Il sangue per la Fede, speranza di una nuova Europa
Rubrica a cura di Arduinus Rex
.
Il contesto della Rivoluzione francese
La Rivoluzione francese ha indubbiamente segnato il corso della storia ed il suo influsso sull’Ottocento e sul Novecento è stato ineludibile. È noto come i libri di storia tendano a propinarcela come un evento positivo e poco risalto viene dato alla persecuzione religiosa contro la Chiesa Cattolica che accompagnò tale frangente storico. La persecuzione religiosa subita dai francesi cattolici durante questo periodo non ha equivalenti nella storia se non le grandi persecuzioni del XX secolo. Di tutte la Rivoluzione quella francese è stata il modello. La persecuzione religiosa non fu solo persecuzione contro i religiosi, ma una rivolta contro il cattolicesimo, con il preciso intento di scristianizzare la nazione. La maggioranza dei preti venne assassinata od espulsa, tutte le chiese chiuse per un anno e mezzo ed il loro patrimonio requisito ed incamerato, 250.000 vandeani furono massacrati perché volevano andare alla Messa e restare fedeli a Roma.
Un uomo che ritiene di poter fare a meno di Dio, uno Stato che diviene totalitario, un odio sfrenato verso la religione cattolica e la monarchia, l’annientamento del passato e il culto della dea ragione: questi i capisaldi dell’evento preso a simbolo della nascita del mondo moderno.
La Rivoluzione francese è stato il primo radicale tentativo di costruire una società ed una struttura statale nell’orizzonte di quella cultura che si definisce “moderna”, secondo la quale l’uomo sarebbe assolutamente autonomo ed autosufficiente, e non necessiterebbe di alcun riferimento religioso per conoscere la sua identità, i principi fondamentali del suo comportamento, le regole fondamentali della vita sociale. Questo mondo culturale è definito anche come laicismo e Padre Cornelio Fabro ne raccoglieva l’essenza in questa formula: «Dio se c’è, non c’entra».
Il mondo moderno con la Rivoluzione francese ha dimostrato, negli sforzi e anche negli orrori, che era possibile creare una società e uno stato secondo quella ragione illuministica, che è sostanzialmente una ragione scientifico-tecnologica. Lo Stato diviene allora la realtà che raccoglie tutti i valori razionali, culturali ed etici, dunque il vero fatto che dà valore totale alla persona ed alla società.
Si può inoltre notare che la Rivoluzione Francese sostituisce ad uno Stato che riconosce la dimensione religiosa della vita, uno Stato che vuole totalizzare la società: appunto uno stato «totalitario». Non si è quindi trattato di un’evoluzione della società precedente, richiesta dal sorgere di nuove esigenze, di nuovi problemi, di nuove sfide. La società precedente aveva conosciuto momenti di riforma parziale che, in qualche modo, l’avevano adeguata progressivamente alla evoluzione di tempi e problemi. La Rivoluzione francese crea al contrario un mondo nuovo, distruggendo il mondo del passato. Questo, ovvero l’Ancìen Regime, è considerato dai rivoluzionari francesi come l’insieme di tutti gli errori teorici e politici, di tutte le ingiustizie personali e sociali, di quella profonda alienazione da cui l’uomo doveva essere liberato per l’esercizio di quello che gli illuministi avevano chiamato «il lume della ragione».
La Rivoluzione francese ha innegabilmente nel cuore una repulsione per il passato: il passato deve essere distrutto, addirittura nella sua consistenza materiale, nella realtà delle sue istituzioni e dei suoi costumi, nelle grandi espressioni religiose, culturali, artistiche e poetiche: perché tutto nel passato grida lacrime e sangue e l’uomo invece non deve più soffrire.
La politica, nuova religione, che pretenderà di imporre ai francesi il culto della dea ragione, è la sola a poter garantire «la felicità degli uomini sulla terra» (cfr. Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino). La presenza della Chiesa come popolo di Dio presente nel mondo segnava, però, la vita della persona e della società, rivelando ancora una capacità di educazione della persona e di fondazione di rapporti culturali e sociali. Per tale motivo, dall’Assemblea degli Stati Generali (1789) fino al regicidio di Luigi XVI (1793), ed al Terrore giacobino, la Rivoluzione francese assunse un volto innegabilmente antiecclesiale ed antiecclesiastico. L’inizio di questa lotta contro la Chiesa di Francia fu segnato dalla promulgazione della Costituzione civile del clero (1790).
Per essere Chiesa, la Chiesa francese deve accettare di avere un riconoscimento civile dallo Stato. Così le oltre 300 diocesi francesi vengono ridotte a meno di 100 e fatte coincidere con i dipartimenti; le parrocchie vengono forzosamente fatte coincidere con i comuni: vescovi e parroci vengono eletti dalle assemblee degli aventi diritto al voto. È spezzato il vincolo di comunione e di dipendenza dal Papa, cui viene riconosciuto soltanto un primato di onore. Un’infima minoranza del clero francese giurò la Costituzione civile, mentre la quasi totalità del clero francese rifiutò il giuramento: centinaia di migliaia di cattolici francesi scriveranno così una delle pagine più fulgide di martirio della Chiesa dei tempi moderni. La Chiesa in più riprese ha beatificato un totale di circa 500 martiri e per altrettanti è in corso il processo canonico. Ma merita anche ricordare come il papa Pio VI, con la Lettera apostolica Quare lacrymae (Roma, 17 giugno 1793), riconobbe quale martirio in hodium fidei la barbara decapitazione del re Luigi XVI.
È fuori discussione che nelle sue spinte propulsive e nel processo culturale, sociale e politico cui ha dato inizio, e che la storia ha rigorosamente condotto a compimento, la Rivoluzione francese ha determinato quel totalitarismo politico nel quale l’Europa ha rischiato di naufragare nel Novecento.
La vicenda delle Carmelitane di Compiegne
La comunità delle Carmelitane Scalze si era stabilita a Compiegne (Oise, Francia) nel 1641, provenendo dal monastero di Amiens. A sette anni dalla fondazione era finalmente completato il convento con la chiesa dedicata all’Annunciazione. Il monastero prosperò sempre con il fervore delle monache, splendendo per l’osservanza della Regola e la fedeltà allo spirito teresiano, e godendo dell’affetto e della stima della corte francese. Allo scoppio della Rivoluzione le monache rifiutarono fermamente di deporre l’abito monastico e quando i tumulti accennarono ad aumentare, tra il giugno ed il settembre 1792, seguendo un’ispirazione avuta dalla priora, Madre Teresa di Sant’Agostino, tutte si offrirono in olocausto al Signore onde «placare la collera di Dio e perché la pace divina, recata sul mondo dal suo caro Figlio, fosse resa alla Chiesa e allo Stato». Questo atto di consacrazione, emesso anche da due suore anziane, che in un primo momento si erano spaventate al pensiero della ghigliottina, divenne l’offerta quotidiana fino al giorno del martirio, giunto due anni dopo.
Cacciate dal monastero il 14 settembre 1792, le 16 carmelitane continuarono la loro vita di preghiera e penitenza divise in quattro gruppi in diverse zone di Compiegne, unite dall’affetto e dalla corrispondenza, sempre sotto la vigile direzione di Madre Teresa di Sant’Agostino. Ben presto furono però scoperte e denunciate dal comitato rivoluzionario, il 24 giugno 1794 vennero catturate e poi rinchiuse tutte insieme a Sainte-Marie, ex monastero delle visitandine, trasformato in carcere. Da Compiegne le religiose furono trasferite a Parigi, dove giunsero il 13 luglio ed immediatamente furono imprigionate nel terribile carcere della Conciergerie, dove già tanti sacerdoti, religiosi ed altre persone attendevano la morte. Esempio per tutti di tranquillità e di serena confidenza in Dio, modelli di attaccamento totale a Gesù e alla Chiesa, le 16 carmelitane sapevano effondere attorno a sé anche un raggio di gioia, come avvenne il 16 luglio in occasione della festa della Madonna del Carmelo, in cui una delle religiose, chiedendo senza paura ad un recluso qualcosa per scrivere, con dei fuscelli carbonizzati scrisse sull’aria della Marsigliese un canto di giubilo e di preghiera nell’ottica dell’imminente martirio. Il giorno seguente, in seguito ad un processo sommario in cui ostentarono intrepide la loro fortezza, le religiose furono condannate a morte dal tribunale rivoluzionario colpevoli di fedeltà alla vita consacrata a Dio, per il “fanatismo” manifestato nella loro devozione ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria, nonché per l’avversione all’autorità costituita. Furono dunque portate in carretta per l’esecuzione alla Barrière-du-Tróne e, tra il silenzio della folla e degli stessi sanculotti, cantarono ad alta voce il Miserere, la Salve Regina ed il Te Deum. Giunte ai piedi della ghigliottina, dopo aver cantato il Veni Creator, una dopo l’altra rinnovarono dinnanzi alla priora la loro professione religiosa e vennero brutalmente decapitate. Per ultima venne uccisa Madre Teresa di Sant’Agostino, che così bene aveva preparato le sue consorelle al martirio e che aveva concretizzato meravigliosamente quanto ella stessa era solita affermare: «L’amore sarà sempre vittorioso. Quando si ama, si può tutto». Il martirio, avvenuto il 17 luglio 1794, mostrava ancora una volta l’insuperabile potere dell’amore di Cristo.
Dai documenti esistenti e dalle preziose testimonianze delle tre carmelitane scalze della comunità di Compiegne che sfuggirono al massacro, è stato possibile ricavare l’elenco delle 16 suore con i loro rispettivi nomi di religione, i loro nomi secolari, luogo e data di nascita:
Teresa di S. Agostino (Maria Maddalena Claudina Lidoine), priora
nata a Parigi il 22 settembre 1752;
Suor S. Luigi (Maria Anna Francesca Brideau), sottopriora,
nata a Belfort il 7 dicembre 1751;
Suor Anna Maria di Gesù Crocifisso (Maria Anna Piedcourt),
nata a Parigi il 9 dicembre 1715;
Suor Carlotta della Resurrezione (Anna Maria Maddalena Thouret),
nata a Mouy (Oise) il 16 settembre 1715;
Suor Eufrasia dell’Immacolata Concezione (Maria Claudia Cipriana Brard),
nata a Bourth (Eure) il 12 maggio 1736;
Suor Enrichetta di Gesù (Maria Francesca de Croissy),
nata a Parigi il 18 giugno 1745;
Suor Teresa del Cuore di Maria (Maria Anna Hanisset),
nata a Reims (Marne) il 18 gennaio 1742;
Suor Teresa di S. Ignazio (Maria Gabriella Trézel),
nata a Compiègne il 4 aprile 1743;
Suor Giulia Luisa di Gesù (Rosa Cristiana de Neuville),
nata a Avreux (Eure) il 30 dicembre 1741;
Suor Maria Eririchetta della Provvidenza (Maria Annetta Pelras),
nata a Cajare (Lot) il 16 giugno 1760;
Suor Costanza (Maria Genoveffa Meunier), novizia,
nata a Saint-Denis (Seine) il 28 maggio 1765;
Suor Maria dello Spirito Santo (Angelica Roussel), conversa,
nata a Fresne-Mazancourt (Somme) il 3 agosto 1742;
Suor S. Marta (Maria Dufour), conversa,
nata a Bannes (Sarthe) il 2 ottobre 1741;
Suor S. Francesco Saverio (Elisabetta Giulietta Vérolot), conversa,
nata a Lignières (Aube) il 13 gennaio 1764;
Suor Caterina Soiron, suora esterna (tourière),
nata a Compiègne il 2 febbraio 1742;
Suor Teresa Soiron, suora esterna (tourière),
nata a Compiègne il 23 gennaio 1748.
I corpi delle martiri vennero gettati in una fossa comune, insieme ad altre salme di condannati, in un posto che divenne poi l’odierno cimitero di Picpus, dove ancora oggi una lapide ricorda il loro sacrificio. Di esse rimasero alcuni indumenti che stavano lavando alla Conciergerie quando furono portate in giudizio e che, due o tre giorni dopo, vennero ceduti alle benedettine inglesi di Cambrai, pure incarcerate, ma poi rimesse in libertà. Tali reliquie sono oggi custodite in Inghilterra nell’abbazia benedettina di Staribrook. Altre reliquie preziose sono costituite dagli scritti delle martiri: lettere, poesie, biglietti.
Le monache furono beatificate da San Pio X il 13 maggio 1906, con breve pontificio, mentre già il 10 dicembre precedente era stato pubblicato il decreto de tuto per procedere alla dichiarazione del loro martirio. La loro memoria liturgica è celebrata il 17 luglio dall’Ordine dei Carmelitani Scalzi e dall’arcidiocesi di Parigi. Nella stessa data sono così menzionate dal Martirologio Romano: «A Parigi in Francia, beate Teresa di Sant’Agostino (Marta Maddalena Claudina) Lidoine e quindici compagne, vergini del Carmelo di Compiègne e martiri, che durante la rivoluzione francese furono condannate a morte per avere fedelmente osservato la disciplina monastica e, giunte sul patibolo, rinnovarono le promesse di fede battesimale e i voti religiosi».
Alcune opere novecentesche ispirate a questa vicenda
Se come è stato detto proprio agli inizi del Novecento si è proceduto alla beatificazione di queste martiri carmelitane, i loro nomi e la loro vicenda hanno avuto ulteriore risonanza nel secolo scorso anche grazie ad opere letterarie di valore indiscutibile. Nel 1931 Geltrude von Le Fort ricavava dal racconto storico della vita e del martirio delle carmelitane di Compiegne il romanzo Die letzte am Schafott (versione italiana: L’ultima al patibolo, Brescia 1939), dal quale il p. R. Bruckberger ebbe l’ispirazione di realizzare un film, dei cui dialoghi affidava la redazione nel 1937 a Georges Bernanos. Questi, dieci anni dopo, ovvero tra il 1947 ed il 1948, redasse un lavoro che la morte gli impedì di portare a termine. Pubblicato nel 1949 come opera letteraria a sé stante, Les dialogues des Carmélites di Bernanos ebbe uno strepitoso successo in tutta Europa, e subito venne ridotto per il teatro da A. Beguin. Appena portato sulle scene, ebbe una fortuna inaspettata.
Nel gennaio 1957 Les dialogues des Carmélites, presentato musicato da Francis Poulenc alla Scala di Milano, estendeva l’irradiazione dell’opera del Bernanos. Del cast facevano parte Scipio Colombo (il marchese de la Force), Nicola Filacuridi (il cavaliere de la Force), Virginia Zeani (Blanche de la Force), Gianna Pederzini (Madame de Croissy), Gigliola Frazzoni (madre Marie), Eugenia Ratti (sorella Constance), Leyla Gencer (Madame Lidoine), Fiorenza Cossotto (Suor Matilde) ed Alvinio Misciano (Il cappellano del Carmelo) diretta da Nino Sanzogno.
La prima della versione francese ebbe luogo all’Opéra di Parigi sei mesi dopo, il 21 giugno, diretta da Pierre Dervaux con Rita Gorr e Régine Crespin. Negli Stati Uniti la prima fu il 20 settembre 1957 al San Francisco Opera diretta da Erich Leinsdorf con Dorothy Kirsten e Leontyne Price. Al Teatro Verdi (Trieste) la prima avvenne il successivo 23 novembre diretta da Oliviero De Fabritiis con Alfredo Kraus, Gianna Pederzini ed Eno Mucchiutti. Nel Regno Unito invece il 16 gennaio 1958 al Royal Opera House, Covent Garden di Londra diretta da Rafael Kubelik con Joan Sutherland. Al Wiener Staatsoper il 14 febbraio 1959 con Anneliese Rothenberger ed Anton Dermota e sino al 1964 ha avuto 20 recite. Al Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania andò in scena nel 1959 un’edizione che lo stesso autore definì come la migliore messa in scena della sua opera. All’Opera di Santa Fe (Nuovo Messico) va in scena nel 1966 con Jean Kraft e nel 1999. Al Metropolitan Opera House di New York la premiere è stata nel 1977 con la Crespin, Shirley Verrett e la Kraft nella traduzione inglese di Joseph Machlis e fino al 2013 ha avuto 57 recite. In Scozia nel 1992 avviene la prima nel New Athenaeum Theatre di Glasgow per la Royal Scottish Academy of Music and Drama (RSAMD) nella traduzione di Machlis. L’opera viene allestita per la stagione 2015 del Teatro Petruzzelli di Bari.
Finalmente nel 1959, con regia di Philippe Agostini, il p. Bruckberger riusciva ad attuare il suo sogno cinematografico portando sugli schermi Les dialogues des Carmélites, film in coproduzione italo-francese: l’epopea delle 16 martiri, figlie di santa Teresa d’Avila era così resa nota a tutto il mondo grazie alle tecnologie del XX secolo.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
PIO VI, Lettera apostolica Quare Lacrymis.
CONGRAGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, Martirologio Romano, Libreria Editrice Vaticana, 2004.
AA.VV., Bibliotheca Sanctorum, Città Nuova.
GEORGES BERNANOS, Dialoghi delle Carmelitane, Morcelliana Edizioni, 2008.
CAPPA, P. GELLI, M. MATTAROZZI, Dizionario dello spettacolo del ‘900, Baldini & Castoldi, 1998.
ANTONIO SICARI, Il quarto libro dei ritratti di santi, Jaca Book, 2010.