Il Monastero di Santa Chiara e il suo magnifico chiostro maiolicato

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Il monastero di Santa Chiara a Napoli è il più importante complesso monumentale della città, include la Basilica, il campanile, gli ambienti monastici, un’area archeologica, il Museo dell’Opera Francescana e il celeberrimo chiostro maiolicato.

Incastonato tra le strette e caotiche vie della città è una testimonianza preziosa del tempo passato, ma anche, proprio perché immersa nel frastuono e negli spazi claustrofobici del centro storico, una sorprendente oasi di pace, di meditazione, di serenità.

La sua edificazione ebbe inizio in epoca angioina per volontà del re Roberto d’Angiò e di sua moglie Sancia di Maiorca nel 1310, e terminata circa 20 anni dopo. Sin dall’inizio vi lavorarono i migliori artisti del tempo, anche Giotto (e bottega) che vi dipinse la navata della chiesa, purtroppo gli affreschi trecenteschi andarono distrutti nel XVII secolo sotto gli strati d’intonaco nel rifacimento barocco, tracce superstiti di quei magnifici dipinti perduti si possono rinvenire solo negli ambienti conventuali.

Benedetto Croce descrive con partecipazione commossa la storia del monastero nelle prime pagine del suo libro Storie e leggende napoletane: «Pittori e scultori, venuti dalla Toscana, adornarono di affreschi giotteschi e di storie in rilievo la semplice chiesa francescana, dal tetto composto di grandi travi di legno scoperte, che doveva essere alcuni secoli dopo furiosamente invasa e brutalmente violata dal fasto dei cartocci, degli ori e delle ammanierate pitture…».

Il destino di questo complesso nei secoli a venire continuò ad essere travagliato fino alla distruzione quasi totale della chiesa a seguito di un bombardamento avvenuto il 4 agosto del 1943; proprio al tema della nostalgia e al desiderio di tornare a Napoli dopo la guerra e la paura di trovare solo distruzione e desolazione è dedicata la celeberrima canzone del 1945 Munasterio ‘e Santa Chiara, che divenne il simbolo della struggente sofferenza  per  un paese intero distrutto dalla furia bellica.

Oggi la chiesa, ricostruita secondo le originarie forme gotiche con un bel rosone antico sulla facciata, ha al suo interno frammenti della sua Storia di arte e di fede mentre il chiostro maiolicato al quale si accede dal fianco sinistro di Santa Chiara, rimasto indenne dal bombardamento, ha quasi intatta la sua veste del XVIII secolo, opera dell’architetto (ma anche pittore, scultore, disegnatore) napoletano  Domenico Antonio Vaccaro che tra il 1739 e il 1742,  sulla struttura trecentesca, modifica l’architettura del giardino, realizzando due viali che si incrociano dividendo lo spazio  in quattro settori delimitati da 64 pilastrini di forma  ottagonale, interamente ricoperti di ceramiche dipinte dai maestri Donato e Giuseppe Massa.

Se dalla chiesa si esce con un’ombra di nostalgia per quel che sarebbe potuto essere, il chiostro pacifica l’animo con una vista di placida armonia, trasmessa dal riuscito connubio tra natura, arte, spiritualità.

In questo spazio chiuso aperto sul cielo, la luce si posa sulle luminose ceramiche dipinte dove non sono presenti raffigurazioni sacre, solo festoni vegetali, tralci di vite che si intrecciano a spirale rendendo la prospettiva dei pilastri in fila una gioiosa e ritmica rincorsa di fiori, foglie e frutta, anche sulle sedute maiolicate del chiostro nessuna scena religiosa, ma storie di vita popolare del tempo o mitologiche. In un unico schienale vi è dipinta una suora, intenta non alla preghiera… ma a sfamare i gattini del chiostro.

Non c’è traccia di simboli o raffigurazioni di tema religioso eppure il sacro è ovunque. È oltre.

I momenti meditativi che solo la vista del bello e dell’armonico sanno donare estraniano dal tempo e dallo spazio, ci si ritrova in un momento cosmico che è lì, altrove e ovunque.

Non è solo il simbolo, non è solo la rappresentazione a creare quella magia dell’arte che eleva a Dio, è il pensiero e il lavoro di un artista ispirato.

 

 

 

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