Albert Cohen e i «Quaderni 1978»

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Copertina del libro Belle du Seigneur

 

Bella del Signore[1] di Albert Cohen (1895-1981) è un romanzo che viene in genere prospettato come storia d’amore, imperniato sulla passione della coppia Ariane-Solal. Si tratta bensì, oltre a questo, da una parte di un affresco della società svizzera altoborghese negli anni ’30, con particolare riguardo all’ambiente delle istituzioni internazionali, e dall’altra parte di un’evocazione astorica dell’identità ebraica; i due aspetti vanno a confluire tragicamente nella Shoah, cui fa fronte l’immobilismo e la fatuità burocratica della Società delle Nazioni.

Sia Ariane –svizzera di famiglia, agiata protestante– che Solal –ebreo alto funzionario SdN– partecipano della nemesi storica con ambiguità, l’una per inconsapevolezza, l’altro per egocentrismo ebraico. Il secolo del male [2] fa da sfondo al destino dei due amanti, che si chiudono nella pretesa autosufficienza del loro rapporto, lei per un vano romanticismo, lui per l’individualismo sdegnoso e, infine, arreso di fronte al precipitare dei tempi.

 

Indagine fenomenologica dell’amore-passione

 Albert Cohen ha, in vari testi, espresso la motivazione profonda che lo portò, da decenni prima della pubblicazione del romanzo, avvenuta nel 1968, a svolgere un’indagine intensa, partecipe ed insieme spietata, della passione amorosa intesa come complesso ideologico, che si vuole avulso dal contesto, e che poi si rivela da esso dipendente proprio per la sua labilità morale. In questo senso, Bella del Signore è la più argomentata e impressionante esposizione delle conclusioni storiche e psicologiche del famoso testo dell’autore svizzero –del resto in contatto con Cohen– Denis de Rougemont, L’amore e l’Occidente, in cui si diagnostica la deriva ideologica dell’amore inteso come proibito, trasgressivo, sterile e narcisistico.

A questo tipo di amore, da lui fenomenologicamente evocato nel suo romanzo, Albert Cohen intese esplicitamente contrapporre l’amore eticamente consapevole ed operante; ciò risalta al negativo nella storia di Ariane e Solal, ove l’amore-passione porta con sé una fatua smemoratezza, sterilità affettiva, l’estrema abiezione e infine l’autodistruzione, ma è espresso al positivo in vari testi di Cohen, in cui, anche in una dimensione autobiografica, vi si contrappone l’amore materno, la solidarietà, la coppia aperta alla vita e compartecipe della comunità.

Il riscontro biografico è del resto inequivocabile: l’amore più profondo e totale di Cohen fu quello per la madre, e la sua più calda amicizia fu quella per Marcel Pagnol. Al di là di queste costanti, la ricerca di Cohen fu sempre rivolta a formare una coppia di amore e comunità spirituale. Sia la prima moglie Elizabeth Brocher (morta giovanissima dopo avergli dato l’unica figlia), che la successiva fidanzata Yvonne Imer (morta anch’essa prima delle nozze); erano ragazze colte e indipendenti, provenienti da famiglie con forte identità cristiana. Furono collaboratrici nel suo lavoro, e protagoniste di un dialogo affettivo ed intellettuale. A fronte della concezione di Bella del Signore e del suo immaginario sontuoso e barocco, stava quindi l’ideale di un’unione fondata sul vero amore, che è come un “miracolo” che dona agli sposi la profonda comunità di vita, aperta a comprendere e vivere la realtà, nel quotidiano e nella storia…

 

Copertina del libro Carnets 1978

 

Il diario dei Quaderni 1978.

Una sintesi inequivocabile è data nell’ultimo testo dello scrittore, Quaderni 1978[3], in cui, sotto forma di diario, egli esprime la sua consapevolezza dei valori dell’esistenza, ed insieme il tormento di non trovare in sé un rifugio di pace e di compiutezza nella fede.

Nel corso degli anni, ho visto e ho giudicato. Ho visto le miserevoli cause della nascita di una passione amorosa. Ho visto come, sempre, la più ardente passione si spenga. Ho visto quello che attende i nobili amanti se essi si condannano a vivere deliziosamente soli, fuori della comunità umana. Ho visto che nella solitudine, senza le vitamine del sociale e privati dei fortificanti ostacoli, la passione più ardente agonizza presto nel deserto delle delizie. Moribonda, essa rivive per un po’, misera, nella lugubre lussuria o la bestiale gelosia, e poi muore. Ho visto e ho giudicato. (p.152)

 I Quaderni 1978 furono scritti in un anno di difficoltà e depressione dell’autore, senza che nella loro prosa, elegante e cristallina, si avverta un calo di lucidità intellettuale.

Essi si rivolgono al passato in forma di bilancio, in cui, venute meno le contingenze e i riti del sociale, resta la verità degli affetti profondi, che si confrontano col mistero della morte: la madre, l’amico Marcel, la giovane sposa e la fidanzata perduti. Poi i vivi, in uno scambio di confidenza e tenerezza.

Verso l’umanità, tormentata dalle sue miserie e contraddizioni, Cohen volge infine uno sguardo doloroso ma placato:

O voi, fratelli umani, credete a questa legge che vi propongo, legge di tenerezza di pietà, fragile testamento che lascio ai viventi, umile legge che so essere quella del solo possibile e solo serio vero amore del prossimo. Credete alla mia verità, non odiate più, abbiate questa tenerezza di pietà gli uni verso gli altri, tutti determinati e tutti fratelli nella morte, tutti agonizzanti di domani. (p.180)

A questa serena purificazione dell’umano corrisponde il bisogno, l’invocazione di un’illuminazione superiore che a tutto ciò dia Verità, senso e pace. E’ questo il nucleo morale, l’interrogazione, da cui la tensione drammatica, quasi insostenibile, del testo.

O mio Dio, Dio dei miei santi profeti, o meraviglioso, o ricco in bontà, o ricco in collera che è anch’essa bontà, o incoronato da tutta l’eternità e splendore,, o mio signore e mio salvatore, io levo gli occhi verso di Te, voglio con tutta la mia anima credere in Te, credere nel Tuo amore. Donami il tuo appoggio, aiutami a credere, chè io sono malato della mia maledetta miscredenza. (p.185)

Cohen si rivolge al Dio d’Israele, ma anche a Cristo: un Dio personale, un Dio che dia luce di Verità alla vita umana, individuale e collettiva, nel suo ineluttabile ordine ed insieme nelle sue assurdità. Questa domanda di fede, in un uomo che manca delle strutture psicologiche della fede, risuona di un’autenticità profonda. La razionalità di Cohen rifugge da ogni panteismo, ogni eclettismo religioso, ogni misticismo consolatorio. Radicato nell’identità d’Israele, sente profondamente il messaggio cristiano. Del resto, la figura che lo scrittore evoca, con commossa empatia e senza riserve, in Bella del Signore è proprio lo zio di Ariane, il medico missionario Agrippa D’Auble, cristiano di limpida fede e umanità, testimonianza vivente dell’amore di Dio. Si tratta dell’unico personaggio del libro che Cohen indicò in seguito come ispirato ad una persona reale, un pediatra presidente del Concistoro protestante di Ginevra. Questa identificazione emerge del resto nel testo del romanzo:

Caro, vecchio Agrippa, buono, dolce cristiano, io ti ho amato e tu non l’hai mai saputo. Cara Ginevra della mia giovinezza e delle antiche gioie, nobile repubblica e città. Cara Svizzera, pace e dolcezza del vivere, probità e prudenza. (p.454)

 

Le radici cristiane dell’Europa

 La prima opera di Albert Cohen, Paroles juives (1921) porta la dedica: Per i miei fratelli ebrei, e per i fratelli cristiani che vedranno l’amore nelle mie parole. Negli anni della guerra e del dopoguerra, il suo impegno umanitario è profuso nel migliorare dal punto di vista giuridico la condizione dei rifugiati. La sua opera testimonia la coerenza nell’affrontare le tematiche morali e del rapporto tra gli uomini e con la storia, sullo sfondo delle tragedie del ‘900, ma in un costante richiamo ad una vocazione metafisica. I suoi ultimi scritti l’affrontano esplicitamente e drammaticamente.

Albert Cohen è la testimonianza che non vi è consapevolezza e comprensione della storia intellettuale dell’Occidente e dell’Europa a prescindere dalle radici cristiane. La sua opera si sostanzia e si argomenta intorno ad un nucleo d’identità religiosa, che ispira e dà un senso profondo allo stesso rigore etico e formale della scrittura. Il suo vivere con generosità morale e affettiva, il suo giudicare ironico e spietato, la sua “tenerezza di pietà”, costruiscono un itinerario verso l’aspirazione alla fede in Dio.

Su questa Verità, che è insieme un’interrogazione, si è chiusa la sua vita e la sua opera.

 

Lapide dedicata ad Albert Cohen, isola di Corfù, Isole Ionie, Grecia

 

[1] Belle du Seigneur ed.Gallimard 1968. Trad it. Bella del Signore ed. Rizzoli 1993 . Citazione da questa edizione.

[2] v. Alain Besançon, Novecento. Il secolo del male. Nazismo, comunismo, Shoah ed. Lindau 2008.

[3] Albert Cohen, Carnets 1978 ed. Gallimard folio 1979 (citazioni da questa edizione)

 

 

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