È usanza comune, quando si fa una foto di gruppo, mettersi davanti all’obiettivo, attendere che il fotografo si sistemi e prepari lo scatto, poi attendere il suo fatidico invito: «Sorridete!», sfoggiare un bel sorriso, e attendere che la foto sia fatta.
Non c’è depliant, non c’è pubblicità, non c’è foto di famiglia nella quale non abbondino volti sorridenti. L’espressione sorridente in questo caso è invitante, incoraggiante: “Vedi come stiamo bene noi – sembrano far intendere – che lavoriamo in questa ditta, che usiamo questo prodotto, che facciamo parte di questo gruppo”.
Eppure una volta non era così. Se prendete qualche foto di famiglia del passato, anni ’30 o ’40, per intenderci, vedrete volti seri, persone in posa solenne, ferma, austera. Nessuno sorride. Come mai? Erano tutti tristi al tempo? Non credo: certamente i nostri avi erano come tutti, gioiosi in certe occasioni, preoccupati o tristi in altre, come noi, come lo sono gli uomini di ogni latitudine e generazione. Semplicemente non c’era l’usanza di mettersi in posa sorridente.
Prendete ad esempio i tre pastorelli di Fatima. Esistono diverse foto su di loro; pur essendo agli inizi dell’era della fotografia, esiste una discreta galleria di immagini dei bambini, ripresi al tempo delle apparizioni del 1917. In tutte queste foto i fanciulli non sorridono mai. Non solo sono sempre seri, ma in alcune occasioni anche paiono particolarmente imbronciati. Quella scattata nel luglio del 1917 è emblematica: non sembrano nemmeno loro. Avevano avuto da poco la terrificante visione dell’Inferno, e Lucia ha un volto quasi deformato, che non ha nulla della grazia che di solito i bambini mantengono. In un’altra, straordinaria, Giacinta è seduta col rosario in mano, vicino alla cugina Lucia in piedi. Cercatela, se potete, e osservatela: il volto della piccola Marto è serio, serissiimo, accigliato, e guarda diritto l’obiettivo come se fosse sul punto di perforarlo con lo sguardo.
Sarebbe bello avere un’immagine fotografica del Signore Gesù. Tanti pittori, del passasto e del presente, lo hanno ritratto, ma siccome al suo tempo non vi erano macchine fotografiche, una vera immagine del volto di Cristo non l’abbiamo. Se in quel tempo ci fosse stata la macchina fotografica, come si sarebbe lasciato riprendere? Serio, sorridente?
Nel Vangelo non appare mai un accenno a che il Signore rida. Due volte si dice chiaramente che pianse: su Gerusalemme e davanti alla tomba di Lazzaro. Mai che rida o che sorrida. Come mai? Eppure il sorriso è un’espressione straordinaria, propria dell’uomo. Madre Teresa di Calcutta lasciò un poema di grande bellezza sul sorriso: esso non costa nulla e arricchisce molti – questa una delle sue espressioni, e tante altre, tutte condivisibili. E in effetti anche a noi piace la gente che sorride, che ci accoglie sorridendo, che supera le difficoltà con un bel sorriso. La gente sempre imbronciata non ci piace.
E allora, come mai nel Vangelo, che pure è la storia della salvezza, che pure parla di gioia (quella vera) non si dice mai che gli apostoli ridono, che i salvati danzano a girotondo con ampi sorrisi di beatitudine?
La risposta potrebbe essere questa: perchè c’è il peccato nel mondo. Se penso che nella giornata di oggi, in questo preciso momento, qualcuno muore e va all’Inferno, per rimanervi per sempre, come posso ridere? Come posso accarezzare questo pensiero sorridendo?
Di qui l’insegnamento di Giacinta di Fatima. Aveva visto l’Inferno, aveva avuto dalla Vergine Maria il compito di pregare e fare sacrifici affinchè i peccatori si convertissero, per riparare i peccati contro il Cuore Immacolato di Maria, ed ella aveva preso sul serio il suo compito. La sua vita, dal termine delle apparizioni fino alla sua morte (qualche mese soltanto) è la storia di una lottatrice straordinaria che si mette alle porte degli Inferi, per così dire, per strappare anime dalla dannazione eterna.
La piccola Giacinta, paragonabile ad una moderna Giovanna d’Arco, può scendere in quella valle oscura sorridendo a destra e a sinistra come se andasse per i prati a raccogliere margherite?
Ma, tornando a Nostro Signore, a ben pensare una sua fotografia autentica l’abbiamo: è la Sindone. Piaccia o non piaccia, quella è l’immagine vera del volto di Cristo. Dicono che il primo che fece lo studio fotografico in negativo dell’immagine del Cristo, alla vista di quel volto così solenne, rimase letteralmente scioccato, non riuscendo quasi a riprendersi per giorni e giorni. Aveva visto, per primo nella storia dell’umanità, il vero volto di Gesù, che non gli sorrideva, ma che lo “guardava” solenne e austero, quasi vivo nel sonno della morte.
E non è sbagliato affermare che quell’immagine è conturbante. Provate a fissarla per dieci minuti fissi, senza distogliere lo sguardo. Quel volto parla. Vi parla del prezzo della redenzione, del peso del peccato, del sacrificio, ma anche della dignità, della grandezza dell’Uomo-Dio che non ha ricusato di salire sulla croce per togliere i peccati del mondo. Quel volto è assolutamente indicibile e inenarrabile. E non sorride. Vi guarda diritto per entrare nel cuore, per scavare, per “togliere il peccato”, che è cosa tremendamente seria.
Ecco il vero volto di Dio: non più lacerato dalle brutture della Passione, non ancora sfolgorante nella gloria della resurrezione, ma tremendamente serio e pieno di regale compassione. Questo è il volto di Dio che desideriamo. Ed è anche la figura che terrorizza Satana. Davanti a quel volto, egli fugge. Non sono sicuro invece che scappi davanti a ministri di Dio, magari in maglietta e pantaloncini, sorridenti e affabili, in marcia verso Assisi con chitarre e bandiere della pace. Di quelli, egli non ha paura. Ma il volto sindonico di Cristo lo mette a disagio, come anche lo sguardo truce di Giacita di Fatima.
Può darsi che in Paradiso tutti poi sorridano, ma questo è anche giusto: il peccato là non c’è più, e si loderà in eterno il Salvatore, finalmente liberati da ogni debolezza e pericolo. Qui in terra invece vige e si esige il combattimento contro le potenze.
Abbiamo allora bisogno di quello sguardo, quello di Giacinta, quello dei lottatori, di coloro che sanno che la vittoria sul male costa sudore e sangue. Il mondo e coloro che fanno del mondo il loro luogo non hanno bisogno dei nostri sorrisi, della nostra accondiscendenza. Essi sorridono già abbastanza per conto loro. Il mondo teme piuttosto lo sguardo severo di Giacinta, lo sguardo solennissimo del Cristo sindonico, perchè quei volti parlano di Dio, degli uomini, del peccato, della grazia.
Lo sguardo di chi ha sofferto e soffre per liberare il mondo dal peccato dona una bellezza straordinaria a quei volti. Fissateli un po’, per convincervene.
2 commenti su “Smile!”
È vero, non si legge di risate di Gesù nel Vangelo. Ma è verosimile. Gesù non perse un secondo della Sua preziosissima vita, usò tutto il tempo a strappare anime al nemico, e aveva poco da ridere. È una bella considerazione. Imitiamolo. Sarà più bello il Suo abbraccio di tutte le risate che ci faremo su questa terra. E poi, a pensarci bene, anche noi abbiamo davvero tanto da ridere?
Caro Padre,
oltre al volto Sindonico, che potenzialmente rivela molto di ‘più di quello che appare dalle vecchie fotografie, c’ è un’altra immagine meno nota. Speriamo prima di tutto, di poter presto avere questo molto di ‘più quando si darà il permesso di fotografare con le nuove tecnologie l’intera immagine sindonica. Ciò premesso c’è un immagine meno nota di quella della Sindone. Essa era molto nota prima del Sacco di Roma del 1527 quando veniva esposta in San Pietro in occasione dei Giubilei. L’affluenza nel Giubileo del 1450 fu tale che provocò una fatale rottura di una delle spallette del ponte sul Tevere ove affogarono moltissime persone. Ci furono molti pittori che tentarono di copiare quell’immagine ed alcuni di loro ebbero risultati eccellenti. Il più bello in assoluto fu il Salvator Mundi di Antonello da Messina. Nel web è facile trovare la sua riproduzione. Stampatela e poi stampate anche quella del Velo di Manoppello ,che recenti e approfonditi studi hanno concluso, con valide argomentazioni, che si tratti proprio dell’immagine venerata sino alla sparizione da Roma dopo il sacco del 1527. Mettete a confronto le due foto e noterete come l’una sia la ricostruzione dell’altra dopo la necessari ri costruzione fatta dal pittore per togliere gli effetti delle ecchimosi e dei traumi evidenti patiti dal volto del Cristo nell’originale del Velo di Manoppello. Anche una ricostruzione del Mantegna lascia lontanamente credere che si tratti di una ispirazione dallo stesso modello, senza però avere la stessa dolcezza e la stessa somiglianza con l’originale. Provare per credere.