Prende avvio, in questo numero, una nuova rubrica, dal titolo La rivoluzione femminista: Marianne e le sue seguaci. Il dipinto che rappresenta questo appuntamento, La libertà che guida il popolo, opera di Eugène Delacroix, vuole essere il simbolo dell’ideale femminista, fallace e distruttivo: Marianne raffigura da sempre la libertà dei “diritti”, quella contro natura e contro Dio, la Repubblica francese, la Costituzione francese, e proprio dal concetto interpretato da Marianne nasce la donna nemica di se stessa: ribelle nello spirito e nel corpo, antagonista dell’uomo e dimentica della sua meravigliosa identità femminile.
Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo (La Liberté guidant le peuple), olio su tela (260×325 cm), 1830, Museo del Louvre, Parigi
Le miriadi di donne cristiane d’Europa, più o meno celebri, portatrici di valori inossidabili ed eterni, che hanno contribuito in maniera determinante al bene della società, del continente, del mondo intero, oggi non vengono più considerate, sono volutamente dimenticate e nessuno parla di loro, né in famiglia, né nelle scuole, né nelle parrocchie, né sui media.
In questi giorni la televisione sta martellando i telespettatori con la pubblicità di una collana dedicata alle Grandi donne. Tenaci, creative, coraggiose, uniche, libere (Gruppo di comunicazione RBA). La gran parte delle figure proposte non è portatrice dei valori evangelici (su 60 figure proposte, solo tre sono cattoliche: santa Giovanna d’Arco, Isabella di Castiglia, Agatha Christie), quei valori che hanno costruito l’Europa, quella della civiltà e del progresso, nel vero senso dei termini.
È ora, quindi, di sfatare e smascherare le eroine laiche delle femministe, parlando proprio di quelle donne che hanno, con i propri pensieri, le proprie opere e le proprie azioni rivoluzionarie causato distorsioni e confusioni tali da ledere i principi imprescindibili della natura umana, provocando le drammatiche conseguenze che oggi viviamo.
«Hanno tracciato una nuova via e oggi beneficiamo della loro eredità raccogliendone il testimone» recita uno slogan promozionale della collezione biografica. Il primo ritratto è dedicato a Maria Montessori. La donna che rivoluzionò per sempre il mondo dell’educazione.
Proprio di lei andremo quindi a parlare guardando storicamente, senza diaframmi rivoluzionari e lenti femministe, che depistano il corretto giudizio, chi era e cosa fece questa “maestra dei bambini”, distante anni luce dalla straordinaria pedagogia salesiana, fondata da san Giovanni Bosco, quella che si basa sulla ragione, sulla religione e sull’amorevolezza.
Maria Montessori nacque a Chiaravalle, in provincia di Ancona il 31 agosto del 1870. Era figlia unica di genitori liberal-cattolici, dalle simpatie risorgimentali. Il padre Alessandro (1832-1915), ferrarese, fu funzionario al ministero delle Finanze. La madre, Renilde Stoppani (1840-1912), marchigiana, proveniva da una famiglia di piccoli proprietari terrieri ed era parente dell’abate Antonio Stoppani (1824-1891), geologo, paleontologo, patriota risorgimentale, sacerdote rosminiano, figura di rilievo del Cattolicesimo che voleva conciliare Stato e Chiesa in Italia e figura di primo piano nella formazione della giovane Montessori.
La famiglia si trasferì dapprima a Firenze e poi a Roma nel 1875. Dal 1883 Maria studiò alla scuola tecnica Michelangelo Buonarroti, in seguito, dal 1886 al 1890, all’Istituto tecnico Leonardo da Vinci. Si iscrisse quindi alla facoltà di Scienze nel 1890, per passare, nel 1892, alla facoltà di Medicina, divenendo una delle prime donne laureate in tale settore. Nel 1894 vinse un premio di studio elargito dalla Fondazione Rolli e l’anno dopo conobbe il collega Giuseppe Montesano (1868-1961), con cui fu ammessa nella clinica psichiatrica dell’Università di Roma, diretta da Ezio Sciamanna, nella quale, insieme a un altro collega, Sante De Sanctis (1862-1935), condusse per la tesi di laurea una ricerca su Le allucinazioni a contenuto antagonistico, laureandosi nel luglio 1896.
Come assistente di Montesano, del quale divenne l’amante, entrò nell’ospedale di San Giovanni, continuando la ricerca nella clinica psichiatrica. Nel frattempo si interessò dei bambini handicappati, attraverso lo studio delle opere di Jean-Marc-Gaspard Itard e di Edouard Séguin e prese ad interessarsi dell’emancipazione femminile, partecipando nel 1896 al primo Congresso dell’ International Council of Women di Berlino, sui diritti delle donne. Fra il 1897 e il 1898 soggiornò a Parigi per studiare le opere di Séguin e nel sobborgo di Bicètre per conoscere i metodi educativi elaborati da Désiré-Magloire Bourneville.
Il 31 marzo 1898, diede segretamente alla luce il figlio Mario (1898-1982), nato dalla relazione con Montesano. Il bambino, che sarebbe stato di inciampo per la carriera dei genitori, venne abbandonato: fu allevato da una famiglia estranea e poi da un collegio. «Niente impediva ai due medici di sposarsi o quantomeno di riconoscerlo, ma il bambino, partorito di nascosto, venne registrato allo stato civile come “figlio di ignoti” […] Così l’educatrice dei bambini, a ventotto anni, abbandonò il figlio, come aveva fatto un altro celebre pedagogo, Jean -Jacques Rousseau»[1].
Nel settembre 1898, Montessori partecipò al Congresso pedagogico di Torino e qui tenne una relazione sul rapporto tra medicina e pedagogia e proponendo un’educazione specifica e mirata per i bambini anormali, il discorso ebbe ampia eco. Nel dicembre 1898 venne costituito il Comitato provvisorio della Lega nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti, nel cui direttivo c’era Montesano. Maria Montessori, impegnata a tenere conferenze in diverse città, s’impegno a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla «carità moderna», dove emergeva il tema della «donna nuova». Divenne paladina dell’emancipazione femminile e di ideali di pace. Nel marzo 1896, divenne confondatrice e vicesegretaria di un’associazione femminile romana e nel 1899 entrò a far parte dell’Unione materna. Fece sua la questione femminile nei consessi internazionali, come nel Congresso femminile di Londra del 1899, interpellata da Guido Baccelli (1830-1916), che aveva fatto esperienza, nel 1849, delle barriccate che avevano difeso la Repubblica Romana dall’assalto delle truppe francesi, e fu sette volte Ministro della Pubblica Istruzione. Sempre nel 1899 la Montessori aderì alla Theosophical Society, fondata nel 1875 a New York per lo studio e la divulgazione della teosofia (sapienza divina) e delle scienze esoteriche. Aderendo al principio della «fratellanza universale» di stampo massonico, la teosofia si basava sul motto «non c’è religione più alta della verità». Ai suoi membri non era richiesta alcuna specifica professione di fede. Questa istituzione e il suo organo ufficiale, il «The Theosophist» (1879) furono fondati da Helena Blavatsky (1831-1891), filosofa, teosofa, saggista occultista e medium russa naturalizzata statunitense e dal colonnello Henry Steel Olcott (1832-1907).
Le sue frequentazioni le portarono sempre più prestigio. Nel 1900, insieme a Montesano, assunse la direzione della Scuola magistrale ortofrenica, avviata a Roma per iniziativa degli accademici di sua conoscenza e dalla quale nacque l’anno dopo l’Istituto medico-pedagogico. I suoi studi, Riassunto delle lezioni di didattica e L’autoeducazione nelle scuole elementari la resero celebre nell’intervento al II Congresso pedagogico italiano (Napoli nel 1901) sulle Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione.
Nel 1901 ruppe la sua relazione con Montesano, mentre fra il 1900 e il 1906 insegnò antropologia e igiene all’Istituto superiore di magistero femminile di Roma. In quel momento approfondiva studi filosofici, pedagogici e antropologici, si iscriveva nel 1903 alla facoltà di filosofia, avviava più significativi rapporti con Giuseppe Sergi, ma si confrontava anche con: Luigi Credaro (1860-1939), che pubblicò numerosi libri, in particolare sui filosofi tedeschi Immanuel Kant e Johann Friedrich Herbart; Giacomo Barzellotti (1844-1917), allievo di Terenzio Mamiani e di Augusto Conti, entrambi filosofi spiritualisti, si professò seguace del neokantismo e fu iniziato alla Massoneria nella loggia Concordia di Firenze, affiliata al Grande Oriente d’Italia; Antonio Labriola (1843-1904), filosofo con particolari interessi per il marxismo. Nel 1887 Labriola ottenne la cattedra di Filosofia della Storia all’Università di Roma e diede inizio ad un corso di storia del socialismo. A seguito di notizie che davano imminente la stipula del Concordato con il Vaticano, Labriola tenne all’Università una conferenza, Della Chiesa e dello Stato a proposito della conciliazione, dove sostenne una minaccia per la libertà di pensiero ogni accordo con la Chiesa, temendone l’ingerenza nella vita pubblica italiana. Il 18 novembre 1887 il quotidiano romano «La Tribuna» pubblicò una sua lettera in cui, fra l’altro, scriveva di essere «teoricamente socialista ed avversario esplicito delle dottrine cattoliche» e il 22 gennaio 1888, nella conferenza Della scuola popolare, auspicò l’abolizione dell’insegnamento della religione cattolica.
Maria Montessori, ormai impregnata di idee secolariste, materialiste e postpositiviste dell’inizio del XX secolo, posò la sua attenzione anche sul pensiero nietzschiano, come fece la scrittrice e suffragetta svedese (nella foto a fianco) Ellen Key (1849-1926), che si occupò di educazione dell’infanzia, di eticità e di femminismo, ella fu un importante esponente del Det moderna genombrottet, movimento letterario svedese ispirato al naturalismo. Divenne fra i primi sostenitori dell’approccio educativo incentrato intorno al bambino, tutto doveva concentrarsi sulla libertà del fanciullo, proprio come farà la Montessori. La sua opera più nota è Il secolo dei fanciulli pubblicato per la prima volta nel 1900. Key si formò al liberalismo: era repubblicana, con l’idea di libertà come punto di riferimento assoluto. Dal 1879 studiò Charles Darwin, Herbert Spencer (1820-1903), teorico del darwinismo sociale, e Thomas Henry Huxley (1825-1895), convinto sostenitore dell’evoluzionismo darwiniano (anticreazionista), tanto da essere soprannominato il «mastino di Darwin». Il suo pensiero è materialistico ed agnostico, ed è una diretta conseguenza delle sue ricerche ed esperienze di biologo alla luce della teoria evoluzionistica. Egli era nonno di Aldous Leonard Huxley (1894-1963), poi autore de Il mondo nuovo e di Julian (1887-1975), che diverrà primo Direttore dell’UNESCO e membro fondatore del WWF. Thomas Henry si batté con forza per il superamento del fissismo teologico e nell’autunno di quell’anno la Key incontrò sia Huxley che Ernst Haeckel (1834-1919), il biologo e filosofo tedesco che promosse e rese popolare le teorie di Darwin. Il principio di evoluzione, in cui Ellen Key aveva iniziato a credere, ebbe un’influenza anche sulla sua visione educativa. Dal 1890 iniziò a leggere i testi della letteratura socialista e divenne socialista. La sua opera più conosciuta è Il secolo dei fanciulli pubblicato per la prima volta nel 1900.
La Montessori rientra a pieno titolo fra i disgregatori dell’ordine naturale, come dimostrano le sue amicizie e le sue frequentazioni in Europa; ella entrò anche a far parte del Centre d’Etudes des Problèmes Humains. «La Sinarchia, soprattutto sul piano culturale, non disdegna la collaborazione di tutte quelle forze che possono agevolare il suo piano di disgregazione dell’ordine naturale e si fa promotrice di una grande alleanza informale e, a volte, nemmeno consapevole tra tutti coloro che, a vario titolo ed in qualunque modo, possono collaborare a questo disegno. A tale scopo, grande importanza riveste il Centre d’Etudes des Problèmes Humains, dove si trovano personaggi molto diversi tra loro, ma tutti utili, ciascuno per il suo verso, a quest’opera di sovvertimento: nessun settore del pensiero umano è tralasciato e nessuna forma di “superamento” del mondo naturale viene esclusa; ciò è reso possibile dalla mancanza di un’ideologia stringente e definita, cui tutti i partecipanti debbano o anche solo siano invitati ad aderire: il clima di apparente libertà dà a ciascuno l’illusione di potervi trovare l’ambiente idoneo ad esprimere se stesso, anche se la prospettiva è chiarissima, quantunque sottaciuta»[2].
Dal 1904 al 1910 fu libera docente in antropologia nella facoltà di scienze. Insegnò nella Scuola pedagogica di Roma e pubblicò le Lezioni di antropologia pedagogica dell’anno accademico 1906-07. Idee moderniste (condannate da san Pio X con la Pascendi Dominici gregis del 1907) andavano poi a intaccare la sua cattolicità: coniugava scienza neopositivista e attenzione alla spiritualità[3]. Contemporaneamente intavolò una discussione critica con la femminista laica Anna Maria Mozzoni, che parlava di «Eva moderna», alla quale la Montessori contrapponeva un’anticattolica «maternità sociale» di Maria di Nazareth.
Nel 1906 l’ingegnere Edoardo Talamo, Presidente dell’Istituto romano dei beni stabili, le chiese di organizzare, con criteri moderni, un asilo infantile per i figli degli operai, residenti nei nuovi e popolari caseggiati romani, in particolare nel quartiere di San Lorenzo: sorsero le prime Case dei bambini, prima esperienza educativa montessoriana. La prima Casa fu aperta il 6 gennaio 1907 e la seconda il 7 aprile dello stesso anno. Il discorso pronunciato da Montessori in occasione dell’avvio di questa iniziativa venne pubblicato su Vita femminile italiana (La Casa dei Bambini dell’Istituto Romano dei Beni Stabili, sett. 1907, pp. 983-1001). La visione sociale e palingeneticamente libera della «donna nuova» emergeva nella conclusione del discorso, dove l’idea femminista si legava strettamente al rivoluzionario ideale educativo.
Nel maggio 1908 Montessori partecipò al primo Congresso delle donne italiane, tenutosi a Roma, e al Congresso di attività pratica femminile, promosso dall’Unione femminile nazionale a Milano. Qui ebbe modo di conoscere da vicino donne moderniste o modernizzanti.
Frequentò quindi (nella foto di destra) Felicitas Büchner – una bavarese istitutrice dei figli del cognato dello scrittore modernista Antonio Fogazzaro (1842-1911), fautore di un rinnovamento delle istituzioni ecclesiali che le rendessero aperte alle esigenze dello spirito moderno e autore de Il Santo (1905), che sarà sua amante per una decina di anni – e divenne amica della statunitense (nella foto di sinistra) Alice Hallgarten (1874-1911), moglie del noto economista, filantropo e senatore Leopoldo Franchetti (1847 – 1917), amica di Paul Sabatier (1858-1928), l’iniziatore della moderna storiografia francescana, nonché pastore calvinista, che nel 1902 fondò ad Assisi la Società Internazionale di Studi Francescani e nel 1919 divenne professore di teologia protestante all’Università di Strasburgo. La vicinanza alla teologia liberale del fratello, anch’egli pastore, Louis Auguste Sabatier, e la familiarità con gli ambienti cattolici italiani e francesi lo portarono a partecipare al movimento modernista
I baroni Franchetti convinsero Maria Montessori a scrivere, nel 1909, nella loro dimora romana, la sua opera fondamentale, Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei bambini. Finanziarono la pubblicazione per l’editore Lapi di Città di Castello (1909). L’autrice, dedicando il volume ai Franchetti e accettando il loro appoggio, si collocò pubblicamente nell’area modernista condannata da san Pio X. Alice Hallgarten cercò pure di mettere in contatto Montessori con Paul Sabatier. Al primo Corso di pedagogia scientifica, tenuto da Montessori a Città di Castello, nel 1909, sotto il patrocinio dei Franchetti, partecipò anche Felicitas Büchner. Sofia Bisi Albini, amica di Fogazzaro, dedicò alla Montessori, nel 1910, un articolo di grande appoggio sulla sua rivista Vita femminile italiana (1910, nr. 5), per la quale lei stessa collaborò.
Nel libro sul Metodo, destinato ad un grande e duraturo successo mondiale, il disegno pedagogico partiva dall’educazione sensoriale per svilupparsi verso l’educazione intellettuale: il bambino doveva crescere in piena libertà, senza premi e senza castighi; tutto doveva ruotare in torno a lui ed essere a sua misura istintuale. Sostenitrici del metodo montessoriano erano alcune donne romane dell’alta borghesia e della nobiltà, come Maria Maraini Guerrieri Gonzaga. Il Metodo, nel 1910, fu introdotto nella scuola elementare della Villa Montesca, a Città di Castello, dei Franchetti: la prospettiva pedagogica montessoriana compiva un ulteriore sviluppo di successo, passando dalle scuole dell’infanzia alle scuole primarie. La pedagogia della libertà e della laicità, contraria agli indirizzi cattolici, alla sana disciplina e alle sane regole per uno sviluppo equilibrato e di autocontrollo dell’allievo, aveva avviato il suo corso e con esso l’Italia prese a farneticare sempre più nell’innovazione educativa.
(1-continua)
[1] R. de Mattei, Trilogia romana, Solfanelli, Chieti 2018, p. 68.
[2] Cfr. Il ruolo del “Metodo Montessori” nel disegno di disgregazione dell’ordine naturale; inoltre: C. Manetti, Jean Coutrot, il padre del “Patto Sinarchico Rivoluzionario per l’Impero francese”. Cfr anche C. Manetti, Illuminismo e gnosi: le matrici del pensiero omosessualista, «Quaderni di San Raffaele», n. 10 – giugno 2014, pp. 19-33.
[3] Cfr. articolo sul giornale «La vita» del 6 giugno 1906 dedicato a Tolstoj.
3 commenti su “Maria Montessori, una vita fra massoni, modernisti e femministe”
montessori disgustosa…
Aggiungo: montessori uno degli ormai innumerevoli segni dell’approssimarsi della fine dei tempi.
Mai piaciuta per il semplice motivo che non ha messo al primo posto il bambino nato da lei.
Prima vengono i figli e il resto dopo. Come si può seguire una persona che parla di… e non si prende cura del suo bimbo?
Grazie a Dio i miei genitori mi hanno tenuta lontana dall’insegnamento della Montessori e hanno fatto bene.