Sugli altari un bimbo mai nato, testimonianza del dono della vita, sacra e inviolabile

Home » Sugli altari un bimbo mai nato, testimonianza del dono della vita, sacra e inviolabile

 

Papa Francesco nella catechesi sul quinto comandamento del decalogo, tenuta nel corso dell’udienza generale di mercoledì 10 ottobre 2018, ebbe a fare un’affermazione politicamente scorretta che ancora oggi risuona in tutto il mondo:

è giusto “fare fuori” una vita umana per risolvere un problema? È giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Non si può, non è giusto “fare fuori” un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema. È come affittare un sicario per risolvere un problema.

Riconoscendo così l’aborto come un peccato gravissimo contro il quinto comandamento, “non uccidere”, il Pontefice ribadiva come un essere umano concepito ma ancora non nato sia già una persona umana con tutta la dignità che ne consegue. Questo concetto ha avuto modo di riaffermare sabato 17 dicembre 2022, giorno del suo ottantaseiesimo genetliaco, quando ha ricevuto Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, autorizzando il medesimo Dicastero a promulgare alcuni Decreti tra i quali quello riguardante il martirio di un bimbo mai nato ma già concepito, ucciso dai nazisti insieme a sua madre che lo portava in grembo, a suo padre ed a sei fratelli e sorelle di diverse età.

A Cana di Galilea Nostro Signore Gesù Cristo, nel contesto di una festa di nozze, compì il suo primo miracolo, rendendo così tangibile la sua attenzione alla realtà del matrimonio, che egli intende elevare alla dignità di sacramento. La famiglia diviene una cellula essenziale che edifica la Chiesa. Nei secoli non poche coppie di sposi, non poche intere famiglie hanno testimoniato queste verità evangeliche, anche sino a pagare con il proprio sangue la loro fedeltà. Non solamente nei tempi antichi, nel cristianesimo degli albori, ma anche nelle epoche moderna e contemporanea. Troviamo infatti varie coppie di sposi tra i candidati agli altari martirizzati nella rivoluzione francese, nella guerra civile spagnola, nell’Unione Sovietica. Anche intere famiglie hanno subito il martirio: i Rugamba in Africa, gli Ulma in Europa.

Era il 24 marzo 1944 quando nel villaggio di Markowa, presso Podkarpackie in Polonia, quando proprio la famiglia Ulma venne sterminata. Quella mattina, la polizia tedesca irruppe nella loro abitazione e, dopo aver ucciso gli otto ebrei ospitati, passò ai padroni di casa. I coniugi Józef e Wiktoria (nati a Markowa rispettivamente il 2 marzo 1900 ed il 10 dicembre 1912), ma poi anche i loro bimbi furono sterminati: erano Stanisława (detta Stasia), di 8 anni; Barbara (Basia), di 6; Władysław (Wladzio), di 5; Franciszek (Franuś), di 4; Antoni (Antoś), di 3; Maria (Marysia), di un anno e mezzo. La coppia stava aspettando un settimo figlio, come detto.

Józef Ulma e sua moglie Wiktoria Niemczak sono stati ribattezzati “i samaritani di Markowa”, dal nome del loro villaggio, anche perché nella Bibbia che fu trovata in casa loro erano sottolineati in rosso proprio alcuni versetti della parabola del buon samaritano, nel Vangelo secondo San Luca. Appare tuttavia ingiusto, o almeno riduttivo, definirli così. Il personaggio di evangelica memoria, infatti, oltre ad aver vinto il secolare pregiudizio ed essere sceso dalla propria cavalcatura, aveva rimesso di suo, oltre al tempo, soltanto l’olio e il vino utilizzati per la medicazione e i due denari dati all’albergatore, mentre i novelli “samaritani” polacchi misero in gioco la loro stessa vita.

Prima della seconda guerra mondiale, Markowa era un vivace villaggio agricolo, profondamente cattolico e intraprendente, dove viveva anche un centinaio di ebrei. Qui si sperimentavano nuove coltivazioni e nuove tecniche agrarie, in cui eccelleva Józef Ulma, classe 1900, abile frutticoltore e appassionato apicoltore, che coltivava anche interessi culturali ed era attivissimo nel circolo della Gioventù Cattolica. Divorava libri e coltiva anche l’hobby della fotografia. Grazie a quest’ultima sua passione oggi disponiamo di un’ottima documentazione fotografica della sua famiglia.

Conobbe Wiktoria Niemczak (nata nel 1912), della quale si innamorò e che sposò nel 1935. Nacquero i sei figli suddetti, dei quali per completezza riportiamo le date di nascita: Stanisława (detta Stasia), il 18 luglio 1936; Barbara (Basia), il 6 ottobre 1937; Władysław (Wladzio), il 5 dicembre 1938; Franciszek (Franuś), il 3 aprile 1940; Antoni (Antoś), il 6 giugno 1941; Maria (Marysia), il 16 settembre 1942.

Quando ebbe inizio la sistematica deportazione verso i campi di concentramento degli ebrei presenti sul territorio polacco, riuscirono a salvarsi solo quelli che si fecero ospitare e nascondere dai vicini di casa: le ricerche in questi ultimi anni stanno facendo emergere episodi di autentico eroismo di almeno seimila polacchi, che misero a rischio la loro vita per nascondere e salvare gli ebrei, malgrado i tedeschi minacciassero di giustiziare chiunque desse loro copertura od ospitalità.

Anche a Markowa si continuava ad esercitare questa grande opera di carità cristiana verso gli ebrei. I coniugi Ulma in casa loro nascosero non una ma ben otto persone, approfittando di abitare lontano dal centro abitato e quindi, almeno teoricamente, meno esposti alle perquisizioni. Si presume che a fare la spia possa essere stato il poliziotto di origine ucraina Włodzimierz Leś, che per lungo tempo aveva riscosso il “pizzo” da una delle famiglie ebree ospitate dai coniugi Ulma, al punto da riuscire in pochi mesi a succhiarne l’intera proprietà, salvo poi rivelarne ai superiori il nascondiglio, quando questa risultò nell’impossibilità di continuare a pagare.

Fu così che la mattina del 24 marzo 1944 i nazisti circondarono la casa degli Ulma e riuscirono con facilità a catturare gli otto ebrei in essa ospitati, giustiziati tutti con un colpo alla nuca. Venne poi il turno dei padroni di casa, colpevoli di aver dato loro ospitalità: Józef e Wiktoria vennero crivellati di colpi sulla porta di casa, davanti ai loro bambini e a molti testimoni costretti ad assistere all’esecuzione e per i quali deve servire come monito. Il pianto disperato dei sei figli infastidì non poco i nazisti, che non esitarono a sterminarli tutti. «Vi abbiamo tolto il fastidio di dover pensare a loro», dissero in tono beffardo agli atterriti compaesani, che in una manciata di minuti si erano visti sterminare sotto i loro occhi ben sedici persone; anzi, diciassette per l’esattezza, essendo Wiktoria al settimo mese della sua settima gravidanza.

Sepolti nel luogo dell’eccidio dai compaesani, costretti a scavare le fosse, dieci mesi dopo vennero esumati di nascosto ed a rischio di rappresaglie per dare loro più degna sepoltura nel cimitero parrocchiale di Markowa: in tale occasione si scoprì quindi che la creatura era quasi nata.

Józef e Wiktoria Ulma, nel 1995, vennero riconosciuti «Giusti tra le Nazioni». Nel 2003 la diocesi di Przemyśl ne iniziò il processo di beatificazione, includendoli nel gruppo inizialmente composto da 122 martiri polacchi della II guerra mondiale, capeggiati dal sacerdote Henryk Szuman. Nel corso della fase diocesana, fu deciso di aggiungere i sei bambini, a motivo della fede dei genitori. Il processo dei 122 potenziali martiri si è concluso il 24 maggio 2011 nella diocesi di Pelplin.
Nel marzo 2017, la Congregazione delle Cause dei Santi ha acconsentito alla richiesta di monsignor Adam Szal, arcivescovo di Przemyśl, nel cui territorio sono vissuti e morti gli Ulma, e ha autorizzato lo scorporo della loro causa da quella collettiva. Il loro cammino verso gli altari è quindi diventato autonomo, per accertare quanto in molti, non solo in Polonia ormai, ritengono: che questa famiglia abbia in modo eccezionale testimoniato la Carità fino al martirio.

Questa intera famiglia sugli altari sarà presto, presumibilmente nel corso del 2023, segno di speranza in questa epoca in cui la famiglia è sotto attacco fuori e dentro la Chiesa, segno di come solo salendo con Cristo sul Calvario si può vivere il sacramento del matrimonio. Il loro settimo bimbo, in modo particolare, diverrà così testimone eccezionale della bellezza e dell’inviolabilità del dono della vita.

 

 

 

 

Facebook
WhatsApp
Twitter
LinkedIn
Stampa
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Mettiti in contatto con noi!

Hai delle domande o delle osservazioni da comunicarci?
Ti risponderemo il più rapidamente possibile!

Europa Cristiana

Direttore Carlo Manetti

Iscriviti alla nostra newsletter

Se ci comunichi il tuo indirizzo e-mail, riceverai la newsletter periodica che ti aggiorna sulla nostre attività!

Ogni settimana riceverai i nostri aggiornamenti e non di più.

Torna in alto