Il punto di non ritorno della sinistra

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Il restyling Schlein del PD viene accreditato dai “compagni” – volenti o nolenti – come una novità, agitando nello stesso tempo un antifascismo anacronistico, fantasmico e strumentale. In realtà si tratta di un punto d’arrivo e insieme di dissoluzione di una vecchia storia, in cui la parola comunismo, tra sardine e influencer griffati, appare oggi come paradosso. Non una linea rivoluzionaria, e nemmeno riformista, bensì quella d’imposizione egemonica sulla società mediante un’ideologia totalizzante, che anziché operare concretamente nel campo del possibile e opinabile, fa uso di concetti apodittici, mitologici, autoreferenziali. Il travestimento glamour del PD copre pudicamente le vecchie divise, rilancia gli intellettuali organici altoborghesi, i salotti tra artisti e contesse, con lavoratori e popolo ignoti e tenuti ben a distanza.

 

Una vecchia storia

Viene dalle ideologie del 900 l’identificazione delle donne in classe sfruttata e l’approccio materialistico-evoluzionista al sesso e alla maternità. In URSS, la sostituzione dei capitalisti con apparati burocratici di Stato a gestire un sistema economico industriale massificato e urbanizzato, distrusse le comunità e con esse il tessuto sociale delle famiglie/comunità, incentrate sulla donna; essa ne viene in qualche modo scissa, da un lato forza lavoro, dall’altra fattrice, mentre si applica il collettivismo nell’allevamento ed educazione dei figli al regime. Al di là della retorica, del progresso nell’istruzione e del moralismo ufficiale, le donne vengono stritolate in un mutamento di ruoli, mentre i nuovi ceti privilegiati URSS ripetono sul piano del costume i modelli borghesi.

Le donne italiane, in un contesto storico e culturale che da tempi antichi ha testimoniato il prestigio e la centralità della donna nella comunità, nella famiglia, nella letteratura, nell’arte, e soprattutto col culto della Natività, della Vergine Maria e delle sante, non erano predisposte a piegarsi a suggestioni ideologiche antidentitarie provenienti da paesi di travolgente industrializzazione. Il femminismo italiano del 900 non mette in discussione l’ideale della coppia solidale nel matrimonio e il ruolo materno e paterno, ma opera per mutamenti e tutele istituzionali. È nel secondo dopoguerra e poi negli anni ‘60, con l’imposizione dei modelli americani, che, pure in un clima di guerra fredda, il PCI combina le illusioni del collettivismo sovietico con il ben concreto sviluppo economico occidentale: le donne diventano interessanti come forza lavoro a basso costo e centri di economia domestica per consumi di massa. L’ingresso della televisione nelle case degli italiani opera una trasformazione nei rapporti interni alla famiglia perché ne muta le abitudini, le relazioni, i tempi; e muta anche il rapporto tra famiglia e società perché getta il discredito sulla prima rispetto ai linguaggi e modelli mediatici. Attraverso sistemi di lottizzazione, il sistema dei partiti si integra con le nuove burocrazie dell’ente televisivo. Il mondo cattolico interpreta il fenomeno superficialmente e in chiave modernistica, contrattando e cogestendo spazi e contenuti del messaggio televisivo, senza comprendere che “il mezzo è il messaggio”, né mettendo in discussione l’egemonia di sinistra in un mondo culturale del resto banalizzato dalla televisione stessa. Si verifica anzi la progressiva rinuncia ad essere presenti in modo alternativo nel tessuto sociale ed educativo, con asili, scuole, circoli, oratori, editoria per l’infanzia ecc.

 

L’ideologizzazione dei servizi sociali e della scuola

La società dei consumi e l’urbanesimo richiedono l’aumento del reddito familiare e il lavoro delle donne fuori casa. Il PCI ideologizza la conseguente richiesta di servizi – asili nido, materne, tempo pieno nella scuola dell’obbligo – propugnando modelli pedagogici ed educativi “sperimentali” e, soprattutto dopo il ’68, facendo proprie istanze femministe di rifiuto della maternità e di inimicizia verso l’uomo. Si importano i rozzi concetti di “schiavitù biologica”, si accredita l’autonomizzazione del sesso come fenomeno liberatorio per le donne, e si ignora l’evidenza scientifica omicidiaria dell’aborto assumendolo come diritto al positivo, esclusivo della donna.  Progressivamente, ideologie femministe e politica di regime vengono a fondersi – e confondersi – in un complesso subalterno alle linee di sviluppo del capitalismo globalizzato, poi alle burocratizzazioni europeiste, venendo meno le politiche per la famiglia e per la concreta situazione delle donne nel lavoro, a favore dell’offensivo (per le donne) teatrino delle quote rosa e delle femministe di professione.

 

Una discriminante assoluta

Col confluire del femminismo istituzionale e mediatizzato nell’ideologia gender, LBGTecc.. l’anodino PD approfitta delle risorse e ribalte istituzionali sotto l’ombrello UE, nelle follie manipolatorie su linguaggio, anagrafe, stato civile, sui matrimoni omosessuali, adozioni, maternità surrogate ecc. Con l’utero in affitto, si perviene al punto di non ritorno nella catastrofe della scienza e della politica, perché in esso si uniscono sfruttamento, speculazione, negazione dell’essere nei suoi fondamenti: una mercificazione della donna che non ha precedenti nella storia umana.

Sulla questione passa oggi una discriminante che non ammette ambiguità e possibilismi, ed è ormai chiaro che non possa definirsi femminista da nessun punto di vista una posizione che legittimi tale mostruosità: essa è al servizio dei racket internazionali e delle lobbies che hanno nel progressismo la propria ribalta mediatica.

 

Il PD, ceto e contenitore

La gigantesca macchina propagandistica del capitalismo woke a sostegno dell’ideologia gender e LBGT ha nella Schlein un suo prodotto, ma costei rappresenta altresì il punto di arrivo della crisi irreversibile della “sinistra” e della perdita di significato del termine stesso.

I diritti sociali e civili sono inscindibili, proclama la Schlein, ma a parte l’ovvietà dell’enunciato, la politica dei diritti è di per sé immobilista, perché si concentra su ciò che ritiene esista già (il diritto) e ne rivendica l’esercizio continuo fine a se stesso. Il diritto all’aborto si soddisfa nell’abortire continuamente, il diritto di cambiare sesso, nel cambiarlo continuamente (in questo il queer ha ragione). Per costruire sequenze di movimento, si devono suscitare sempre nuovi “diritti”, che non mettono mai in discussione il sistema, anzi, più sono cervellotici e ricattatori, più ne sono il supporto; non solo non si agisce strutturalmente, sui rapporti economici, finanziari, di potere, ma alle comunità umane si sostituiscono entità posticce, mediatiche, e un’individualità egoista quanto sorvegliabile, manipolabile, serva volontaria. Il PD, ceto più che partito, ben si presta a farsi contenitore di interessi, ludi e nevrosi altoborghesi, di vip e parassiti, o di chi, lobotomizzato via social, di questi sogna e raccatta le briciole.

Una rivoluzione, per quanto dirompente, si pretende costruttiva di nuove realtà ed equilibri, di un’idea di società. E’ quindi un non senso parlare di una “svolta a sinistra” o “rivoluzionaria” del PD con la Schlein, in quanto non solo non vi è l’intuizione di un possibile, ma addirittura vi è l’identificarsi e sostenere le tendenze in atto del sistema globalizzato a trazione GAFAM[1], imposto dagli organismi internazionali e dal “capitalismo della sorveglianza”[2]. Il PD della Schlein è il confezionamento della rappresentanza politica di strati della società protetti, parassitari o decisamente privilegiati, e dell’influenza che essi si procurano, con ampi mezzi mediatici,  in aree sociali disinformate, disorientate, manovrabili.

 

 

[1] Acronimo per Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft.

[2] Vedi Shoshana Zuboff The Age of Surveillance Capitalism. The Fight for the Future at the New Frontier of Power, 2019 trad. it. Il capitalismo della Sorveglianza, Luiss 2019.

 

 

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1 commento su “Il punto di non ritorno della sinistra”

  1. Un’analisi molto interessante che vedrei bene estesa ai progetti (e percorsi) in atto, connessi all’identità digitale e soprattutto alla sotto-gestione che di essa si farà, fra poche e complesse attività di servizio e molte ed articolate attività di controllo, per lo più in mano a uomini, enti e società di servizio del deep-state ovvero del mondo sinistro!

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