Il beato Titus Zeman, salesiano martirizzato dai comunisti

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Don Titus Zeman, salesiano slovacco, nacque il 4 gennaio 1915 a Vajnory, presso Bratislava. Desiderava diventare sacerdote sin dall’età di 10 anni, quando ottenne la guarigione improvvisa per intercessione di Maria Santissima. In quella circostanza, il piccolo Titus, malato, chiede al padre di prenderlo in braccio e portarlo sulla soglia di casa perché possa accompagnare il ritorno dei pellegrini dal santuario nazionale di Šaštín. Ma Titus, in seguito, non attende il passaggio del pellegrinaggio e chiede di essere riportato a casa appena scorge, in lontananza, la Croce: questo sarà un atteggiamento tipico di tutta la sua vita, consistente in una fede forte cui basta intuire per credere e per sperimentare la grazia già presente e operante. Inoltre, Titus considera da questo momento un dovere sacrificare la vita che gli è stata restituita.

Compì gli studi ginnasiali e liceali in alcune case salesiane; nel 1931 intraprese il noviziato ed il 7 marzo 1938 emise la Professione Perpetua al Sacro Cuore di Roma. Studente di teologia presso l’Università Gregoriana di Roma, e poi a Chieri, sfruttava il suo tempo libero per fare apostolato nell’oratorio. A Torino, il 23 giugno 1940, raggiunse la meta tanto desiderata dell’ordinazione sacerdotale, grazie all’imposizione delle mani del cardinale Maurilio Fossati. Il giorno della sua prima Messa a Vajnory, 4 agosto 1940, alcune focacce preparate dalle donne del paese per far festa vengono trovate misteriosamente bruciate all’interno, e di un rosso sangue. Alcuni dei presenti piangono, perché lo interpretano come un presagio di martirio.

 

Celebrazione della prima Santa Messa del beato Titus Zeman, 4 agosto 1940

 

Quando il regime comunista cecoslovacco, nell’aprile del 1950, soppresse gli ordini religiosi e iniziò a deportare consacrati e consacrate nei campi di concentramento, divenne necessario organizzare dei viaggi clandestini verso Torino per consentire ai religiosi di  completare gli studi. Don Zeman s’incaricò di realizzare questa rischiosa attività. Don Zeman organizzò due spedizioni per oltre 60 giovani salesiani. Alla terza spedizione don Zeman, insieme con i fuggitivi, venne arrestato. Subì un duro processo, durante il quale venne descritto come traditore della patria e spia del Vaticano e rischiò addirittura la morte.

Il 22 febbraio 1952, in considerazione di alcune circostanze attenuanti, venne condannato a 25 anni di pena. Don Zeman uscì di prigione, in prova, solo dopo 12 anni di reclusione, il 10 marzo 1964. Ormai irrimediabilmente segnato dalle sofferenze subite in carcere, morì cinque anni dopo, l’8 gennaio 1969, circondato da una gloriosa fama di martirio e di santità.  Visse il suo calvario con grande spirito di sacrificio e di offerta: «Anche se perdessi la vita, non la considererei sprecata, sapendo che almeno uno di quelli che avevo aiutato è diventato sacerdote al posto mio».

L’inchiesta diocesana per la sua causa di beatificazione e canonizzazione ebbe inizio a Bratislava (Slovacchia) il 26 febbraio 2010 e si concluse il 7 dicembre 2012. Infine, il 30 settembre 2017, proprio a Bratislava, è stato solennemente beatificato, con celebrazione presieduta dal suo confratello salesiano, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi.

L’umiltà del Beato emerge da una lettera all’amico Michal Lošonský-Želiar (Linz, 26 gennaio 1951):

«Oggi alla Santa Messa ho avuto due ispirazioni molto forti; se le avessi ricevute prima non Ti avrei scritto la lettera precedente [del 21 gennaio] sulla mia paura. La prima ispirazione è venuta durante la prima lettura: anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli, ecco il nostro obbligo ad essere pronti a sacrificare la nostra vita per i fratelli” (1Gv 3,16), ed ecco perché non si deve avere paura; nella stessa lettura è scritto: “noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli” (1 Gv 3,14). Caro amico, medita su questa lettura, leggila lentamente frase per frase e pensa e capirai che ho sbagliato quando ti ho inviato la lettera precedente, scritta in quel tono. Dunque quelle erano le mie prime impressioni, troppo legate al pensiero di questa vita e non indirizzate a quell’altra, migliore, che speriamo di ricevere dalla misericordia di Dio.

E la seconda ispirazione era nel Vangelo: «non abbiate paura… Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!» (Mt 10,28-30). Neppure un passero cadrà a terra senza la volontà del Padre vostro, anche i capelli del nostro capo sono tutti contati, non ne perdiamo nemmeno uno se Dio non lo permette, e si ripete qui «non abbiate paura». Caro amico, Ti confesso che sono stati due pensieri forti che mi hanno accompagnato durante l’intera messa e non posso fare a meno di scrivertelo.

Forse qualcuno lo chiamerà falso eroismo, forse pazzia, forse irragionevolezza. Ognuno lo chiami come vuole, io lo chiamo dovere che mi è stato affidato dai miei superiori, di cui sono responsabile verso Dio e verso i miei “superiori veri”, non verso tali che vorrebbero farsi superiori e dirigere tutto dall’ufficio comodo.

Te lo scrivo perché non riesco a liberarmi da una certa intuizione, e cioè che tu voglia allontanarti [da questa impresa] sulla base di quella lettera che mi hai citato e in cui un mio zelante confratello Ti ha avvertito che tu stessi attento a me perché opero senza consultazione con i superiori. Ti assicuro che ho consultato i miei superiori e che loro mi hanno impartito per questo anche la loro benedizione, che considero una benedizione dello stesso don Bosco perché loro sono i suoi successori e rappresentanti qui sulla terra».

Questa lettera è custodita presso l’Archivio Nazionale Slovacco a Bratislava (Copia Pubblica VIII 8699).

La storia di Don Titus è un ottimo esempio di fedeltà alla causa di Don Bosco, in particolare attraverso lo zelo e l’amore per salvare la vocazione dei giovani salesiani con l’avvento e sotto il regime comunista.

È possibile sperimentare la Comunione dei Santi invocando l’intercessione del Beato, affidando a lui le proprie intenzioni, in particolare il dono di nuove sante vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa.

 

Preghiera per la Canonizzazione di don Titus Zeman

O Dio onnipotente,
tu hai chiamato don Titus Zeman a seguire il carisma di san Giovanni Bosco.
Sotto la protezione di Maria Ausiliatrice
egli divenne sacerdote ed educatore della gioventù.
Visse secondo i tuoi comandamenti,
e tra la gente fu conosciuto e stimato
per il carattere affabile e la disponibilità per tutti.
Quando i nemici della Chiesa soppressero i diritti umani e la libertà della fede,
don Titus non si perse di coraggio e perseverò nella strada della verità.
Per la sua fedeltà alla vocazione salesiana
e per il suo servizio generoso alla Chiesa fu incarcerato e torturato.
Con audacia resistette ai torturatori e per questo fu umiliato e deriso.
Tutto soffrì per amore e con amore.
Ti supplichiamo, o Padre onnipotente, fa’ che il Beato Tito
sia iscritto nel numero dei tuoi santi
e per sua intercessione concedi a noi la grazia che con fede ti chiediamo.
Per Cristo nostro Signore. Amen!

Per segnalare grazie o favori ricevuti per sua intercessione, oppure per informazioni, è possibile rivolgersi al Postulatore Generale della Famiglia Salesiana, don Pierluigi Cameroni: postulatore@sdb.org

 

 

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