Il sangue per la Fede, speranza di una nuova Europa
Rubrica a cura di Arduinus Rex
Per conservare la castità, oggi più che mai è necessario intraprendere un itinerario spirituale esigente, immerso nel quotidiano. San Francesco di Sales delinea tale cammino nelle pagine di “Filotea. Introduzione alla vita devota”, con il linguaggio chiaro che lo caratterizza, frutto della sua esperienza quale direttore spirituale. Al suo insegnamento si sono rifatti sin dalle origini i figli di Don Bosco, che proprio dal santo savoiardo prendono il nome, i Salesiani. Gli insegnamenti di San Francesco di Sales sono così, lungi dall’essere relegati a testi da museo, validi insegnamenti per le nuove generazioni ancora oggi. “Sabaudiae gemma”, gemma della Savoia, ebbe a definirlo papa Paolo VI nell’Epistola apostolica scritta nel IV centenario della sua nascita (29 gennaio 1967).
Riprendiamo alcuni consigli del santo Dottore della Chiesa circa la castità:
Filotea, tienti lontana dagli inganni e dagli allettamenti della sensualità. E’ un cancro che corrode impercettibilmente; e da inizi invisibili ti porta in breve a situazioni incontrollabili; è più facile evitarlo che guarirlo.
La castità ha la sua radice nel cuore, ma è il corpo la sua abitazione; ecco perché si perde a causa dei sensi esteriori del corpo e per i pensieri e i desideri del cuore. Guardare, ascoltare, parlare, odorare, toccare cose disoneste è impudicizia se il cuore vi si immerge e ci prende piacere. S. Paolo taglia corto: La fornicazione non deve nemmeno essere nominata tra di voi.
Nel modo più assoluto, Filotea, non frequentare le persone licenziose, soprattutto se in più, sono anche svergognate, il che avviene quasi sempre; sai perché? Sono come i caproni che, leccando i mandorli dolci, li rendono amari. Quelle anime maleodoranti e quei cuori infetti non riescono a conversare con alcuno, poco importa di quale sesso, senza trascinarlo in qualche modo nell’impudicizia. Hanno il veleno negli occhi e nell’alito come i basilischi.
Frequenta piuttosto le persone caste e virtuose, pensa e leggi spesso cose sante, perché la Parola di Dio è casta e rende casti coloro che vi si compiacciono; sicché Davide la paragona al topazio, pietra preziosa, che ha la proprietà di calmare l’ardore della concupiscenza.
Tienti sempre vicino a Gesù Cristo crocifisso; fallo spiritualmente con la meditazione e realmente con la santa Comunione: perché allo stesso modo che coloro i quali si coricano sull’erba detta “agnus castus” diventano casti e puri, se tu riposi il cuore su Nostro Signore, che è il vero Agnello casto e immacolato, scoprirai presto che la tua anima e il tuo corpo sono mondati da tutte le sozzure e le sensualità.
Folte schiere di giovani sono state educate dai Salesiani ad una vita cristiana coerente, tra essi anche il giovane spagnolo Bartolomé Blanco Marquez, cooperatore salesiano, che ha saputo inserire in una prospettiva cristiana l’esperienza del suo fidanzamento sino alla soglia del martirio, consigliando la sua amata su come avrebbe potuto dar seguito al loro rapporto nell’attesa di rivedersi in Cielo.
Bartolomé era natoa Pozoblanco, in Spagna, il 25 novembre 1914. Sua mamma morì prima che il bimbo compisse i quattro anni. Figlio e padre andarono a vivere dagli zii. A scuola il professore, osservando la sua diligenza, gli diede il titolo di “Capitano”. Orfano anche di padre a dodici anni, dovette lasciare la scuola e mettersi a lavorare da seggiolaio nel piccolo laboratorio del cugino. Quando nel settembre 1930 arrivarono i salesiani, Bartolomé frequentò l’oratorio e aiutò come catechista. Trovò in don Antonio do Muiño un direttore che lo spinse a continuare la sua formazione intellettuale, culturale e spirituale. Più tardi entrò nell’Azione Cattolica, di cui fu segretario e dove profuse il meglio di sé. Trasferitosi a Madrid per specializzarsi nell’apostolato fra gli operai presso l’Istituto Sociale Operaio, vi spiccò come oratore eloquente e studioso della questione sociale e della dottrina sociale della Chiesa. Ottenuta una borsa di studio, poté conoscere le organizzazioni operaie cattoliche di Francia, Belgio e Olanda. Nella opzione politica, Bartolomé fu coerente con le sue convinzioni. Nominato delegato dei sindacati cattolici, nella provincia di Cordoba fondò otto sezioni. Fu un cristiano impegnato, con una testimonianza seria di vita interiore e una dedizione generosa all’apostolato sociale, un cristiano che lottava per i valori del Vangelo, anche in quelle attività che potevano apparire come politiche. Proprio questo fu preso a pretesto per assassinarlo, anche se in realtà egli fu ucciso perché cattolico. Quando esplose la rivoluzione, il 30 giugno 1936, Bartolomé ritornò a Pozoblanco e si mise a disposizione della “Guardia Civile” per la difesa della città che dopo un mese si arrese ai rossi. Si consegnò il 18 agosto. Accusato di ribellione fu portato in carcere, dove continuò ad avere un comportamento esemplare: “Per meritarsi il martirio, bisogna offrirsi a Dio come martiri!”. Venne processato e condannato a morte a Jaén. Disse: “Avete creduto di farmi un male e invece mi fate un bene perché mi cesellate una corona”. Fu fucilato il 2 ottobre 1936 a Jaén. Prima di ricevere il colpo mortale esclamò: “Viva Cristo Re!”. Il 26 giugno 2006 papa Benedetto XVI decretò il riconoscimento ufficiale del suo martirio. La solenne beatificazione ebbe luogo il 28 ottobre 2007 in Piazza San Pietro. La sua causa di canonizzazione è parte integrante del gruppo conosciuto come “Enrico Saiz Aparicio e 62 compagni”, tutti salesiani spagnoli martiri nella persecuzione religiosa innescata dalla guerra civile.
Prima della morte violenta, scrisse quattro lettere: tre alla sua famiglia e una alla sua fidanzata, in cui traspaiono i nobili sentimenti della sua grande anima. In quella alla fidanzata, che riportiamo nella traduzione tratto dal libro “Giovani nel terzo Millennio” (P.Carlos M. Buela, pag. 209), scritta appena il giorno prima di morire, traspare come la castità debba essere una virtù degna di essere vissuta in maniera speciale nel fidanzamento come autentica espressione del vero amore.
“Prigione Provinciale di Jaén, 1° ottobre 1936
Maria dell’anima,
il tuo ricordo mi accompagnerà alla tomba; fino a che
ci sia un battito nel mio cuore, questo palpiterà con
tenerezza per te. Dio ha voluto sublimare questi affetti
terreni,nobilitandoli quando ci amiamo in Lui. Quindi,
anche se nei miei ultimi giorni Dio è la mia luce e il mio
anelito, non impedisce che il ricordo della persona che
più amo mi accompagni fino all’ora della morte…
Adesso che mi restano poche ore per il riposo definitivo,
vorrei chiederti solo una cosa: che in ricordo dell’amore
che c’è stato tra noi, e che ora è ancora più grande, tu
possa occuparti come obiettivo principale della salvezza
della tua anima; perché, in questo modo, potremo riunirci
in cielo, per tutta l’eternità, dove nessuno ci separerà. Fino
allora quindi, Maria della mia anima, non dimenticare che
dal cielo ti guardo e cerca di essere un esempio di donna
cristiana, poiché alla fine della partita non servono a niente
i piaceri e i beni terreni, se non riusciamo a salvare l’anima…
Fino all’eternità, dove continueremo ad amarci nei
secoli dei secoli.
Bartolomé”.