Quando nella Chiesa entrano errori e deviazioni (soprattutto dottrinali) i primi che se ne accorgono sono i semplici fedeli, che tendono a rigettare l’errore e ad affermare la Verità. Il Corpo della Chiesa funziona più o meno come il corpo umano: quando questo si infetta con un corpo estraneo che ne minaccia la salute (un virus, un batterio), l’organismo produce i cosiddetti anticorpi, un vero e proprio esercito di cellule nel sangue che va ad aggredire i corpi estranei e tende a distruggerli. Il cervello nemmeno se ne accorge, ma tutto il corpo è in fermento mentre questo esercito “bianco” (si tratta infatti dei globuli bianchi del sangue) gira ovunque per fermare e bloccare le cellule nemiche. Nella santa Chiesa le cose funzionano allo stesso modo: entra un errore, e il popolo semplice avverte subito che qualcosa non va. Non sa ancora bene che cosa, ma lo capisce, lo intuisce. Nelle stanze alte nessuno se ne accorge, per il momento, e non detta strategie di difesa, non impartisce ordini, non suona l’allarme, ma tutto l’apparato difensivo si mette comunque immediatamente in moto.
A dire il vero la funzione del Magistero (i cosiddetti “piani alti”, per seguire il nostro esempio) dovrebbe essere proprio quella di dire: «Attenzione, s’è introdotto un errore, correte ai ripari, eliminate quei corpi estranei». Una svolta piuttosto strana, per non dire inquietante, la si introdusse alla vigilia del Concilio Vaticano II quando il Papa di allora, che era Giovanni XXIII, disse a tutti che il Concilio non si convocava per condannare degli errori, ma piuttosto per riaffermare una dottrina proponendola sotto forma di nuova formulazione, in particolare per quello che riguardava il confronto e il dialogo con la società moderna, che stava cambiando rapidamente. Non che questo non fosse giustificato: può darsi che occorresse rivedere alcune cose, ma ciò che colpì diversi osservatori fu proprio quella dichiarazione: «Noi non condanneremo»! Ora, la funzione del Magistero è proprio questa: affermare la Verità e al tempo stesso condannare l’errore. Così fece sempre l’autorità della Chiesa, sia attraverso le grandi assemblee dei Concili, sia attraverso i singoli documenti papali che condannavano ora questo ora quell’errore che si era introdotto nella vita della Chiesa e, più in generale, dell’umanità. Ricordiamo in proposito la condanna della massoneria, del comunismo, del laicismo, del liberalismo, eccetera, nelle encicliche dei Papi dei secoli passati.
Ebbene, se il Magistero ufficiale afferma non esservi nulla di male, non per questo la cellula tumorale se ne va. Il corpo soffre, perché il medico non è venuto, non ha ordinato le medicine, ha taciuto, si è limitato ad affermare la bellezza del corpo sano, ma non ha dato alcun antidoto per curare le parti malate.
Questo semplice popolo di Dio avverte che c’è qualcosa che non va, ma se viene chiesto loro che cosa, non sanno dirlo, non sanno formularlo o motivarlo teologicamente. La loro, però, non è una semplice intuizione: essi avvertono, sentono, percepiscono chiaramente che un virus si è introdotto nel Corpo, ma non sanno ancora precisamente quale e come combatterlo. Per questo motivo il semplice popolo di Dio non combatterà con documenti o con parole, ma praticando con maggiore forza le proprie devozioni secolari, affermando con umile sicurezza le verità sempiterne, praticando, in sostanza, quella vita cristiana immutabile che fa la vita della Chiesa da sempre. Per fare un esempio: se salta fuori una dottrina per la quale si afferma che la santa Messa non sarà più il Sacrificio di Cristo e che quindi non occorre, che so, genuflettersi davanti al Santissimo Sacramento, o che non importa andare alla Messa alla domenica, ma basta solo credere in Dio, in senso generale, allora il popolo di Dio avvertirà che vi è qualcosa di falso in questo. Se poi fosse chiamato a spiegarlo teologicamente, non ci riuscirà, perché il popolo semplice è composto da gente che non si occupa né di teologia, né di storia della Chiesa. Esso però reagirà continuando a genuflettersi davanti al tabernacolo, ad andare a Messa alla domenica e insegnando ai figli a fare altrettanto, a pregare con le formule di sempre. Magari coloro che sono al comando alzeranno la voce e li giudicheranno male, come popolo retrogrado e non al passo coi tempi, ed essi si umilieranno, ma continueranno imperterriti a praticare la Verità di sempre, perché non possono fare altro: essi avvertono interiormente che il bene sta nel fatto di fare come si è sempre fatto, sentiranno una sorta di “resistenza” interna che non permette di adattarsi alle novità.
Non lo sanno, ma si tratta della “pressione” dello Spirito Santo in loro, che si oppone agli errori, per non contaminare l’intero Corpo e farlo morire. Se chiedete ad uno di questi semplici: «Ma perché fai così?», essi risponderanno: «Non lo so, ma so che si deve fare così». E chi è che lo dice loro? Lo dice loro quella voce interiore di Dio che parla nelle coscienze, perché la Chiesa è un corpo intero, e nel corpo non c’è solo la testa. La Chiesa è Una, ma è anche Santa, e la santità da qualche parte deve pur essere. Certo, santo è Dio che comunica il suo Spirito, ma santi sono anche coloro che ricevono lo Spirito e vivono con docilità l’obbedienza della fede.
Per questo motivo, il popolo di Dio va ascoltato. Esso non è solo un “bacino di utenza” da istruire o da influenzare come si voglia: esso è anche “fonte” di verità e di bene. Il popolo di Dio, in questo senso, va ascoltato, perché può benissimo essere che la salvezza venga proprio dal popolo fedele, che mantiene le tradizioni di sempre, pur senza ribellarsi o senza motivare i propri istinti religiosi e spirituali.
Di esempi, in proposito, ce ne sono a bizzeffe nella storia della Chiesa. Basti pensare alla reazione dell’umile popolo di Dio ai tempi delle persecuzioni della Rivoluzione francese nella Francia del ‘700 o nel Messico dell’inizio ‘900, ma, anche senza citare epopee che hanno visto una reazione visibile e planetaria da parte dei fedeli, anche la vecchina che, tenacemente, dice il rosario prima della Messa feriale, nell’oscurità delle panche di una chiesa semideserta, esprime quella volontà buona del popolo di Dio di rimanere attaccati solo a quello che da sempre salva: la preghiera, i sacramenti, la vera fede.
È della forza, della tenacia, del coraggio, della fede di questa gente che oggi abbiamo bisogno! E questa genuina presenza, nei confronti della quale il maligno non può niente, salverà la Chiesa facendola uscire dalle secche del momento presente.