Un progetto per il Duca e la Sindone

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Vercelli era città sabauda con il suo circondario, che da Chivasso porta a Moncrivello. Qui, al castello di Moncrivello, soggiornò per lunghi anni Jolanda, Duchessa di Valois e sposa del futuro Beato Amedeo IX, figlio di Lodovico e Anna di Savoia.

Molto amata per aver fatto ampliare il castello di Moncalieri e quello di Moncrivello, per aver acquisito nuove terre ed essersi dedicata a molteplici interventi di pubblica utilità sul territorio, Jolanda fondò ospizi per i poveri, fece rendere navigabile la Dora Baltea, costruire il primo ospedale di Chambéry, il lebbrosario di Conflans e sovvenzionò l’edificazione di alcuni monasteri nei pressi di Ginevra. Abitò a lungo al castello di Moncrivello e qui morì nel 1478. Amedeo e Jolanda si erano in un primo tempo stabiliti a Vercelli sotto la protezione di Galeazzo Sforza Duca di Milano, per sfuggire ai pericoli dettati dalle instabilità sociali e dagli intrighi con le potenze straniere. In ogni suo spostamento, Jolanda portò sempre con sé il Sacro Lino. Si trovava a Chambery nel 1467, quando, partendo da Vercelli, il Duca Amedeo si diresse alla volta di Chambery per venerare la Sindone. Chissà per quale strada. Chissà se strada facendo, durante le soste, abbia argomentato con i suoi o con chi incontrava della Sindone, del suo pellegrinaggio verso la Reliquia, del tragitto. Certo sul Duca Amedeo si spesero molti aneddoti.

Amedeo incominciò ad abbellire e ingrandire la cappella del castello di Chambéry, che a quel tempo era capitale del Ducato, in previsione di una futura sistemazione della Sindone. A Vercelli è visibile, in Cattedrale, un dipinto, un olio su tela di Daniele Steiter, del 1638, che ritrae Amedeo IX mentre fa dono ai poveri del suo prestigioso collare dell’Annunziata. Il collare spesso presente al seguito della Sindone è più volte presente negli affreschi sindonici. Nell’anno della beatificazione (1678) di Amedeo, la Zecca di Torino coniò una moneta da nove fiorini. Ed una dello stesso valore, ma di diversa fattura, fu battuta a Vercelli. Sulla moneta vercellese, il beato era raffigurato con il capo raggiante, nella mano destra lo scettro e nella sinistra lo scudo.

Da allora i Savoia non si separarono mai dalla Sindone e la portarono nei loro spostamenti e viaggi, quasi come a testimoniare un’origine superiore del loro casato, persino divina, un po’ come simbolo apotropaico tanto che fiorirono i dipinti e gli affreschi su edifici pubblici e privati, a volte come protezione contro eventi negativi o imminenti pericoli. La Sindone rimase proprietà dei Savoia fino al 1983 quando Umberto II, ultimo Re d’Italia, Re di maggio, la donò, in testamento, alla Santa Sede con il vincolo che fosse custodita a Torino. E così è.

Le Terre di Margherita, in Val di Lanzo, custodiscono ancora oggi la memoria del trasferimento della Sindone negli anni 1535 e 1578, conservano le pitture, i documenti, le strade e persino i cognomi raccontano una storia poco nota. I montanari, gli uomini che in giornata attraversano la montagna da Usseglio a Bessans o dal Pian della Mussa a Bessans, in italiano si chiamano «spalloni», nella lingua della Savoia sono les Marrons. In alta Valle di Lanzo rimane il cognome Maronero. Con l’apertura del Moncenisio da parte di Napoleone, i montanari ed i contrabbandieri iniziarono a passare dal Moncenisio, molto più semplice e fu la rovina per chi esercitava questo mestiere in Val di Lanzo e per le stesse valli che videro i loro uomini spostarsi altrove per trovare lavoro. Prima di Napoleone, le uniche vie erano quelle delle valli di Lanzo. Dunque nessuna acrobazia alpinistica per la Santa Sindone, non passò dal Moncenisio né dal Monginevro (sempre stato francese).

In sette anni di lavoro, l’associazione ChaTo, in viaggio con la Sindone, ha ripercorso, a piedi, i cammini di entrambe le valli, lungo le mulattiere che un tempo costituivano le principali vie di collegamento interne al Ducato, da e per la Moriana[1]. Attraverso i documenti storici, la tradizione orale tramandata dalle genti delle Valli, l’iconografia e le mulattiere, ChaTo ha rilegato nel volume Pellegrinaggio d’autore[2], tutta la storia dell’antica Route d’Italie. Grazie ad un Service realizzato dai Lions in occasione del loro primo centenario e nominato Percorsi Sindonici, i Club Valli di Lanzo Torinese (promotore del Service), Ciriè D’Oria, Settimo Torinese, Torino Cittadella Ducale, Torino Crocetta Duca D’Aosta e Torino Sabauda, del Distretto 108-Ia1, insieme con l’associazione ChaTo, hanno affidato allo studio Parole e Segni di Vanni Cagnotto, la progettazione del Service Percorsi Sindonici. Con la collaborazione del CAI (Club Alpino Italiano) di Lanzo T.se, le antiche mulattiere sono oggi una realtà escursionistica e la storia, vera, delle terre attraverso cui fu trasferita la Santa Sindone da Chambery a Torino, torna accessibile ai Fedeli. Solo dopo aver concordato un tracciato verificato, prima a tavolino e poi realisticamente passo per passo, in lunghe giornate di cammino, si è provveduto alla mappatura dei siti, dei tracciati ed in collaborazione con i Comuni interessati all’identificazione delle postazioni previste per quindici bacheche.

In questo lungo lavoro sono stati posizionati oltre 300 segnavia di continuità per il riconoscimento dei sentieri, riportanti il logo del progetto. Sono state posizionate decine di frecce indicatrici sui percorsi Sindonici. Inoltre, sempre in collaborazione con il CAI, sono state realizzate le due tracce GPS relative ai due itinerari escursionistici presenti nella Valle di Ala e nella Valle di Viù, tracce che si potranno richiedere e scaricare dal sito web www.percorsisindonici.it . Chi volesse mettersi in cammino sulle strade della Sindone, può richiedere (gratuitamente) le credenziali, un documento su cui i gestori delle locande possono porre il timbro che certifica il passaggio del pellegrino in quel tratto di strada.

Lo stesso lavoro di tracciatura dei sentieri oggi è in atto sul versante della Savoia ed entro l’autunno saranno posizionate le bacheche illustrative con la storia, le frecce indicatrici ed i segnavia di continuità con Moriana.

 

[1] La Moriana è la regione della Savoia, comprendente la valle percorsa dall’Arc e le valli laterali che in essa confluiscono. L’Arc ha origine sul fianco occidentale del Massiccio della Levanna (3619 m.).

[2] F. Giusti, Pellegrinaggio d’autore ovvero le vie sindoniche, edito da ChaTo e stampato dalla Tipografia Angraf di Torino.

 

Membri dell’ «Associazione ChaTo, in viaggio con la Sindone ». Fra i presenti anche Franca Giusti, la prima a sinistra

 

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