Santuario della Madonna della Ceriola, l’isola della Immacolata Concezione

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Ogni contrada, ogni paese d’Italia conserva vestigia, più o meno imponenti, più o meno ricche, ma sempre straordinarie, della speciale protezione della Santa Vergine Maria. Santuari grandi e piccoli si possono incontrare ovunque e testimoniano la grande devozione del popolo fedele, in tutti i secoli. Sembra davvero di toccare con mano la grandiosa profezia del Magnificat: «Beatam me dicent omnes generationes» (Tutte le generazioni mi chiameranno Beata).

 

 

Tratteremo in quest’articolo di un Santuario molto scenografico e suggestivo, posto al centro del lago di Iseo in provincia di Brescia: la Madonna della Ceriola. Il Sebino, questo è il nome romano dello specchio d’acqua, giace allo sbocco della Val Camonica; le sue limpide acque, di cui è immissario ed emissario il fiume Oglio, ospitano la più estesa isola europea d’acqua dolce: Monte Isola, appunto, vasta quasi 5 chilometri quadrati, il punto più elevato della quale, ove sorge il Santuario, tocca i 604 metri di altitudine; le sue pendici appaiono verdeggianti e piuttosto scoscese, specialmente sul versante che guarda la costa bresciana. Oggi il territorio dell’isola è riunito in un solo Comune, ma mantiene la suddivisione in tre parrocchie: Siviano, Peschiera Maraglio e Carzano.

Pare che l’evangelizzazione di queste zone, piuttosto remote, possa essere attribuita a San Vigilio, primo Vescovo di Brescia, vissuto nel V secolo. Egli, proprio sulla vetta dell’isola, volle far sorgere un piccolo romitorio, intitolato alla Vergine Maria, laddove, fino ad allora, sembra fosse esistito un tempio pagano dedicato alla dea Iside; potrebbe, infatti, derivare da tale divinità il nome di Iseo, che contraddistingue il capoluogo del comprensorio.

Ad ogni modo, ben presto Maria Santissima “prese possesso” della montagna e la cappella divenne meta di pellegrinaggi e residenza di eremiti. Una tradizione locale, riferita da un cronista seicentesco, narra che, intorno al XIII secolo, quattro pie sorelle, nate da una nobile famiglia, affascinate dalla lettura della vita dei Padri del Deserto, decisero di rifugiarsi sulle cime più inaccessibili della riviera sebina per condurvi un’esistenza ascetica di preghiera e meditazione. Scelsero rispettivamente i monti Panzanica, Giogo e Conche sulla costa le prime tre, mentre la quarta appunto la vetta di Monte Isola. Ogni anno, per verificare se le altre fossero ancora in vita, solevano accendere sulle quattro cime dei fuochi in segno di saluto. Il gesto si ripete ancor oggi, laddove attualmente sorgono quattro santuari mariani, nella notte che precede la seconda domenica di luglio.

Discussa e sostanzialmente oscura appare, allo stato delle ricerche, l’origine del nome con cui il Santuario è conosciuto. Secondo la maggioranza degli studiosi l’appellativo «Ceriola» deriva dai ceri che venivano accesi il 2 febbraio nella festa della Purificazione di Maria, nota come la «Candelora»; la chiesa, infatti, risulta intitolata a questo mistero della vita della Madre di Dio. Non mancano, tuttavia, coloro che tendono a preferire altre interpretazioni: taluni ne ricollegano il nome al vicino villaggio di Cure, altri al legno di cerro, nel quale è scolpita la sacra effige.

Si racconta, altresì, di una apparizione della Santa Vergine ad un contadino, ma del fatto non esistono documenti storici. Resta, tuttavia, l’affettuoso appellativo dialettale di «veciasina» (vecchina), con il quale molti anziani continuano ad indicare la Madonna Ceriola. Ella, infatti, sarebbe apparsa come una Signora non più giovane e ciò rappresenterebbe un caso più unico che raro nella storia delle apparizioni mariane.

Vi è poi un’altra bella storia, sempre risalente più o meno alla fine del Medio Evo. Un superbo castellano abitava il vicino palazzotto chiamato «Rocca Martinengo». Egli terrorizzava la popolazione di Monte Isola ed i pescatori che transitavano nel lago con le loro barche. Un giorno il signorotto decise di imporre un’ennesima umiliazione ai suoi sudditi: con arroganza ordinò alle sue guardie di affondare immediatamente tutte le imbarcazioni che, passando davanti allo sperone roccioso su cui sorgeva il castello, non avessero ammainato le vele in segno di sottomissione. Per un certo tempo i poveri pescatori dovettero sottostare all’imposizione, ma, dopo qualche mese, un ignoto popolano riuscì ad eludere con astuzia l’angheria. Nottetempo egli dipinse un’immagine della Beata Vergine della Ceriola sulla parete di uno scoglio posto davanti alla fortezza. La semplice icona non poteva essere vista da terra ma solo dal lago. Così, quando i pescatori passavano davanti a quella roccia tutti abbassavano rispettosamente le vele, ma non certo per soddisfare l’orgoglio del perfido castellano. Le cronache ci raccontano che, infine, il superbo signore si accorse dell’inganno e, furibondo, si gettò a nuoto nel lago, portando seco un piccone per cancellare l’immagine di Nostra Signora. Un’onda, però, lo travolse ed egli morì annegato.

Venendo a tempi più vicini a noi, i documenti si fanno, ovviamente, abbondanti. Nel 1815, ad esempio, un potente fulmine colpì l’interno della chiesa durante un temporale estivo. Caduto l’intonaco, apparve, perfettamente conservato, un bellissimo affresco cinquecentesco, di cui si era persa memoria, raffigurante Nostro Signore incatenato alla colonna durante la Sua Santa Passione.

Nel 1836 si diffuse in tutto il Lombardo-Veneto una gravissima epidemia di colera asiatico; moltissimi furono i morti e, dopo vari mesi, il furore del morbo non accennava a diminuire. Allora tutti gli abitanti dell’isola fecero voto alla Santa Vergine e salirono in solenne processione al Santuario, promettendo che, se l’epidemia fosse finita, da quell’anno, ogni seconda domenica di luglio, la processione si sarebbe rinnovata da tutte le borgate del comune. Le loro fervorose preghiere fecero breccia nel cuore della Santa Madre di Dio e, quindi, ancora ai nostri giorni, il voto viene onorato annualmente.

L’ultima data memorabile che vorremmo ricordare è, comunque, quella del 30 agosto 1924. In quel giorno, infatti, la gloriosa effige della Vergine della Ceriola fu solennemente incoronata, a seguito di una specifica Bolla di Papa Pio XI, pubblicata il 27 febbraio precedente. Grandissimo fu il tripudio dei fedeli: una imponente processione di barche condusse la statua per tutto il lago e, quindi, migliaia e migliaia di pellegrini salirono a piedi fin sulla cima del monte per partecipare al Rito. La corona d’oro era stata precedentemente fusa grazie alle copiose offerte raccolte tra gli isolani.

Oggi il Santuario, che campeggia tra l’altro sullo stemma ufficiale del comune di Monte Isola, si presenta come una bella chiesa, ad unica navata, sormontata da una cupola. L’edificio è lungo 23 metri, largo 7,5 ed alto 10. Esso fu costruito, nelle forme attuali, sul finire del XVI secolo, mentre il campanile, dotato di cinque campane, risale al 1750.

 

Madonna della Ceriola, XII secolo, Santuario della Madonna della Ceriola

 

Numerose sono le opere d’arte custodite all’interno, ma riteniamo giusto soffermarci soltanto sulla venerata statua raffigurante la Beata Vergine Maria, scolpita su un ceppo di cerro, sul retro del quale appaiono ancora i resti delle radici. La Madonna è seduta su un trono e sostiene con la mano destra Gesù Bambino, mentre la sinistra è appoggiata alle ginocchia. Il volto è sereno e ben delineato dall’ignoto artista. I capelli sono raccolti in una cuffia bianca.

Il Santuario si può raggiungere soltanto a piedi con una passeggiata di circa 20 minuti. Il pulmino pubblico del Comune si ferma presso il sottostante villaggio di Cure. A Monte Isola, infatti, è bene ricordarlo, non sono ammesse automobili private.

Grande è ancor oggi, nonostante la crisi religiosa attuale, la venerazione dimostrata dal popolo residente nella zona del Sebino verso la propria Protettrice Celeste. Pitture, magari rozze, ma certamente realizzate con viva devozione, adornano ancora molte facciate delle antiche case. Speriamo davvero che Ella possa al più presto guidare il riscatto della Chiesa Cattolica oggi così debole ed umiliata.

 

 

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