Intervista a Emiliano Procucci, autore dell’originale e regale mostra di Rimini

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Quindici giorni fa, nel numero di «Europa Cristiana» del 15 maggio, abbiamo parlato della mostra allestita a Rimini nella Galleria d’Arte Zamagni dal titolo: «C’era una volta un Re», il giro del mondo tra le monarchie, dove è stata esposta la raccolta di lettere, fotografie e diplomi cavallereschi collezionata nel corso degli anni dal professor Emiliano Procucci, che in questi giorni abbiamo intervistato.

 

Quando e come è sorto il suo interesse per le Case regnanti?

 Il mio interesse per le Case Reali è sbocciato quando ero bambino, parallelamente a quello per la storia. In casa si acquistavano riviste che parlavano spesso di matrimoni reali od eventi affini, inerenti le Monarchie e, tra una pagina e l’altra, mi piaceva ammirare e soffermarmi sulle divise, gli abiti, le decorazioni ed il fasto che certe occasioni richiedevano.

Al di là dell’apparenza di quelle particolari situazioni, ciò che mi colpiva maggiormente era il partecipato coinvolgimento e grande entusiasmo da parte della popolazione verso i propri Sovrani e i loro familiari, testimoniati dalle fotografie sui giornali.

 

Perché intrattiene contatti epistolari con le Famiglie regnanti e con quelle che hanno perso il trono?

Tutto è nato quando, agli inizi degli anni 2000, trovai sulla rete i recapiti di molte Case Reali regnanti e non. In quel periodo ricoprivo la carica di Responsabile esteri dell’Unione Monarchica italiana e, quindi, mi proposi l’obiettivo di creare dei collegamenti tra le Famiglie Reali estere ed il mondo dei realisti italiani. Provai un primo contatto, scrivendo una lettera ad uno degli indirizzi trovati e richiesi una fotografia autografata e, quando alcuni giorni dopo, ricevetti un plico con la risposta e il ritratto, continuai le mie richieste con altri personaggi titolati fino ad accumularne, ad oggi, molti documenti.

 

Come è venuta l’idea di allestire una mostra a Rimini sulla sua corrispondenza con i rappresentanti reali?

L’idea è nata dal desiderio di condividere questa collezione anche con un pubblico più vasto di chi mi conosce personalmente. Spesso i miei ospiti, ammirando le mie fotografie, mi hanno suggerito più volte di fare conoscere questa rara e particolare documentazione anche ad altri. E così, d’accordo con Gianluca Zamagni che, in tutti questi anni, ha abbellito i ritratti reali con le sue splendide cornici, ho deciso di organizzare, nella sua galleria d’arte, una mostra aperta al pubblico accompagnandola con aneddoti e racconti personali e coinvolgendo, in una sorta di intervista al sottoscritto, la giovane Jennifer Fratti, una brillante liceale riminese, interessata all’argomento.

 

C’è stata dunque attenzione per questa iniziativa?

A mio parere l’evento ha avuto un buon riscontro di pubblico, composto sia da giovani che da adulti. Probabilmente il successo dell’iniziativa è stato sicuramente dovuto al fascino che ancora esercitano le Monarchie nel XXI secolo e al fatto che, molte Casate Reali sono state protagoniste, nel bene o nel male, delle vicende storiche che hanno riguardato sia l’Italia che l’Europa e che, alcune di loro sono, in generale, molto conosciute, ad esempio Gran Bretagna e Spagna. Esse rappresentano ancora, per i loro popoli, un punto di riferimento, ma anche un legame con le proprie tradizioni ed il proprio passato, naturalmente proiettate verso il futuro. Ciò che manca, in questo momento, al nostro Paese, è effettivamente questo legame con la propria identità storico-culturale. Si tenta di colmare inutilmente questo vuoto con fragili quanto provvisori surrogati (attori, cantanti, calciatori) ma ciò di cui avrebbe bisogno il nostro popolo è un richiamo alla propria gloriosa Tradizione incarnata nelle Monarchie regnanti, in una Famiglia, a capo della quale vi sono o un Re o una Regina.

 

H.S.H. Prince Hans-Adam II of Liechtenstein. Foto: Daniel Osplet

 

Potrebbe raccontare personalità e alcuni episodi significativi in merito alle sue conoscenze in ambito monarchico?

Grazie anche alle mie ricerche sulle Case Reali, negli ultimi vent’anni, ho avuto il privilegio di incontrare alcuni di questi Sovrani e Principi come, ad esempio, Hans Adam II del Liechtenstein che venne in visita ufficiale a San Marino nel 2010 ed accanto al quale cenai in occasione del ricevimento organizzato in suo onore, oppure Simeone II di Bulgaria, già Re dal 1943 al 1946 e poi, ritornato dall’esilio, eletto Primo ministro di Bulgaria nel 2001 ed in carica fino al 2005. Ho conosciuto personalmente il Principe Alberto di Monaco (in visita a Rimini nel 2020),  Duarte di Braganza, pretendente al trono portoghese, i Duchi di Parma e Piacenza, la Principessa Maria Gabriella di Savoia, figlia del Re d’Italia Umberto II ma, in particolare, vorrei ricordare il bellissimo rapporto che ho intrattenuto tra il 2000 ed il 2021, anno della sua scomparsa, con S.A.R. il Principe Amedeo di Savoia, Duca d’Aosta con cui ho avuto l’onore di collaborare, dal 2007 al 2021, in qualità di Referente dell’Ufficio per la Cultura e la Ricerca della sua Segreteria. Fu lui ad ispirare la realizzazione del mio libro La dinastia delle donne di cui, poi, firmò con piacere la prefazione. Persona veramente perbene, che mi ha onorato della sua amabile simpatia e cortesia, che ho stimato e ho sempre rispettato; un vero Principe che ha servito, in epoca repubblicana, con dignità e lealtà, il proprio Paese. Oggi sono spesso in contatto con il figlio, S.A.R. il Principe Aimone (discendente della più antica Dinastia d’Europa, risalente a più di mille anni fa), che aggiorno periodicamente sulle notizie riguardanti le Famiglie Reali europee e non.

 

Che cosa significa, oggi, essere monarchici?

Vorrei condividere, come risposta alla domanda, un pensiero del grande scrittore e giornalista emiliano Giovannino Guareschi che affermò:

«Perché sono monarchico? Per ragioni storiche, per ragioni sentimentali, per ragioni pratiche. Per me, un presidente di Repubblica è sempre una persona espressa da un partito e non riuscirò mai a considerarlo al di sopra delle parti. Non potrò mai ascoltare la sua voce come quella della Patria».

Aggiungerei che ho avuto dei buoni esempi di persone di sentimento monarchico e che, non essendo più tra noi, vorrei qui ricordare: il professor Piero Carlo de Fabritiis, il professor Gian Nicola Amoretti e, soprattutto, il professor Marco Grandi, tutti facenti parte dell’entourage del defunto Re Umberto II e, successivamente, del Duca d’Aosta Amedeo.

 

Potrebbe indicare e offrire alcuni spunti storici e di riflessione sulle monarchie, che le chiediamo cortesemente di elencare, ancora presenti in Europa?

Attualmente ci sono 10 Monarchie parlamentari in Europa: Spagna, Regno Unito di Gran Bretagna e Nord Irlanda, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo (che è un Granducato), i Principati di Liechtenstein, Monaco e Andorra (collegato alla Francia), Norvegia, Svezia e Danimarca, nonché lo Stato della Città del Vaticano dove il Pontefice è Sovrano assoluto.

La Monarchia danese è, con più di mille anni di storia, la più antica d’Europa. A partire da Gorm il Vecchio, nominato per la prima volta nel 936, fino alla salita al trono dell’attuale Regina (Sovrana anche della Groenlandia) Margrethe II, nel 1972, la linea di successione abbraccia 49 Re e due Regine.

Quella britannica, invece, è guidata, da 70 anni, da Elisabetta II, Sovrana più longeva sul trono, nella storia seconda soltanto a Luigi XIV, il Re Sole. La Regina regna anche su Paesi extraeuropei situati in territorio americano: Antigua e Barbuda, Bahamas, Belize, Canada, Giamaica, Grenada, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Saint Lucia; e quelli ubicati in territorio oceanico: Australia, Isole Salomone, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea e Tuvalu.

Sono inoltre Monarchie assolute: l’Arabia Saudita, il Brunei, gli Emirati Arabi Uniti, l’Oman e il Qatar.

Esistono anche altre Monarchie costituzionali: Bahrein, Bhutan (chiamato anche il Paese della felicità), Giordania (consorte del Sovrano è l’affascinante Regina Rania), Kuwait, Marocco ed Isole Tonga.

Le Monarchie parlamentari nel mondo, invece, sono cinque: in primis il Giappone. L’Impero giapponese è la più antica Monarchia ereditaria ininterrotta ancora esistente sulla Terra. La Casa Imperiale riconosce 126 monarchi legittimi a partire dall’ ascesa al trono dell’imperatore Jinmu (secondo la tradizione, nipote di Amaterasu, Dea del Sole), datata ufficialmente l’11 febbraio 660 a.C., tra cui l’attuale Imperatore Naruhito. Seguono Cambogia (ripristinata nel 1993), Lesotho, Malesia e Thailandia. Il Regno del Nepal è l’ultimo ad essere stato sostituito da una Repubblica, nel 2008.

Ambrogio Giannoni, Carlo Carli, 1655, Oro sbalzato, fuso, cesellato, smaltato con gemme incastonate, 1655, Museo della Cattedrale di San Martino di Lucca, Sala degli ornamenti del Volto Santo

 

Secondo il suo punto di vista, che differenza passa fra l’istituto monarchico e quello repubblicano?

Ha sostenuto il professor Domenico Fisichella nel suo bel saggio Elogio della Monarchia che questa istituzione «è più sottratta della democrazia repubblicana all’influenza del denaro, del numero, della competenza, persino della nascita, e alle pressioni dei loro interessi particolari e organizzazioni relative. Non solo. Mentre numero e denaro così potenti nella repubblica democratica tendono ad esaltare la forza della quantità essendo entrambi elementi quantitativi la Monarchia integra il dato quantitativo con il dato qualitativo, essenziale per essa sub specie sia di educazione sia di distinzioni sia di tradizione culturale morale e storica. La Monarchia vincola le strutture fondamentali della statualità (forze armate, diplomazia, magistratura, alta amministrazione) alla Corona, alle sue regole, alle sue lealtà, proteggendo tali importanti uffici dalle pressioni e invadenze delle fazioni. Evita che le parti coinvolgano nei loro interessi speciali e particolari (siano essi politici, economici, culturali) l’istituzione simbolo dell’unità nazionale. Salvaguarda così lo Stato nella sua coerenza decisionale e operativa, la sua persistenza e l’imparzialità delle sue leggi. Garantisce ai singoli e ai gruppi, nell’autonomia della società civile, tutta la libertà compatibile con la dignità e l’esercizio dell’autorità».

Condivido pienamente questo assunto e lo vorrei integrare con una mia considerazione. Fra Monarchia e Repubblica c’è solo una piccola differenza: il Presidente della Repubblica è eletto dai partiti, il Re è designato dalla Storia.

 

Come spiegherebbe ai suoi allievi la fine dell’Impero asburgico, che ha avuto nel Beato Carlo un modello non solo di dignità, di onore, di buon governo per i popoli, ma anche di santità?

Il 3 ottobre 2004, Papa Giovanni Paolo II, con la beatificazione in San Pietro a Roma, elevava alla gloria degli altari Carlo d’Asburgo. Quel giorno ho avuto la grande opportunità di essere presente alla cerimonia che mi ha lasciato ricordi molto intensi. Rammento che, come nome di battesimo, il Pontefice polacco si chiamava «Karol» in onore proprio dell’Imperatore d’Austria e Re apostolico d’Ungheria.

Della figura di questo Sovrano ho parlato spesso ai miei studenti soffermandomi sul grande sacrificio che egli, dopo aver cercato in tutti i modi di porre fine al primo conflitto mondiale, compì nel lasciare il trono senza abdicare. Nel 1918, infatti, l’Impero austroungarico crollò. Nelle città dei suoi Stati ci fu la rivolta. Il 12 novembre a Vienna si proclamava la Repubblica. Cominciava per lui l’esilio che si concluderà, con la sua morte edificante, avvenuta il 1° aprile 1922 a Funchal, nell’ isola portoghese di Madeira.

La causa delle sue sventure fu sicuramente la volontà del suo “nemico numero uno”, la Massoneria, che aveva giurato di far sparire dall’Europa quell’Imperatore cattolico che viveva la sua fede in chiesa come in politica e che non aveva mai permesso che una sola loggia si aprisse nei suoi Stati. Nel mondo vennero diffuse contro di lui calunnie ed oltraggi. Carlo rispose sempre come un cristiano. «È tra le più grandi personalità di tutti i tempi», affermava Stefan Zweig, «Se si fossero seguite le sue idee, l’Europa non avrebbe conosciuto in seguito le più aspre dittature».

Nel 1920, monsignor Eugenio Pacelli, nunzio apostolico a Monaco di Baviera, ebbe un giorno l’occasione di viaggiare in treno con lui. Al ritorno, il nunzio andò in cappella dove disse ad alta voce: «Ti ringrazio, o Signore, di avermi fatto incontrare così grande anima!».

Ho sempre apprezzato questi Sovrani che hanno, con la loro opera, il loro instancabile impegno, la loro dignità, il loro carisma, la loro fede, illuminato il cammino dei loro popoli. Sono stati e rimangono dei grandi servitori dei loro Stati e, oltre al Beato Carlo d’Asburgo, voglio citare, per amore di giustizia, anche Luigi XVI, il Re Martire ghigliottinato nel 1793; Umberto II, il Re non abdicatario che, nel 1946, lasciò l’Italia per non farla ricadere in un’altra guerra civile e Baldovino Re del Belgio, uomo profondamente credente il quale, nel 1990, non volendo firmare la legge favorevole all’aborto approvata dal Parlamento, si sospese per due giorni in modo tale che fosse l’Assemblea stessa a promulgare, in sua vece, il provvedimento.

 

Re Baldovino (1930 –  1993), sovrano dei Belgi dal 16 luglio 1951 fino alla morte

 

 

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