Leggende regionali – Valle d’Aosta: Il ponte del diavolo

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Quanti ponti nelle nostre Alpi congiungono gli opposti fianchi di una stretta gola, superando con arco arditissimo una voragine vertiginosa, sono tutti, dal più al meno, secondo quanto narrano le leggende, opera del diavolo.

Anzi di taluni di essi si arriva ad asserire che le pietre sono disposte in modo che le connessure non raffigurino mai il segno della croce, segno odioso al costruttore dell’opera stessa: tale è il ponte che supera il Lys, nella Val d’Aosta, presso il paese che appunto da esso prende il nome di Ponte di San Martino.

Questo ponte, essendo di epoca romana, presenta particolari caratteristiche di costruzione nella disposizione a croce. Le sbarre di ferro che lo sostengono sono invece foggiate a unicorno, ad immagine, dicono i popolani, degli artigli infernali del diavolo.

Narra, dunque, su quel ponte la leggenda valdostana che San Martino, proveniente dalla Francia e diretto in Italia, aveva dovuto fare una lunga sosta in quel luogo, perché il transito era interrotto, avendo la piena delle acque del Lys rotto una passerella per il quale si passava ordinatamente sull’altra riva.

Così il bravo Santo, incontrato a caso o intenzionalmente il Maligno, gli propose di costruire un ponte sicuro e forte e si accordò con lui per la ricompensa: prezzo dell’opera sarebbe stata l’anima del primo che avrebbe attraversato il ponte.

Tutta la notte lavorò messer Satana con un esercito di diavoli, e all’alba il magnifico arco era compiuto.

Il Maligno stava in agguato, digrignando i denti per il piacere di afferrare quell’anima che gli era stata promessa e portarsela all’Inferno.

Già un corteo di gente si avvicinava: il santo si trovava alla testa, avvolto da un gran mantello: tutti tremavano pel disgraziato che avrebbe attraversato il ponte per primo.

Ma ecco che San Martino lancia dall’altra parte del ponte stesso un pezzo di carne, ed ecco che di sotto dal suo mantello sbuca fuori un grosso cane, il quale si getta a corpo perduto dietro alla carne.

Satana, che folle di gioia stava in agguato, sfoderate le unghie ghermì la bestia, ma quale non fu il suo dispetto quando si trovò nelle mani un cane.

«Questo è un barare al giuoco!» disse indignato Satana.

«E che? Pretenderesti fedeltà ai patti tu?» rispose il santo «Proprio tu che sei il padre della menzogna?».

Ma questa leggenda ha un’altra versione più declinata nella quale si mescola una gentile storia d’amore. Il ponte, secondo questa nuova versione, sarebbe stato costruito dal diavolo invocato da un giovane pastore.

Questi abitava sulla costa della vallata, attraversata dal torrente, mentre la sua fidanzata abitava sull’altra sponda.

Egli l’andava a visitare tutte le sere, ma disgraziatamente, mentre tra i due fianchi della valle la linea era poca, molta era la strada da percorrere, perché una profonda spaccatura divideva le due coste.

Il diavolo adunque costruì volentieri il detto ponte, perché stimava che il pastore, nell’impazienza di rivedere la sua amata, lo avrebbe varcato per primo e così l’anima sua sarebbe stata preda dell’Inferno.

E non aveva fatto male i suoi conti, perché il pastore, infatti, voleva ritrovarsi subito al di là della valle; ma proprio quando egli stava per lanciarsi sul ponte appena costruito, ecco che un camoscio lo precede, velocissimo, e va a finire nelle braccia del diavolo.

Furioso, Satana si scatenò sulla bestia e la fece in pezzi, ma il pastore fu salvo.

 

 

Ancora una volta, la vicenda di una leggenda si svolge presso il fiume Lys.

Come è stato raccontato in questa storia e anticipato in quella precedente, la costruzione del ponte, che attraversa il torrente Lys, risale ai tempi di San Martino (316 circa – 397); infatti, la sua architettura è tipicamente romana. Costruito in pietra, è ancora lì, possente e testimone di quasi venti secoli di storia di tutto ciò e di tutti coloro che lo hanno attraversato, dalle guerre di confine, ai pellegrini che arrivavano dalla Francia per raggiungere l’Italia.

 

«Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.»

San Matteo 10, 16

 

Questa storia è un chiaro esempio della veridicità di questo passo evangelico, di cui non si dovrebbe mai dubitare a prescindere, visto che è stata detta da nostro Signore Gesù Cristo. Noi siamo stati, siamo e saremo sempre circondati dai lupi (il male), ma se saremo un po’ serpenti (prudenti, seguaci del buon senso) e un po’ colombe (amorevoli e pieni di fede verso Dio), allora le creature dell’oscurità non potranno nuocerci. Anzi, potremmo, addirittura, avere la possibilità di usare le tenebre stesse per portare la luce.

Come ha fatto San Martino, che ha sfruttato la presunzione di Satana per poter garantire un passaggio sicuro per attraversare il Lys a se stesso, alla gente del luogo e alle persone che venivano da lontano. La prudenza serpentina del Santo lo ha portato non solo a realizzare un’opera per l’uomo, ma anche a far sì che il diavolo in persona facesse una buona azione. E lo spirito di colomba pura del pastore lo portò nell’ottenere la Grazia del Signore, salvandosi così l’anima.

Persino dal male può nascere del bene, mentre dal bene non potrà mai nascere il male.

 

 

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