Suor Jeanne Bènigne Gojos , monaca visitandina

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Dopo essere stato conservato un secolo e mezzo in archivio, il manoscritto narrante la vita di suor Jeanne Bènigne Gojos fu dato alle stampe in francese nel 1846 e la traduzione italiana fu edita poi nel 1869. Si racconta di un’umile suora francese, tra le prime figlie spirituali di Santa Giovanna Francesca Frémiot de Chantal, che la volle tra le “fondatrici” della Visitazione a Torino. Fu protagonista di straordinarie rivelazioni sull’amore carnale di Cristo, contemporanea della consorella Margherita Maria Alacoque, le cui apparizioni diffonderanno la devozione al Sacro Cuore in tutto il mondo.

Jeanne nacque il 20 luglio 1615 a Viuz (Véronay), diocesi di Ginevra, in una famiglia profondamente cristiana. Era una bella bambina, amata in famiglia, in particolare dal nonno paterno Anthelme, uomo ricco e generoso verso i poveri. A quattro anni fu colpita dal vaiolo che le lasciò alcuni segni sul volto e, ancora adolescente, fece una brutta caduta da cavallo. Ricevette una discreta istruzione – viveva nella villa del nonno presso Saint-Rambert – ottimi gli esempi che aveva in casa: dalla nonna apprese l’amore per la lettura spirituale.

Nel gennaio 1623 la salma di San Francesco di Sales, durante la traslazione da Lione ad Annecy, per una notte venne accolta in casa Gojos. A vegliarlo, tra gli altri, la piccola Jeanne che, a soli sette anni, quella notte, vide cambiare la sua vita. La fanciullezza di Jeanne passò spensieratamente, ebbe anche la fortuna di fare qualche viaggio. Un giorno confessò ad un sacerdote il desiderio di consacrarsi a Dio, ma in un primo momento le fu raccomandato di meditare bene la decisione. Jeanne chiese con fiducia aiuto alla Vergine Maria e poco dopo riuscì a stabilire un contatto con una suora visitandina di Annecy. Solo quando ebbe la certezza che sarebbe stata accolta in monastero, lo disse ai genitori. In particolare il padre soffrì molto della decisione. Partì il 28 dicembre 1635, nel cuore della notte, per rendere il distacco dai parenti meno triste. Due giorni dopo indossò la veste semplice di suora domestica: per la famiglia era disdicevole che non vestisse l’abito delle coriste, ma Jeanne pensava che nulla era “minore” nel servizio di Dio. Fece la vestizione il 31 maggio 1637 e le fu aggiunto il nome Bènigne, partì con alcune consorelle per Torino il 14 settembre 1638, condotte dalla stessa Madre Chantal. Il viaggio durò due settimane. Giunte nella capitale sabauda ebbero la gioia di venerare la Sindone, alla presenza di Madama Reale Cristina di Francia.

Jeanne Bènigne divenne in poco tempo confidente della Marchesa Matilde di Pianezza e di alcune signore della città. La Chantal, partendo, raccomandò alla superiora, Madre de Lucinge, di tenere sempre in considerazione le parole della giovane monaca. Suor Jeanne Bènigne e compagne professarono solennemente il 10 giugno 1640, ebbero come madrina Caterina di Savoia, la «Venerabile Infanta», figlia di Carlo Emanuele I e Caterina d’Austria. Qualche giorno prima era giunta dalla Francia una lettera con cui Madre Chantal chiedeva alla Gojos di prendere il velo nero di corista, ma l’umile novizia non volle ritrattare la sua decisione.

Suor Gojos fu sempre disponibile nei servizi della comunità, anche durante i difficili frangenti della guerra civile che scoppiò tra «principisti» e i «madamisti», le due fazioni che si contesero il potere sul ducato dopo la morte di Vittorio Amedeo I nel 1637: i «principisti» filo-spagnoli appoggiavano i fratelli del duca defunto; i «madamisti» filo-francesi appoggiavano la vedova del duca, Maria Cristina, sorella di Luigi XIII e reggente del ducato. Per mesi si susseguirono i bombardamenti, le bombe caddero anche nel giardino del monastero alla cui porta bussavano molti poveri per chiedere aiuto.

La Marchesa Matilde di Pianezza decise un giorno di donare ad ogni monaca un quadro, ma queste la convinsero che ne sarebbe bastato uno. Furono rappresentati la Santissima Trinità, nel mezzo Gesù, Maria e Giuseppe, quindi i Santi Agostino, Francesco di Sales, la Chantal e la committente in abiti religiosi. Ogni monaca scelse un santo da venerare, il Bambino Gesù fu assegnato a suor Bènigne. Le era caro stare accanto a quell’immagine e davanti a quel quadro ebbero inizio alcuni segni divini.

Finita la guerra civile la corte tornò a Torino e Madama Reale favorì le visitandine come poté, considerando in particolare “l’amicizia spirituale” di suor Jeanne Bènigne alla quale il Signore suggeriva alcune pratiche di grande profitto per la fede.

Questi alcuni suoi pensieri: «Tutto per Dio, tutto per la sua gloria e tutto per puro amore», «per amare Dio perfettamente conviene che l’amore suo regni e imperi sulla nostra ragione e questa sulle inclinazioni e sugli affetti del cuore», «niente è piccolo di quanto si fa per Dio».

Nell’agosto 1647 suor Gojos fu colpita da una grave malattia. Un giorno fu rapita in Dio, con una totale alienazione dai sensi, e davanti alla Vergine Maria chiese al Signore la guarigione: il giorno dell’Assunta poté alzarsi dal letto. Due anni dopo si ammalò nuovamente: il suo letto divenne una croce per i grandi tormenti che provava, ma anche un “paradiso” per le consolazioni che vi riceveva. Elisabetta Gertrude Provana di Leyni in quegli anni entrò in monastero e di suor Bènigne assimilò gli insegnamenti, la dolcezza e la pazienza, trovandone incitamento nella vocazione. Bènigne le aprì il cuore, confessandole che sentiva di dover espiare i peccati commessi dall’umanità e impetrare la pace per il Piemonte. Raccontò delle grandi vessazioni che aveva dal demonio, combattute con un totale abbandono in Dio onnipotente. Nel 1650 suor Gojos fu sollevata dall’incarico della cucina per divenire addetta all’infermeria, dove si prodigò con dolcezza verso tutte le ammalate. Aggravatasi, giunse però poi al punto di non riuscire più a cibarsi, trovava sollievo solo nel fare la comunione. Morì il 5 novembre 1692, aveva 77 anni. Madre Gertrude Provana di Leyni ne scrisse la vita l’anno successivo alla morte.

Nel monastero della Visitazione di Torino il beato Sebastiano Valfrè celebrò nel 1694, per primo in Italia, la festa del Sacro Cuore di Gesù, ispirata in quella comunità da suor Gojos. Assiduo frequentatore del monastero per la grande devozione verso San Francesco di Sales, considerava i monasteri di clausura le «sue cittadelle spirituali».

 

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