Le Chiese di Bari tra 800 e 900 è un testo fresco di stampa, per i tipi della LB edizioni, uscito dalla penna, dall’intelligenza e dalla formazione culturale di Simone De Bartolo. Una pubblicazione che ha fatto una specie di censimento, di ricostruzione storica, passando dai luoghi di culto più importanti, ai più piccoli, a quelli scomparsi, alle cappelle cimiteriali e gentilizie. È un libro che non c’era finora, almeno per come l’argomento è stato trattato, e che bisognava scrivere, pubblicare, perché l’essenza del lavoro sta tutto nella verità riscoperta e denunciata. Un richiamo alla sacralità dei luoghi di culto. Un grido di dolore, di rabbia. Quella di chiese diventate capannoni, spelonche, abusive sotto l’aspetto architettonico, poco rispettoso sotto l’aspetto teologico, liturgico. Adattate ad esigenze post conciliari, “rivoluzionarie”, solo perché affidate alla progettazione di architetti stravaganti, vuoti, effimeri, depotenziati ed incoraggiati da un clero omissivo, compiacente, ignorante, inclusivo di forme aberranti.
Simone De Bartolo, architetto anch’egli, ha saputo cogliere le deformazioni, le destrurizzazioni, le aberrazioni costruttive di luoghi non costruiti con il sacro della progettualità o non realizzati con il senso della fede da non disperdere, offendere o dileggiare. Il viaggio editoriale dell’autore si ferma ad analizzare i contesti storici di quanto è avvenuto a Bari, ma si potrebbe dire, pensare e scrivere anche altrove. In Italia e all’estero. De Bartolo, con il suo studio, con la sua ricerca, con la sua sensibilità professionale pone l’accento, l’attenzione sulla sconsacrazione della cristianità pura ed autentica. Sul vilipendio commesso nei confronti dei luoghi più sacri, dove il Mistero di Cristo Incarnato e Risorto ha sempre trovato un posto d’onore, privilegiato, di rispetto. De Bartolo non si preoccupa di apparire tradizionalista, ma fa i conti con l’arte genuina che ha caratterizzato le chiese sin dalle loro fondamenta, fino ai corredi artistici, che ne hanno fatto capolavori immortali, musei viventi, dinamici. Non con lo spirito del selvaggio, retrivo e cieco conservatore, ma con l’acume di chi si è sentito offeso nei sentimenti, nei valori della sua fede e di quella altrui. Forse il vero giudizio sull’opera in questione l’ha offerto Salvatore Schirone, nella sua presentazione, di cui pubblichiamo uno stralcio.
«A differenza dei musei, che a volte appaiono “sarcofagi” di reperti decontestualizzati, le chiese sono scrigni viventi di opere d’arte, e “costituiscono veri e propri palinsesti della nostra storia artistica». Questa affermazione apre e guida la lettura dell’ultimo lavoro dell’architetto Simone de Bartolo dedicato alle chiese di Bari. In sedici tappe, spaziando dalla prima e più antica chiesa ai confini della cinta cittadina, Sant’Antonio, a quella più periferica di Santa Fara, passando per la Chiesa Russa nel cuore del quartiere Carrassi, de Bartolo guida i lettori in un intero secolo di storia e arte cristiana di Bari. Molto è stato già scritto sulle chiese di Bari e l’Autore lo sa e ne è debitore, come testimoniano le accurate note e la copiosa bibliografia che accompagnano il libro. Ma questa sua fatica, pur ponendosi sulla loro scia, è assolutamente originale e viene a colmare una grossa lacuna in questo ambito di ricerca.
Eccellente studioso di architettura e profondo conoscitore di storia locale, De Bartolo ha applicato questa sua specifica competenza per focalizzare finalmente l’attenzione su quegli edifici ecclesiastici realizzati a cavallo tra Ottocento e Novecento, un periodo trattato troppo superficialmente o del tutto trascurato, fino ad oggi, dagli storici, concentrati piuttosto, se non esclusivamente, sull’epoca delle grandi basiliche e del “mitico” romanico pugliese. Chiese non più monumenti, non più gioielli di bellezze artistiche, pittoriche, ma sciatti stanzoni, chiamate progressisticamente, conciliarmente, “aule liturgiche”, con tanto di mense e non più altari, dove poter convogliare gente senza più misticismo. Chiese spoglie, disadorne, prive della centralità eucaristica, relegata in parti marginali del luogo. Senza più rigore da privilegiare alla riservatezza intima del credente, del fedele. Le chiese di Bari, comprese le cappelle cimiteriali, passate al setaccio e affidate al giudizio di una storia senza appello. Qui mi piace riportare, anche, il giudizio di Antonio Calisi, Diacono della Chiesa cattolica di rito bizantino dell’Eparchia di Lungro (CS) degli Italo-albanesi dell’Italia continentale, vive a Bari, dove insegna Religione Cattolica al Liceo Classico Statale «Socrate», che in una recensione sul testo, tra l’altro, ha evidenziato che: «Purtroppo la natura tipologica e morfologica dell’architettura sacra è divenuta, dal Concilio Vaticano II, subordinata all’opinione dell’architetto o del parroco senza tener conto dei bisogni legati alla liturgia. Gli architetti moderni considereranno la chiesa solamente come un recipiente di persone. Non a caso le chiese saranno chiamate “aule liturgiche” e l’attenzione si sposterà verso la “comodità di fruizione”, tralasciando del tutto l’aspetto mistico simbolico, segno della lode a Dio e del mistero della Salvezza di Cristo che vi si celebra».
Per concludere, il testo dà il giusto rilievo a tutti e ai molti personaggi, ognuno per la propria parte professionale, come progettisti ingegneri, architetti, imprese costruttrici, sacerdoti, vescovi, in una sorta di elenco minuzioso e dettagliato. È una novità, una originale trovata aver dato il giusto peso a chi, a vario titolo ha contribuito a scrivere la storia sacra di Bari.