Un banchiere di valore che non ha rinunciato ai valori cristiani

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L’Italia, come in tanti altri ambiti, ha una tradizione bancaria unica al mondo. La Banca Monte dei Paschi di Siena aprì le porte nel 1472, prima che Cristoforo Colombo sbarcasse nelle Americhe. Si tratta dell’Istituto di credito più antico al mondo, oltretutto ancora in attività. Furono le Magistrature della Repubblica di Siena, e non una persona in particolare, a fondare un Monte di Pietà, denominato Monte Pio. Dopo l’annessione di Siena al Granducato di Toscana, con la riforma del 1568[7], le attività del Monte Pio si espansero al di fuori di quella del prestito su pegno senza interessi ai ceti più umili, e in particolare incominciò l’attività di credito fondiario ai possidenti agrari.

Il sindaco di Torino, il venerabile marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo ( 1782-1838)  invece, fu il fondatore nell’Ottocento della Cassa di Risparmio di Torino (CRT), una banca che raccoglieva i fondi dei poveri artigiani e commercianti (falegnami, liutai, sarte, panettieri, calzolai, fabbri, tessitrici, domestiche, ambulanti…) che videro incrementare i loro risparmi con buoni investimenti e altri furono in grado di aprire le loro botteghe con i prestiti rilasciati.

Italiano, di origini genovesi era, altresì, Amadeo Peter Giannini (1870 – 1949), fra i fondatori della Bank of America, che fu il primo a concepire la banca come un bene di largo consumo, un servizio per tutte le classi sociali, il primo a servirsi della pubblicità, il primo a finanziare la vendita a rate delle automobili. È universalmente considerato l’inventore delle moderne pratiche bancarie e fu il primo ad offrire servizi bancari, non solo alle classi alte ma anche alla classe media.  Banchiere da soli quattro anni, sostenne moltissime persone rovinate dal tragico terremoto di San Francisco del 1906, quando la città venne distrutta:  in tre giorni 50.000 abitazioni private scomparvero, oltre ad uffici, alberghi, edifici pubblici. I suoi clienti erano umili artigiani e commercianti di origine italiana emigrati negli Stati Uniti e come tali non avevano trovato credito in nessun’altra banca. In quei giorni la distrutta San Francisco vide Amadeo Giannini prendere un tavolo e piazzarlo in mezzo alla folla dei sinistrati, ci mise sopra il cartello Banca d’Italia: aperto ai clienti, e così iniziò ad offrire fondi finanziari per la ricostruzione.

Ma anche l’Italia dell’età contemporanea vanta un nome specifico ed unico nella galassia bancaria: il veneto Ennio Doris, fondatore e presidente onorario della Banca Mediolanum, scomparso a Milano il 24 novembre u.s. Egli è stato, nell’epoca dell’economia-finanza globalizzata e gestita da staff manageriali, un volto assolutamente atipico e, in particolare, legato ancora ai valori cristiani della fede e della famiglia, famiglia che oggi raccoglie la sua eredità umana e professionale.

Era nato nella terra in cui san Pio X era stato cappellano della parrocchia di Sant’Andrea Apostolo, a Tombolo, in provincia di Padova, un luogo dove ancora oggi si respira, fra la gente, compresi i giovani, la presenza di quel povero, umile, intelligente e lungimirante sacerdote che sarà eletto Pontefice. La famiglia Doris ebbe rapporti diretti, anche sacramentalmente, con il Santo e quel retaggio è rimasto in Ennio. Disse il 5 settembre scorso:

«Ho passato la vita con la mano di Dio posata sul capo. Ho avuto tanto, quello che ho costruito l’ho fatto non per merito mio, ma perché il Padreterno mi ha fatto nascere in una famiglia che mi ha amato e poi mi ha donato talenti da mettere a frutto. Da credente, aiutare chi non ha più nulla a risollevarsi con il lavoro è il mio modo di ringraziare e restituire»[1].

Venuto alla luce nel dopoguerra nelle campagne di Tombolo, è cresciuto in una casa senza riscaldamento, né acqua corrente; la dimora, dove vivevano in diciotto persone,  era divisa fra due famiglie di parenti. «Sono grato ai miei genitori che non mi hanno mai fatto mancare l’amore e mi hanno educato con valori cristiani, l’amore e il rispetto per il prossimo. La mia infanzia è stata un paradiso. È stato il primo grande dono. Poi ne ho avuto in culla un altro»[2].

All’epoca, concluse le scuole elementari, il miraggio dei bambini era quello di commerciare bestiame, tuttavia, la nefrite che lo colpì a 10 anni bloccò quel progetto, perciò i genitori lo iscrissero con grandi sacrifici alle medie, che terminò a pieni voti con l’ausilio di meritate borse di studio. Visti i sorprendenti risultati, frequentò Ragioneria a Treviso perché era volontà di Ennio andare poi a lavorare. «Mia mamma era già in piedi da un’ora, mi preparava la colazione e il pranzo, mi metteva il vestito a scaldare davanti al fuoco in inverno, perché in camera da letto c’erano i ghiaccioli e dovevo lavarmi all’aperto. Quando stavo per diplomarmi, una professoressa mi consigliò di continuare. Le risposi che non potevo permettermelo, si offrì di pagarmi l’università. Ma rifiutai per aiutare i miei».

Venditore porta a porta, della Banca Antoniana di Padova e Trieste, divenuta poi Antonveneta, fu nominato direttore generale delle officine meccaniche Talin di Cittadella per poi,  nel 1969, iniziare l’attività di consulenza finanziaria per la società Fideuram (oggi Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking). Nel 1971 entrò a far parte della Dival (gruppo RAS), che aveva dato vita al fondo «TreR» (RAS, Rothschild, Rockfeller). In dieci anni raggiunge la qualifica di Divisional manager con un gruppo di 700 persone. L’esperienza maturata nel mondo del risparmio, lo portarono a sognare in grande: fondare lui stesso una banca per offrire ai clienti risposte a tutto campo per una con un rapporto non numerale, ma personale con essi.

Un giorno del mese di maggio del 1981 il mensile «Capital», edito allora da Rizzoli, lesse un’intervista a Silvio Berlusconi, a quel tempo molto attivo nel settore immobiliare e in quello televisivo con Canale 5. Lo colpì un suo invito: «Se qualcuno ha un’idea e vuole diventare imprenditore, mi venga a trovare. E se l’idea è buona ci lavoriamo insieme». Ed ecco che, in un incontro casuale a Portofino, Ennio Doris, memore dei quell’invito lanciato su «Capitol», gli manifesta il suo ambizioso ma concreto progetto. L’anno seguente sorge «Programma Italia», la prima rete in Italia ad offrire consulenza globale nel settore del risparmio, di proprietà paritetica fra Ennio Doris e Gruppo Fininvest. Sotto il suo comando, la rete di promotori di Programma Italia ha un formidabile successo. Nel 1994 Programma Italia S.p.A. muta la propria denominazione sociale in Mediolanum S.p.A, holding di tutte le attività di settore e due anni dopo viene quotata in Borsa. Nel 1997 sorge Banca Mediolanum, di cui Ennio Doris è presidente. Moltissimi ricorderanno la sua geniale pubblicità degli anni Duemila:  «Banca Mediolanum – Costruita intorno a te», che ebbe uno straordinario successo; il celebre spot venne girato con lui sopra il Lago Salato in Sud Africa mentre con una bacchetta  faceva sul suolo un cerchio intorno a sé, mentre e in lontananza c’era una poltrona rossa. Egli ha saputo unire alacre voglia di lavorare di chiaro stampo veneto e capacità relazionali e azioni ardite di ispirazione milanese.

La parola d’ordine della sua vita è sempre stata: sfruttare i talenti ricevuti da Dio. Iniziò a fare il promotore finanziario a provvigione: aveva la stoffa non solo del buon contabile, ma anche di essere affabile e convincente. La volta avvenne negli anni Settanta, quando un falegname gli consegnò 10 milioni, una bella cifra a quel tempo che venivano da un uomo che consegnava nelle sue mani i frutti di una vita di faticoso lavoro e di rinunce e che non poteva ammalarsi, altrimenti la sua famiglia non aveva nulla da mettere in tavola. Perciò aveva consegnato a Doris quel gruzzolo, perché gli avrebbe permesso una “mutua”. Ciò fece riflettere molto il futuro banchiere e si ripromise di guardare al mondo finanziario con occhio etico.

Attento a far fruttare i propri talenti nel solco del tracciato evangelico, fu assai scrupoloso nel dare l’opportunità anche al prossimo di produrre in positivo le proprie qualità e il proprio impegno, una filosofia che ha insegnato sempre ai suoi figli e nipoti e ai suoi collaboratori. Fede (ricevuta da suo padre e da sua madre), speranza (è sempre stato un inguaribile ottimista) e carità, termine ormai desueto, sono stati il segno dominante della sua esistenza.

Il suo modo di vivere la famiglia era di carattere patriarcale: ascoltare i discorsi che figli e nipoti hanno pronunciato alle sue esequie sono la conferma di unione creata da un uomo che credeva profondamente dell’indissolubilità matrimoniale e nella forza dei figli, dono di Dio. La Famiglia era tutto per lui e nutriva un profondissimo amore per la consorte, Lina Tombolato, nata anche lei a Tombolo il 28 luglio 1947, da cui ha avuto due figli: Massimo Antonio Doris, dal 2008 amministratore delegato di Banca Mediolanum S.p.A. e Annalisa Sara Doris, presidente esecutivo della Fondazione Mediolanum Onlus e vice presidente di Banca Mediolanum S.p.A.

Unico era anche il rapporto di carattere familiare che intercorreva fra Doris e i suoi dipendenti, fra lui e i suoi collaboratori; ai suoi funerali  Giovanni Pirovano, presidente del Consiglio di amministrazione di Mediolanum, con grande commozione ha manifestato il dolore per la perdita di  un carissimo e inimitabile maestro di vita.

Conobbe Lina nel 1962 e si sposarono nel 1966. Ascoltare le sue parole in merito, in un’epoca di dissipazione e precaria fluidità sentimentale è molto confortante, «per me è sempre la ragazza della quale mi sono innamorato a prima vista. Mi è sempre stata vicino e ha condiviso tutto con me. In passato, oggi e in futuro», infatti se ne è andato prima di lei.

Cavaliere del Lavoro dal 2002, lascia Banca Mediolanum con un valore di oltre 6 miliardi di € e più di 8 mila dipendenti. Il suo enorme apporto per lanciare e/o sostenere imprese e famiglie ha permesso anche di offrire lavoro in gran quantità, senza mai dimenticare la Carità, che ha un significato diverso rispetto alla laica solidarietà.

Fino al termine della sua vita, conclusa a 81 anni fra il calore di una splendida famiglia con sette nipoti, Doris è rimasto fiduciosamente convinto che l’importante nella vita è utilizzare al meglio le proprie capacità, qualsiasi esse siano, senza mai dimenticare la gratitudine a Dio e a chi ci ha fatto del bene, nonché la carità.

 

[1] P. Lambruschi, Il lutto. La famiglia, la fede, la finanza… l’ultima intervista a Ennio Doris, «Avvenire», 24 novembre 2021.

[2] Ibidem.

 

 

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