La diffusione della venerazione e la miracolosa conservazione della Sindone

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Margherita d’Austria aveva commissionato a Liévin Van Lathem, un allora celeberrimo artista fiammingo, una nuova cassetta in lega d’argento per festeggiare il 4 maggio, giorno dedicato alla Sindone.

C’era stata una bolla papale il 9 maggio del 1506 e furono approvati l’Ufficio e la Messa in onore della Reliquia e il 10 agosto del 1509 Margherita fece cesellare la nuova cassetta in lega d’argento per contenere appunto il Lenzuolo. Lorenzo di Gorrevod, fratello di Luigi vescovo della Moriana, la consegnò, con una solenne cerimonia, al Capitolo della Saint Chapelle. Era bella, lavorata finemente con ornamenti in oro ed era costata ben dodicimila scudi d’oro.

L’incendio divampato, della notte fra il 3 e il 4 dicembre 1532, tra i banchi della Saint Chapelle di Chambery, provocò un calore tale che l’urna ne risentì e l’argento iniziò a colare, agli angoli,  lambendo e perforando il Sacro Lino.

Era forse il secondo incendio a cui il Telo sopravvisse. Il primo pare esser avvenuto molto tempo prima. Un dipinto del Dürer, di inizio ‘500, conservato in Belgio, a Lier, ritrae proprio il Sacro Telo prima dell’incendio di Chambery con le sole bruciature agli angoli, a forma di elle: bruciature relative quindi ad un precedente incendio.

Il primo viaggio della Sindone era stato nel 1476, quando la Duchessa Jolanda, moglie del Duca Amedeo IX il Beato, arrivò a Torino, probabilmente dalla Contea di Nizza, portando con sé la Sindone. Nel 1478 si preparò un’ostensione a Pinerolo il Sabato Santo. Successive ostensioni avvennero nel 1488, nel 1494 e nel 1495 a Torino.

La route d’Italie del XVI secolo, che  dalla Tarentaise porta alla Maurienne, è indicata in un’incisione del XVIII secolo di Judocus, J. Hondius, La Savoie in cui sono evidenziate alcune stazioni tra cui quella di Saint Jean De Maurienne, Lanslevillard, corrispondente, al di qua delle Alpi, proprio delle nostre valli, a Lanzo. Altre testimonianze, pittoriche e simili a quelle che testimoniano il viaggio della Sindone attraverso le Valli di Lanzo nel 1535 e nel 1578, si trovano a Bessans, il corrispondente di Balme e, sempre a Bessans, vi è una testimonianza proveniente da Avèrole. In particolare sono da vedere un paio di affreschi rinvenuti e messi in salvo dalla Maison Morte, dove ora sorge un albergo. In uno vi è raffigurato proprio il san Carlo Borromeo insistentemente rappresentato nei dipinti delle valli di Lanzo ed anche nelle chiese di Sollieres- Sardieres  e ancora a Lanslevillard. In un altro affresco c’è la Sindone sorretta da Maria nei suoi abiti rosso-blu, due angeli, ceri accesi e monsignor de Gorrevod. Per pura curiosità, ricordiamo che i colori rosso e blu erano riservati alla Madonna ed ai ceti più nobili in quanto erano ricavati il blu dal lapis ed il rosso dal corallo. Non era facile reperire né il lapislazzulo originario dell’Afghanistan e Pakistan né il corallo. Più i colori degli affreschi e dipinti sono vivi, più materiale è stato usato. La devozione per la Sindone era piuttosto diffusa tra chi ne conosceva l’esistenza e da lì a breve si sarebbero amplificate sia la conoscenza sia la venerazione. Proprio da quelle parti, a Thorens-Glières, nel 1567, una mamma offrì a Dio il suo bimbo noto per esser diventato san Francesco di Sales. Un fanciullo inquieto e molto spesso ritratto nei dipinti delle Maurienne e nei nostri in Piemonte. Un dipinto con il Sacro Lino retto dalla Vergine e da due personaggi con la cappa di ermellino e in alto un paio di personaggi di cui uno potrebbe essere san Francesco di Sales, si trova nella chiesa parrocchiale di Saint Michel de Maurienne.

Divenuto Vescovo di Ginevra, Francesco di Sales, riconosciuto come protettore dei giornalisti, aveva devozione particolare per la Sindone; partecipò, in occasione del passaggio a Torino il 4 maggio del 1613, all’Ostensione, insieme al Vescovo di Vercelli Giacomo Goria. Si dice che il Santo, davanti l’impronta del Lino, sudasse e piangesse. Alcune gocce di lacrime di sudore caddero sul Lenzuolo ed il cardinal Maurizio lo rimproverò severamente. Un episodio analogo accadde qualche anno più tardi a quello che sarebbe diventato il Beato Sebastiano Valfré. Originari di Bonzo (Valli di Lanzo), i Conti  Valfrè si spostarono nell’800 nel cuneese, a Pancalieri e a Bra. Nel 1724 la famiglia del Beato ricevette il titolo comitale e a Pancalieri possedevano una bella casa patrizia, villa Giacosa, costruita dall’architetto Alberto Tappi e chiamata Villa Valfrè di Bonzo.

La nota devozione di padre Valfré per la Sindone ebbe un’occasione privilegiata nel 1694 quando la Reliquia fu portata nella nuova sontuosa cappella del Guarini appositamente eretta. In quella occasione si vollero sostituire i vecchi e consunti teli di supporto della Sindone, posti dalle clarisse di Chambery, e p. Sebastiano Valfrè, il 26 giugno, si apprestò in presenza del Duca Vittorio Amedeo (per il quale furono inventati i grissini) e della Duchessa Anna, a ricucirli rinforzando i rattoppi e i rammendi. Come avvenne anni prima a San Francesco di Sales, così, al Valfrè caddero alcune lacrime sul Lino. Il Duca volle che il padre “sfilasse” dal Telo alcuni corti fili impregnati di sudore e glieli consegnasse per conservarli in un reliquiario d’oro a forma di cuore che il Sovrano portò sempre con sé.

Altre testimonianze pittoriche si trovano ancora nella chiesa di Chambery ed una a Peisey-Nancroix:  in quest’ultima la Sindone è rappresentata come se fosse in Ostensione, segno che iniziava a diffondersi la conoscenza e la venerazione.

Proprio a Torino, la Sindone scampò ad un nuovo e furioso incendio. Era la notte tra venerdì 11 e sabato 12 aprile del 1997 quando, subito dopo una cena ufficiale a Palazzo reale, adiacente al Duomo, un cortocircuito provocò un incendio nella Cupola conosciuta da tutti come la cupola del Guarini dove erano in corso lavori di restauro. La Sindone era momentaneamente ricoverata in Duomo dietro l’altare maggiore. La cena, a palazzo Reale, vedeva tra gli ospiti il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan accompagnato dalla moglie Nane Wallemberg. Furono ore di forte apprensione e i torinesi, lasciate le loro case, nonostante l’ora tarda, scesero in piazza. Qualcuno pregava. I Vigili del Fuoco accorsero  tempestivamente ed in particolare Mario Trematore ruppe senza indugio la teca e la Sindone, ancora una volta, fu salva.

A Torino, proprio in Cattedrale è custodita una Reliquia di San Giovanni Battista proveniente dalla chiesa di St. Jean de Maurienne.

Gli incendi, nel passato, erano piuttosto frequenti e non necessariamente dolosi. Scarse erano le misure di prevenzione, gli edifici, pubblici o privati che fossero, erano arredati con mobili in legno e la Sindone… ovunque fosse, normalmente veniva custodita in un piccolo ambiente al chiarore delle torce. A pensarci, sembra veramente un miracolo che sia, a distanza di duemila anni, ancora incolume.

 

Lamina d’altare a Piazzette (Usseglio) nella rettoria di San Vito; ritrae San Francesco di Sales ed il Cardinale Borromeo

 

Bacheca di Piazzette con il pannello dei percorsi Sindonici delle Valli di Lanzo

 

Cardinale Louis de Gorrevod de Challand, protonotario apostolico ed elemosiniere del Duca di Savoia

 

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