Il santuario di Valmala

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Il nostro itinerario, alla scoperta degli infiniti episodi che testimoniano l’amore e la protezione di Maria Santissima verso le nostre terre, ci conduce questa volta in Piemonte o, meglio, in Piemonte si situa il nucleo centrale della storia che stiamo per raccontare, ma, come vedremo, alcuni suoi aspetti peculiari ci permetteranno di toccare anche altri avvenimenti straordinari, in qualche modo collegati, che si verificarono in Liguria e nella vicina Francia. Il misterioso disegno della Divina Provvidenza, infatti, secondo vie non sempre immediatamente leggibili da noi mortali, si dipana spesso lungo sentieri che, come l’ordito di un prezioso arazzo, ci saranno pienamente chiari soltanto quando, lasciata questa valle di lacrime, potremo finalmente ammirarne senza veli il disegno meraviglioso.

 

Gli avvenimenti di Valmala

Valmala è un minuscolo Comune, che, attualmente, conta soltanto sessantatre residenti, posto al centro di un vallone laterale sulla destra idrografica della Valle Varaita. Siamo, dunque, in provincia di Cuneo e nella diocesi di Saluzzo. Il toponimo fa probabilmente riferimento ad antichi riti pagani ed alla presenza di spiriti maligni o, come vengono definiti nel dialetto franco-provenzale, alle “masche”.

Nel Medio Evo il comune di Valmala conobbe, comunque, alcuni insediamenti di Cavalieri Templari e, successivamente, dell’Ordine Gerosolimitano o di Malta.

Nella mattina del 5 agosto 1834 cinque piccoli pastorelli, quattro bambine tutte di nome Maria ed il fratellino di una di loro, stanno pascolando le mucche in un alpeggio, chiamato «il Chiotto», sopra il paese. Improvvisamente una bella Signora appare loro dall’alto di una roccia posta al centro del prato. I veggenti si chiamano Maria Pittavino (nata il 4 luglio 1822), la cugina Maria Margherita Pittavino (nata il 18 luglio 1822), Maria Chiotti (nata il 29 aprile 1822), tutte e tre di dodici anni, Maria Boschero (nata il 12 novembre 1822) di dieci anni ed il fratellino di Maria Margherita Pittavino di soli otto anni. La bella Signora si presenta loro con le braccia aperte ed in lacrime. Indossa una veste rossa ricoperta da un manto azzurro fermato sul collo da un bottone d’oro, così come dorata appariva la cintura.

I bambini si soffermano in contemplazione abbagliati da tanta celeste bellezza.

Scesi a sera in paese raccontano, naturalmente, l’accaduto ai loro genitori e conoscenti. Le reazioni sono generalmente scettiche.

La mattina successiva, nonostante il forte vento che minaccia un temporale, i bambini risalgono al Chiotto con i loro armenti. Li accompagnano alcuni paesani, fra cui un certo Bartolomeo Chiotti, in dialetto «Tumlin», gobbo e deforme da molti anni.

Al riapparire della misteriosa Signora i pastorelli si mettono ad urlare per lo stupore. Li sente, da lontano, il padre di Maria Pittavino di nome Giuseppe (1796-1869). Costui, spaventato per il clamore, imbraccia una vecchia spada che custodiva in casa, la «bertuna» e sale rapidamente al Chiotto per verificare cosa stia accadendo.

Egli percuote violentemente la pietra con la spadona, ma i ragazzi non appaiono minimamente scossi dal suo furore. Vedendo, anzi, che una veggente si avvicina al sasso e tende la manina tentando di toccare il manto della Signora, anche papà Pittavino rimane turbato e si inginocchia a terra in segno di devozione.

Le apparizioni proseguono nei giorni successivi e i valligiani accorrono sempre più numerosi sul luogo. Cresce il consenso attorno alla veridicità dei ragazzi grazie anche alla guarigione di Bartolomeo Chiotti che si impegna, assieme a papà Pittavino, a costruire un pilone votivo entro un anno. Resta, però, oscura l’identità della Bella Signora, che continua a rimanere in silenzio ed a mostrarsi addolorata e piangente. Alcuni ipotizzano che si tratti di Sant’Anna, molto venerata nella Valle Varaita. L’opinione prevalente, però, si indirizza verso la Santa Vergine.

Nell’apparizione del 15 agosto, festa dell’Assunzione, i pastorelli riferiscono di udire anche canti celesti piuttosto tristi come nelle salmodie delle Sante Messe per i defunti. Essi vedono anche ombre oscure passare davanti al Sole.

In una successiva mattina la Bella Signora, sempre piangendo, inizia a percorrere un itinerario lungo il prato. Dove Ella passa resta una scia lucente, che subito viene interpretata come la tracciatura del perimetro di una futura chiesa che sarebbe dovuta sorgere in quel luogo. Con un gesto Ella indica anche il sito dove si sarebbero trovate le pietre di ardesia e la sabbia necessaria all’edificazione del tempio.

I fenomeni proseguono, con scadenza quotidiana, fino al termine della stagione in cui il bestiame veniva mantenuto in altura, cioè intorno al 20 di settembre. Giuseppe Pittavino, però, anche dopo il termine delle apparizioni, vorrebbe risolvere il problema dell’identificazione della bella Signora. Egli è deciso ad assolvere la promessa di erigere almeno un pilone, ma, si chiede, a chi dovrà dedicarlo?

Inizia, così, ad accompagnare, in ogni momento libero dal lavoro, la figliola nelle tante cappelle e piccoli santuari della zona. Egli spera che la piccola riconosca, in qualche quadro o statua, l’immagine che le era apparsa per quasi cinquanta giorni al Chiotto. Finalmente, un lunedì mattina, padre e figlia giungono al mercato di Venasca, un paese posto a valle di Valmala. Qui l’attenzione della bambina è subito attratta da un quadretto che riproduce il simulacro della Madonna Madre della Misericordia di Savona.

Giuseppe acquista l’immagine sacra e il 2 novembre del medesimo anno riunisce tutti i veggenti ricevendo da ognuno di loro la conferma del riconoscimento.

Corre, dunque, d’obbligo a questo punto, per seguire il celeste collegamento, di formulare sia pur in estrema sintesi, qualche breve cenno sul Santuario di Nostra Signora della Misericordia che sorge presso Savona.

 

Le apparizioni di Savona

Per fare ciò dobbiamo arretrare di quasi trecento anni lungo il calendario della storia. Trecento anni a noi sembrano tanti, ma certamente, nella prospettiva divina, non sono che un batter di ciglia.

Il 18 marzo del 1536 la Madonna appare ad un anziano contadino che si stava accingendo a potare le vigne nelle vicinanze di un ruscello. Ci troviamo lungo la vallata del torrente Letimbro che scorre a monte di Savona.

La Santa Vergine ordina all’uomo di recarsi dal suo confessore e, tramite il medesimo, di organizzare tre sabati di digiuno accompagnati da altrettante processioni penitenziali. Il quarto sabato sarebbe dovuto tornare presso il ruscello per una seconda apparizione. Antonio Botta (1470-1550), questo era il nome del contadino, subito si attiva per obbedire alle richieste della Santa Vergine, riscontrando una piena disponibilità in tal senso da parte sia dei sacerdoti che del Vescovo. Erano certamente altri tempi ed i messaggi del Cielo non facevano fatica come oggi ad essere ascoltati!

Nonostante alcune resistenze del Podestà genovese, le processioni si svolgono con grande concorso di fedeli. Il quarto sabato Antonio Botta si raccoglie, quindi, nuovamente in preghiera sul luogo della prima apparizione e la Madre di Dio torna a visitarlo, lasciando ai savonesi un messaggio semplice quanto profondo: «Misericordia, non Giustizia!». Il breve testo venne immediatamente interpretato come un invito pressante a mettere da parte le divisioni e le rivalità politiche che, a quel tempo, spesso degeneravano in faide e violenze all’interno della città. La Santa Madre di Dio lodava, inoltre, la devozione ed il fervore delle Confraternite savonesi. Per questo è ancor oggi invocata come Patrona delle medesime.

Già nel luglio dello stesso anno le autorità civili del comune danno inizio alla costruzione del Santuario, che, almeno nelle parti murarie, sarà già terminato nel 1540. Ad esso affluiscono ancor oggi numerosi pellegrini dalla Liguria e dal vicino Piemonte.

Il tempio, in elegante stile proto-barocco, misura 41 metri di lunghezza e 20 di larghezza, si articola in tre navate ed è preceduto, nel piazzale antistante, da una caratteristica fontana settecentesca.

Una pagina indimenticabile nella vita di questo Santuario venne vissuta il 10 maggio del 1815. In questo giorno il Papa Pio VII (1742-1823, Papa dal 1800 alla morte), al termine della dura prigionia savonese, alla quale fu costretto dall’arroganza di Napoleone, si recò, fra due ali di popolo festante, ai piedi della statua della Madonna della Misericordia e la incoronò solennemente in segno di riconoscenza per la protezione accordatagli.

 

Una anticipazione de La Salette?

Ma torniamo a Valmala. Non sono mancati gli studiosi che, pur non trascurando le specificità di queste apparizioni, hanno cercato di trovare delle similitudini e possibili collegamenti con altre, in particolare quella del 1846 a La Salette. Le due località, del resto, sorgono entrambe, più o meno alla medesima latitudine, sui versanti italiano e francese delle Alpi. Molto simile è anche il dialetto parlato nei due paesi, il franco-provenzale. La Santa Vergine si mostra piangente in entrambe le celesti Sue manifestazioni e non rivela il suo nome né a Valmala, né a La Salette. Il riconoscimento avverrà su indicazione dei veggenti ed il titolo con il quale la Madonna è venerata nei due Santuari risulta piuttosto simile: Madre della Misericordia in Italia e Riconciliatrice dei peccatori in Francia.

Va, infine, notato come le apparizioni avvengano a dodici anni di distanza l’una dall’altra, così come passeranno altri dodici anni prima di quelle di Lourdes del 1858.

La vita dei veggenti di Valmala, dopo gli avvenimenti del 1834, trascorrerà per tutti nel più assoluto anonimato e nel nascondimento più umile. Tutti si sposarono, ebbero numerosissimi figli e spostarono la propria residenza in altri paesi della Valle Varaita. Nessuno di essi smentì mai l’apparizione o ne mutò il racconto.

Colei che sopravvisse più a lungo fu Maria Chiotti che morì nel 1899. Di lei si ricorda che fino al termine della sua esistenza soleva alzarsi prima dell’alba per poter raggiungere, con più di un’ora di cammino, la Chiesa Parrocchiale di Roccabruna, dove sempre assisteva alla Santa Messa quotidiana. Quando qualcuno le domandava quale fosse, a suo parere, il significato delle lacrime della Madonna che aveva visto, soleva rispondere: «Bisogna pregare molto, perché le anime vanno all’inferno come la neve d’inverno».

Già l’anno successivo, il 1835, papà Pittavino, con l’aiuto del risanato Bartolomeo, eresse un pilone votivo sul luogo delle celesti visioni. Nel 1840 fu eretta una cappella più ampia ed infine, anche in conseguenza di un pubblico voto del comune per il fatto che Valmala fu preservata dall’epidemia di colera del 1835, l’attuale Santuario, caratterizzato da un grande porticato antistante, terminato nel 1851.

L’atteggiamento dell’autorità ecclesiastica fu dapprima diffidente ma poi, visti gli evidenti frutti positivi sulle anime e la rettitudine della vita dei veggenti, si mutò gradualmente nel senso di una convinta approvazione.

Furono pertanto celebrati solennemente sia il cinquantenario che il centenario delle apparizioni. Nell’agosto del 1946, Monsignor Egidio Luigi Lanzo (1885-1973), Vescovo di Saluzzo, incoronò con grande solennità la statua di Maria Santissima Madre della Misericordia proclamandola Regina della Diocesi.

Dal marzo al luglio del 1949, infine, la medesima statua fu portata in tutte le parrocchie della diocesi saluzzese per la peregrinatio Mariae.

 

 

 

 

 

 

 

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