Le apparizioni di Cussanio

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Ieri, 8 maggio 2021, è ricorso il quinto centenario della prima delle apparizioni mariane di Cussanio, una piccola frazione di Fossano in provincia di Cuneo. Colà sorge oggi un bel santuario, completamente ricostruito nella seconda metà del XIX secolo e molto caro alla devozione dei fedeli piemontesi. In questo articolo proveremo a ripercorrerne la storia.

I fatti straordinari che dettero origine al santuario risalgono ai primi anni del XVI secolo. Il borgo di Cussanio allora era costituito solo da poche povere case immerse nella campagna circostante.

In questi prati era solito pascolare la sua piccola mandria il pastore Bartolomeo Coppa, sordomuto dalla nascita e, come riportano alcune fonti, basso di statura e di aspetto volgare. Egli soleva spostarsi coperto soltanto di un grezzo saio e, forse anche per la difficoltà a comunicare, viveva solitario e sostanzialmente emarginato.

L’8 maggio, secondo la tradizione, del 1521 gli appare, però, una elegante Signora bianco vestita, con un manto azzurro: la Vergine Santissima. La Madonna, innanzi tutto, dona a Bartolomeo l’udito e la parola, chiamandolo, poi, alla missione di richiamare, come Suo messaggero, gli abitanti di Fossano alla penitenza ed al pentimento delle colpe, per evitare di venire colpiti dalla giusta ira divina.

I Fossanesi non si capacitano di udire Bartolomeo parlare correttamente ed ascoltare con chiarezza. Ma ciò non basta a vincere la loro tiepidezza religiosa: continuano, pertanto, a prendere in giro ed il suo messaggio, che non credono provenga dalla Madonna. Deluso dalla mancanza di Fede dei suoi concittadini, Bartolomeo ritorna alla sua mandria ed ai medesimi prati. Il giorno 11 maggio, però, essendosi addormentato per la grande stanchezza, in sogno gli appare nuovamente la Madre di Dio. La Santissima Vergine era vestita, questa volta, con un abito rosso e con un grande mantello blu: Ella lo incoraggia a ritornare dai suoi increduli concittadini, ribadendo loro quanto già detto. Comprendendo la fame che lo attanaglia, però, la Signora gli porge, prima che egli possa riprendere il cammino, tre pani.

Una volta destatosi, Bartolomeo comprende immediatamente che, sia pure attraverso il sogno, quello che ha visto è reale: accanto alla bisaccia sono posati i tre pani uniti tra loro, che la Madonna gli ha consegnato mentre dormiva.

Bartolomeo, con l’entusiasmo che consegue dalla visione del Cielo, ritorna ad ammonire i Fossanesi, che continuano, imperterriti ad ignorarlo.

Arriviamo così all’autunno dello stesso anno 1521. Nel territorio fossanese si diffonde una terribile epidemia di peste, che uccide non meno di tremila persone. Di questa epidemia possediamo numerosa documentazione storica, soprattutto per i moltissimi lutti patiti da diversi comuni della zona. Ne parla anche Goffredo Casalis nelle sue celebri «Storie del Piemonte». Si tratta, in realtà, della medesima pestilenza che colpirà anche Roma nell’estate successiva e che viene ricordata, fra l’altro, per l’intervento miracoloso del noto Crocifisso conservato nella chiesa di San Marcello al Corso.

Gli abitanti del luogo si ricordano allora delle parole pronunciate da Bartolomeo, dei suoi inviti a pentirsi e ad espiare. Si susseguono, finalmente, processioni penitenziali sul luogo delle apparizioni. Queste preghiere vengono ascoltate e, in ringraziamento per la grazia ricevuta, sarà eretta una piccola Chiesa a ricordo del «miracolo di Cussanio».

Bartolomeo Coppa, per il resto della sua lunga vita, continua, comunque, a girare incessantemente per la città e nelle campagne circostanti, con una tunica ed una sciarpa entrambe azzurre, per ricordare il colore del manto di Maria. Invitava sempre i compaesani a convertirsi, a pentirsi dei loro peccati ed alla devozione verso la Madonna.

A questo punto della vicenda si impone, però, una riflessione. Anche la storia di questo santuario, come tante altre, dimostra, con estrema chiarezza, come la Chiesa non abbia mai rifiutato a priori la possibilità di punizioni celesti finalizzate al richiamo dei fedeli e alla loro Salvezza eterna.

Nel 1592 viene eretta la Diocesi di Fossano e, già l’anno successivo Monsignor Camillo Daddeo (1534-1600), il primo Vescovo (1592-1600), visita la chiesetta eretta sul luogo delle Apparizioni; la trova, purtroppo, in pessime condizioni e ne ordina, pertanto, adeguati restauri.

Il suo successore, qualche anno dopo, inizia, secondo le disposizioni del Concilio di Trento (1545-1563), il regolare processo apostolico per verificare l’autenticità delle apparizioni della Madonna al pastore di Cussanio, che dura dal 1604 al 1609. Vengono ascoltati i testimoni che hanno conosciuto Bartolomeo Coppa e lo hanno udito narrare i fatti prodigiosi da lui vissuti; ammalati, che hanno mangiato di quel pane, sono miracolosamente guariti. Copia manoscritta delle testimonianze processuali, autenticate dal Vescovo coadiutore Monsignor Tommaso Biolato (morto nel 1620), è conservata tuttora nell’archivio storico del comune di Fossano.

Dopo il riconoscimento ecclesiastico, la piccola Chiesa di Cussanio è affidata ai Padri Agostiniani della Congregazione di Genova (1617), che costruiscono, con la collaborazione di generosi Fossanesi, un Santuario ed un Convento annesso. I lavori sono appaltati agli architetti Giovenale Boetto (1604-1678) e Alessandro Thesauro. La devozione alla Madonna di Cussanio si diffonde, quindi, rapidamente ad opera degli Agostiniani, non solo nel territorio di Fossano, ma anche nella vasta zona delle valli alpine del cuneese, del saluzzese e nella pianura verso Racconigi e Bra.

Nella storia del Santuario si debbono tuttavia ricordare anche momenti difficili e di decadenza. La Rivoluzione francese, con l’arrivo in Piemonte di Napoleone, porta con sé, nel 1802, la soppressione delle congregazioni religiose. I Padri Agostiniani sono pertanto secolarizzati ed espulsi, il Santuario, con l’annesso Convento, viene brutalmente confiscato. Anche con la Restaurazione, però, i padri Agostiniani non torneranno più ed il complesso, spogliato e pericolante, sarà affidato al clero diocesano. Nel 1866, poi, le «leggi Siccardi» del Governo italiano, esproprieranno nuovamente i beni del Santuario, consegnandoli al demanio statale.

Il destino del tempio sembra, dunque, umanamente segnato. Ma la Divina Provvidenza non la pensa evidentemente così.

Il 10 marzo del 1872, fa, infatti, il solenne ingresso nella Diocesi di Fossano il Vescovo Monsignor Emiliano Manacorda (1833-1909), intransigente esponente del Cattolicesimo anti-liberale, carissimo al Papa Pio IX e grande amico di San Giovanni Bosco. Egli si reca ben presto a Cussanio e si rese ben conto dello stato pietoso in cui è caduto il Convento. Anche la chiesa, costruita due secoli prima dai Padri Agostiniani, versa in uno stato di completo abbandono: rimangono praticamente solo le mura cadenti e il quadro miracoloso raffigurante l’apparizione. Il Convento, incamerato dal Demanio, è diventato un deposito di paglia e di attrezzi agricoli. Lo Stato pensa, anzi, di venderlo presto ai privati; altri sperano, invece, di farlo diventare ospedale militare o addirittura un manicomio.

Il nuovo Vescovo rimane molto colpito da questo sfacelo e si adopera immediatamente affinché Cussanio possa tornare un centro per la diffusione del culto e dell’amore verso Maria Santissima anche oltre i confini della sua Diocesi. Prova dapprima a chiedere, inutilmente, la restituzione del Convento all’Opera degli Esercizi Spirituali ed al Seminario vescovile. Cita, quindi, in Tribunale, con grande coraggio, il Demanio che aveva illegalmente occupato il complesso sacro. Ma le difficoltà legali si moltiplicarono e si prolungarono per tutto il 1873. Così Monsignor Manacorda, ardente di zelo e desiderio di riportare nel più breve tempo possibile Cussanio al culto mariano, rivolgendosi verso l’immagine della Madonna appesa nel suo ufficio, come ispirato, esclama:

«O Vergine SS., queste cause io le affido a Voi; fatemi vincere queste liti ed io renderò più bella la vostra casa di Cussanio, anzi Vi giuro che là vi farò rendere un culto speciale, sotto il titolo di Madre della Divina Provvidenza…; che se lasciate compiere l’opera degli empi, non solo non esisterà il convento, ma deserta sarà pure la Vostra chiesa».

Di fronte a questa preghiera così ardente e, a seguito di tale solenne promessa, la Madonna dal Cielo ascolta la richiesta del buon prelato. La vertenza legale cambia verso e, nel 1874, il Convento ritorna ufficialmente all’Opera degli Esercizi Spirituali ed al Seminario diocesano. Partono allora, subito dopo, gli imponenti lavori di restauro affidati all’architetto don Giuseppe Magni, Vicario Generale della Diocesi di Novara. Il Vescovo li cura personalmente sia sotto l’aspetto materiale che spirituale. In tal senso egli si impegna incessantemente per la diffusione della devozione alla Madonna tra i diocesani ed i devoti di Cussanio.

Nella sua continua predicazione, ardente e pia, non cesserà mai di parlare delle predilezioni della Madonna per i suoi fedeli e dei suoi tre atti di provvidenza materna: la parola al muto, il pane all’affamato, il salutare richiamo alla conversione. Tutti questi elementi sono sinteticamente racchiusi nel bellissimo e pregevole dipinto di Giovanni Claret (1599-1679), posto sull’Altare maggiore del Santuario.

Oggi l’edificio sacro si presenta in forme ecclettiche, con pianta a croce latina sormontato da una slanciata cupola ottagonale e dotato di un’alta facciata in granito. Le navate sono tre, sette in tutto gli altari. Le principali feste si svolgono nel mese di maggio, in ricordo delle due Apparizioni.

Per concludere, qualche breve parola sul Vescovo Emiliano Manacorda. Egli muore nel 1909 ed un suo monumento funebre è conservato nella chiesa di Cussanio. Fa in tempo, dunque, a conoscere san Pio X ed a sostenerne con ardore la battaglia antimodernista. Per tutta la vita, in realtà, egli combatte energicamente il cattolicesimo liberale, la Democrazia Cristiana e le idee socialiste. Fonda il settimanale cattolico diocesano, ancora oggi esistente, e vuole denominarlo significativamente «La Fedeltà». Fu, dunque, un Vescovo fedele e coraggioso: a lui tutti i Fossanesi devono essere riconoscenti.

 

 

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