Che cosa sono gli idoli? La parola «idolo» deriva dal greco eidolon, che significa simulacro. Il vocabolario della lingua italiana ne dà la seguente definizione: «oggetto o immagine cui si attribuiscono caratteri e poteri divini». Quando diciamo idolo noi, dunque, pensiamo ad una statua o immagine di animale, di creatura fantasmagorica o di elemento della natura davanti alla quale gli antichi popoli si prostravano, implorando da tali oggetti inanimati benedizioni e grazie, compiendo anche riti propiziatori per assicurarsi i loro favori. Di fronte a questa idea l’uomo moderno sorride, sentendosi superiore a quelle antiche generazioni primitive e superstiziose.
Ma non dobbiamo prendere la cosa sottogamba, perché non si tratta affatto di qualcosa di banale.
La Bibbia, infatti, ci parla dei profeti che continuamente insorgevano contro il popolo di Israele, il quale, anziché adorare il vero Dio, era continuamente tentato di seguire le divinità delle popolazioni pagane circonvicine. Come mai questo continuo tradimento di Dio e della Legge mosaica, da parte degli uomini di Israele? Che cosa avevano mai di così attraente e affascinante questi déi delle altre religioni? Eppure, Dio aveva dato mille prove della sua grandiosa paternità: aveva fatto uscire il popolo dall’Egitto aprendo in due il mar Rosso, lo aveva nutrito quarant’anni con cibo che cascava giù dal cielo ogni giorno (a destra, Tintoretto, La raccolta della manna, olio su tela, 1592-1594, Basilica di San Giorgio Maggiore, Venezia), gli aveva dato una legge ottima, lo aveva sostenuto in ogni battaglia e ogni prova… eppure, nonostante questo, gli ebrei voltavano continuamente le spalle al vero Dio per venerare statue di divinità inesistenti.
Cerchiamo di capirne il motivo. Probabilmente tale deriva sta nel fatto che tali simulacri se li costruivano gli uomini, non avevano un’identità propria: erano oggetti fabbricati con materia inerte, e tali rimanevano, muti e inanimati. In sostanza: i pagani che adoravano Baal (o chi per lui, che si chiami Visnù, Ramakrisna, Aura Mazda, è la stessa cosa) si davano le leggi che volevano, si costituivano nelle forme aggregative che volevano e, in più, per soddisfare il naturale senso religioso di ogni uomo, andavano nel tempio e si inchinavano davanti alla statua muta. L’idolo, infatti, nega la trascendenza e l’alterità: è in continuità con la linea umana.
Tutt’altra cosa il vero Dio, l’unico che esiste. Egli è Persona: ha una Sua volontà, una Sua autonomia, ha un progetto. Parla, agisce, si esprime, chiede, dà. Prima si plasma un popolo e dialoga con esso, poi addirittura si fa Egli stesso carne e si fa conoscere come Gesù Salvatore, il quale a sua volta ci manifesta il vero volto del Padre, parlando di «Padre mio e Padre vostro». Essere padre di qualcuno è la cosa più coinvolgente che si possa conoscere, come anche essere figlio. Ma l’uomo è in perenne fuga da Dio (ecco il peccato di Adamo) perché ha il terrore di perdere la propria autonomia: egli vuole realizzarsi nel mondo senza che vi sia un Dio che gli dica che cosa deve fare, quindi corre dagli idoli, qualunque nome abbiano. Gesù ha manifestato il volto del Padre donandoci gratuitamente il suo Spirito, che ci fa partecipi della vita stessa di Dio, ma l’uomo preferisce gli idoli, cose che si fa egli stesso, sue invenzioni, purché non esista un Dio che ti coinvolga così tanto.
Tutto, allora, diventa idolo: la tecnica, la scienza, e addirittura gli stessi valori buoni e positivi. Ma se non sono inseriti nell’interno del disegno di Dio, ossia dell’amore teologale omni-avvolgente, tutto può portare fuori strada, perché nelle invenzioni umane è sempre l’uomo che rimane nella cabina di regia e non cede a nessuno lo scettro. Nella Rivoluzione francese, infatti, gli uomini parlarono di uguaglianza, fraternità e libertà. Tutte cose che affermarono come idoli, ossia negando Dio (che è l’amore e la fonte delle suddette cose); al posto Suo misero un simulacro di divinità che chiamarono «dea ragione». Ma una Dea-ragione non è mai esistita. È un’invenzione, quindi un idolo. I cosiddetti “valori”, quando non sono inseriti nella spira trinitaria del Dio unico e vero, sono idoli, ossia sistemi dell’uomo, ideologie. «Un Dio, amico mio, si è scomodato per me. Ecco il cristianesimo. Tutto il resto è una bazzecola», scriveva Charles Peguy.
Oggi continua – e più che mai – questa fuga dal Dio vero (che, non dimentichiamolo, ha un solo nome: Padre-Figlio-Spirito Santo), e allora diventa idolo qualsiasi cosa, anche se dipinta di “valore” buono: l’ecologia, la salvezza del pianeta, la fratellanza universale, l’uguaglianza tra i popoli, eccetera. Sono idoli, idoli e ideologie. Credere al comandamento «Non avrai altro Dio fuori di me» significa entrare in una spirale di puro coinvolgimento, in una storia di amore, perché Dio ci domanda l’immanenza, la vita in Lui, non in una fede vaga, come può essere quella di chi dice di credere nei dischi volanti o in qualche entità anonima che se ne sta in cielo: «In verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6,53). Queste parole rimangono insuperabili, e rompono qualsiasi equilibrio di chi cerca la via della salvezza e della redenzione fuori dal Cristo e dalla vera Chiesa. «Chi ha il Figlio ha la vita, chi non ha il Figlio non ha la vita», scrive san Giovanni (1 Gv 4,3). E chi non ha la vita, ha la morte. Semplice no? È così difficile da intendere?
Eppure, l’idolatria di tutto oggi imperversa. L’uomo moderno sorride pensando agli uomini di Neandertal che adoravano il sole e la luna; ahimè: sono essi, invece, che guardano scuotendo la testa la nostra società d’oggi che, avendo rinnegato nei suoi princìpi la paternità di Dio, impazza di conseguenza nell’idolatria.
Scrive Hilarie Belloc, nell’introduzione di un suo saggio su santa Giovanna d’Arco: «Quando gli uomini abbandonano l’adorazione di Dio e dei santi, prendono ad adorare se stessi. L’io si presta ottimamente a questo culto, perché il proprio io è un modello di perfezione, e soprattutto non è possibile metterne in dubbio l’esistenza. Il culto di noi stessi ha il grande vantaggio di essere culto di qualcosa che certamente esiste, la cui presenza è certa, a portata di mano e, per noi, oggetto di sconfinata ammirazione».
Dal culto di sé poi, naturalmente, è facile cadere nel culto di tutto: della scienza, delle ideologie, del partito, del sistema economico, eccetera.
Quale il rimedio? Uno solo. Gesù Cristo. Punto.
1 commento su “L’uomo, dal culto di sé al culto di tutto: gli idoli sostituiscono la Santissima Trinità”
Grazie padre per questa visione sintetica e chiara che deve indirizzare il nostro cammino!! Il Signore la benedica e la Madonna la protegga!