Per gentile concessione della Casa Editrice Fiducia, pubblichiamo uno stralcio della prefazione di Cristina Siccardi al libro uscito in questi giorni Vita del glorioso patriarca San Giuseppe della mistica e Serva di Dio Maria Cecilia Baij (1694-1766) del monastero delle Benedettine di Montefiascone (Viterbo). Si tratta di un vero e proprio capolavoro spirituale che presenta l’eccezionale esistenza dello Sposo della Beata Vergine Maria e Padre putativo di Gesù. L’opera fu composta sulla base di rivelazioni divine, accuratamente vagliate dal suo direttore spirituale e dal teologo monsignor Pietro Bergamaschi, che le pubblicò in una prima edizione nel nel 1921. Nella Vita di San Giuseppe, l’autrice utilizza il tradizionale linguaggio dei mistici: gli eventi sono registrati secondo criteri di esplicita fede, di grande rispetto, deferenza e amore nei confronti del soggetto trattato, dando prova di un’intima conoscenza dei fatti descritti, così come era accaduto, per altre circostanze alla beata Katharina Emmerich. La figura del Santo, la più vicina a Cristo dopo quella della Vergine Maria, ne emerge come custode della Sacra Famiglia, Patrono della Buona Morte e modello insuperato di marito, padre ed educatore per ogni famiglia cristiana.
Non c’è modo migliore, nell’Anno Domini giuseppino (2020- 2021) di rendere onore al Patrono di Santa Romana Chiesa con la lettura de la Vita di San Giuseppe della mistica Maria Cecilia Baij. La conoscenza di San Giuseppe può contribuire a sviluppare una più fervida devozione verso di lui, così urgente e necessaria nei dolorosi e drammatici tempi che oggi vive la Cattolicità.
Dalla Prefazione di Cristina Siccardi
San Giuseppe è il Santo che per predilezione divina è secondo solo a Maria Santissima, Madre di Dio, essendo stato scelto ad essere il padre putativo di Gesù Salvatore. Custode del Mistero e testimone della verginità di Maria, è stato rappresentato, iconograficamente parlando, fin dall’alba del Cristianesimo; così, secolo dopo secolo, tale iconografia è diventata così vasta da non essere possibile catalogarla nella sua interezza. Egli è presente in tutte le chiese del mondo, dalle cattedrali alle semplici pievi, in miriadi di cappelle ed edicole. Ma occorre fare una precisazione: talvolta i suoi ritratti pittorici e scultorei sono bellissimi e attinenti, talvolta impropri, come ebbe a dichiarare san Bernardino da Siena (1380-1444): «Gli sciocchi dipintori el dipingono vecchio maninconioso e colla mano alla gota, come s’ell avessi dolore malinconia avuta dalla guardia (di Maria) che gli era dato, che era tutto el contrario, allegro di cuore, di mente e di viso, veggendosi in tanta grazia di Dio»[1].
Comunque, alla sterminata testimonianza nel mondo di arte d’eccellenza e di arte devozionale giosefologica, che spesso travisa i tratti somatici del Patrono della Chiesa, non corrispondono una teologia e letteratura spirituale adeguate e consone alla sua dignità e al suo sublime valore, che, forse, molti pittori, anche di alto ingegno, hanno voluto rappresentare anziano per sottolinearne la saggezza e la sapienza.
Se la Mariologia, intesa nella lettura ortodossa e tradizionale, è assai ricca, al contrario, la Giosefologia è carente. In occasione del 150° anniversario della sua dichiarazione a Patrono della Chiesa universale da parte del beato Pio IX (1792-1878), è stato indetto, con l’enciclica di papa Francesco Patris Corde, l’Anno di San Giuseppe, dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021, periodo durante il quale viene concessa l’indulgenza plenaria ai fedeli che pregano il castissimo Sposo di Maria.
Così scrisse papa Mastai Ferretti nel decreto Quemadmodum Deus, promulgato l’8 dicembre 1870 e che dichiarò il patronato di San Giuseppe sulla Chiesa[2]:
«All’Urbe e all’Orbe
Nella stessa maniera che Dio aveva costituito quel Giuseppe, procreato dal patriarca Giacobbe, soprintendente a tutta la terra d’Egitto, per serbare i frumenti al popolo, così, imminendo la pienezza dei tempi, essendo per mandare sulla terra il suo Figlio Unigenito Salvatore del mondo, scelse un altro Giuseppe, di cui quello era figura, e lo fece Signore e Principe della casa e possessione sua e lo elesse Custode dei precipui suoi tesori. Di fatto, egli ebbe in sua sposa l’Immacolata Vergine Maria, dalla quale nacque di Spirito Santo il Signor Nostro Gesù Cristo che presso gli uomini degnossi di essere riputato figlio di Giuseppe, e gli fu soggetto. E Quegli, che tanti re e profeti bramarono vedere, Giuseppe non solo Lo vide, ma con Lui ha dimorato e con paterno affetto L’ha abbracciato e baciato; e per di più ha nutrito accuratissimamente Colui che il popolo fedele avrebbe mangiato come pane disceso dal cielo, per conseguire la vita eterna. Per questa sublime dignità, che Dio conferì a questo fedelissimo suo Servo, la Chiesa ebbe sempre in sommo onore e lodi il Beatissimo Giuseppe, dopo la Vergine Madre di Dio, sua sposa, e il suo intervento implorò nei momenti difficili. Ora, poiché in questi tempi tristissimi la stessa Chiesa, da ogni parte attaccata da nemici, è talmente oppressa dai più gravi mali, che uomini empi pensarono avere finalmente le porte dell’inferno prevalso contro di lei, perciò i Venerabili Eccellentissimi Vescovi dell’universo Orbe Cattolico inoltrarono al Sommo Pontefice le loro suppliche e quelle dei fedeli alla loro cura commessi chiedendo che si degnasse di costituire San Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica. Avendo poi nel Sacro Ecumenico Concilio Vaticano più insistentemente rinnovato le loro domande e i loro voti, il Santissimo Signor Nostro Pio Papa IX, costernato per la recentissima e luttuosa condizione di cose, per affidare Sé e i fedeli tutti al potentissimo patrocinio del Santo Patriarca Giuseppe, volle soddisfare i voti degli Eccellentissimi Vescovi e solennemente lo dichiarò Patrono della Chiesa Cattolica, ingiungendo che la sua festa, cadente nel 19 di marzo, per l’avanti fosse celebrata con rito doppio di prima classe, senza ottava però, a motivo della Quaresima. Egli stesso inoltre ha disposto che tale dichiarazione, a mezzo del presente Decreto della Sacra Congregazione dei Riti, fosse resa di pubblica ragione in questo giorno sacro all’Immacolata Vergine Madre di Dio e Sposa del castissimo Giuseppe.
Nonostante qualsivoglia cosa in contrario
Il dì 8 dicembre 1870.
Card. Patrizi Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti
Vesc. Domenico Bartolini Segretario della Sacra Congregazione dei Riti».
Come si è prima accennato, la teologia mariana ha avuto ampi sviluppi nel corso dei secoli, non così la Giosefologia. Tuttavia, un teologo di origini venete, Tarcisio Stramare, ha dedicato tutta la sua vita allo studio di San Giuseppe. Nato a Valdobbiadene il 14 settembre 1928, è scomparso a 91 anni ad Imperia il 20 marzo (il giorno dopo San Giuseppe) 2020 a causa di complicazioni cardiache per aver contratto il Covid-19.
Membro della Congregazione degli Oblati di San Giuseppe, la congregazione fondata ad Asti da san Giuseppe Marello (1844-1895), è stato uno dei massimi studiosi, a livello internazionale, di Giosefologia, nonché colonna vertebrale del Movimento Giuseppino. Con la sua opera, padre Stramare lascia un fondamentale tracciato che si lega alla tradizione della Chiesa, facendone conoscere la centralità della figura all’interno della Chiesa e della teologia stessa, ponendo nel giusto rilievo il ruolo svolto da San Giuseppe nell’ambito del mistero divino della Salvezza. Molto probabilmente, proprio perché lacunosa la teologia Giuseppina, egli è rimasto illeso, nell’esaminare la figura del padre putativo di Gesù, dalla teologia modernista, collegandosi direttamente ai Padri della Chiesa e alla tradizione magisteriale, arricchendo gli Studi Giuseppini e approfondendoli con competenza e grande devozione. […]
Gli importanti scritti che la monaca, vissuta e morta in concetto di santità, stilò per illuminazione divina, come lei stessa sempre dichiarò e come testimoniarono i suoi confessori, fanno di lei un’apostola dell’amore di Dio, nonché una figura di rilievo nel panorama della misticità del Settecento. La sua scena terrena si chiuse vent’anni prima dell’inizio della Rivoluzione Francese, spartiacque, con l’illuminismo e il positivismo, della civiltà europea, quando venne dichiarata spietata guerra non solo all’istituto monarchico, ma anche a Santa Romana Chiesa.
La mistica autrice scrisse in particolare tre opere molto importanti, prese in considerazione dalla Chiesa, vere e proprie pietre miliari della Storia della mistica di tutti i tempi: Vita interna di Gesù Cristo; Vita interna di San Giuseppe; Vita interna di San Giovanni Battista, frutto di locuzioni interiori che la pia monaca riceveva e fedelmente redigeva in obbedienza al direttore spirituale.
La prima edizione della Vita interna di San Giuseppe uscì nel 1921, trascritta e presentata da Monsignor Bergamaschi, allora direttore del Seminario Regionale di Montefiascone e attento studioso delle opere della serva di Dio. Nella sua attività di esaminatore e di divulgatore delle opere di colei che divenne Abbadessa del suo monastero, venne incoraggiato da papa Benedetto XV (1854-1922), il quale lo sostenne anche finanziariamente per la pubblicazione dei testi; ma fu sollecitato pure dall’Abate benedettino di San Paolo fuori le mura, il futuro Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster (1880-1954), beatificato da Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996. Monsignor Bergamaschi iniziò lo spoglio dei manoscritti nel 1916, che si trovavano e continuano ad essere custoditi nell’Archivio del Monastero delle Benedettine di Montefiascone. Oltre ad essere date alle stampe le tre Vite menzionate, fu messa in circolazione la Vita della serva di Dio Donna Maria Cecilia Baij, mentre il curatore, lo stesso Bergamaschi, morì prima di poter pubblicare Preghiere e colloqui tra la serva di Dio e Gesù, testi che per il momento sono ancora inediti.
Nella Vita di San Giuseppe, pur compiendo un percorso a tutto tondo sull’intera Sacra Famiglia, l’autrice pone la sua osservazione spirituale sul protagonista principale dell’opera. Ella utilizza il tradizionale linguaggio dei mistici: gli eventi sono registrati secondo criteri di esplicita fede, di grande rispetto, deferenza e amore nei confronti del soggetto trattato, dando prova di un’intima conoscenza dei fatti descritti. Un altro topos, ovvero criterio tipico della letteratura mistica, è quello di ripetere gli stessi concetti più volte, ma con sfumature diverse e toni differenti, in grado sia di ampliare la certezza delle considerazioni ivi esposte, sia di condurre il lettore ad una pronta memorizzazione dei contenuti.
A differenza delle letture di stampo modernista, come può essere, per esempio, il discorre su Maria Santissima da parte di monsignor Tonino Bello (1935-1993), dove la Madonna viene trattata come una persona comune, che svolge le sue azioni come una qualsiasi madre di famiglia, abbassando la nobiltà e sacralità della dignità personale, fino ad arrivare a commenti irrispettosi, che sfiorano la blasfemia, la benedettina Maria Cecilia tratta marginalmente le azioni quotidiane di carattere prettamente umano, ma si sofferma soprattutto sulla vita spirituale e sui sentimenti interiori, in un interscambio costante fra l’applicazione del proprio dovere di stato, senza banalizzazioni e dissacrazioni, e la profonda vita di Fede piena e compiuta delle figure ritratte, in particolare di San Giuseppe, la cui Fede si congiunge alla perfetta unione con la Santissima Trinità. La mistica unione giuseppina è descritta dall’autrice in modo dettagliato e scrupoloso, pagina dopo pagina. Essa si compie attraverso: l’ascesi e le estasi in un progressivo ed inesausto cammino umano e soprannaturale; l’esercizio di tutte le virtù; l’adempimento del proprio volere alla volontà di Dio, divenendo un’unica volontà; l’intervento perpetuo della Grazia divina; la sempre più raffinata e perfetta santificazione. […]
[1] Movimento Giuseppino – Padre Tarcisio Stramare: https://movimentogiuseppino.wordpress.com/san-giuseppe-nelliconografia/
[2] Poco dopo la presa di Porta Pia (20 settembre 1870), che con estrema violenza pose la fine del potere temporale del Sommo Pontefice.
Autore: Madre Maria Cecilia Baij
Anno edizione: 2021
Pagine: 429
ISBN: 978-88-8638-731-6
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