p. 26.

[4] Al quale accenna anche Goffredo Casalis, soffermandosi sugli onegliesi illustri nel suo Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, alla voce “Oneglia”, vol. XIII, p.173.

[5] Figari, Memorie storiche cit., p. 52.

[6] Cfr. Giuseppe Manacorda, Archivi e Biblioteche Notizie e Spigolature dagli Archivi di Oneglia e di Porto Maurizio, in “Archivio Storico Italiano” Quinta Serie, Tomo XXIV, 1899, pp. 66-77.

[7] Giuseppe Agostino Delbecchi, scolopio nativo di Oneglia imparentato con i Calvi, già vescovo di Alghero, fu Arcivescovo di Cagliari dal 1763-1777.

[8] Figari, Memorie storiche cit., p. 10.

[9] Giuseppe Maria Pira, Storia della Città e del Principato d’Oneglia, dagli indigeni abitanti sino al 1834 […], Genova, Tipografia Ferrando, 1847, vol. II, pp. 82-84. V. anche la riedizione dell’opera, a cura della Casa Fratelli Carli, Imperia, 1961, pp. 337-339.

[10] Giovanni Battista Borrelli, Editti antichi e nuovi de’ Sovrani Prencipi della Real Casa di Savoia […], Torino,1681, p. 1197.

[11] 15 marzo 1843 riferisce, invece, il Dionisotti, annotando, in conclusione della voce a lui dedicata che fu «Reazionario in politica, era agli arbitrii avverso; pio, continente dell’altrui, assegnato del proprio» (Carlo Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, Torino, Roux e Favale, 1881, vol. II, p. 399).

[12] Figari, Memorie storiche cit., p. 102.

[13] Scrive di lui il Figari, Memorie storiche cit., p. 23: «[…] saggio Giureconsulto, sostituito Avvocato Fiscal Regio nel Supremo Consiglio di Sardegna sedente in Torino, indi primo Sostituto Procurator generale di S. M. Sarda nella Regia Camera de’ Conti, con anzianità di Senatore, ed in oggi Consigliere nella Corte di Torino».

[14] Figlia del Marchese Pietro Tommaso e di Elena Leone di Beinasco, seconda moglie di Albertino, che in prime nozze aveva sposato Giuseppa Teodora Martini Ballaira di Cigala, morta di parto il 13 aprile 1798.

[15] Celebrata in versi in una pregevole pubblicazione d’occasione da D. Lanteri e J. M. Perrot (Ne’ fausti imenei della Damigella Mola di Nomaglio col Signor Conte Calvi Versi, Torino, Tipografia Chirio e Mina, 1822). Restata vedova Irene ottenne, con patenti di Vittorio Emanuele II dell’8 maggio 1849, un’annua pensione di Mille lire.

[16] Il suo nome figura, a fianco di quello della madre, e dopo quelli di Re Vittorio Emanuele II e di numerosi rappresentanti della Real Casa, tra quelli degli “Azionisti” che con il loro contributo sostenevano l’Ospedale Oftalmico e infantile torinese (cfr. ad es. il Rendiconto dell’Ospedale Oftalmico ed Infantile di Torino per l’esercizio dell’anno 1853, , Torino, Castellazzo e Garetti, 1854, pp. 29, 32).

[17] Università degli Studi di Lecce, Dipartimento di scienze storiche e sociali, La formazione della diplomazia nazionale (1861-1915). Repertorio biobibliografico dei funzionari del Ministero degli Affari Esteri, sotto la direzione di Fabio Grassi, Roma,1987, pp. 126-127.

[18] Istituto del Nastro Azzurro, Decorati al Valor Militare di Torino e Provincia,1833-1933, Torino,1933, p. 186.

 

 

 

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