Egregio Direttore,
nel congratularmi con la Sua testata, molto interessante e ricca di contenuti che danno risposte serie e realistiche, bandendo alle menzogne, alle blandizie e alle truffe, chiedo attenzione perché desidererei avere una risposta altrettanto seria e non surrogata ad una domanda che mi pongo spesso, anche perché mi sento personalmente coinvolto, essendo padre di un ragazzo che quest’anno sarà cresimato: dopo che i giovani hanno ricevuto il sacro Crisma solo una minima percentuale torna a frequentare la Chiesa, che cosa dovrebbero inventare i parroci per non perderli di vista?
Oreste Cannizzaro – Ragusa
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Egregio Signor Cannizzaro,
il problema che Ella solleva attanaglia tutta la pastorale cattolica da almeno settant’anni e tutto ciò che si è tentato per ovviarlo non ha fatto altro che renderlo più acuto. In Italia già dalla fine degli anni Cinquanta e altrove, segnatamente in Francia, ancora da prima, il venir meno del fervore religioso ha progressivamente allontanato i giovani dalla Fede e, soprattutto, dalla frequenza ai Sacramenti.
Questo fatto trova le sue cause nella stessa natura umana, ferita dal peccato originale, ma si aggrava ed assume proporzioni sempre più vaste a mano a mano che la Chiesa docente viene meno ai suoi doveri.
Sul piano naturale, l’adolescenza è il periodo della vita in cui gli istinti si sviluppano molto più rapidamente di quanto non faccia la ragione, con la conseguenza che la persona perde l’equilibrio del bambino, senza aver ancora acquisito la maturità e la capacità di autocontrollo dell’adulto. I fattori che maggiormente allontanano i giovani dalla Chiesa sono due: l’esplodere violento, soprattutto nei maschi, degli istinti sessuali e lo spirito d’indipendenza. Perché il giovane permanga nella vita di Fede, è necessario che sia educato alla spiritualità ed alla vita interiore e che, ovviamente, voglia fermamente rimanere cattolico e salvarsi l’anima. Perché, poi, possa esserci una vita interiore è necessario, soprattutto nell’età moderna, nella quale si trova esposto al contatto con le dottrine e le pratiche anti-cristiane che la caratterizzano, che egli comprenda, quanto più profondamente possibile, l’assoluta ragionevolezza della Fede e l’enorme privilegio che tale dono divino rappresenta per la sua vita. In quest’ottica, anche l’esigentissima morale cattolica non viene più vissuta come una gabbia che imprigiona la sua libertà, ma come l’ovvia conseguenza pratica dell’amore che ha per Dio; l’adolescenza diviene, quindi, un’esaltante battaglia contro la propria debolezza intellettuale e la fiacchezza della propria volontà, acquisendo il fascino dell’eroismo e della vera realizzazione di sé: di fronte al bivio tra la difficile vita di Fede e la più comoda sequela del mondo, se il giovane ha una vita interiore, si sentirà irresistibilmente attratto dalla prima, nonostante le eventuali cadute, che rappresenteranno ciò che per uno sportivo sono le sconfitte, vale a dire un potente stimolo a migliorare. Se, invece, mancherà di vita spirituale e non comprenderà la superiore ragionevolezza l’intelligenza del cattolicesimo rispetto a qualunque altra dottrina, sarà attratto dal mondo e da quello che potremmo chiamare “eroismo del male”.
Perché, però, larghe schiere di giovani possano vivere la Fede in questo modo è quasi necessario (Dio compie miracoli, in casi eccezionali, permette che questa precondizione umana sia superata dalla grandezza spirituale del ragazzo) che gli educatori sappiano trasmettere questa grandezza del Cattolicesimo, senza attenuarlo o mutilarlo. Questo è certamente compito dei sacerdoti, ma, nondimeno, lo è anche dei genitori: è molto difficile che da santi genitori vengano ragazzi che abbandonano la Fede.
Oggi, purtroppo, almeno a partire dal Concilio Vaticano II, la Chiesa docente ha abbandonato il suo compito di tutela della Fede e della morale e le ha attenuate, venendo incontro ai desideri del mondo ed alle pulsioni istintuali dei giovani, col risultato pratico di allontanarne un gran numero: essi si sono trovati a dover scegliere tra un Cattolicesimo senza eroismo, senza verità e senza ragionevolezza ed un mondo che promette piaceri, soddisfazioni materiali e persino una superiorità intellettuale rispetto a questa caricatura della vera Fede; è chiaro che quelli che si sono lasciati attrarre dal mondo siano, statisticamente, più numerosi di quelli che hanno saputo resistere.
L’unico modo per attrarre le persone, giovani o meno che siano, è quello di non preoccuparsi di come esse potrebbero accogliere la verità che si testimonia, ma di testimoniarla nella sua purezza e nella sua integralità, senza tentennamenti, senza cedimenti e senza sciocche paure. Nostro Signore Gesù Cristo è Dio e, quindi, per seguirlo ci richiede l’eroismo della mente del cuore.
In conclusione, mi permetto di affermare che l’abbandono di ogni preoccupazione pastorale ed il porre l’attenzione unicamente sulla verità, tornando a sforzarsi di piacere a Dio prima che agli uomini, siano l’unica via per rendere meno difficile il rimanere cattolici anche per gli adolescenti. Prioritario è, quindi, l’abbandono del Modernismo ed il ritorno alla vera Fede, con la conseguente vita di preghiera.
1 commento su “Lettera al Direttore di Oreste Cannizzaro”
Bellissimo articolo, Professore!. Risposte di basilare importanza a domande difficili che da sempre, come genitori o come nonni, ci siamo poste : al momento della Cresima e poi più in là, durante la crescita dei nostri ragazzi.
Le sue riflessioni sono molto convincenti solo che bisognerebbe poter “riafferrare” l’interesse dei giovani che nel frattempo si è diluito in un magma senza significato, quando non è sparito del tutto.
Una sola speranza: la Preghiera per il ritorno alla Fede!