Il pregevole volume Santità e martirio di Laura Vicuña, scritto dal salesiano Don Luigi Càstano ed edito dall’Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1990, ci permette di scoprire la storia di una fanciulla latinoamericana la cui testimonianza ha lasciato un segno indelebile giunto sino all’Europa. La sua appartenenza alla Famiglia Salesiana le ha consentito infatti di essere conosciuta in breve tempo anche nel vecchio continente e di poter essere di ispirazione per molte ragazze cristiane.
Laura del Carmen Vicuña, questo il suo nome completo, nacque nella capitale cilena, Santiago, il 5 aprile 1891, primogenita di José Domingo e di Mercedes Pino. La città era attraversata da tensioni politiche e militari ed a causa di ciò fu necessario attendere quasi due mesi per procedere alla celebrazione del suo battesimo, che ebbe luogo il 24 maggio successivo. Tra gli antenati di Laura figuravano parecchi personaggi illustri e per tal motivo la rivoluzione imperante si scagliò anche sulla famiglia di Laura. Il padre fu forzatamente costretto all’esilio e dovette trasferirsi verso sud, alla frontiera con l’Argentina sulle Ande. L’intera famiglia si traslocò dunque a Temuco. La famiglia si ritrovò repentinamente in una triste situazione di precarietà a seguito della morte del padre avvenuta nel 1893. Alcuni mesi dopo, l’anno successivo, nacque una seconda bambina, Giulia Amanda. La madre si ritrovò così sola con due figlie a dover vincere la fama e la disperazione.
Nel 1899 il residuo nucleo familiare si separa nella vicina regione argentina del Neuquén. La madre potrà così trovare lavoro nella tenuta agricola di Manuel Mora, uno dei tanti colonizzatori che avevano intrapreso lo sfruttamento dei terreni incolti della Patagonia. In seguito alle pressioni subite dal datore di lavoro, ne divenne la compagna. Ciò di conseguenza influì purtroppo negativamente sull’educazione delle due bambine. Laura, seppur ancora piccola, si rese conto della precarietà e dell’irregolarità dal punto di vista religiosa della mamma, che in tal modo non poteva essere ammessa ai sacramenti.
Nonostante ciò, la mamma non abbandonò mai completamente le figlie e tentò nei limiti del possibile di educarle anche religiosamente. Al fine di assicurare loro un’istruzione adeguata e continua, le affidò nel gennaio 1900 ad un piccolo collegio missionario tenuto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, situato a Junin de los Andes ai confini con il Cile, patria natia di Laura.
Di quest’ultima, nel consegnarla alla superiora, la madre assicurò: «Non mi ha mai dato dispiaceri. Fin dall’infanzia è stata sempre obbediente e sottomessa».
Repentinamente catapultata in questo nuovo ambiente, Laura si trovò comunque subito a proprio agio. Il suo animo fu tempestivamente conquistato dalle verità evangeliche che le erano state infuse mediante la catechesi e ciò la portò a rendersi maggiormente conto della contrarietà della situazione di convivenza della madre rispetto alla legge divina. Il 2 giugno 1901 poté ricevere la prima Comunione, ma in tal giorno divenne ancor più profonda la sua sofferenza nel vedere la mamma non accostarsi ai sacramenti. Non poté dunque astenersi dal pregare intensamente per la pacifica conclusione di tale relazione. Purtroppo la sua speranza non ebbe compimento, ma ciò non toglie che questa esperienza fu decisiva nel provocare una grande svolta nella sua vita, che fu così descritta: «Notammo in lei da quel giorno un vero e solido progresso».
Il giorno della prima Comunione scrisse alcuni propositi, molto simili a quelli del santo allievo di don Bosco, Domenico Savio: «O mio Dio, voglio amarti e servirti per tutta la vita; perciò ti dono la mia anima, il mio cuore, tutto il mio essere. Voglio morire piuttosto che offenderti col peccato; perciò intendo mortificarmi in tutto ciò che mi allontanerebbe da te. Propongo di fare quanto so e posso perché tu sia conosciuto e amato, e per riparare le offese che ricevi ogni giorno dagli uomini, specialmente dalle persone della mia famiglia. Mio Dio, dammi una vita di amore, di mortificazione, di sacrificio».
Con questi propositi Laura si abbandonò totalmente al Signore pur di ottenere la conversione di sua madre e le Figlie di Maria Ausiliatrice non tardarono a comprendere di trovarsi dinnanzi ad una bambina eccezionale.
Sin dal suo primo anno di permanenza nel collegio si distingue per la volenterosa applicazione nello studio e per l’intensità della sua vita interiore. Dall’8 dicembre 1900 si iscrisse alla Pia Unione delle Figlie di Maria.
Nel secondo anno le sorelle Vicuña furono mandate in vacanza dalla madre, ma Laura restò negativamente scossa dall’impatto con il suo convivente. Era sofferente fin nel più profondo della sua intimità, ma ciò non traspariva se non nei momenti di maggiore amarezza. Una di queste occasioni fu per esempio la mancata partecipazione della mamma alla missione popolare che fu predicata a Junin de los Andes. L’anno successivo le due sorelle raggiunsero nuovamente la mamma a Quilquihué nel periodo delle vacanze. Mora esternò un eccessivo interesse nei confronti di Laura, la quale se ne accorse prontamente e si cinse come di una corazza di ferro per combattere i malvagi propositi. Questi reagì crudelmente e si vendicò rifiutandosi di pagare la retta del collegio. Mossa da pietà e comprensione la direttrice accolse ugualmente le due bambine.
Il 29 marzo 1902 le due sorelline ricevettero la cresima, presente la madre che però persevererà nell’astensione dai sacramenti. In tale occasione Laura fece richiesta di poter essere ammessa tra le postulanti delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ma ottenne una risposta negativa a causa della situazione familiare. Dovette dunque rassegnarsi, senza però desistere dal suo intento.
Il mese successivo, infatti, emise privatamente i voti di castità, povertà ed obbedienza, consacrandosi così a Gesù ed offrendogli la propria vita. Verso fine anno iniziò a manifestarsi in Laura un leggero deperimento fisico.
Trascorse l’intero anno successivo rinchiusa nel collegio e nel settembre 1903 non riuscì nemmeno a prendere parte agli esercizi spirituali, tanto era diventata cagionevole la sua salute. Tentò un cambiamento climatico, tornando dalla madre, ma ciò non si rivelò alquanto salutare. Allora tornò a Junin e vi si trasferì anche la madre, alloggiando però privatamente.
Nel gennaio 1904 giunse in visita il Mora, con il proposito di trascorrere la notte nella medesima abitazione. «Se egli si ferma qui, io me ne vado in collegio dalle suore» minacciò Laura scandalizzata, e così dovette fare seppur stravolta dal male. Mora la inseguì e, raggiuntala, la percosse violentemente lasciandola traumatizzata. Giunta poi in collegio si confessò dal suo direttore spirituale, rinnovando l’offerta della propria vita per la conversione della madre.
Il 22 gennaio ricevette il Viatico e quella sera fece chiamare la madre per trasmetterle il suo grande sogno: “Mamma, io muoio! Io stessa l’ho chiesto a Gesù. Sono quasi due anni che gli ho offerto la vita per te, per ottenere la grazia del tuo ritorno alla fede. Mamma, prima della morte non avrò la gioia di vederti pentita?». Questa le promise allora di cambiare completamente vita. Laura potrà allora spirare serenamente dopo aver pronunciato queste ultime gioiose parole: «Grazie, Gesù! Grazie, Maria! Ora muoio contenta!». In occasione del funerale la mamma tornò ad accostarsi ai sacramenti della Confessione e dell’Eucaristia.
La tomba di Laura è collocata nella cappella del Collegio Maria Ausiliatrice di Bahia Blanca, in Argentina, dove è metà di pellegrinaggi in particolare per le popolazioni cilena ed argentina.
Venerata fin dalla sua morte, l’apertura della sua causa di canonizzazione avvenne solo il 19 settembre 1955, portando al riconoscimento delle virtù eroiche ed al conferimento del titolo di Venerabile il 5 giugno 1986.
Il 1° agosto 1988 venne riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione: la guarigione rapida, completa e duratura di suor Ofelia del Carmen Lobos Arellano, religiosa professa venticinquenne dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, da bronchiectasie bilaterali con fibrosi peribronchiale cronica ed episodi di polmonite focale ricorrente, insieme ad insufficienza respiratoria acuta e gravi infezioni tossiche. Questa miracolosa guarigione avvenne intorno alle ore 22.00 del 22 maggio 1958 a Santiago del Cile.
Laura del Carmen Vicuña, poema di candore, di amore filiale e di sacrificio, fu beatificata dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II il 3 settembre 1988 sul “Colle delle beatitudini giovanili”, presso Castelnuovo Don Bosco. Il nuovo Martyrologium Romanum la commemora dunque il giorno della sua morte, con queste parole: «Nel villaggio di Junín de los Andes in Argentina, beata Laura Vicuña, vergine, che, nata a Santiago del Cile, alunna nell’Istituto di Maria Ausiliatrice, all’età di tredici anni offrì la sua vita a Dio per la conversione della Madre». Nel medesimo giorno è fissata anche la sua memoria liturgica per la Famiglia Salesiana.
Nel Santuario della Madonna di Fatima in Città della Pieve una pala d’altare raffigura la Beata Vergine Maria circondata da vari fanciulli santi, tra cui la Beata Laura Vicuña, mentre gli altri tutti già canonizzati: Francesco e Giacinta Marto, Domenico Savio, Kizito e Maria Goretti.
Se, come detto, Laura è salita agli onori degli altari grazie all’attestazione dell’esercizio da parte sua in grado eroico delle virtù cristiane, il volume di Don Càstano sin dal suo titolo lascia trasparire la possibilità che la Chiesa possa in futuro riconoscere che le percosse subite da parte del concubino della madre siano valse alla piccola la palma del martirio. Laura potrebbe essere così essere canonizzata senza la necessità di un nuovo miracolo avvenuto dopo la beatificazione. Ciò già è avvenuto nel caso di Massimiliano Maria Kolbe, beatificato da Paolo VI quale confessore e solo in un secondo momento canonizzato da Giovanni Paolo II quale martire.
È necessario pregare perché Laura venga canonizzata, in quanto la sua testimonianza è di estrema attualità, e per segnalare grazie o favori ricevuti per sua intercessione è possibile rivolgersi al Postulatore Generale della Famiglia Salesiana, don Pierluigi Cameroni: postulatore@sdb.org
Preghiera per la Canonizzazione
Concedimi, Signore, nella tua immensa bontà e misericordia,
le grazie che fiduciosamente imploro per intercessione di Laura Vicuña,
eletto fiore di santità sbocciato sulle Ande Patagoniche.
Della sua tenera esistenza la Tua grazia fece un modello
di pietà, di obbedienza, di vittoriosa purezza; l’ideale della Figlia di Maria;
la vittima nascosta e gradita dell’amor filiale più sollecito e fecondo.
Degnati, pertanto, di esaltare anche in terra l’emula di Agnese, Cecilia e Maria Goretti:
e fa che alla luce dei suoi esempi si accresca il numero
delle giovani forti nel combattimento spirituale e pronte al sacrificio,
per la Tua gloria, la gloria dell’Immacolata e i trionfi della chiesa.
Dalla Vita di Laura Vicuña scritta da Augusto Crestanello, sacerdote
(Sacra pro causis sanctorum Congregatio, Beatificationis et Canonizationis Servae Dei Laurae Vicunia, Summarium, Roma 1969, 227ss passim)
Fin dai primi giorni del suo ingresso nel Collegio si notò in Laura – riferisce la sua direttrice – un criterio superiore alla sua età e una vera inclinazione alla pietà. Il suo cuore innocente non trovava pace e riposo che nelle cose di Dio. Sebbene fosse ancora bambina, la sua devozione era seria: niente di affettato, né di esagerato in lei.
In tutto essa era naturale e semplice. Durante la preghiera si vedeva che essa aveva la sua mente intenta all’azione che stava facendo. Quasi mai si rendeva conto di quanto stava succedendo a lei dintorno, e molte volte fu necessario avvertirla che la chiamavano o che era tempo di uscire di chiesa.
Con la medesima attenzione essa si comportava nell’adempimento di tutti gli altri suoi doveri. Aveva ben compresa e applicata a se stessa quella sentenza: «Fa’ quello che stai facendo», e con santa libertà di spirito, gioiosa e contenta, passava dalla chiesa all’aula scolastica, da questa al laboratorio o a qualsiasi altro lavoro, o alla ricreazione.
«Per me – soleva dire – pregare o lavorare è la medesima cosa; è lo stesso pregare o giocare, pregare o dormire. Facendo quello che comandano, compio quello che Dio vuole che io faccia, ed è questo che io voglio fare; questa è la mia migliore orazione».
«Dopo che ebbe conosciuta la pietà – scrive la sua direttrice –, l’amò e raggiunse un dono di orazione così alto e costante che anche in tempo di ricreazione la si vedeva assorta in Dio».
«Mi pare – diceva – che Dio stesso mantenga vivo in me il ricordo della sua divina Presenza. Dovunque mi trovo, sia in classe, sia nel cortile, questo ricordo mi accompagna, mi aiuta e mi conforta».
«Si è che tu – le obiettò il Padre [confessore] – sarai sempre preoccupata da questo pensiero, trascurando forse i tuoi doveri».
«Ah, no, Padre! – essa rispose – Conosco che questo pensiero mi aiuta a fare tutto meglio e che non mi disturba in nessun modo, perché non è che io stia continuamente pensando a questo, ma senza pensarvi sto godendo di questo ricordo».
Omelia di Giovanni Paolo II nella beatificazione di Laura Vicuña
- «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli» (Lc 10, 21).
A queste parole del Signore Gesù, l’evangelista aggiunge: «Esultò nello Spirito Santo» (Lc 10, 21).
Desideriamo accogliere nei nostri cuori un raggio di questa esultanza, perché ci troviamo insieme in occasione del centenario della morte di san Giovanni Bosco, al quale si possono riferire in modo particolare tali parole del nostro maestro e salvatore.
Similmente si riferisce a lui anche tutto ciò che leggiamo nell’odierna liturgia, seguendo la prima lettera di san Giovanni: «Ho scritto a voi, figlioli, perché avete conosciuto il Padre . . . colui che è fin dal principio . . . a voi, giovani, perché siete forti, e la parola di Dio dimora in voi e avete vinto il maligno» (1 Gv 2, 14).
Sull’esempio di san Giovanni apostolo ed evangelista, anche san Giovanni Bosco, durante tutti gli anni della sua vita e del suo apostolato ha scritto una lettera: una “lettera viva” nel cuore della gioventù. E l’ha scritta in questa esultanza che è data ai piccoli e agli umili nello Spirito Santo.
- Questa lettera viva veniva già letta durante la vita e il servizio sacerdotale di san Giovanni Bosco. E la stessa “lettera viva” continua ad essere scritta nei cuori dei giovani, ai quali giunge l’eredità del santo educatore di Torino.
E tale “lettera” diventa particolarmente limpida ed eloquente, quando da quest’eredità di generazione in generazione crescono sempre nuovi santi e beati.
Conosciamo tutti la splendida schiera di anime elette, formatesi alla scuola di don Bosco: san Domenico Savio, il beato Michele Rua, suo primo successore, i beati martiri Luigi Versiglia e Callisto Caravario, santa Maria Domenica Mazzarello, cofondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e oggi anche la giovane Laura Vicuña, che viene elevata agli altari, in occasione del Giubileo salesiano.
- La nuova beata, che oggi onoriamo, è frutto particolare dell’educazione ricevuta dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, ed è perciò significativa parte dell’eredità di san Giovanni Bosco. È giusto quindi rivolgere anche il nostro pensiero all’Istituto delle Suore Salesiane ed alla loro fondatrice, per attingere più profonda devozione ai santi fondatori e nuovo ardore apostolico, specialmente nella formazione cristiana dei giovani.
Misteriosi sono sempre per noi i disegni di Dio, ma alla fine risultano provvidenziali. La giovane Maria Domenica Mazzarello, che ebbe umili origini a Mornese, piccolo paese della diocesi di Acqui, già aveva maturato il proposito di consacrarsi ad una vita di donazione al Signore. Incontratasi con don Bosco, scoprì la sua vocazione definitiva, seguendo l’apostolo della gioventù, il quale desiderava fondare anche un’istituzione femminile. Entrata nell’orbita spirituale e apostolica di don Bosco, Maria Domenica Mazzarello riunì il primo gruppo di religiose a Mornese e il 5 agosto 1872, con la vestizione e la professione, diede inizio ufficiale all’Istituto.
Da quell’inizio, in breve tempo, le fondazioni si susseguirono in Italia, varcando poi anche le frontiere dell’Oceano, con le prime missioni nell’Uruguay e nella Patagonia. Dal giorno in cui la fondatrice, insieme con altre quattordici giovani, si era consacrata al Signore, fino al giorno della sua morte, avvenuta il 14 maggio 1881, erano appena trascorsi nove anni; ma in quel breve spazio di tempo la santa aveva posto le basi di un promettente istituto religioso, che poi si sarebbe sviluppato in modo davvero meraviglioso. “Mi sono offerta vittima al Signore” aveva confidato un giorno ad una giovane missionaria; e don Bosco aveva commentato: «La vittima era gradita a Dio e fu accettata».
Possiamo dire che questo “spirito” della fondatrice si è mantenuto vivo e ardente nelle Figlie di Maria Ausiliatrice! La fede profonda e convinta, unita ad una fervida e costante devozione a Maria santissima, a san Giuseppe, all’angelo custode; la semplicità di vita, espressa in modo particolare da un energico distacco dai gusti mondani e da una intensa e incessante laboriosità; lo zelo ardente per la formazione e la salvezza delle giovani secondo le direttive del “metodo preventivo”, hanno fatto in modo che in cento e più anni di vita le attività si siano moltiplicate con gli oratori, le scuole di vari ordini e gradi, le opere assistenziali e sociali, gli asili infantili, la cura degli anziani, l’apostolato nelle parrocchie, l’assistenza ai sacerdoti, in cinque continenti, in decine e decine di nazioni, in tutte le lingue, secondo un programma altamente umanitario e profondamente cristiano.
- In questa atmosfera visse e si perfezionò la giovane Laura Vicuña, «fiore eucaristico di Junín de Los Andes, la cui vita fu un poema di purezza, di sacrificio, di amore filiale», come si legge sulla sua tomba. Orfana di padre, militare di grande bontà e valore, esule da Santiago del Cile a Temuco, venne ad abitare con la madre e la sorella nel villaggio di Quilquihué, nel territorio argentino di Neuquén. L’ambiente purtroppo – a detta degli storici – era moralmente inquinato; la stragrande maggioranza delle unioni coniugali era irregolare, anche perché, mescolati agli indigeni, vivevano avventurieri, evasi e fuoriusciti. La stessa madre della piccola Laura, entrata a servizio di un “estanciero”, era commiserata sia per la sua infelice convivenza sia per la ferocia dell’uomo a cui si era legata. La piccola Laura trovò ben presto un rifugio spirituale presso le Suore Salesiane, nel piccolo collegio femminile di Junín de Los Andes. Qui ella si preparò alla prima Comunione ed alla Cresima; e qui si accese di ardore per Gesù, tanto da decidere di consacrare a lui la sua vita nell’Istituto di don Bosco, tra quelle suore che tanto l’amavano e l’aiutavano. All’età di dieci anni, ad imitazione di Domenico Savio, di cui aveva sentito parlare, volle formulare tre propositi: «1) Mio Dio, voglio amarvi e servirvi per tutta la vita; perciò vi dono la mia anima, il mio cuore, tutto il mio essere; 2) Voglio morire piuttosto che offendervi con il peccato; perciò intendo mortificarmi in tutto ciò che mi allontanerebbe da voi! 3) Propongo di fare quanto so e posso perché voi siate conosciuto e amato, e per riparare le offese che ricevete ogni giorno dagli uomini, specialmente dalle persone della mia famiglia».
Nella sua giovane età Laura Vicuña aveva perfettamente compreso che il senso della vita sta nel conoscere ed amare Cristo: “Non amate né il mondo n le cose del mondo!” – scriveva san Giovanni evangelista – «Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui, perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. Ed il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno» (1 Gv 2, 15-17).
Laura aveva appunto compreso che ciò che conta è la vita eterna e che tutto ciò che è nel mondo e del mondo passa inesorabilmente. Seguendo poi le spiegazioni del catechismo, comprese la pericolosa situazione in cui si trovava sua madre e, sentendo un giorno dal Vangelo che il vero amore giunge a dare la vita per la persona che si ama, offrì la sua vita al Signore per la salvezza della mamma.
Divenuta poi quella casa un pericolo anche per lei, al fine di difendere la sua innocenza aveva ottenuto dal confessore il permesso di portare un cilicio. Un brutto giorno venne aggredita e malmenata da quell’uomo; il quale, accecato dalla passione, la percosse violentemente e la lasciò tramortita di spavento. Ma aveva vinto lei, la giovane Laura. Questa però ormai, consumata da varie malattie, andava velocemente declinando, confortata dall’Eucaristia e dalla speranza della conversione della mamma. Nell’ultimo giorno della sua vita, poche ore prima di morire, chiamò vicino a sé la mamma e le rivelò il grande segreto: «Sì mamma, sto morendo . . . Io stessa l’ho chiesto a Gesù e sono stata esaudita. Sono quasi due anni che gli offrii la mia vita per la tua salvezza, per la grazia del tuo ritorno. Mamma, prima di morire non avrò la gioia di vederti pentita?».
A questa rivelazione, serena e confidente, l’animo della madre diede un sussulto: mai avrebbe potuto immaginare tanto amore in quella sua figlia! E spaventata nel conoscere la sofferenza che aveva accettato per lei, promise di convertirsi e di confessarsi. Ciò che fece prontamente e sinceramente. La missione della giovane Laura era ormai compiuta! Ora poteva entrare nella felicità del suo Signore!
- La soave figura della beata Laura, gloria purissima dell’Argentina e del Cile, susciti un rinnovato impegno spirituale in quelle due nobili nazioni, e a tutti insegni che, con l’aiuto della grazia, si può trionfare sul male; e che l’ideale di innocenza e di amore, seppur denigrato e offeso, non potrà in fine non risplendere ed illuminare i cuori.
- Il rito della “beatificazione”, che con tanta gioia e solennità stiamo celebrando in questo luogo in cui ha origine una storia di santità, – luogo giustamente denominato «la collina delle beatitudini giovanili» – ci deve anche far riflettere sulla importanza della famiglia nella educazione dei figli e sul diritto che questi hanno di vivere in una famiglia normale, che sia luogo di amore reciproco e di formazione umana e cristiana. Esso è un richiamo per la stessa società moderna perché sia sempre più riguardosa dell’istituto familiare e dell’educazione dei giovani. La beata Laura Vicuña illumini tutti voi, giovani, ed ispiri e sostenga sempre voi, Figlie di Maria Ausiliatrice, che siete state le sue educatrici!
- «Gesù esultò nello Spirito Santo».
Oggi la Chiesa di Cristo – e particolarmente la Famiglia Salesiana – partecipa a questa letizia.
Esultiamo per la elevazione alla gloria degli altari di una figlia spirituale di san Giovanni Bosco, educata nella Congregazione femminile delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Esultiamo in modo particolare con la gioia della vostra madre, santa Maria Domenica Mazzarello. Esultiamo con la vostra gioia, care sorelle!
Ecco, «il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno» (1 Gv 2, 17).
La nuova beata Laura Vicuña ha imparato nella Famiglia Salesiana a fare la volontà di Dio. L’ha imparata da Cristo, mediante questa comunità religiosa, che le ha mostrato la via alla santità.
«Chi ama . . . dimora nella luce» (1 Gv 2, 10).