Servitore del Popolo: il gioco politico di Zelens’kyj – Parte XXI

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Ripresa la trasmissione, nonostante Vasily Petrovyč abbia palesemente ammesso che le umiliazioni pubbliche non portino a niente, anzi, i corrotti possono addirittura trarne vantaggio, il Presidente afferma di voler confiscare un palazzo comprato con denaro riciclato dal Ministro della Salute, per trasformarlo in un ospedale che poi porterà il nome del ministro corrotto, «così i suoi nipoti se lo ricorderanno per sempre». Ma tra uno scroscio di applausi e l’altro, Vasily Petrovyč non ha pensato che, in questo modo, il nome del ministro in questione non finisce nel fango, anzi viene solo ripulito? Se non avesse effettivamente acquistato quel palazzo, l’ospedale non esisterebbe, di conseguenza, i cittadini ucraini non lo avrebbero. Ma ormai sappiamo quanto Vasily Petrovyč (o Volodymyr Zelens’kyj) sia contradditorio.

Inoltre, il Presidente, fin dall’episodio precedente, continua a fare esempi e a proporre condanne da operetta, senza mettere sulla tavola nulla di concreto. Tant’è vero che, ad un certo punto, il Primo Ministro Jurij Ivanovič Čuiko, giustamente, rivolgendosi a Vasily Petrovyč, esclama: «Non riesco a capire cosa vuole sostenere. Qual è il suggerimento che sta dando alle persone, sentiamo? Prende, porta via, ruba tutto quello che è stato rubato? Abbiamo già passato tutto questo. Intendo, lo ha passato l’Ucraina: espropriazioni, repressioni… Che altro ci aspetta? Delle esecuzioni di massa? È questo che ha in mente? Perché non riesco a capirlo».

«Non riesce a capirlo?» interviene il Ministro degli Esteri Serhij Viktorovič (al posto del Presidente).

«No, non riesco a capirlo» risponde Jurij Ivanovič.

«Allora glielo spiego io» continua il Ministro degli Esteri «in cinese».

Visto che l’incontro con i politici persiani, per lo scambio di opinioni sulle condanne per i corrotti (episodio precedente), non sembra essere stato sufficiente, Serhij Viktorovič, anche qui insieme al suo amico Michail Ašotovyč Tasunjan, Direttore dei Servizi Segreti, ha voluto tenere un incontro simile con i ministri della Cina (secondo grande faro di luce per l’Ucraina, dopo gli USA e l’UE), i quali ricordano un vecchio detto del celebre filosofo cinese Confucio (551 a.C. – 479 a.C.): «Quando si spostano le montagne, è necessario rimuovere prima i piccoli sassolini».

In effetti, questo è uno dei principi tipicamente e radicalmente cinesi. Loro non si fanno mai scrupolo nel togliere di mezzo i propri avversari. Infatti, stando al racconto dei politici cinesi della fiction, uccisero la maggior parte dei corrotti, per un ammontare di 20.000 persone, tutti in una sola volta. Detto questo, uno dei ministri mostra a Serhij Viktorovič e Michail Ašotovyč, su tablet, il video dell’esecuzione, avvenuta tramite fucilazione. Nel vedere questa scena, il massimo che il Capo dei Servizi Segreti riesce a fare è quello di immaginare soldati ucraini che fucilano al muro, con delle pistole al posto dei fucili (chissà perché), i politici corrotti, tra cui lo stesso leader del Partito di maggioranza Parlamentare Serhiy Leonidovych Karasyuk, ospite anche lui, ricordiamolo, del talkshow.

Sotto il continuo applauso del pubblico per il racconto del Ministro degli Esteri, il risultato è sempre lo stesso: tante chiacchiere e nessun risultato. Perché fare un esempio simile se tutti, il Presidente per primo, rifiutano di introdurre la pena capitale?

«Penso non sia il modo corretto» esclama Vasily Petrovyč, subito prima di ritrovarsi davanti il suo ultimo personaggio storico immaginario: lo Zar Ivan IV Vasil’evič (25 agosto 1530 – 28 marzo 1584), meglio conosciuto come «Ivan il Terribile». L’aggettivo «terribile», in russo «strašnyj» o «užasnyj», deriva da strah (paura) oppure užas (terrore). Invece, «groznyj» deriva da «groza», che può significare sia «tempesta», che «minaccia». In effetti, questo aggettivo si addice molto allo Zar Ivan IV, non per niente era chiamato così dal popolo russo, anche se in maniera tutt’altro che negativa, dato che il sovrano tuonava e minacciava i boiardi, che molte volte nella storia russa si sono resi responsabili della disgregazione dello Stato. Per questo motivo, nonostante l’atteggiamento violento, sia nella politica che nella vita privata, Ivan il Terribile viene ricordato come uno dei più grandi Zar delle Russie.

Nella sua fiction, ovviamente, Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj non si fa scrupolo a sottolineare la condotta violenta dello Zar. Non per niente, il primo approccio dell’Ivan IV immaginario, circondato da un’atmosfera rossa, è questo: «Hai risposto nel modo giusto, bravo. Si può sapere cosa diavolo si sono messi in testa? Sparare [come se all’epoca potesse sapere cosa significasse]? Che morte è se non c’è alcuna sofferenza? […] È necessario che soffrano, prima di morire voi dovete impalare quei dannati, rompere le loro ossa, versare del piombo rovente nelle loro bocche! Devono soffrire come bestie, prima di morire».

«Ivan Vasil’evič, questo è illegale…» risponde Vasily Petrovyč, un po’ spaventato.

«Sì, ma tu rappresenti la legge. Tu sei lo Zar».

«No, no. Io non sono lo Zar».

«E chi sei? Rispondi, chi sei?».

«Che vuol dire chi sono?».

«Qual è il nome della tua famiglia?» continua a domandare lo Zar immaginario.

«Goloboroďk».

«Goloboroďk? Sai, avevo un giullare che si chiamava Goloboroďk. Però non faceva ridere, così gli ho strappato la lingua».

«Sei severo…» si limita a dire Vasily Petrovyč, dando del «tu» ad Ivan IV, mentre a tutti gli altri personaggi immaginari, tra cui Ernesto “Che” Guevara (1928-1967), nella parte III, Alphonse Gabriel “Al” Capone (1899-1947), nella parte X, ha sempre dato del «lei». Inoltre, sembra che anche Ivan il Terribile, immaginario o meno, pensa che Vasily Petrovyč (o Volodymyr Zelens’kyj) sia un giullare seduto sul trono (parte precedente).

«Forse nel XVI secolo funzionava così», dice Vasily Petrovyč, «ma noi cercheremo di risolvere tutto democraticamente».

In effetti, umiliare pubblicamente qualcuno è qualcosa di molto democratico…

«Ci sono riusciti gli scandinavi, i vostri antenati», continua il Presidente, «hanno sconfitto la corruzione legalmente».

Vogliamo ricordare un momento che, sempre nella parte precedente, era stato affermato, con l’appoggio di tutti, che l’Ucraina, nel corso della storia, non era mai riuscita a sconfiggere la corruzione. Chiusa parentesi.

«Ma di che cosa stai parlando?», domanda confuso Ivan IV, per continuare riportando l’opinione che l’Ucraina (o Volodymyr Zelens’kyj stesso) ha della Russia: «È tutto diverso. In Russia, le persone sono come dei selvaggi. Non capiscono le parole. Perciò, se qualcuno allunga la mano, tagliala!».

«Non taglierò nessuna mano. Lo sai perfettamente che non sono le mani il problema. Siamo noi il problema! Il male è qui, nelle teste».

«Allora taglia le teste, è semplice. In Russia funziona così da sempre, quindi farai così anche tu! Tu sei il nuovo Zar russo».

«Per favore, smettila! Te lo ripeto un’altra volta: io non sono lo Zar russo!».

«Allora chi sei?».

«Sono il Presidente… dell’Ucraina», risponde Vasily Petrovyč, con qualche cenno d’incertezza.

«Ah, sì? E che cos’è questa Ucraina? Sei forse il Principe di Kiev?».

«Bè, se ti piace di più, puoi chiamarmi in questo modo…», risponde il Presidente, come se un Principe e un Presidente fossero la stessa cosa.

«Come state, fratelli? Siete ancora sotto il controllo dei polacchi e dei lituani, vero?», domanda Ivan IV, riferendosi alla Confederazione polacco-lituana. All’epoca, i territori dell’Ucraina e della Bielorussia erano continuamente contesi tra confederazione del Regno polacco e del Granducato della Lituania e l’Impero russo. Per questo motivo lo Zar immaginario promette a Vasily Petrovyč d’intervenire e liberare così il territorio ucraino.

«No, ti ringrazio, ma non c’è bisogno di liberarci».

«Che stai dicendo?», domanda sempre più confuso Ivan il Terribile.

«Noi andiamo in Europa».

«Che cosa? Che vuol dire? In quale Europa?!».

«Sì, in Europa. Noi…».

«Ma siamo slavi!», lo interrompe lo Zar, con quello che si può definire l’argomento più delicato che si possa trattare con un ucraino: «Siamo sangue dello stesso sangue!».

«Oh, Ivan, basta con questa storia del sangue! Voi andate da una parte e noi andiamo dall’altra. Magari fra 300 anni ci incontreremo di nuovo e ne riparleremo».

In effetti, Vasily Petrovyč (o Volodymyr Zelens’kyj) non ha dovuto aspettare 300 anni per affrontare nuovamente questo argomento; ne ha aspettati solo 7, con lo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia, chiara conseguenza delle scelte politiche del “Servitore del popolo”.

Tornando alla fiction, la discussione tra Vasily Petrovyč e l’Ivan IV immaginario degenera, con un discorso che non ha né capo né coda, interrompendosi sempre a vicenda, finché lo Zar non colpisce il Presidente alla testa con il suo bastone. Ivan il Terribile si china su di lui, sollevandolo da terra. Questa scena è stata, senza dubbio, tratta come spunto da quello che, forse, è il più orrendo episodio vissuto nella vita del vero Zar; quando, per un maledetto scatto d’ira, uccise suo figlio, chiamato Ivan come il padre. Accadde tutto nel mese di novembre del 1581, quando Ivan il Terribile picchiò violentemente la propria nuora, incinta, per aver indossato vestiti troppo appariscenti, causandole così un aborto spontaneo. Suo figlio, appena venuto a sapere dell’accaduto, innescò un litigio furibondo con il vecchio Zar, durante il quale quest’ultimo colpì la testa del figlio con la punta in ferro del proprio bastone, uccidendolo. Disperato per l’involontario, ma atroce e ingiustificabile gesto, lo Zar iniziò a vagare per i corridoi del suo palazzo imperiale, urlando, sbattendo la testa contro i muri e dicendo che non era degno di essere lo Zar di tutte le Russie. Riunì in seguito i boiardi, annunciando che voleva abdicare e chiedendo loro di scegliere il proprio erede. Ma i boiardi, temendo di essere accusati in seguito di complotto, rifiutarono di adempiere alla sua richiesta.

Verso l’inizio del 1584 Ivan IV si ammalò gravemente e, capendo che oramai era in punto di morte, chiamò a sé il debole e forse ritardato mentale figlio Fëdor (Teodoro) I Ivanovič (31 maggio 1557 – 17 gennaio 1598), nominandolo proprio erede al trono. Gli raccomandò di governare con giustizia e saggezza e di evitare in ogni maniera la guerra, poiché la Russia non era pronta per un nuovo conflitto. Probabilmente Ivan IV non riuscì mai a perdonare se stesso per quello che aveva fatto al figlio, ma cercò almeno di ottenere il perdono di Dio all’ora della sua morte, avvenuta il 18 marzo 1584. Secondo una credenza popolare, Ivan il Terribile è morto mentre giocava a scacchi, molto probabilmente con la sua guardia del corpo Bogdan Belskij.

La scena della fiction è molto meno drammatica, poiché l’Ivan IV immaginario si mostra preoccupato, ma più per le scelte politiche di Vasily Petrovyč, che della salute del Presidente stesso.

«[…] Quindi» si rivolge a Vasily Petrovyč lo Zar «volete andare da un’altra parte? […] Con chi, in quale direzione? Rispondi. Con chi state? […] Dimmi con chi. Rispondi! Avanti dimmelo! Dimmi con chi state, dimmelo!».

«Con l’Uganda e con l’Ecuador», risponde il conduttore Andre Orling, riportando il Presidente alla realtà, «Sono proprio questi gli stati che sono più vicino a noi a livello di corruzione».

Un modo perfetto per evitare la domanda scomoda, ma essenziale di Ivan il Terribile, immaginario o no, rappresentante della Russia (imperiale).

Arrivati a questo punto, il conduttore stesso, dopo tutte queste manovre di umiliazioni, che hanno richiesto una montagna di tempo e di denaro, per di più, ha constatato che il Governo, quindi Vasily Petrovyč (o Volodymyr Zelens’kyj), è arrivato ad un punto morto: «[…] A quanto pare, l’Ucraina non potrà sconfiggere la corruzione».

«Vasily Petrovyč, forse, se non può sconfiggere la corruzione», interviene la famosa giornalista dell’opposizione Yana Klymenko, con tono antipatico, «deve gestirla. I politici hanno esperienza nel ricevere tangenti per il bene del popolo. La gestione farà ricavare non 50 milioni, ma 50 miliardi».

«Forse è vero», risponde il Presidente, «Però non è quello che ho in mente».

Detto questo parte un altro fleshback, che mostra Vasily Petrovyč nel suo ufficio con la sua nuova fiamma, Anna Michailovna che, ricordiamo, è una spia degli oligarchi. Mentre i due erano sul punto di… “svagarsi”, dopo aver riso alle spalle dell’ “infinito” numero di politici corrotti, per puro caso Vasily Petrovyč scopre uno scomparto segreto, dentro al quale è custodito un libro con la copertina di cuoio e con il simbolo della Repubblica ucraina. Libro che il Presidente porta al talkshow, mostrandolo a tutti e spiegando di cosa si tratta: «Non è un semplice quaderno, questa è la contabilità nera. In parole semplici, la società per azioni che opera nell’ombra denominata “Ucraina”».

Questa battuta ci riporta alla parte II, quando Volodymyr Zelens’kyj dà dimostrazione di voler dare l’impressione che la sua amata Ucraina è nata e vissuta da sempre nella corruzione politica; tutto per far apparire il personaggio di Vasily Petrovyč Goloboroďk l’eroe, per non dire il messia, di questo Stato completamente marcio. Ma allora, ci spieghi una cosa: se Vasily Petrovyč è diventato Presidente per caso, ha fatto leggi per caso, ha scoperto la famigerata «contabilità nera» per caso, quali meriti ha dimostrato di avere per poter essere definito un eroe? Non abbiamo uno straccio di risposta a questa domanda, che si rivela fondamentale anche solo dal punto di vista narrativo.

Tornando in televisione (in più di un senso), spiegato il fatto che nel quaderno incriminato ci sono tutte le operazioni dei corrotti, Vasily Petrovyč racconta che, al suo interno, sono scritti anche i nomi dei principali corrotti, seppure criptati, fatta eccezione, chissà perché, di quello di un banchiere, il quale, visto che è stato scoperto, accetta di collaborare con le autorità. E per autorità intendiamo niente meno che il Direttore dei Servizi Segreti Michail Ašotovyč Tasunjan e il Ministro delle Finanze Michajlo Ivanovič Sanin. Ti pareva…

«Naturalmente, questa era un’operazione segreta, la conoscevano in pochi», continua a spiegare Vasily Petrovyč. Ovviamente, questi «pochi» erano solo i membri della sua “squadra personale”, come sempre. L’operazione in questione, consisteva nel dare al banchiere corrotto una valigetta, con all’interno un localizzatore, in modo che egli la consegnasse ad un corrotto che portava lo pseudonimo di «Milady». Stando al segnale, la valigetta, alla fine, è arrivata alla Sede Principale del Governo. E qui, mentre gli oligarchi, che continuano a guardare la trasmissione, si fanno sempre più nervosi, il conduttore pone la domanda clou: «A chi? A chi è stata portata?».

«A chi?», risponde il Presidente, «Lo scopriamo subito. Chiedo, per favore, di spegnere le luci, per qualche secondo, grazie».

Lo staff obbedisce e spegne le luci nella sala. Teniamo conto che i soldi custoditi nella valigetta, stando a quello che ha detto Michail Ašotovyč in un flashback, erano stati ricoperti di vernice fosforescente. E fra tutti i presenti, chi è che risplende nelle tenebre? Solo lui: il Primo Ministro Jurij Ivanovič Čuiko, l’unico personaggio che, fino ad ora, ha mostrato più dignità ed intelligenza, rispetto a tutti gli altri.

Dopo che Michail Ašotovyč, insieme a qualcuno dei suoi uomini, lo porta via, nella sala regna un lungo silenzio che, alla fine, viene rotto da Andre Orling; «Signore e signori, proprio davanti ai vostri occhi, è stato arrestato il Capo del Sistema di Corruzione che risponde al nome del Primo Ministro dell’Ucraina».

L’atteggiamento del conduttore è pieno di sorpresa; anche troppa, visto che per tutta la trasmissione non ha fatto altro che sostenere che tutti i politici, forse anche lo stesso Presidente, sono corrotti. E alla fine, si limita ad applaudire a Vasily Petrovyč, incitando il pubblico a fare lo stesso. E uno di loro ha addirittura pateticamente urlato: «Bravo! Sei il nostro eroe, Presidente!».

C’è da chiedersi cosa griderebbe, oggi, al Presidente dell’Ucraina…

L’ultimo mistero collegato a questa faccenda è questo: perché Jurij Ivanovič ha voluto usare come pseudonimo «Milady»? Dato che Vasily Petrovyč, sorpresa, non sa rispondere a questa domanda, e neanche Serhij Viktorovič, la risposta la dà Yana Klymenko, distruggendo quel poco di dignità che era rimasta al Primo Ministro: «[…] Al teatro studentesco a cui ha recitato Ivanovič, non c’erano ragazze. Lui ha interpretato tutti i ruoli, anche quello di Milady, nei “Tre Moschettieri”».

«E come lo sa?», domanda Vasily Petrovyč.

«L’ho letto. Ivanovič ha pubblicato un libro dal titolo “la mia strada”».

«Incredibile», esclama Serhij Viktorovič, «Abbiamo cercato da per tutto e bastava leggere il suo libro, assurdo».

«È vero» risponde ridendo Vasily Petrovyč. Cosa abbia da ridere, non si sa. Se voleva sapere qualcosa sul suo acerrimo nemico, perché, allora il Presidente non ha pensato di leggere la sua autobiografia, come, invece, ha fatto la giornalista Yana Klymenko? Probabilmente, Vasily Petrovyč (o Volodymyr Zelens’kyj) aveva troppa fretta di andare in TV. Infatti, il conduttore domanda: «Signor Presidente, forse lei vuole aggiungere qualcosa? Per finire».

«Che cosa posso dire per finire?», domanda Vasily Petrovyč ,«Che questo è l’inizio».

Queste quattro parole ci riportano, ancora una volta, alla parte II, quando Vasily Petrovyč fa il suo discorso alla cerimonia di insediamento; un discorso insipido, senza significato, proprio come adesso. Per tutta la durata della trasmissione, infatti, il Presidente ha mostrato solamente di andare a tentativi, senza un vero e proprio piano, una strategia. Se l’inizio della “rinascita” dell’Ucraina significa basarsi praticamente e unicamente sulla buona sorte, allora sì che c’è tanto da temere per gli ucraini. Eppure, tutti gli applaudono, alzandosi addirittura in piedi. Questo momento “magico” rischia di essere rovinato dallo scagnozzo degli oligarchi, il quale, da dietro le quinte, è pronto a sparare a Vasily Petrovyč. Peccato per lui che Tolja sia intervenuto, mettendolo al tappeto in un secondo. Un salvataggio “estremamente mozzafiato”…

Mentre Vasily Petrovyč si gode il momentaneo successo, i tre oligarchi si riuniscono ancora una volta per distruggere vari documenti incriminanti e per decidere la prossima mossa, cercando inutilmente e pateticamente di sembrare, agli occhi degli spettatori della fiction, boss mafiosi.

Finito lo spettacolo (letteralmente), Vasily Petrovyč ritorna a casa dei suoi, portandosi dietro Anna Michailovna, per festeggiare con parenti e amici il giorno dell’indipendenza dell’Ucraina, oltre che il successo ottenuto, ovviamente. La cosa curiosa è che la “squadra” dei Ministri di Vasily Petrovyč è incompleta. L’assenza di Michail Ašotovyč e del Ministro della Difesa Ivan Andrejevič Skorik è comprensibile; il primo deve occuparsi di quello che è considerato il più grande arresto della storia ucraina, mentre il secondo deve festeggiare qualcosa di ben più importante: sua moglie aspetta un bambino. È solo l’assenza della Direttrice della Banca Nazionale, Olha Jurijivna Miščenko, ex-moglie del Presidente, a non avere un motivo particolare. Infatti, non sembra essere stata invitata alla festa, o lei stessa non sembra interessata, dal momento che, mentre tutti sono a casa Goloboroďk, lei esce dalla Banca Centrale di Kiev, per poi imbattersi nel Presidente del Consiglio di Sorveglianza della Banca Nazionale Dmitry Vasilyevič Surikov, il quale sembra aver fatto da bambinaia a Dmitry, il figlio di Olha Jurijivna e Vasily Petrovyč, andando a prenderlo a scuola, insieme alla propria figlia. Inoltre, più il tempo passa, più Dmitry Vasilyevič sembra riuscire a fare breccia nel cuore di quella che potrebbe essere la First Lady dell’Ucraina.

La festa in casa Goloboroďk pare andare per il meglio, finché il Presidente non riceve una telefonata. Egli, siccome sta servendo lo champagne, fa rispondere a Serhij Viktorovič. Ma proprio mentre Vasily Petrovyč sta per fare il brindisi, il Ministro degli Esteri gli ripassa il telefono, dicendo con tono perplesso: «È il Presidente della Russia…».

Credendo che stia scherzando, Vasily Petrovyč domanda: «Quale Presidente della Russia? Putin?».

E tutti si mettono a ridacchiare, ma Serhij Viktorovič scuote il capo più serio che mai e risponde: «La Russia ha un altro Presidente».

Sentita questa notizia bomba, tutti guardano increduli sia il Ministro degli Esteri sia il Presidente, il quale prende immediatamente il telefono, ma il senso della conversazione e l’identità del nuovo Presidente russo restano un mistero, proprio come la strategia politica di Vasily Petrovyč (o Volodymyr Zelens’kyj). Così, con questo episodio, termina la prima stagione della fiction Servitore del popolo.

 

 

– 21 continua

 

 

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