Una Chiesa che smette di pregare perde il contatto con Dio e si svuota di tutto

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Gesù nel Vangelo ha parlato tante volte della preghiera, e così anche gli apostoli nelle Lettere del Nuovo Testamento. Egli ha affermato a chiare lettere l’efficacia straordinaria che ha la preghiera presso il cuore di Dio, quindi della necessità della perseveranza e della fede. Gesù stesso ha pregato, tante volte, gli apostoli lo hanno fatto, tutti i santi della Chiesa sono anime oranti, e sempre il popolo di Dio ha sentito la preghiera come vera forza del fedele.

La Chiesa per agire ha bisogno della potenza dello Spirito Santo, che viene inviato sì per volontà divina attraverso i sacramenti, ma che va continuamente richiesto nella liturgia e nel rapporto personale del fedele con il Signore: «Il Padre vostro darà lo Spirito Santo a coloro che glielo domandano» (Lc 11,13). Queste cose sono sempre state normali, ovvie, nella vita della Chiesa, ma oggi occorre ribadirlo con convinzione. La Chiesa non è mandata nel mondo per sistemare le cose della vita pubblica e sociale, né tanto meno Papi e Vescovi sono istituiti per organizzare gli Stati ed esortarli ad andare d’accordo. Le opere di carità, che ogni cristiano deve vivere in quanto figlio di Dio, sono la conseguenza dell’azione dello Spirito Santo in noi, che è Spirito d’amore. Ma come potremo amare in modo sovrannaturale, fino a dare il perdono ai nostri nemici e spendere la vita per il bene del prossimo, se non abbiamo in noi la potenza dello Spirito Santo?

I santi facevano miracoli perché pregavano Dio che li facesse, e i prodigi avvenivano per dimostrare a tutti che Dio si piega alla richiesta dell’uomo se il miracolo manifesta agli uomini, che ne hanno bisogno, la gloria e lo splendore del Regno di Dio. Ma l’opera principale del Cristo – quindi anche della Chiesa – rimane la remissione dei peccati. «Ecco l’Agnello di Dio – esclama il Battista – ecco colui che toglie i peccati del mondo», che è l’opera delle opere, il miracolo dei miracoli.

Una volta chiarito questo, appare chiaro che la forza della Chiesa è proprio la preghiera. Con la preghiera si ottiene ogni cosa; l’ha detto Gesù: «Qualunque cosa chiederete nel mio nome, io la farò» (Gv 14,13). Ma occorre appunto chiedere, e chiedere significa pregare.

Il fatto è che non crediamo più a queste parole, e ci fidiamo più delle opere degli uomini che alle parole del Vangelo. Che i Vescovi perdano tempo a organizzare accoglienze ai migranti (cosa che riguarda piuttosto gli Stati e i loro governi) o a discutere che cosa debba fare il mondo per salvaguardare le foreste, pare davvero uno smarrimento spirituale grave. Quella dell’accoglienza (di chiunque) risponde alle opere di misericordia corporale, che ogni cristiano deve praticare. Anziché esortare altri a farlo (cosa molto facile a farsi), i nostri pastori, se proprio lo desiderano, potrebbero accogliere qualche bisognoso nei loro palazzi e procurargli un regolare lavoro, o cose simili, come qualunque cristiano è chiamato a fare per essere coerente al proprio battesimo. In ogni caso, la carità va praticata prima di tutto con quelli della propria casa. Non sono io a dirlo, ma l’apostolo Paolo (1 Tm 5,4.7).

Tornando alla preghiera, essa è l’attività più efficace ma anche più difficile, perché per pregare occorre fede. Occorre credere in Dio e nella sua potenza, sapendo che quello che gli chiediamo, se siamo umili e puri di cuore, ce lo concederà, secondo la sua Volontà, cui sempre ci si deve rimettere.

Chi dunque sta cercando di trascinare la Chiesa fuori da questo alveo, convincendo il popolo che la preghiera non serve, ma che piuttosto occorre agire sul piano sociale? Il demonio. Egli sa che quando non si prega si perde potenza e le opere diventano inefficaci. Egli sa bene che se si smette di adorare Dio si inizierà ad adorare le cose, le idee, gli idoli, sé stessi. Egli lascia fare tutte le opere che si vogliono, a prezzo che ci si dimentichi di piegare il ginocchio al Padre e supplicare umilmente il dono dello Spirito Santo per le necessità della Chiesa che sono – non ci stancheremo di ripeterlo – soprattutto il perdono dei peccati e la salvezza eterna delle anime.

La Madonna, apparendo a Fatima, non manda i pastorelli a costruire ponti, ma a soffrire perché la gente non cada nell’Inferno; a Lourdes non chiede a Bernardetta di portare il pranzo ai bambini poveri del rione, ma di mangiare foglie ed erba e bere acqua infangata come segno di penitenza; a La Salette Ella piange non perché il governo si disinteressa delle migrazioni, ma perché i contadini del luogo lavorano la domenica e non vanno a Messa.

Una Chiesa orante è anche una Chiesa che pratica la carità; una Chiesa che smette di pregare perde il contatto con Dio e si svuota di tutto. Forse che nel passato non si praticavano le opere per il bene dei poveri? L’ospitalità dei pellegrini nei monasteri benedettini del primo millennio, non era forse un’opera di carità? Gli Ordini religiosi ospedalieri, di accoglienza ai poveri, si aiuto, di educazione, che sorsero a bizzeffe dopo il Concilio di Trento non rispondevano forse a questo bisogno? Tutto, quindi, deriva da un cuore saldamente unito a Dio, che cerca di contrastare ogni forma di peccato (non quello degli altri, ma il proprio personale) per lasciar vivere la presenza dello Spirito Santo nel cuore, che avrà come azione e visibilità, poi, l’aiuto del prossimo, la sopportazione paziente di una malattia, l’amore, il servizio, ecc. Ma senza la preghiera, tutto crolla.

Ed è proprio quello che vuole il maligno: far crollare tutto.

Non ci riuscirà, ma il popolo di Dio non deve permettere che tale scempio si compia sotto i nostri occhi senza che nessuno dica o faccia nulla. E se le indicazioni non vengono dall’alto, verranno dal basso, dagli uomini umili che pregano, che parlano con Dio, che si sforzano di vivere in Grazia, che si confessano e fanno la santa Comunione. Che adorano l’unico vero Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo (c’è solo quello, altre divinità non esistono).

La preghiera non è l’attività dei monaci, degli specializzati, ma di tutti i battezzati, della Chiesa stessa, perché la preghiera è vita. Quando sant’Antonio, il primo grande padre del deserto, pregava, si sentivano i demoni lamentarsi, gemere sotto i colpi delle preghiere di Antonio che erano per loro come delle frustate. E quando Mosè pregava sul monte, con le mani alzate al cielo, il popolo vinceva la battaglia, mentre se si fermava, la guerra degli israeliti si volgeva piuttosto a sconfitta (Es 17,8-16). Tale è il potere della preghiera.

Questo occorre fare, subito, da oggi. Tutto il resto verrà di conseguenza. Diceva il grande Dottore della Chiesa sant’Alfonso de’ Liguori che chi prega si salva e chi non prega si danna. Questo vale per ogni singola anima, ma anche per la santa Chiesa intera: se prega, si salva e salva.

 

 

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