La canonizzazione del Dottore Angelico

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Era il 18 luglio 1323 quando papa Giovanni XXII (1244 circa – 1334), a cui si deve l’introduzione della processione del Corpus Domini, della festa della Santissima Trinità, la prescrizione della recita dell’Angelus ogni giorno al tramonto in onore di Maria Santissima, nonché l’istituzione del Tribunale della Sacra Rota, venne canonizzato san Tommaso d’Aquino con la bolla Redemptionem misit. Già all’epoca fra’ Tommaso era diventato il secondo santo più celebre dei Domenicani, dopo il loro fondatore, san Domanico di Guzman (1170-1221). Sono trascorsi 700 anni dalla sua canonizzazione, ma la sua opera resta disegno imprescindibile dell’architettura teologica, ecco perché l’anniversario che si celebra quest’anno è di solenne importanza.

 

Incisione della canonizzazione di Tommaso d’Aquino, opera di Egbert van Panderen e Otto van Veen, 1610,

in G. Garitan, Présentation de la vie de Thomas d’Aquin, Bibliothèque Carnegie, Reims, Francia

 

Tommaso d’Aquino si era spento a questa vita 50 anni prima la sua canonizzazione, la mattina del 7 marzo 1274 nell’Abbazia cistercense di Fossanova, situata a Priverno, in provincia di Latina, mentre era in viaggio verso il Secondo Concilio di Lione, convocato e presieduto da papa Gregorio X (1210 ca.-1276). I suoi funerali furono organizzati in poche ore dai monaci Cistercensi e fu sepolto nel loro monastero, nel quale a partire da quest’anno si è avviato un triennio di celebrazioni: 700 anni dalla canonizzazione (2023), 750 anni dalla morte (2024) e 800 anni dalla nascita (nel 2025).

 

San Tommaso morente in un altorilievo collocato nella cella (oggi Cappella del transito) della foresteria dell’Abbazia di Fossanova

Proprio in questa Abbazia il cardinale Marcello Semeraro il 18 luglio u.s. ha precisato come san Tommaso non si sia mai sentito Maestro, pur essendo stato proclamato, l’11 aprile 1567, Dottore della Chiesa[1] – dopo che il Concilio di Trento aveva proclamato il tomismo parte fondamentale della dottrina cristiana – da un altro gigante domenicano, san Pio V (1504-1572) con la bolla Mirabilis Deus. Ha domandato il cardinale: la «parola “Maestro”, usata da Gesù a cosa – meglio: a chi deve farci pensare?”. La risposta ci aiuta a darla appunto san Tommaso, il quale ci avverte che per capire non dobbiamo pensare a un bravo professore, o a uno studioso preparato e intelligente, bensì al Maestro interiore, ossia allo Spirito Santo (cf. Super Io., cap. 13, l. 3). Egli, infatti, diversamente dal maestro umano, che opera dall’esterno, è Maestro che «illumina interiormente […] preparando i cuori a ricevere la dottrina della verità» (STh III, q. 69, a. 5 ad 2). È questa la ragione per la quale l’ascolto dell’unico Maestro ci rende fratelli tra di noi.

San Tommaso ne diede una spiegazione esemplare quando, probabilmente nella Quaresima del 1273, predicò a Napoli la preghiera del Pater. Qui egli spiegò subito che il divino Maestro non insegnò a dire soltanto: Padre bensì Padre nostro, precisando che questa preghiera il cristiano la recita non a nome proprio, ma in persona Ecclesiae, a nome della Chiesa».

Durante lo svolgimento del Concilio di Trento la Summa Theologiae venne esposta sull’altare insieme alla Bibbia e agli altri decretali pontifici. Pio V elevò la sua ricorrenza al rango di quella di altri quattro Padri della Chiesa latina: Sant’Ambrogio, sant’Agostino d’Ippona, san Girolamo e san Gregorio.

Non appena la notizia della sua morte si diffuse, i devoti si precipitarono alla sua tomba, presso la quale furono riportati numerosi miracoli. Le ultime parole di Tommaso sarebbero state «Questo è il mio riposo nei secoli dei secoli», che i Cistercensi interpretarono come una prova del fatto che le sue spoglie mortali appartenessero per sua esplicita volontà a Fossanova e lì dovessero restare. Molto preoccupati di non cedere ai Domenicani la proprietà del corpo di san Tommaso, i Cistercensi lo ricollocarono più volte nella stessa Abbazia.

I Bollandisti, fondati nel XVII secolo e che lavorarono alla celebre compilazione degli Acta Sanctorum, hanno lasciato testimonianza che la salma dell’aquinate rilasciava profumo ancora molti anni dopo la sua morte e la mano destra era intatta con dita, carne ed unghie, oltre che emanare una celestiale fragranza.

La poderosa opera di san Tommaso, che ha lasciato in eredità alla Chiesa, ebbe luce e sviluppo grazie alla sua instancabile vita di fede, preghiera e contemplazione: mentre con la ragione indagava umilmente i divini misteri, egli li contemplava con credo ardente e veniva illuminato dallo Spirito Santo. La sua esistenza fu un tutt’uno di contemplazione e di studio, di studio e contemplazione. Mai disgiunse le due attività, ma fu un solo atto dove convergevano ingegno e amore trinitario. Il suo è stato un totale percorso in Dio, Itinerarium in Deum.

Il 1º settembre 1910 papa san Pio X (1835-1914) promulgò la bolla Sacrorum Antistitum, indirizzata a tutti i vescovi e maestri degli ordini religiosi, con la quale dispose che la filosofia scolastica di san Tommaso fosse «stabilita come fondamento degli studi sacri» dei giovani chierici e il 29 giugno 1914 con motu proprio papa Sarto invitò i docenti di filosofia cattolici di insegnare i principi del tomismo nelle scuole e nelle università. Inoltre, ordinò che i professori di sacra teologia nelle scuole, licei, seminari, università e istituti che conferivano i gradi accademici e il dottorato in tale scienza, adottassero la Summa Theologiae come libro di testo e la spiegassero in lingua latina. Nello stesso anno, la Congregazione romana dei Seminari e delle Università promulgò una lista di 24 tesi sul tomismo, considerate come normæ directivæ tutæ.

Con l’enciclica Aeterni Patris, papa Leone XIII (1810-1903) ricordò san Tommaso come il più illustre esponente della Scolastica e gli statuti dei Benedettini, dei Carmelitani, degli Agostiniani, della Compagnia di Gesù disposero l’obbligatorietà dello studio e della messa in pratica delle dottrine di chi già in vita veniva definito Doctor Angelicus.

Si legge in questa enciclica: «Per la verità, sopra tutti i Dottori Scolastici, emerge come duce e maestro San Tommaso d’Aquino, il quale, come avverte il cardinale Gaetano, “perché tenne in somma venerazione gli antichi sacri dottori, per questo ebbe in sorte, in certo qual modo, l’intelligenza di tutti” . Le loro dottrine, come membra dello stesso corpo sparse qua e là, raccolse Tommaso e ne compose un tutto; le dispose con ordine meraviglioso, e le accrebbe con grandi aggiunte, così da meritare di essere stimato singolare presidio ed onore della Chiesa Cattolica. […] Clemente VI, Nicolò V, Benedetto XIII ed altri attestano che tutta la Chiesa viene illustrata dalle sue meravigliose dottrine; San Pio V poi confessa che mercé la stessa dottrina le eresie, vinte e confuse, si disperdono come nebbia, e che tutto il mondo si salva ogni giorno per merito suo dalla peste degli errori. Altri, con Clemente XII, affermano che dagli scritti di lui sono pervenuti a tutta la Chiesa copiosissimi beni, e che a lui è dovuto quello stesso onore che si rende ai sommi Dottori della Chiesa Gregorio, Ambrogio, Agostino e Girolamo. Altri, infine, non dubitarono di proporlo alle Accademie e ai grandi Licei quale esempio e maestro da seguire a piè sicuro».

Il 29 giugno 1923, nel VI centenario della canonizzazione, papa Pio XI (1857-1939) gli dedicò l’, nella quale si legge: «Con recente Lettera Apostolica [Officiorum omnium dell’1° agosto 1922] confermammo quanto era già stato stabilito dal Diritto Canonico e ordinammo che Tommaso d’Aquino dovesse essere considerato la principale guida negli studi delle discipline superiori. […]  questa unione della dottrina con la pietà, della erudizione con la virtù, della verità con la carità, fu veramente singolare nel Dottore Angelico, a cui venne attribuito il distintivo del sole, poiché, mentre egli porta alle menti la luce della scienza, accende nelle volontà la fiamma della virtù.

E sembrò che Iddio, fonte d’ogni santità e sapienza, volesse mostrare in Tommaso come queste due cose si aiutino a vicenda, come cioè l’esercizio delle virtù disponga alla contemplazione della verità ed a sua volta l’accurata meditazione della verità renda più pure e perfette le stesse virtù. Perché chi vive integro e puro, e con la virtù tiene a freno le sue passioni, quasi libero da un grande impedimento, potrà elevare alle cose celesti molto più facilmente il suo spirito e meglio fissarsi nei profondi misteri della Divinità, secondo le parole dello stesso Tommaso: «Prima è la vita che la dottrina; perché la vita conduce alla scienza della verità » (1); se l’uomo avrà messo tutto il suo studio nel conoscere le cose che sono sopra la natura, per questo stesso si sentirà non poco eccitato al vivere perfetto; né una tale scienza, la cui bellezza tutto lo rapisca e a sé lo attiri, potrà mai dirsi arida ed inerte, ma attiva in grado supremo».

Paradossale e drammatico notare come il Concilio Vaticano II, con il decreto Optatam Totius, che si occupa della formazione dei sacerdoti al n. 16, richieda che la formazione teologica del clero venga svolta «avendo san Tommaso per maestro»[2], cosa che non è più avvenuta affatto da 60 anni a questa parte. Inoltre, ricordiamo ancora che papa Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et ratio, ha definito san Tommaso «maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia» (n. 43). Peccato che la teologia rivoluzionaria e modernista, da Rahner a de Lubac, da Congar a Küng, da Teilhard de Chardin a Gutiérrez, Câmara, Boff, Restrepo abbia soffocato le intenzioni di un Concilio che cercava di salvare la tradizione con obiettivi nuovi e autodistruttivi in quantità (di vocazioni e di fedeli) e in qualità.

Coloro che testimoniarono al processo napoletano, che si svolse dal 21 luglio al 18 settembre 1319, furono unanimi: fra’ Tommaso fu un uomo di grande contemplazione e orazione. Certamente ciò sta alla base della vita di un santo, ma per lui è direttamente riferito al suo lavoro intellettuale. Guglielmo di Tocco (?-1335), notaio e governatore di Corfù, che oggi potrebbe essere definito il «postulatore» della sua causa di canonizzazione, dichiarò: «Tutte le volte che voleva studiare, iniziare una disputa, insegnare, scrivere o dettare, si ritirava innanzitutto nel segreto dell’orazione e pregava piangendo per ottenere la comprensione dei divini misteri»[3]. Un episodio che descrive molto bene tale consuetudine è collocato a Napoli, all’epoca in cui san Tommaso scriveva le questioni sulla passione e risurrezione di Cristo Salvatore per la Summa. Come sempre faceva al mattino molto presto, egli stava pregando nella cappella di san Nicola. Non era solo, si trovava nel sacro luogo anche Domenico di Caserta, il sacrestano che spesso lo vide in levitazione, quel giorno una voce che proveniva dal crocifisso disse: «Hai parlato bene di me, Tommaso, quale ricompensa vuoi?». Fra’ Tommaso rispose: «Voglio te solo, Signore».

Già nel 1303 Bartolomeo di Capua chiese a papa Benedetto XI (1240-1304) di avviare le indagini per la canonizzazione di fra’ Tommaso d’Aquino, ma il Pontefice morì prima che potesse iniziare qualsiasi processo formale. Nel 1317, il vicario domenicano della Sicilia, Roberto di San Valentino, scrisse una biografia ed enumerò una serie di miracoli attributi all’intercessione del sublime teologo, lavoro che fu presentato a papa Giovanni XXII. A questo punto il vicario affidò l’incarico a Guglielmo di Tocco e a Roberto il Lettore per procedere nella questione. Nell’estate successiva i Domenicani ottennero un’udienza dal Papa, il quale, dopo una presentazione da parte dei Domenicani e un esame delle prove da parte di una commissione nominata dal Papa stesso, diede formale avvio alla prima inchiesta per la canonizzazione

 

Giuseppe Franchi (1600-1620), Papa Giovanni XXII, 1612, Pinacoteca Ambrosiana, Milano

 

Il 13 settembre 1318 il Papa nominò commissari dell’inchiesta l’arcivescovo di Napoli Umberto, il vescovo di Viterbo Angelo e il notaio maestro Pandolfo di Sabello. Guglielmo di Tocco continuò a lavorare presso l’Abbazia di Fossanova fino al 15 luglio 1319, anche se a causa dell’età avanzata e delle cattive condizioni di salute dell’arcivescovo, l’inchiesta vera e propria si tenne presso la residenza dell’arcivescovo di Napoli. Iniziò il 21 luglio 1319 e terminò il 18 settembre dello stesso anno. I commissari (escluso Pandolfo per impossibilità di recarsi nella città partenopea) raccolsero le testimonianze dal 23 luglio al 16 agosto. Fra le 42 deposizioni, un soldato di Roberto re di Napoli, affermò di aver riacquistato la mobilità degli arti dopo aver visitato la tomba di fra’ Tommaso d’Aquino, mentre un anziano parrocchiano dichiarò che un suo parente si era ripreso dal tumore alla gola dopo aver sentito i rintocchi della campana di Fossanova e aver pregato il monaco domenicano per la guarigione. Altri testimoni riferirono di aver ricevuto delle visioni circa la dipartita del santo.

La trascrizione della prima inchiesta fu sigillata e consegnata al Sommo Pontefice, che approvò una seconda inchiesta il 23 giugno 1321. In questa occasione Pandolfo rimase membro della commissione e fu affiancato dal vescovo di Anagni, Pietro Ferri, e dal vescovo di Terracina, Andrea. Tale inchiesta si svolse a Fossanova e proseguì dal 10 novembre al 27 novembre, durante la quale furono chiamati a deporre più di cento testimoni. In seguito, Guglielmo di Tocco venne sostituito da Giovanni di Napoli. Nel luglio 1323, quindi dopo la seconda e ultima inchiesta, il Papa approvò la canonizzazione del teologo domenicano.

La canonizzazione fu commemorata in due occasioni. La prima cerimonia ebbe luogo il 14 luglio 1323 al Palazzo dei Papi ad Avignone e vi parteciparono i membri della famiglia reale guidata da Roberto re di Napoli (1277-1343) e da sua moglie Sancia di Maiorca. In quella circostanza Giovanni XXII diede inizio ad una serie di prediche in cui si lodò l’operato di san Tommaso. La seconda cerimonia ebbe luogo il 18 luglio 1323 nella Cattedrale di Avignone e vi parteciparono l’intero clero avignonese insieme a Roberto e alla consorte. Il Pontefice predicò introno intorno al Salmo 85, dopodiché venne intonato il canto di Veni Creator Spiritus, annunciando formalmente la canonizzazione di san Tommaso. La cerimonia si concluse con il canto del Te Deum, In medio ecclesiae e Os iusti.

Le cronache della giornata raccontano che la giornata fu celebrata in tutta Avignone «come se fosse Natale», soprattutto nelle chiese domenicane. La bolla di canonizzazione, pubblicata lo stesso giorno, dichiarava che la festa di Tommaso dovesse essere celebrata il 7 marzo, cosa che continua a mantenersi con la Santa Messa in Vetus Ordo, mentre nella Messa in Novus Ordo la festività cade il 28 gennaio.

Non si può non far presente che la canonizzazione di san Tommaso d’Aquino venne ostinatamente contestata dai Francescani, che erano in dissidio con i Domenicani.

San Tommaso fu definito “Il più dotto dei santi e il più santo dei dotti”.[34] Della sua Summa Theologica, Giovanni XXIII disse: “Quot articula, tot miracula” (tanti sono gli articoli quanti i miracoli).[35]

 

[1] Mentre, il 4 agosto1880 san Tommaso d’Aquino fu proclamato con la bolla Cum hoc sit patrono delle Scuole e Università cattoliche. Egli è anche patrono dei teologi, degli accademici, dei librai e degli studenti.

[2] Cf. Pio XII, Discorso agli Alunni dei Seminari, 24 giugno 1939: AAS 31 (1939), p. 247: «L’impegno… nel cercare e diffondere la verità non è soppresso dalla raccomandazione per la dottrina di S. Tommaso, ma piuttosto viene incoraggiato e diretto con sicurezza»; Paolo VI, Discorso pronunciato nella Pont. Univ. degli Studi Gregoriana, 12 marzo 1964: AAS 56 (1964), p. 365: «(I docenti)… ascoltino con riverenza la voce dei Dottori della Chiesa, tra i quali il Santo Aquinate ha un posto preminente; è tanto grande infatti la forza dell’ingegno del Dottore Angelico, tanto sincero l’amore alla verità e la sapienza nell’investigare, spiegare e raggruppare secondo uno schema appropriato le verità più alte, che la sua dottrina è uno strumento efficacissimo non solo per mettere al sicuro i fondamenti della Fede, ma anche per ricavare utilmente e fiduciosamente frutti di sano progresso». Cfr. anche il Discorso davanti al VI Congresso Internazionale Tomistico, 10 sett. 1965: AAS 57 (1965), pp. 788-792.

[3] Ystoria, 30, 300.

 

 

 

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