La Sepoltura dei santi Cosma e Damiano è una tempera su tavola (37×45 cm) del Beato Angelico, risalente il 1443, custodita nel Museo nazionale di San Marco a Firenze, convento domenicano nel quale viveva l’autore. Il dipinto faceva parte della predella con le Storie dei santi Cosma e Damiano della Pala di San Marco, oggi divisa e distribuita in più musei. Il pannello qui proposto era l’ottavo della serie, l’ultimo sul lato frontale da sinistra. L’opera riproduce un racconto della tradizione agiografica: un giorno i Santi medici Cosma e Damiano (Costantinopoli, III secolo – Cirro, in Antiochia, 303) avevano curato l’emorroissa Palladia (prima scena della predella), la quale, in segno di ringraziamento, insistette per ricompensarli con tre uova. Cosma rifiutò, mentre Damiano, colpito dall’ostinazione della beneficiata, decise di accettarle di nascosto, ma del fatto venne a conoscenza il fratello, che lo rimproverò e ordinò ai suoi seguaci di seppellirlo distante, una volta morti, da Damiano. Giunta la loro fama, sotto l’Impero di Diocleziano, alle orecchie del prefetto romano della Cilicia, Lisia, il quale li accusò di perturbare l’ordine pubblico con la diffusione della fede cristiana. Al loro rifiuto di abiurare furono condannati ad atroci torture e alla decapitazione, con altri fratelli più giovani (o discepoli): Antimo, Leonzio, Euprepio. Allora i loro seguaci eseguirono le volontà di Cosma, ma, al momento della sepoltura, un cammello miracolosamente si mise a parlare: «Nolite eos separare a sepoltura, quia non sunt separati a merito»: essi in quanto uguali nel merito, dovevano esserlo anche nella sepoltura. Tale frase viene riportata dal Beato Angelico sul cartiglio che il cammello, sullo sfondo, regge con la bocca.