Servitore del Popolo: il gioco politico di Zelens’kyj – Parte XXII

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Alla conclusione dell’ultima puntata della prima serie (parte precedente), molte questioni sono rimaste in sospeso: la strategia politica (per niente chiara) di Vasily Petrovyč, l’identità del terzo oligarca, il destino dell’ex-Primo Ministro Jurij Ivanovič Čuiko, l’identità del nuovo Presidente della Russia. Ma la prima puntata della nuova stagione del Servitore del Popolo comincia in un modo del tutto particolare.

Vasily Petrovyč è intento a studiare la lista criptata delle operazioni dei politici corrotti, scoperta in seguito al ritrovamento del taccuino della contabilità nera ucraina (parte precedente). Tuttavia, egli si ritrova in un ambente completamente diverso: in una stanza, all’interno di una costruzione in legno, in un’epoca che potrebbe essere tra il XVI ed il XVII secolo, con indosso abiti di quel tempo. Ad un tratto, nella stanza, entra quello che dovrebbe essere il Direttore dei Servizi Segreti Michail Ašotovyč Tasunjan, anche lui con indosso un abbigliamento storico.

«La vittoria è vicina», esclama Michail Ašotovyč, portandosi una mano al cuore.

«Vicini alla vittoria», risponde Vasily Petrovyč, facendo il segno pugno chiuso, come i sovietici. Stando alla notizia riportata da Michail Ašotovyč, sembra che Jurij Ivanovič abbia confessato il modo di recuperare il denaro sottratto al governo dagli oligarchi. Sentito questo, Vasily Petrovyč esce dalla grande costruzione di legno, seguito da Michail Ašotovyč e quello che dovrebbe essere il Ministro degli Esteri Serhij Viktorovič. Ma i due, invece di portarlo da Jurij Ivanovič, lo conducono davanti ad una orrenda e quasi incomprensibile scultura di legno, sopra alla quale è attaccato un cartello con scritto sopra «Vergogna». E qui arriva una strana sensazione di déjà vu, dal momento che ci riporta nella parte XVII, quando una piccola folla di protesta (una trentina di persone) ha gridato, appunto, «Vergogna» davanti al Presidente.

Confuso, Vasily Petrovyč si volta verso Serhij Viktorovič, il quale lo pugnala allo stomaco, dicendo: «Per la vergogna».

E dopo di lui, arriva anche il resto della “squadra personale” di Vasily Petrovyč, a ripetere il gesto, ognuno esclamando una frase diversa:

  • Oksana Skovoroda (assistente e fidanzata di Serhij Viktorovič): «Per il dollaro sulla grivnia».
  • Michajlo Ivanovič Sanin (Ministro delle Finanze): «Per i rifiuti di Leopoli».
  • Ivan Andrejevič Skorik (Ministro della Difesa): «Per le strade distrutte».
  • Olha Jurijivna Miščenko (Direttrice della Banca Nazionale ed ex-moglie di Vasily Petrovyč): «Per le terne delle bollette».
  • Michail Ašotovyč: «Per i numeri di targa lituani».
  • Tolja (guardia del corpo di Vasily Petrovyč): «Per l’ambra».

Subito prima di essere colpito da quest’ultimo, Vasily Petrovyč gli domanda: «Tolja… Anche tu?».

Questa battuta è un evidente (e patetico) richiamo alle ultime e celebri parole che Gaio Giulio Cesare (13 luglio 101 a.C. o 12 luglio 100 a.C. – 15 marzo 44 a.C.) pronunciò in punto di morte: «Tu quoque, Brute, fili mi![1]».

C’è da domandarsi perché Vasily Petrovyč abbia rivolto queste parole proprio a lui, visto che, come si è potuto notare nella prima stagione, non lo ha mai potuto vedere. Comunque, prima di cadere Vasily Petrovyč conclude dicendo: «Quella [l’ambra]… non è… colpa… mia…».

In questi pochi secondi del primo episodio della nuova stagione, si possono già notare alcuni errori di scena. Il primo è quello di essere caduto a terra, dopo ben sette pugnalate allo stomaco; visto il suo fisico mingherlino, com’è possibile che Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj abbia avuto tutta questa forza per resistere a tutto quel dolore?

Il secondo è la posizione del “cadavere”: dritta, con le braccia ordinatamente disposte lungo i fianchi e le gambe unite. Più che sembrare di essersi accasciato a terra, sembra che si sia messo in posa, pronto per essere sepolto sul posto.

Il terzo errore è l’arrivo di un lupo, intento a divorare il corpo del fu Vasily Petrovyč. Peccato che i lupi si possano definire tutto, tranne che necrofagi, ovvero animali carnivori, come iene ed avvoltoi, che molto spesso, non avendo la minima voglia di cacciare, si accontentano di mangiare corpi senza vita, cacciati da altri predatori. Ma a quanto pare, i morsi di un lupo erano la cosa che si avvicinavano di più ai baci di Anna Michailovna (interpretata da un’altra attrice[2]), la quale, così facendo, sveglia il Presidente ucraino dal suo incubo.

Dal momento che siamo tornati al presente, soffermiamoci un momento sul luogo dove si trova il Presidente: in un giardino bello e grande, affacciato ad un lago, con una grande villa dall’altro lato. Cos’è successo? È forse stato rapito da Anna Michailovna (la quale, ricordiamo, è una spia degli oligarchi)? No… A quanto pare, il Presidente, odiante ogni genere di lusso, ha deciso di comprarsi una villa al lago. Fatto curioso, soprattutto dopo aver criticato ogni singolo corrotto, per non dire benestante, proprio per le proprie ville, per quasi tutta la prima stagione della serie.

Tornando alla storia, incubo a parte, Vasily Petrovyč vuole godersi la propria giornata, ovvero il suo compleanno, con la sua nuova fiamma Anna Michailovna. Sembra che volesse fare altrettanto con i suoi amici, ma a quanto pare non l’hanno nemmeno chiamato per fargli gli auguri. A fare questo, invece, è suo padre, Petro Vasil’ovyč Goloborodko. Egli chiama il figlio, mentre questi sta per fare colazione con qualcosa che sembra quasi avere la sua stessa faccia: due uova e una salsa che formano una faccina in stile smile, gentile pensiero offerto da Anna Michailovna.

Tuttavia, più che fare gli auguri al figlio, Petro Vasil’ovyč sembra più intenzionato a metterlo in guardia: «Io ti avevo avvisato! Hai visto che aria tira nel tuo Paese? Una vergogna».

«Bè, non so dove tu viva», risponde Vasily Petrovyč, «ma il mio Paese è favoloso: bella giornata, aria fresca, bel paesaggio…».

«Sei sempre il solito… Accendi la tv, stupido. Stanno dando “Il lago dei cigni” praticamente ovunque».

«Magari, oggi è anche il compleanno di Čajkovskij[3], che ne sai?».

«Sai quand’è l’ultima volta che è andato in onda? Quando hanno fatto fuori Gorbačëv[4]. Ti dice niente la cosa?».

Dal momento che Vasily Petrovyč non crede ad una sola parola del padre, si affretta a riattaccare e a dimenticare la conversazione, ma non può, dal momento che Anna Michailovna lo chiama dentro casa per guardare, in televisione (come sempre), qualcosa che non è il «Il lago dei cigni»; il Ministro degli Esteri Serhij Viktorovič, insieme a Olha Jurijivna, Ivan Andrejevič e Michajlo Ivanovič, sta tenendo un preoccupante discorso:

«Cari cittadini, mi rivolgo a tutti voi in un momento cruciale per il destino dell’Ucraina e dell’intera comunità globale. Il nostro Paese ha intrapreso la via delle riforme e si trova oggi nel bel mezzo di una crisi che ci preoccupa e di fronte alla quale noi non possiamo restare indifferenti […]. In base alla risoluzione presa dal Governo, considerata l’incapacità di Vasily Petrovyč Goloborodko di adempiere ai doveri di Presidente dell’Ucraina, […] come previsto dalla nostra Costituzione, le funzioni del Presidente saranno assolte provvisoriamente dalla Commissione per gli stati di emergenza».

«Sembra un incubo…», esclama Vasily Petrovyč, facendo riferimento al sogno avuto solo pochi minuti prima.

«Non è un incubo… È un colpo di Stato», risponde Anna Michailovna. Ma qui arrivano già i primi dubbi; se effettivamente si tratta di un colpo di Stato, allora come mai si parla di Costituzione? La Costituzione permette, forse un colpo di Stato? È evidente che c’è qualcosa che non quadra.

Ma non sembrano accorgersene né il Presidente né la sua amante che gli proporre di scappare.

«E da chi dovremmo fuggire?», domanda Vasily Petrovyč, proprio mentre la risposta sta arrivando: due furgoni neri della Sicurezza Nazionale, guidati, ovviamente ma anche no, dal loro capo Michail Ašotovyč.

«Sono venuti ad ucciderti», esclama Anna Michailovna.

«Chi mi ucciderà, Micha?», risponde Vasily Petrovyč, «Ora lo vedremo».

Ed esce di casa per affrontare l’amico, ma questi si limita ad arrestarlo, anche se l’impressione che vuole dare la fiction è quella di un rapimento. Infatti, da qui in poi, cominciano una serie di flashback con ciascuno dei membri della “squadra” del Presidente, i quali, durante l’episodio, si divertiranno a passarsi Vasily Petrovyč tra di loro.

La prima scena retrospettiva, come abbiamo appena constatato, è con Michail Ašotovyč, il quale, tre settimane prima di questo “colpo di Stato”, subisce un’inutile e insensata sfuriata da parte del Presidente, poiché quest’ultimo non riesce a stabilizzare l’economia, dopo l’arresto di Jurij Ivanovič. Corrotto o no, era l’ex-Primo Ministro a gestire l’economia dell’Ucraina e, da quando è finito in prigione, la situazione economica non fa che peggiorare. La soluzione più rapida sarebbe liberare Jurij Ivanovič e rimetterlo in politica, cosa che ovviamente Vasily Petrovyč si rifiuta di fare. Qui ritorna ciò che era stato detto nella prima parte, ovvero che non c’è alcuna differenza tra il personaggio di Vasily Petrovyč Goloborodko e l’attore Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj.

Infatti, quest’ultimo, per più di un anno, durante la guerra non ha fatto altro che cambiare politici e funzionari militari, indipendentemente dalla loro efficacia sul campo, con la sola scusa che erano corrotti. Intanto, i suoi soldati muoiono, anzi, li lascia proprio morire, come prova la fatale gestione delle operazioni militari di Mariupol’ e, ancora più di recente, di Avdijivka: ha rimosso, l’8 febbraio di quest’anno, il Comandante delle Forze Armate Valerij Fedorovyč Zalužnyj (8 luglio 1973), solo perché propose la ritirata dalla cittadina, dopo avere constato come fosse indifendibile. Al suo posto, mise il generale Oleksandr Stanislavovyč Syrs’kyj (26 luglio 1965) che, una settimana dopo circa, ricevette l’ordine di ritirarsi da Avdijivka, lasciandosi alle spalle chissà quanti morti che si potevano benissimo evitare. E come se non bastasse, il Presidente Zelens’kyj ha avuto l’innata ipocrisia di dichiarare: «Vogliamo salvare vite umane».

E, per quanto riguarda il generale Valerij Zalužnyj, sembra che, la settimana scorsa, sia stato nominato Ambasciatore ucraino nel Regno Unito, per «dare una svolta diplomatica per l’Ucraina». Curioso come Zalužnyj, un generale di grande popolarità, rimosso dalla sua posizione un mese fa, in mezzo a speculazioni riguardanti il suo mancato successo nella controffensiva del 2023 e i presunti contrasti personali con Zelensky, sia stato nominato Ambasciatore nel Regno Unito, dandogli la possibilità di un ritorno in grande stile alla sfera diplomatica, in un Paese importante e lontano come il Regno Unito. Ma si sa come si dice: «Promoveatur ut amoveatur[5]».

Tornando alla fiction, sotto gli insulti gratuiti dell’amico, Michail Ašotovyč mostra a Vasily Petrovyč i risultati del suo lavoro, ovvero la scoperta dei nomi di molti funzionari corrotti. E questa è la risposta del Presidente: «E perché li hai portati qui a me?».

«Per farteli vedere».

«Ma sei idiota?! Che stia aspettando?! Devi farli arrestare, mentre sono in riunione! Li hai presi con le mani nel sacco! Dovresti avere una squadra speciale all’ingresso, pronta ad intervenire all’istante!».

Quindi, se vogliamo riassumere, il Direttore della Sicurezza Nazionale dovrebbe compiere un multiplo arresto di politici e ministri, senza l’autorizzazione del Presidente? E poi si lamenta di un potenziale colpo di Stato…

Dopo avergli assicurato che le squadre sono già pronte, Michail Ašotovyč dà a Vasily Petrovyč una pistola per difendersi, che non sa nemmeno come nascondere, e lascia che si diriga verso il Gabinetto, un po’ spaventato, per trattenere i politici. Ma il piano va completamente a monte, poiché tutti quanti sono fuggiti, con la scusa di vedere una partita di calcio allo stadio. Notizia ricevuta da due fonti attendibili: Serhij Viktorovič e Ivan Andrejevič. Ed ecco che la paura di Vasily Petrovyč lascia posto nuovamente alla rabbia, scagliandosi nuovamente contro Michail Ašotovyč, appena arrivato con la sua squadra, accusandolo di negligenza. Se quello di Vasily Petrovyč è stato effettivamente un sequestro, allora il movente di Michail Ašotovyč è molto chiaro, e non ha niente a che vedere con la corruzione.

Tornando ai flashback, una settimana dopo la fuga dei ministri corrotti, il Presidente si reca ad un colloquio per trovarne di nuovi per sostituire i «vecchi vampiri succhiasangue», come li definisce lui, con ragazzi che sembrano appena usciti dall’università, per non dire liceo. Vasily Petrovyč sembra molto soddisfatto delle nuove facce, finché il Vice-Primo Ministro non lo informa che sono tutti parenti e amici dei politici fuggiti. Allora, indignato, il Presidente lascia la sala, per poi andarsi a lamentare, ancora una volta, con i suoi amici: «Figli, nipoti, figliocci… Strano che il Vice-Primo Ministro non fosse il figlio di Jurij Ivanovič!».

«È il fratello», risponde Olha Jurijivna.

«Come? Si chiama Chuprima».

«Sì, è il cognome da nubile della madre».

«Ma questa è… una presa in giro, allora! Senza pudore! Passa tutto di padre in figlio: i ministeri, le terre, i lavori! E siamo nel cuore dell’Europa, negli anni 2000! Ma quale Nazione?! Siamo rimasti alle tribù! È riserva feudale questa!».

È comprensibile l’ipocrisia di passare le cariche ai parenti di politici corrotti, ma criticare una cosa naturale come l’eredità è qualcosa di assolutamente innaturale. Non per niente, Michajlo Ivanovič glielo fa notare: «Anche tu hai fatto la stessa cosa: la tua ex-moglie, il tuo compare, i tuoi compagni di classe…».

«No, ti sbagli!», risponde Vasily Petrovyč «La differenza è che noi siamo persone oneste!».

Già, perché l’ha deciso lui. Infatti, per scegliere il nuovo Primo Ministro, vuole farlo personalmente con la sua squadra, ignorando completamente il sistema ucraino. Infatti, da norma, è il Vice-Primo Ministro a dover scegliere, ma essendo un parente di Jurij Ivanovič, lui non conta. Alla fine, viene nominata proprio l’ex-moglie del Presidente Olha Jurijivna come nuovo e, soprattutto, incorruttibile Primo Ministro.

Tornando al presente, Michail Ašotovyč e i suoi uomini conducono Vasily Petrovyč davanti ad uno strapiombo, dove il Direttore della Sicurezza Nazionale pretende che il Presidente firmi un documento, dove dichiara di rinunciare alla sua carica governativa. In caso di rifiuto, sembra che l’alternativa sia la morte. Allora, Vasily Petrovyč cerca di tenere una delle sue lezioni di storia: «È chiaro che non hai studiato la storia. Nessun regime dura mai allungo, dopo un colpo di Stato: i Khmer rossi in Cambogia 3 anni [1975-1978]; i giacobini 1 anno [fine 1792- luglio1794]; […]».

«Unione Sovietica 70 anni», controbatte Michail Ašotovyč, mettendo a tacere l’ex-professore di storia. Anche se tutti questi fatti storici non sono esempi validi, poiché non sono colpi di Stato, ma rivoluzioni. Le rivolte sono state fatte da civili, non fa forze militari.

Dopo il rifiuto di firmare il documento, il Presidente, per la prima volta, sorride nel vedere arrivare la sua guardia del corpo Tolja, a bordo della sua macchina rossa. Ma il sorriso svanisce presto, dato che Michail Ašotovyč non lo considera affatto una minaccia, anzi. La fedele guardia del corpo del presidente cosparge tutta la macchina di benzina, dopodiché Vasily Petrovyč viene chiuso ci viene chiuso dentro. Michail Ašotovyč sembra pronto a dare fuoco a tutto, ma ecco che viene fermato da Serhij Viktorovič, dicendo che ucciderlo in una macchina incendiata simulando un incidente non potrà ingannare CIA o FBI. Perché, poi, dovrebbero intervenire in un affare interno dell’Ucraina?

Mentre il ministro degli Esteri tira fuori con la forza il Presidente dall’auto, ecco che arriva il terzo flashback (una settimana prima), con un altro litigio, questa volta tra Vasily Petrovyč e Serhij Viktorovič. Angela Dorothea Kasner (17 luglio 1954), allora Cancellerie Federale della Germania, informa il Presidente ucraino che non potrà più venire a rappresentare il suo Paese ad un importante incontro internazionale (Germani, Giappone, Francia), poiché il suo Ministro degli Esteri ha pubblicamente invitato la Corea del Nord. Tutto perché Serhij Viktorovič ha fatto una gaffa esemplare, definendo la Corea del Sud come quella settentrionale, invece che meridionale. In effetti, il Presidente non ha avuto torto nel rimproverare l’amico; peccato che, durante la telefonato con un altro politico straniero, abbia compiuto lo stesso identico errore, ovvero confondere il meridionale con il settentrionale.

Ritornando al presente, siccome l’atmosfera d’azione non è stata sufficientemente adrenalinica, la scena si sposta in una specie di ospedale, dove Vasily Petrovyč è legato ad una sedia a rotelle, e a cercare di convincerlo a firmare le dimissioni, questa volta, è Olha Jurijivna, con la minaccia di fargli un’iniezione che lo farà ammattire. Perfetto spunto preso da un comune moderno film horror

Ed ecco che arriva la scena retrospettiva del nuovo Primo Ministro, con lei e l’ex-marito alle prese con dei documenti, tra cui uno in cui Vasily Petrovyč dà il suo consenso per mandare il figlio Dmitry in Itali a fine estate. Avendolo firmato senza accorgersene, Vasily Petrovyč si ritrova sul fatto compiuto: il figlio partirà con Mariya Stefanovna Goloborodko, madre del Presidente, per l’Italia, a spese della nuova fiamma di Olha Jurijivna. Da buon padre (almeno in questo caso), per scoprire di più sul potenziale patrigno del figlio, si dirige nella nuova casa della sua famiglia che, guarda caso, anche questa è un’immensa villa in riva ad un lago. Ma a dirgli effettivamente chi sia non è suo padre o sua sorella Svetlana Petrovna, bensì, sorpresa sorpresa, la televisione. Si tratta niente meno di Dmitry Vasilyevič Surikov, Presidente del Consiglio di Sorveglianza della Banca Nazionale, appena nominato Direttore da Olha Jurijivna, al suo posto. Ed ecco che arriva un’altra sfuriata del Presidente contro un membro della sua “squadra”, con Vasily Petrovyč che vuole che l’ex-moglie firmi il licenziamento di Dmitry Vasilyevič. È il caso di dire che i ruoli si siano invertiti.

Ma la degenerazione che ha portato a tutto questo arriva due giorni dopo, quando il Presidente, stufo di aspettare decifrazione di tutti i nomi elencati nel taccuino della contabilità nera, comincia tirare frecciate gratuite a destra e manca, accusando addirittura ciascuno dei suoi amici di essere un corrotto. Tanto, per Vasily Petrovyč (o Volodymyr Zelens’kyj) sono tutti corrotti, traditori e spietati, tranne lui. Per concludere, lascia il suo ufficio dicendo: «Io paranoico?».

Visti i fatti svolti negli ultimi due anni, viene la tentazione di rispondere a questa sua domanda.

Cambiato idea sull’iniezione e deciso di portare Vasily Petrovyč in prigione, questi percorre un percorso in mezzo ad un bosco, dove il tragitto viene interrotto da Ivan Andrejevič, insieme a qualche soldato e qualche mezzo militare. Minacciando gli altri amici a far scendere il Presidente dal furgoncino dove stava viaggiando, il Ministro della Difesa lo incita successivamente a correre in mezzo agli alberi, mentre lui e i suoi soldati gli sparano da dietro, con pistole, mitra e mitragliatori. La fuga dura circa un minuto, finché non cade in una trappola e finisce a testa in giù, per poi vedere i propri amici, attorno ad una tavola imbandita, con palloncini e una banda musicale che si mette a suonare.

Insomma, il colpo di Stato, il rapimento, le minacce, il tentato omicidio… Tutto uno stupido e costoso, ripeto costoso, scherzo per celebrare il compleanno del Presidente, il quale, alla fine di questa assurda (in tutti i sensi) giornata, si ritrova legato ad una sedia, a bere una bottiglia di vodka in mezzo ai suoi amici che, consolazione sua, sono tutti come lui: paranoici.

 

 

 

– 22 continua

 

 

[1] Dal latino: «Persino tu, Bruto, figlio mio!». Giulio Cesare rivolse queste parole al figlio adottivo Marco Giunio Bruto (Roma, 85 a.C. o 79-78 a.C. – Filippi, 23 ottobre 42 a.C.), anch’egli complice del suo assassinio.

[2] Nella prima stagione, il personaggio di Anna Michailovna è stato interpretato da Halyna Bezruk, mentre nella seconda da Anastasia Chepelyuk.

[3] Pëtr Il’ič Čajkovskij (7 maggio 1840 – 6 novembre 1893), è stato un compositore russo del periodo tardo-romantico, le cui composizioni sono tra le più note del repertorio classico. Ha unito nel suo stile caratteristiche della musica tradizionale russa alla prassi musicale classica.

[4] Michail Sergeevič Gorbačëv (2 marzo 1931 – 30 agosto 2022), è stato un politico sovietico, dal 1991 russo, dopo la fine della sua carica come segretario generale del PCUS (Partito Comunista dell’Unione Sovietica), 1985-1991, con la dissoluzione dell’URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) e, conseguentemente, l’indipendenza del­l’Ucraina.

[5] Detto latino: «Promuovere per rimuovere».

 

 

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