Ludmilla e Venceslao, nonna e nipote: missionari nella propria terra

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La giornata missionaria mondiale che oggi si celebra ci spinge a considerare come oggi, proprio come ai tempi di Ludmilla e di suo nipote Venceslao, il luogo la cui evangelizzazione appare più che mai essere di nostra competenza è la cara vecchia Europa. In molti angoli remoti del pianeta, invece, vi sono ad oggi più cattolici che non qui. Ludmilla e Venceslao fecero la loro parte, portando a Cristo la loro patria, la Boemia, e contribuendo così all’edificazione di un’Europa Cristiana.

È incontrovertibile che l’educazione religiosa delle persone e dei popoli sia stata a fondamento di ogni civiltà. Trarre fuori dallo stato primitivo e selvaggio, quindi allevare, far crescere, è in effetti l’etimologia di educazione. Bisogna stare tuttavia attenti alle varie aggettivazioni che possono venire attribuite alla parola stessa, iniziando proprio dall’aggettivazione di buona e cattiva educazione, oppure di educazione cristiana o non cristiana. Tanti pesanti comportamenti e tanti gravi fatti che accadono ai nostri giorni, anche qui in Italia, rendono tutti convinti come sia urgente una profonda opera di educazione nei riguardi di chiunque, ma si rende anche evidente, palese, come le nuove generazioni non vengano più educate alla fede cristiana.

Esemplare educatore cristiano dei giovani può essere indicato San Giovanni Bosco (1815-1888). Protettore dei genitori nell’educare cristianamente i figli può venire segnalato San Cornelio Mac Conchailleadh, arcivescovo irlandese e professore agostiniano del XII secolo. È tuttavia Santa Ludmilla, la patrona degli educatori cristiani e delle madri di famiglia, che vogliamo porre in risalto circa la sua opera. Una madre, dopo avere procreato, è in effetti la prima educatrice, con l’insegnamento e con l’esempio, dei propri figli.

Chi ha visitato Praga ricorderà certamente, tra le altre innumerevoli opere monumentali, l’enorme piazza Venceslao, posta in posizione strategica fra la Città Vecchia e la Città Nuova e simbolo dei destini nazionali nonché dell’identità ceca nella storia moderna. Ebbene, là sotto il Museo nazionale campeggia il monumento equestre del patrono San Venceslao (905 ca. – 935), propagatore del cristianesimo in Boemia e assassinato giovane dal diabolico fratello Boleslav. La grande sua statua è contornata dai quattro santi protettori boemi: dietro Adalberto e Agnese, davanti Procopio e, non a caso, proprio Ludmilla.

In realtà ella fu la nonna di Venceslao, con un nome che dallo slavo può tradursi in «amata dal popolo» e con la denominazione dopo la morte di «Madre dei poveri» per le sue opere di carità. Nacque verso l’859 in Lusazia, una regione storica situata nell’Europa Centrale e ripartita oggi fra Polonia, Germania e Repubblica Ceca. Il padre Slavibor era duca di Milsko e Ludmilla andò sposa ancora adolescente nell’873 al duca di Boemia, Borisvoj. I due sposi vennero poi battezzati da San Metodio, apostolo degli slavi nel IX secolo, che insieme a San Cirillo verrà proclamato, più di un millennio dopo, compatroni d’Europa da papa Giovanni Paolo II. Ludmilla e Borisvoj ebbero tre figli e tre figlie, si impegnarono nella loro educazione cristiana e si prodigarono contemporaneamente per la diffusione del cristianesimo in quella regione.

Rimasta vedova nell’894, Ludmilla donò tutti i suoi beni ai poveri e si dedicò ad una vita di pietà, vivendo presso il primogenito Vratislao. Quando questi morì prematuramente nel 916, i nobili affidarono la reggenza del ducato alla moglie Drahomira e l’educazione del primogenito nipotino Venceslao alla nonna cristiana. La reggente, sostanzialmente legata ancora al paganesimo e gelosa dell’influenza della suocera sul bambino, costrinse Ludmilla a ritirarsi nel castello di Tetin. Là poi nel 920 la povera vedova venne fatta strangolare col velo vedovile che portava in testa, su probabile ordine di Drahomira.

Venceslao, appena divenuto maggiorenne ed a sua volta duca, fece traslare le reliquie della nonna, martire venerate e dispensatrici di miracoli, nella basilica del castello ducale in Praga. Purtroppo, tale basilica fu trasformata in museo al tempo del regime comunista cecoslovacco. All’alba del terzo millennio Giovanni Paolo II ha incluso il nome di Santa Ludmilla nel Martirologio Romano, il 16 settembre.

Una volta assunto il potere effettivo, Venceslao si adoperò per la cristianizzazione del Paese, chiamandovi missionari tedeschi, perché questo fece parte della sua stessa linea generale di governo: avvicinare la Boemia all’Europa occidentale e alla sua cultura, pur non mancando anche se non mancano conflitti con regnanti germanici.

La tradizione fa di lui un modello del coraggio generoso: durante la lotta contro un duca boemo, Venceslao gli propose di risolvere la controversia con un duello tra loro due, in modo da non sacrificare tante vite di soldati, ed il nemico si riconciliò con lui. La sua giovane età ed il suo stile ne fecero un modello per molti suoi sudditi, ma proprio la vasta popolarità mise contro di lui, per motivi religiosi e di potere, una parte della nobiltà, che obbediva al suo fratello minore Boleslao.

Di qui nacque una congiura per ucciderlo, dando tutto il ducato boemo al fratello. Questi, non osando aggredire Venceslao in Praga, lo invitò nel suo castello di Stará Boleslav. Si pensò di ucciderlo durante il pranzo, ma certe parole di Venceslao fecero temere che avesse scoperto il complotto. Allora lo aspettarono mentre si recava in chiesa per recitarvi in solitudine la preghiera delle Ore. Qui venne assassinato. Narra una leggenda che Boleslao tentò per primo di colpirlo, ma Venceslao reagì buttandolo a terra e facendogli cadere la spada; poi generosamente la raccolse e la volle restituire al fratello in segno di perdono. Questo fu il suo ultimo gesto di grandezza, troncato dai sicari di Boleslao che lo colpirono a morte tutti insieme. Secondo un’altra leggenda, nessuno riuscì a lavare il suo sangue sparso sul pavimento in legno. Il corpo fu poi portato a Praga e sepolto nella chiesa di San Vito. Già nel X secolo Venceslao fu oggetto di culto, ma solamente nel 1729 fu decretata da Papa Benedetto XIII la sua canonizzazione equipollente e la sua iscrizione nel Martirologio Romano.

 

Statua equestre di San Venceslao a Praga

 

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