Dopo i restauri durati 28 anni della facciata e degli interni della Cappella della Sacra Sindone, sotto la supervisione dell’architetto Maurizio Momo, è stata riaperta. Fedeli, sempre meno e turisti, sempre più, potranno pregare e ammirare questo capolavoro dell’Architetto Guarino Guarini. Venne chiusa al pubblico il 4 maggio 1990, quando crollò sul pavimento un frammento di marmo da un cornicione interno. A causa di un corto circuito durante il successivo cantiere di restauro conservativo, quasi ultimato, nella notte tra l’11 e il 12 aprile 1997 un incendio danneggiò gravemente il sacro edificio e la stessa Santa Sindone rischiò di essere distrutta. Furono i pompieri a porre in salvo me dai pompieri la cassetta in legno e argento che custodiva il telo. A sfondare l’ “indistruttibile”, perché antifurto, teca in vetro che la conteneva fu, in particolare, il vigile del fuoco Mario Trematore, che la frantumò.
Per il pompiere che salvò la Sacra Sindone tanti i complimenti e i ringraziamenti, ma anche insulti. «Mi hanno sputato in faccia, un’altra volta mi hanno tirato due calci mentre portavo a spasso la mia cagnetta. E c’è chi mi ha offeso: “Lei è stato un cretino, doveva lasciarla bruciare quella roba lì”. […] Le invidie, le gelosie fanno parte della vita, si superano. Semmai ho imparato che parlare di Gesù, dirsi cristiano è più pericoloso che definirsi mafiosi.», disse ad «Avvenire» (qui).
La cappella, che ospita la Sacra Sindone dal 1694, restituita ai cattolici e alla città di Torino, è stata riaperta il 27 settembre scorso, entrando a far parte del percorso di visita dei Musei Reali di Torino.
L’opera architettonica fu commissionata a Carlo di Castellamonte dal duca Carlo Emanuele I di Savoia, con l’obiettivo di ingrandire il Duomo rinascimentale di Torino con l’obiettivo di creare un degno ambiente per la conservazione della Sacra Sindone. I progetti, con il passare degli anni, furono modificati dal figlio, Amedeo di Castellamonte, in seguito dallo svizzero Bernardino Quadri, a cui si deve la progettazione di un edificio a base quadrata incastonato tra il palazzo ducale (ex palazzo vescovile e futuro palazzo reale) e l’abside della Cattedrale di san Giovanni Battista. Quadri, nel 1649, in seguito a dissapori con Francesco Borromini avvenuti sul cantiere della Basilica di San Giovanni in Laterano, giunse alla corte di Carlo Emanuele II. L’idea del Quadri si basava sulla correzione del precedente progetto di Carlo di Castellamonte, che prevedeva una cappella ovale posta alle spalle del coro dell’edificio, erigendo così un ambiente a pianta circolare, ma nella pratica, la cupola dell’architetto luganese non superava, per altezza e per imponenza, la mole del Duomo. L’aula del tempio venne modificata da Quadri in rotonda ed elevata al primo piano del Palazzo Ducale, divenuto poi Reale. Infine il progetto passò al frate-architetto Guarino Guarini che, lasciata Parigi nel 1666, si fermò nella capitale sabauda e nel 1667 subentrò nei lavori della Cappella, adottando il progetto a forma rotonda precedentemente elaborato da Bernardino Quadri, modificando alcune strutture, soprattutto per rinforzarne le pareti e mutò in particolare la cupola, alleggerendola e slanciandola verso l’alto così come era nei desiderata dei Savoia.
Nella prima metà dell’Ottocento la cappella venne decorata con alcuni gruppi di statue che raffigurano membri di Casa Savoia, commissionati da re Carlo Alberto a Benedetto Cacciatori, Pompeo Marchesi, Innocenzo Fraccaroli, Giuseppe Gaggini. I quattro grandi monumenti rappresentano il duca Amedeo VIII, il duca Emanuele Filiberto di Savoia, il duca Carlo Emanuele II e il principe Tommaso di Savoia-Carignano, capostipite della linea dei Savoia Carignano, che salirà al trono con Re Carlo Alberto il 27 aprile 1831, dopo la morte di Re Carlo Felice, ultimo discendente regnante del ramo principale di Casa Savoia.
Esternamente la cappella si presenta come un edificio a pianta quadrata che compenetra sia il Duomo che Palazzo Reale. Sopra la base si innalza un tamburo in mattoni a pianta poligonale con 6 grandi finestroni ad arco, incorniciati da lesene e protetti da un tetto che morbidamente si adagia sugli archi. Al di sopra vi è una copertura a cappella sorretta da costoloni su cui sono installate numerose urne in pietra. Tra i costoloni sbucano morbidamente linee arcuate orientaleggianti che disegnano numerose aperture a semicerchio, fino a salire alla parte terminale della cupola, un piccolo tamburo circolare finestrato e prolungato con una struttura a cannocchiale (il progetto originale prevedeva, invece, una cuspide a spirale). Una originale illusione ottica, creata dal progetto, rende la cupola più alta.
Ai lati dell’altare maggiore del Duomo si aprono due portali in marmo nero che introducono a due buie scalinate con bassi gradini semicircolari. Alla fine delle due scalinate si entra in due vestiboli circolari paralleli delimitati da colonne in marmo nero. Da qui si accede alla cappella, a pianta circolare, dove al centro svetta l’altare barocco di Antonio Bertola, dove si conservava, in una teca d’argento e vetro, il sacro Lino. Il pavimento presenta un disegno in marmo nero e bianco che sottolinea l’importanza dell’altare, mentre grosse stelle di bronzo incastonate nel marmo bianco riflettono la luce proveniente dall’alto. La decorazione a stucco della cappella e della sua sagrestia sono dello stuccatore Pietro Somazzi.
Per la Sacra Reliquia di Gesù è stata realizzata una nuova teca, dove il Sudario è conservato disteso e in atmosfera controllata non più nella Cappella omonima, ma sotto la tribuna Reale del Duomo. Sotto la chiesa principale il restauro ha riportato allo stato primitivo la chiesa romanica sotterranea, dove ha trovato sede il Museo diocesano di Torino. In occasione della riapertura della Cappella della Sindone, Palazzo Madama di Torino propone fino al 21 gennaio 2019 la mostra La Sindone e la sua immagine: storia, arte e devozione, ambientata nel castello medievale. Ad aprire la mostra un grande dipinto a olio su tela di Pieter Bolckmann del 1686, raffigurante Piazza Castello affollata in occasione dell’Ostensione del 1684 per il matrimonio di Vittorio Amedeo II con Anna d’Orléans.
Sulla parete della parte fatta costruire da Cristina di Francia nel 1636, è collocato un affresco che raffigura l’Ostensione della Sindone organizzata nel 1642 per celebrare la fine delle ostilità tra la stessa Madama Reale, reggente per il figlio Carlo Emanuele II, il Principe Tommaso e il Cardinale Maurizio, suoi cognati.
Il percorso della mostra illustra la storia della Sindone e le diverse funzioni delle immagini che l’hanno riprodotta nei cinque secoli, dal 1578, anno in cui il Sacro Lino fu trasferito da Chambéry a Torino per volontà di Emanuele Filiberto di Savoia, fino ad oggi.
Sono inoltre presenti diverse raffigurazioni del Santo Sudario, prodotte con tecniche e stili diversi, si tratta di immagini celebrative dinastiche in ricordo di Ostensioni avvenute in particolari festività ed eventi politici, oppure legate ad avvenimenti storici. Qui si possono ammirare lavori di alto livello esecutivo accanto ad altri più popolari a scopi devozionali. L’ottantina di opere presenti provengono soprattutto dal Castello di Racconigi e dalla Fondazione Umberto II e Maria José di Savoia (Ginevra), ma anche dal Museo della Sindone di Torino e dalle stesse collezioni di Palazzo Madama. Dal Museo della Sindone sono stati presi importanti oggetti come la cassetta utilizzata per trasportare la reliquia a Torino nel 1578 e la macchina fotografica da campo utilizzata da Secondo Pia, il primo a documentare con l’uso della macchina fotografica la Sindone nel 1898 e, con grande stupore, scoprì il mistero chimico/fisico della luce nel Sacro Lino: il positivo dell’immagine era, nella pellicola, il negativo e il negativo risultava essere il positivo.