Assai incerte sono le poche notizie tramandate circa i santi Felice, Regola ed Essuperanzio, ma per meglio comprendere l’origine del culto di questi intrepidi testimoni della fede cristiana, occorre ripercorrere brevemente la vicenda della celebre Legione Tebea, alla quale la pietà popolare ha, di padre in figlio, arruolato i santi oggi in questione.
Il nuovo Martyrologium Romanum cita al 22 settembre: «A Saint-Maurice-en-Valais in Svizzera, ricordo dei Santi martiri Maurizio, Essuperio, Candido, soldati, che, come narra Sant’Eucherio di Lione, con i loro compagni della Legione Tebana e il veterano Vittore, nobilitarono la storia della Chiesa con la loro gloriosa passione, venendo uccisi per Cristo sotto l’imperatore Massimiano». Seppur sinteticamente sono così ben riassunte le poche certezze che danno un fondamento storico al vasto culto che l’ Angelica Legio ha avuto in Europa in particolare sui molteplici versanti alpini. Secondo successive cronache solo due furono i soldati ufficialmente scampati a tale sanguinoso eccidio, ma un po’ ovunque iniziarono a fiorire tradizioni su altri soldati che trovarono rifugio in svariate località, ove intrapresero una capillare opera di evangelizzazione per poi subire anch’essi il martirio.
Nel Vecchio Continente se ne contano all’incirca 400, così suddivisi geograficamente: 58 in Piemonte, 15 in Lombardia, 2 in Emilia, 10 in Francia, 325 in Germania, 5 in Svizzera e 2 in Spagna. E questo non è purtroppo che un incompleto e sommario elenco. A questa folta schiera appartengono anche Felice e Regola. Il sesso della seconda potrebbe creare qualche dubbio circa la reale appartenenza al famoso esercito, a meno che non si voglia optare per l’esistenza di un’eroina del tipo di santa Giovanna d’Arco.
Il testo più antico riportante il racconto dei due presunti santi fratelli risale all’VIII secolo. Qui Felice e Regola vengono appunto ricollegati con un legame non molto chiaro alla Legione Tebea. Una volta scappati dal grande eccidio, i due si sarebbero rifugiati in un primo tempo a Glaris ed infine presso Zurigo. Si dedicarono dunque ad evangelizzare gli abitanti della città, per poi battezzarli al sicuro nelle foreste. Furono però scoperti ed il Governatore romano li condannò a morte. Un miracolo simile a quello dei martiri tebei Urso e Vittore, ma ancor più spettacolare, ebbe luogo sotto gli occhi esterrefatti dei soldati che li avevano decapitati al bordo della Limmat. I corpi presero nelle loro mani le teste cadute per terra e le portarono sino al luogo della loro sepoltura, su una vicina collina. Questi gloriosi martiri si meritarono così l’appellativo di cefalofori, cioè portatori di testa, atto a conferire alla narrazione un profondo significato teologico: i martiri, morti per decapitazione, camminano ostentatamente verso la nuova vita, verso la comunione con tutti gli altri santi.
Nell’853 Ildegarda, figlia di Luigi II il Germanico, vi fondò un convento femminile la cui chiesa fu più tardi sostituita dal Grossmunster. Con la costruzione di quest’ultimo, le religiose passarono sull’altra riva, in un nuovo convento che prese il nome di Fraumunster.
Un tardivo racconto del XIII secolo racconta di un certo Essuperanzio che, presunto servitore di due fratelli, si sarebbe a loro unito nella professione della fede cristiana subendo il medesimo martirio e raggiungendo anch’egli la tomba reggendo la propria testa con le mani. Al tempo della Riforma protestante, le reliquie dei tre santi furono trasferite ad Andermatt, ove sono conservate nella chiesa parrocchiale.
Tutta questa colorita narrazione è stata meravigliosamente rappresentata negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso sui muri di due chiostri rispettivamente romanico e gotico di Fraumunster, per mano del pittore di Zurigo Paul Bodmer. Nell’ultimo affresco l’imponente processione della translatio delle reliquie dei tre martiri. Un gran bell’omaggio della città di Zwingli!
Il presupposto che essi abbiano militato nella Legione Tebea ha automaticamente conferito loro la presunta nazionalità egiziana e ciò ha contribuito alla diffusione del culto anche presso la Chiesa copta, che venera dunque specificatamente non solo san Maurizio ma anche tutti quei suoi leggendari o meno compagni il cui ricordo si è diffuso in un qualche piccolo santuario d’Europa.
L’iconografia relativa ai tre martiri, oltre a presentarli talvolta con gli attributi tipici dei soldati tebei quali la palma del martirio, la spada, lo stendardo con croce rossa in campo bianco e la Croce mauriziana sul petto, li raffigura prevalentemente nell’atto di reggere miracolosamente con le mani il proprio capo distaccato dal corpo a causa della decapitazione subita.
Il nuovo Martyrologium Romanum commemora i santi martiri Felice e Regola l’11 settembre, senza però nulla esplicitare circa la loro vita, tranne la città svizzera di Zurigo quale centro del loro culto.