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Un mio amico monaco mi ha suggerito ultimamente di leggere una vecchia enciclica del papa Leone XIII; vi avrei trovato – diceva – degli spunti interessanti. Per invogliarmi alla lettura, mi ha procurato lui stesso il documento. Si tratta dell’enciclica Satis Cognitum, scritta il 19 giugno 1896, sul tema della natura della Chiesa. Vengo a sapere poi che questo testo fu ripreso ampiamente nelle successive encicliche di Pio XII Mystici Corporis e di Paolo VI Ecclesiam Suam.

Parlando dei dogmi della Chiesa, nel documento di Leone XIII si trova scritto: «Questo o quel dogma contenuto nel corpo della dottrina divinamente rivelata, ciascuno lo deve ritenere come vero, perché se potesse essere falso ne seguirebbe che Dio stesso sarebbe autore dell’errore dell’uomo, il che ripugna. Quindi, rimossa ogni ragione di dubitare, a chi mai sarà lecito ripudiare una sola di queste verità, senza che egli venga per questo stesso a cadere in eresia e senza che, essendo separato dalla Chiesa, rigetti in blocco tutta la dottrina cristiana? Tale infatti, è la natura della fede, che nulla tanto le ripugna come ammettere un dogma e ripudiarne un altro». Citando il Concilio di Trento, poi, il Papa continua: «Infatti la Chiesa professa la fede che è una virtù soprannaturale, con la quale, ispirati ed aiutati dalla grazia di Dio, crediamo che sono vere le cose da Lui rivelate, non già per l’intrinseca verità delle medesime conosciuta con il lume naturale della ragione, ma per l’autorità dello stesso Dio rivelante, che non può ingannare né essere ingannato».

Quanto leggo mi sembra lapalissiano: se uno nega un dogma solo della Chiesa, nega tutto, perché se la Chiesa è fondata da Uno che dice: «Io solo la Verità», ne viene che se vi si trova anche una sola piccola bugia, crolla tutto. E logico e ovvio mi sembra anche il passo che richiama la dottrina del Concilio di Trento: io non credo solo perché l’argomento ha la forza di convincermi, ma perché me l’ha detto Dio!

Tutto il problema allora sarà capire se quella certa cosa me l’ha detta Dio o meno, ma una volta appurato questo, sono totalmente a posto: mi fido. Credo.

Ancora più interessante ho trovato nell’enciclica questa citazione di sant’Agostino: «Guardate bene quello che dovete osservare. Accade che nel corpo umano, anzi, dal corpo umano, si tagli via qualche membro, una mano, un dito, un piede; forse che l’anima segue il membro reciso? Quand’esso era unito al corpo, viveva; tagliato, perde la vita. Non altrimenti l’uomo cristiano è cattolico in quanto vive nel Corpo della Chiesa, tagliatone fuori diviene eretico; ora lo Spirito non segue un membro amputato».

 

 

Quando dunque un cristiano non segue la verità tutta intera, ma fa delle selezioni, è tagliato fuori dalla Chiesa; in quanto tale è un morto, perché lo Spirito «non segue un membro amputato». Si sa che non tutti coloro che si dicono cristiani cattolici credono in tutti i dogmi rivelati della Chiesa. Da discorsi di tanti battezzati risulta che non tutti credono, per esempio, nella divinità del Cristo, non tutti credono nella verginità perpetua di Maria, non tutti credono nella resurrezione dei corpi alla fine dei tempi, e via dicendo. Ebbene, anche se questi continuano a ritenersi cristiani cattolici, magari vanno a Messa e fanno parte del consiglio pastorale, sono morti, perché sono mani, dita, piedi amputati, nei quali lo Spirito “non segue le membra”.

Cattolico è allora chi accoglie interamente tutta la dottrina, ossia crede, pratica, afferma, indipendentemente dalla propria santità (siamo tutti peccatori). Tempo fa lessi un’intervista in cui la famosa pornostar Moana Pozzi si dichiarava cattolica perché faceva delle offerte e sosteneva delle opere benefiche. Non so nulla del destino eterno della signorina Pozzi, voglio sperare che si sia salvata l’anima, ma capite che razza di equivoco si ingenera se si separa la verità dalla prassi. Faccio quel che voglio, irridendo la dottrina e negandone i passaggi, però sono cattolico perché pago la decima e sostengo i missionari del Gabon.

Quando sento dire di intellettuali che dichiarano di avere ritrovato la via della fede e si sentono vicini ai valori della Chiesa (i migranti, le varie altre solite cose…), la prima cosa che mi viene in mente è quella di chiedere loro: «Bene, ma vai a Messa? Ti sei confessato? Preghi? Credi in tutti i dogmi della Chiesa?». Di solito la risposta che deduco dai discorsi che poi questi personaggi fanno è negativa. Allora a che cosa si riduce essere cristiani? Ad accogliere qualche verità? Ma in questo caso non sono affatto cristiano, perché decido io che cosa sia vero e che cosa non lo sia.

Attenzione però anche a chi è dentro la Chiesa, magari prete o vescovo. Il discorso di papa Leone XIII e sant’Agostino vale anche per loro! Forse essi non negheranno formalmente, apertamente, un dogma definito, ma se di fatto, con il loro atteggiamento e le loro parole, le loro scelte, ne metteranno in dubbio l’autenticità, forse non faranno la stessa cosa che negare il tutto? Un prete nel Piemonte disse una domenica: «Non credo nel Credo». Non so che effetto volesse ottenere sui fedeli, ma se realmente egli non crede, è piede tagliato via, senza Spirito. Un morto, uno zombie.

Un professore di teologia morale di una certa facoltà teologica un giorno disse ai propri studenti: «Che volete che sia due fidanzatini che compiono tra loro l’atto sessuale, nei confronti dello sfruttamento dei poveri nel mondo?». Dichiarava, con questo, lecito il peccato contro il sesto comandamento, perché “in confronto”, altri peccati sembrano essere più gravi. Ma questo è puro soggettivismo! È negare la verità; non una verità, ma tutta la verità, perché una parte è uguale al tutto, è della stessa natura.

Quando uno dice, foss’anche un prete: «questo per me non è peccato», oppure: «ieri lo era, ma adesso le cose sono cambiate», egli si auto-elimina, taglia fuori, come piede morto, come dito staccato dal corpo, e va in decomposizione. Questo può accadere anche a Vescovi! Che stiano bene attenti, allora, a negare qualche minima parte del Depositum fidei della Chiesa! Che stiano attenti anche solo a dare la sensazione di volerlo fare, non solo perché comprometterebbero così l’integrità della fede nel popolo loro affidato, ma anche si auto-mutilerebbero divenendo essi stessi membra morte, staccate, fuori dalla Chiesa e quindi dalla salvezza eterna!

Ma il popolo di Dio ha un “sensus fidei” che sente ad intuito dove sia l’errore e dove sia la verità. Magari non saprà dare spiegazioni teologiche al suo sentire, ma riterrà nel cuore come vero ed immutabile quello che ha ricevuto e che ritiene giustamente deposito sacro, verità eterna.

Attenzione dunque a come parlate, perché i dogmi della fede sono come i soldati di un buon esercito: tutti per uno e uno per tutti.

 

 

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