I Carmelitani: 400 anni di Fede, di Santità, di Storia, di Arte a Torino

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Nella chiesa di Santa Teresa a Torino il 1° ottobre scorso si è sfolto un convegno di alto profilo accademico sul tema «L’ispirazione: quattrocento anni di fede, arte e storia per la chiesa di Santa Teresa di Torino». L’incontro, tenutosi all’interno della chiesa stessa con il patrocinato dal Centro Studi Piemontesi, era volto a trattare, analizzare e spiegare la storia dell’ordine dei Carmelitani scalzi a Torino e nel Piemonte nei 400 anni di presenza nel capoluogo subalpino: 1622-2022.

Organizzatore dell’evento e del coordinamento dei relatori è stato lo studioso Daniele Bolognini, attento a dare degna prosecuzione dei convegni e festeggiamenti in onore dei 350 anni dalla nascita nel 2011 e dei 400 anni dalla morte nel 2017 della grande Maria degli Angeli, prima beata carmelitana scalza a Torino.

Tra il pubblico oltre a studiosi e fedeli erano presenti anche le suore di Santa Teresa di Torino fondate dalla stessa Maria degli Angeli, al secolo Giuseppina Operti.

L’incontro è stato moderato da Gustavo Mola di Nomaglio, che ha anche chiuso i lavori. Ha preso la parola padre Paolo Calabrese priore della chiesa di Santa Teresa e dei Carmelitani scalzi a Torino che ha voluto ringraziare pubblicamente l’organizzatore Bolognini e tutti i relatori per la loro disponibilità.

Il Professor Paolo Cozzo, docente di Storia del Cristianesimo e delle Chiese, ha inquadrato storicamente e culturalmente l’arrivo dei Carmelitani nella capitale subalpina, che risale al 1622. I duchi di Savoia si impegnarono fin dal principio per favorire lo sviluppo e la crescita dei Carmelitani scalzi in tutto il territorio, nonostante la reticenza di altri ordini già presenti da tempo più remoto nel ducato. Ma era intenzione dei cattolici Savoia promuovere una variegata ricchezza di ordini religiosi a Torino dopo i Cappuccini, i Foglianti (Cistercensi Riformati), i Gesuiti, i Barnabiti, gli Oratoriani e i Teatini. Così i Carmelitani oltre a Torino, arrivano a Mondovì nello stesso 1622, a Cavallermaggiore nel 1637, ad Asti nel 1646, a Laghetto nel 1674, a Chiaverano nel 1695.

Il maggior sostegno fu dato dalla duchessa Cristina di Borbone verso la fine del XVII secolo, la quale si impegnò a promuovere l’ordine e dare direttamente sostegno sia ai monaci che alle monache del Carmelo. Il primo sito a Torino fu a Santa Maria di Piazza e solo due anni dopo vi erano già 21 monaci; Madama Cristina affidò il cantiere del nuovo convento al carmelitano padre Andrea Costaguta. Contro resistenze ed avversioni, perfino ricorsi, sarà preminente la volontà ducale e della Corte, favorevole ai Carmelitani. Nel 1635, inoltre, il convento di Santa Cristina ospiterà cinque Carmelitane scalze provenienti dalla Lorena (Francia), sempre chiamate da Madama Reale, che sarà sepolta prima nella chiesa di santa Cristina in piazza San Carlo, poi in quella di Santa Teresa. Nel 1671 sarà istituita la Provincia Carmelitana di Torino. In Santa Teresa troverà sepoltura nel 1766, per volontà testamentaria, il cardinale arcivescovo di Torino Giambattista Roero di Pralormo, il cui monumento funebre si trova sul lato sinistro della chiesa.

Il secondo intervento ha riguardato l’analisi e la descrizione dei dipinti conservati nella chiesa di Santa Teresa tenuto dalla dottoressa Arabella Cifani.

L’analisi si è maggiormente soffermata su La trasverbereazione del cuore di Santa Teresa, pala dell’altare maggiore, opera di Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, che la realizzò non dopo il 1620, quando i Carmelitani erano ancora nel loro primo convento.

Santa Teresa viene qui rappresenta in estasi mentre vive la transveberazione e di come sia stata rappresentata in vari modi all’interno delle opere presenti nella cappella di Torino e in paragone ad opere presenti in Italia e all’estero.

Oltre alla rappresentazione classica del cherubino con la freccia infuocata in mano esistono opere che mostrano lo stesso cherubino armato di arco pronto a colpire la Santa in estasi e anche lo stesso Bambin Gesù armato di arco e freccia.

I bombardamenti del sacro luogo in luglio e agosto del 1943 provocarono gravi danni alle cappelle e alla cupola, ma alcune opere sono salve, ma andrebbero restaurate per ridare giusta vita a opere artistiche che costituiscono la memoria religiosa e storia di Torino. Un aspetto sottolineato e ripreso da tutti i relatori è stato proprio il difficile stato di conservazione delle opere preservate dalle bombe aeree degli inglesi che distrussero un’amplia area della chiesa oggi ristrutturata.

Marco Riccòmini ha poi presentato il pittore Giovanni Antonio Burrini che ha operato in Santa Teresa, artista bolognese che nella seconda metà del Seicento si è trasferito a Torino dove si è dedicato ad alcune cappelle laterali della chiesa dei padri Carmelitani scalzi assieme ad opere realizzate per la famiglia Carignano di Torino. Il professor Riccòmini ha spiegato come è risalito alla ricostruzione delle opere che erano presenti nella chiesa di Santa Teresa, distrutte dai bombardamenti alleati, partendo dalle fonti scritte ancora oggi tramandate nei secoli che parlano del loro aspetto, dello stile utilizzato e della collocazione.

Seguendo le antiche descrizioni, Riccòmini ha ritrovato l’opera di Burrini superstite in Torino, un soffitto del Circolo degli Artisti, dipinto in origine per la famiglia Graneri, nell’omonimo palazzo di via Bogino. Anche Pompeo Aldrovandini, vissuto fra il Seicento e Settecento, ha lavorato in questa chiesa, affrescando la cupola, quella che venne distrutta.

La dottoressa Maria Teresa Reineri ha invece affrontato una tematica di carattere più religioso, analizzando la devozione manifestata e promossa dalla beata Maria degli Angeli di Torino. Nell’intervento è emerso come la santità non sia una realtà lontana, vissuta in solitudine e senza risvolti concreti, a prescindere da quelli puramente legati alla sola carità verso i poveri. Infatti, è nel rapporto che si è sviluppato tra la beata Maria degli Angeli e la duchessa Anna Maria di Borbone-Orléans che si evidenzia tutto il benefico ascendente della sua maternità spirituale. Ella aiutò Anna d’Orleans a non abbandonare mai la via della Carità e i suoi doveri di sovrana consorte, di moglie e madre nonostante le guerre, i lutti e i tradimenti del marito, il quale poté godere dell’amore sincero, delle preghiere e delle cure della moglie. Nel dicembre 1695 la beata carmelitana ebbe una visione: Torino poteva essere liberata dagli appetiti stranieri se posta sotto il patronato di san Giuseppe. Grazie alla fama di santità che godeva la monaca le autorità civili e religiose accettarono e deliberarono il 31 dicembre 1695, con proclamazione dopo la Pasqua del 1696. Arrivò dunque la pace e al Ducato di Savoia venne restituita la città di Pinerolo (Trattato di pace di Torino, 26 agosto 1696). Fu così che il rapporto storico e spirituale di Torino con i Carmelitani, dopo questi fatti, diventa un legame inscindibile.

Carlotta Venegoni ha invece illustrato gli studi condotti sulla tomba del cardinale Giovanni Battista Roero di Pralormo (1684 – 1766), nato in una famiglia di banchieri astigiani, come i Falletti e gli Asinari, che scelse la vita religiosa. Vescovo di Acqui e poi di Torino, nei pochi ritratti ha sempre la porpora cardinalizia che ricevette nel 1756. Per le sue visite pastorali diocesane ideò un questionario da inviare ai parroci prima del suo arrivo, un metodo esplorativo e statistico molto efficace. Nel suo testamento destinò una cospicua somma alla chiesa dei Carmelitani e dispose la celebrazione di 1.000 Sante Messe, di cui 300 a Santa Teresa. Il suo sepolcro è un unicum per fattura, che potrebbe rientrare, sebbene sia ignota il progettista, nella cerchia degli architetti Filippo Juvarra e Benedetto Alfieri.

Costanza Robasto si è concentrata su due opere che ritraggono Carmelitani illustri. Bartolomeo Caravoglio ha dipinto Padre Pietro della Madre di Dio (1565-1608), che introdusse in Italia la riforma teresiana. Considerato da papa Paolo V «una colonna della Chiesa», fu un grande predicatore e morì in odore di santità. Il secondo carmelitano è Padre Sebastiano di Santa Margherita, nato vicino ad Ivrea. Il quadro che lo raffigura è una copia del XIX secolo, mentre l’originale è andato perduto.

Infine Gustavo Mola di Nomaglio ha chiuso i lavori – così ricchi di interesse da essere poi raccolti in Atti che saranno pubblicati dal Centro Studi Piemontesi come ha preannunciato lo stesso Direttore del Centro Albina Malerba – parlando di Francesco Voersio, che fu sacerdote carmelitano e storiografo. Nel 1616 diede alle stampe Il giardino de tesori spirituali della religione della gloriosa Vergine Maria del Carmine e nel 1619 scrisse la prima Storia della città di Cherasco dal titolo Historia compendiosa di Cherasco posto in Piemonte sotto il felice dominio della sereniss. casa di Sauoia. Nella quale con somma breuità si discorre della sua fondatione, sito, gouerno, & de’ prencipi che l’hanno dominato. Dedicò più opere al Cardinale Maurizio di Savoia; noto ai suoi tempi, oggi resta purtroppo una figura entrata nell’oblio sia dal punto di vista religioso che storiografico. Ma in questo contesto se ne è parlato e grazie agli Atti che ne usciranno sarà un modo per avere maggiori riferimenti di una personalità che ha contribuito a fare la storia dei Carmelitani e del Piemonte.

 

 

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