Il sangue per la Fede, speranza di una nuova Europa
«La pienezza della vita sta nella verginità e nella morte». Così scriveva Andrea Mandelli, giovane nativo di Lucca, all’amica Angela, e poi nella sua ultima lettera. Ma cos’hanno in comune la verginità e la morte? E soprattutto: cosa c’entrano con la pienezza? La verginità e la morte sembrano apparentemente cose vuote, sono l’io che si sveste della sua presunzione di potersi riempire da solo; sono quindi il massimo della disponibilità che possiamo donare a Dio, perché solo un vaso vuoto può diventare pieno. Il cammino paradossale, dunque, è quello di svuotarci di tutto ciò che è egoisticamente nostro elasciare che il Signore riempia con un contenuto più adeguato alla vera felicità il nostro spazio di vita.
Nel corso dei secoli non poche ragazze hanno preferito la morte piuttosto che vedere crudelmente violata la loro verginità, eroine della castità quali le sante Agnese, Emerenziana, Rosa Chen Aixie, Teresa Chen Jinxie e santa Maria Goretti, nonché le beate Carolina Kozka, Antonia Mesina, Pierina Morosini, Albertina Berkenbrock, Maria Clementina Alfonsina Anuarite Nengapeta, Lindalva Justo de Oliveira, Maria Tuci, le serve di Dio Josefina Vilaseca Alsina, Maria Vieira da Silva, Arcangela Filippelli, Barbora Umiastauskaite, Bodi Maria Magdolna, Maria de San José Parra Flores, Coleta Menendez de la Torre, Concetta Lombardo, Elena Spirgeviciute, Elide Rosella, Isabella Cristina Mrad Campos, Marta Obregon Rodriguez, Santa Scorese, Vivian Uhechi Ogu, Benigna Cardoso da Silva, Maria Israel Bogotá Baquero, María de la Luz Camacho González, Maria Paschalis Jahn.
Non vanno poi dimenticati, sul fronte maschile, i santi Carlo Lwanga e compagni, giovani ugandesi che rifiutarono le avances sodomite del re. Ora, in questo mese di settembre, tocca ad Anna Kolesárová e Veronia Antal essere elevate agli onori degli altari.
Anna Kolesárová nacque nel villaggio di Vysoka nad Uhom, presso la città di Michalovce, nell’attuale Slovacchia. Era la secondogenita dei contadini Ján Kolesár, detto Hruška, e Anna Kušnírová, che la portarono al Battesimo il giorno dopo la nascita. Quando la bambina, soprannominata Anka, ebbe dieci anni, sua madre morì. Toccò quindi a lei badare alla casa e fare da madre a Michal, suo fratello maggiore. Aveva una condotta di vita semplice, ritmata dai tempi degli impegni domestici, quindi non aveva molto tempo per andare a trovare le amiche. Erano loro a venire da lei e, insieme, si recavano a Messa. La sua tranquilla esistenza, come quella degli abitanti del suo villaggio, venne sconvolta dall’occupazione, il 22 novembre 1944, da parte delle truppe dell’Armata Rossa; si era nella fase conclusiva della seconda guerra mondiale. Ján Kolesár e i suoi familiari si nascosero nella cantina della loro abitazione, situata sotto la cucina. Ma un soldato russo, durante la perquisizione della casa, scoprì il loro nascondiglio. Dietro insistenza del padre, Anna uscì per dare al soldato qualcosa da mangiare e da bere, così da dimostrare che la famiglia non era pericolosa. Indossava un abito nero, ereditato dalla madre, perché tutte le donne del villaggio si erano accordate per abbigliarsi così, allo scopo di non destare attenzioni indesiderate da parte degli occupanti. Ciò nonostante, il soldato prese a rivolgerle proposte sconvenienti. Di fronte al rifiuto di lei, le intimò di giacere con lui, o sarebbe morta. Opponendosi nuovamente, Anna si liberò dalla sua stretta e si precipitò a tornare in cantina. L’aggressore la seguì e le ordinò di dare l’ultimo addio ai suoi cari. «Addio, papà! Gesù, Maria, Giuseppe!» furono le sue ultime parole, prima di cadere, colpita a morte dal fucile del militare. Aveva sedici anni. Nonostante i combattimenti in corso in tutto il villaggio, Anna venne seppellita la sera del giorno successivo. Per via della situazione difficile, il funerale venne svolto in segreto, senza nemmeno la presenza di un sacerdote. I riti vennero compiuti la settimana seguente, il 29 novembre, da parte di padre Anton Lukáč, parroco del vicino villaggio di Pavlovce nad Uhom. Nel segnare l’accaduto nel registro parrocchiale di Pavlovce, annotò in latino: «Hostiae sanctae castitatis», «Vittima della santa castità».
Il 6 marzo 2018 papa Francesco ha riconosciuto ufficialmente che la morte della ragazza era da considerare un martirio per la difesa della castità e quindi della fede. La beatificazione viene celebrata il 1° settembre 2018 dal nuovo Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, presso lo Stadio Lokomotíva a Čermeľ, distretto di Košice. I resti mortali di Anna riposano nel cimitero del suo villaggio, sormontati da una lapide che riporta, oltre ai dati usuali, il motto di san Domenico Savio, che lei incarnò decisamente: «La morte ma non peccati».
Veronica Antal nacque il 7 dicembre 1935 nel comune di Boteşti, frazione di Nisiporeşti, in Romania. Era la prima dei quattro figli di Gheorghe e Iova Antal. Fu battezzata il giorno dopo, solennità dell’Immacolata Concezione, nella parrocchia di Hălăuceşti. A causa dei lavori dei campi che impegnavano tutto il giorno i genitori, era affidata alle cure della nonna Zarafina. Fu lei che, sin dai primi anni, educò la piccola nipote ad avere una grande fede in Cristo e nella Chiesa. Veronica frequentò le scuole elementari del suo paese, Nisiporeşti. Quando ebbe terminato i quattro anni delle elementari, prese ad aiutare i genitori nel lavoro dei campi. Era dotata di un fisico robusto e di un carattere socievole. Imparò anche a fabbricare i costumi tradizionali del suo Paese e ad aiutare nelle faccende di casa. Verso i 16-17 anni intensificò anche il suo impegno religioso: entrò nel coro parrocchiale e nella Milizia dell’Immacolata. Nello stesso periodo, avvertì più forte la vocazione religiosa, ma non poté realizzare il suo desiderio: in Romania, infatti, il regime comunista, aveva soppresso tutti i conventi, compreso quello delle Suore Francescane Missionarie di Assisi, nel vicino comune di Hălăuceşti. Non le restò allora che condurre una vita simile a quella di una consacrata, nell’ambito della sua casa. Aderì quindi al Terz’Ordine di San Francesco (oggi Ordine Francescano Secolare) e professò privatamente il voto di castità. Partecipava ogni giorno alla celebrazione della Messa ed era assidua all’Adorazione Eucaristica. Dato che la chiesa parrocchiale era ad Hălăuceşti, Veronica percorreva a piedi, ogni giorno, gli otto chilometri di distanza dalla sua casa. Visitava spesso i malati e aveva un’attenzione particolare per i bambini, che preparava alla Prima Comunione. Conduceva quindi una vita normale, senza grilli per la testa, desiderosa solo di consacrarsi in futuro totalmente a Dio. Nel frattempo accettava volentieri i sacrifici che le venivano imposti dalle condizioni familiari e da quelle ideologiche della Romania comunista. La sera del 23 agosto 1958, Veronica si diresse ad Hălăuceşti, dove l’indomani sarebbero state celebrate le Cresime. Una delle amiche che l’avevano accompagnata ricordò in seguito di averla vita pallida e abbattuta, durante la funzione. Il 24 agosto, dopo la Messa, aiutò a sistemare in sacrestia. Verso sera, le amiche fecero per andare a casa, ma lei disse loro di precederla: le avrebbe seguite più tardi. Mentre, in tutta fretta, rientrava a casa, fu assalita da un giovane di nome Pavel Mocanu. Da tempo covava l’intenzione di fare del male a una delle “suore”, come definiva in maniera spregiativa Veronica e le sue amiche, per la loro vita di fede. Pavel le rivolse proposte indecenti, ma Veronica si oppose. Il giovane la trascinò allora in un campo di granoturco, mentre lei resisteva continuamente. Arrivato al colmo dell’ira, la colpì con ben 42 pugnalate. La mattina seguente fu ritrovato il suo cadavere in mezzo al campo di granoturco. La ragazza stringeva ancora fra le mani il rosario, che regolarmente recitava durante il suo lungo cammino. L’autopsia riscontrò che effettivamente l’omicida non era riuscito nel suo intento: Veronica era rimasta vergine. Aveva ventitré anni. Fu considerata subito dagli abitanti di Nisiporeşti e Hălăuceşti come una martire della purezza. Da più di 45 anni, ogni 24 agosto, viene ricordato l’anniversario della sua morte. Dalle parrocchie vicine si organizzano pellegrinaggi e celebrazioni di Messe sul luogo dell’omicidio. Inoltre, all’intercessione di Veronica venivano attribuite grazie speciali e prodigiose guarigioni. La beatificazione avrà luogo il 23 settembre 2018, presso la chiesa della Dormizione della Vergine Maria a Nisiporeşti.
1 commento su “Anna e Veronica, due nuove Goretti”
Ho letto qualcosa della vostra newsletter. La trovo interessante sia per l’impostazione religiosa cristiana che per i temi locali del Piemonte in generale.
Complimenti per la bella impostazione della rivista.
Elio Pomatto – religioso delle Scuole Cristiane. fr. Gabriele